I crediti per questa introduzione sono riconosciuti a:

- Le grandi correnti della mistica ebraica - Gershom Scholem, edizioni Il Saggiatore 1957.

- Sepher Yetzirah - (introduzione) - Traduzione di Gadiel Toaf, edizioni Carucci 1979.

- Cabbala e Mistica giudaica - Alfonso Di Nola, edizioni Carucci 1984.

Le note e i rimandi a nota, ove non espressamente riportati passi dello Zohar, attingono a :

- Dizionario di usi e leggende ebraiche - Alan Unterman, edizioni Laterza 1991.

- Dizionario della Bibbia - James L. Dow - edizioni Garzanti 1993.

 

 

É noto che i contenuti della mistica ebraica, più antica, sono quelli che trattano del Trono di Dio; e costituiscono uno dei due rami in cui gli studiosi, in tempi non recenti, erano soliti distinguere, proprio a causa del soggetto, la Qabalah. É il Ma'aseh Merkavah [1] od Opera del Carro Celeste, che distinguono dal Ma'aseh Berechith [2] od Opera della Creazione, le cui radici di speculazione affondano nel Sepher Yetzirah.

Il mistico ebreo, rapito nella sua visione estatica, cerca di descrivere, nel linguaggio conforme alla propria cultura religiosa, ma soprattutto all’interno dell'ortodossia rabbinica, ciò che incontra nel suo particolare percorso di avvicinamento al Trono di Dio. Tutto preso dal suo itinerario, non si cura di indagare la natura della divinità, che gli rimane, in verità, del tutto indifferente, s’interessa soltanto alla visione dell'apparizione di Dio sul celeste Trono, di cui ha appreso in Ezechiele, rimanendo assorbito da tutto ciò che di misterioso fluisce da questo mondo del soprannaturale Trono. Questo pellegrinaggio attraverso i cieli, la preparazione al viaggio, la sua tecnica e la descrizione di ciò che si vede durante il tragitto, costituisce, per l’appunto, il contenuto degli scritti che distinguono la Merkavah, e, in particolare, sono elemento portante delle Heikhaloth.

Non è certamente agevole, fornire una descrizione prospettica, anche se generica, delle diverse letture che originando dagli scritti del II secolo, sulla primitiva visione del mondo del Trono, giungono fino alle ardite speculazioni elaborate nel periodo gaonico [3] dello XI secolo. Non è cosa semplice, si diceva, né elemento attinente ai presupposti del presente lavoro, per cui, non desiderando impantanarci nei percorsi storici del mistico ebraico, si rimanda il lettore desideroso di esaminare più in dettaglio, al secondo Capitolo ("La mistica della Merkavah e la gnosi ebraica") del testo di Gershom Scholem Le grandi correnti della mistica Ebraica, Editore il Saggiatore 1957.

La più antica descrizione della Visione del Kisse ha Kavod [4] (Trono di Gloria) è contenuta nell’etiopico Libro di Enoch [5], ma le più importanti sono raccolte in due trattati tramandatici con il titolo di: Grandi Heikhaloth e Piccoli Heikhaloth. In questi trattati, entrambi caratterizzati dall’assenza dell’elemento esegetico, non vi è, in verità, il tentativo di utilizzare i versetti della Sacra scrittura per confermare l’esperienza estatica; né quello di spiegare i passi della stessa tramite la pratica vissuta. Questi testi, vantando uno scopo in se stessi, ed essendo la relazione di una esperienza individuale... resoconto di una percezione diretta, sembrano non avvertire la necessità di una legittimazione Scritturale.

Un altro elemento che emerge con estrema chiarezza, in questi scritti: è che solo in casi eccezionali l’estasi è avvertita o vissuta come effettiva unione con Dio. Il mistico ebreo della Merkavah, conserva sempre, anche nell’estasi descritta, il senso della distanza tra il Creatore e la creatura. D’altra parte, nei testi di questo primo periodo (II - III secolo), vi è una mancanza di contenuti che indicano un rapporto con Dio, fondato sull’immanenza divina nella coscienza, e l’idea stessa della Shekhinah vi è appena accennata. Essa si confermerà soltanto in epoca successiva (III o IV secolo), scaturendo come elemento naturale dalle correlate elaborazioni su Enoch = Metradon.

La tecnica della Bittul ha-Yesh, in altre parole l’annientamento del senso egoico teso alla diretta conoscenza umana di Dio (acquisizione di conoscenza per identificazione), anche se ha le radici nella Merkavah, gli è, in questo primo periodo, straniero.

Per quanto con ragionevole certezza, la lingua e lo stile di tali testi hanno autorizzato gli studiosi ad una collocazione approssimativa inizio II secolo, le Heikhaloth disegnano, comunque, un periodo anteriore al sorgere della Qabalah vera e propria. Essi appartengono, cioè, al periodo che generalmente viene indicato come quello della gnosi pre cabalistica. Del resto nelle descrizioni delle visioni estatiche non è mai adombrata nessuna di quelle teorie metafisiche, che distingueranno, al contrario, le epoche successive.

Il Pirkhé Heikhaloth, che per la prima volta si presenta in lingua italiana nelle pagine che seguono, non è, in ogni caso, riconducibile a questo periodo primitivo della mistica della Merkavah. É innegabile che il testo presenti tutti gli elementi probatori e di riferimento per questo periodo (visione del Trono di Dio, assenza esegetica, il senso della distanza tra il Creatore e la creatura, descrizione dei sette Palazzi percorsi dall’anima del mistico, mancanza di teorie metafisiche, ascensione verso il Trono, elemento questo, che dovrebbe differenziarlo ancora più nettamente dalle visoni posteriori, in cui non si parlerà più di ascensioni ma di discesa verso il Trono, ma in realtà il trattato è forse databile dopo il 70 anno della distruzione del Tempio. 

Questa collocazione storica, in ogni caso, nulla toglie al testo, che contiene, tra le altre cose, notizie particolari di angeologia.

 

 

Nel testo, tutti i riferimenti o rimandi ad altri passi dello Zohar, al fine di non lasciare incompleta l’informazione, sono stati integralmente tradotti in nota o, se appartenenti alle sezioni dei Preliminari o del Berechith, inseriti nelle pagine dedicate del Sepher ha-Zohar; in ogni caso è stato inserito sempre un link 

Sepher ha-Zohar

Tutto ciò che è riportato in corpo pieno, è la letterale traduzione del testo originale, sia per quanto concerne il Pirkhé, sia per le note. Le chiose riflessioni del traduttore, sono indicate da (N.d.T.) per cui, qualsiasi inesattezza od errore è a lui soltanto, imputabile.

I passi degli Heikhaloth tradotti sono riportati in tabella in questa stessa sezione

  I Sette palazzi

 

Indice

foglio 38a - 39b foglio 39b - 40b foglio 41a - 41b foglio 42a - 45b (1)

foglio 42a - 45b (2) foglio 244b - 269a (1) foglio 244b - 269a (2)

foglio 257a - 257b

 

Torna ad indice Sepher ha-Zohar