Il tuo browser non supporta il tag embed per questo motivo non senti alcuna musica

I Misteri di Mithra

Julius Evola 1948    

 

E. Renan ebbe a scrivere: «Se il cristianesimo fosse stato arrestato da una qualche malattia mortale, il mondo si sarebbe mithracizzato», ossia avrebbe seguito la religione di Mithra. In genere, viene riconosciuto che il mithracismo fu l'antagonista più temibile del cristianesimo. Penetrato a Roma verso la metà del primo secolo avanti Cristo, esso conobbe il suo apogeo verso il terzo secolo, diffondendosi fino alle più lontane province dell'Impero, attirando soprattutto i legionari e i veterani colonizzatori, i quali lo sentivano congeniale per il suo orientamento combattivo e virile. Imperatori come Adriano, Commodo e Aureliano si fecero iniziare ai suoi Misteri. Il mithracismo verso la fine del secondo secolo fu riconosciuto ufficialmente come una religione dell'Impero, Mithra venendo concepito come il protettore e il fautore di esso. Il suo culto si era fuso, peraltro, con quello del Sole, Helios, quale potenza divina sovrana e invincibile. La data di una delle sue feste più importanti, con la quale si celebrava il suo risorgere (die natalis Solis invîcti Mithra) fu fissata il 25 dicembre (solstizio di inverno). Nel loro lavoro soppiantatore, i cristiani la ripresero per il loro Natale. Si vuole che lo stesso Costantino avesse esitato fra Cristianesimo e mithracismo, mentre un iniziato ai misteri di Mithra fu Giuliano imperatore, il quale, come si può leggere in un successivo saggio del presente volume, dedicato a tale sovrano, insieme alla metafisica neoplatonica e a tradizioni mistèriche considerò particolarmente il mithracismo nel suo ardito e nobile tentativo di restaurare i culti romani di contro al dilagare della credenza cristiana.

Sulla tesi, che il mondo antico avrebbe potuto essere mithracizzato, invece che cristianizzato, vanno fatte, tuttavia, alcune riserve. Per competere vantaggiosamente col cristianesimo il mithracismo avrebbe dovuto scendere di livello; restando integro, esso difficilmente avrebbe potuto guadagnarsi nella stessa misura quelle masse popolari promiscue fra le quali prese essenzialmente piede la religione di Gesù quale dottrina di salvazione a base sentimentale aperta a tutti. Promanazione dell'antico mazdeismo irànico, il mithracismo ne riprendeva il tema centrale di una lotta fra le potenze della luce e quelle delle tenebre, e del male. Esso poteva anche avere forme religiose, exoteriche, ma il suo nucleo centrale era costituito dai suoi Misteri, ossia da una iniziazione nel senso proprio. Ciò costituiva un limite, anche se di esso faceva una più completa forma tradizionale. Successivamente, si doveva peraltro assistere ad una sempre più decisa separazione della religione dalla iniziazione.

Del mithracismo, nelle presenti note considereremo appunto i Misteri, cercando di indicarne la natura, in base alle testimonianze pervenuteci, consistenti da un lato da notizie dagli scrittori antichi, dall'altro dai monumenti figurati rinvenuti nei luoghi che furono dei centri di quel culto e di quei Misteri. Oltre a tali testimonianze, raccolte da Franz Cumont in sue opere classiche, potrà venir considerato il «Rituale mithriaco del Gran Papiro magico di Parigi», che si intitola Apathanatismos.

Anzitutto, per lo scopo che ci siamo proposti, vi è da considerare, nel suo senso interno, il mito di Mithra nei vari episodi ritratti da una quantità di sculture e di bassorilievi, alcuni di magnifica fattura. Infatti si deve ricordare che miti del genere valevano come drammatizzazioni delle stesse esperienze che l'iniziando doveva attraversare, quasi identificandosi col dio, ripetendone le gesta.

Nel mito, Mithra nasce da una pietra (theos ek pétras, petrogenos Mithra), è generato da una pietra (petra genitrix), come una manifestazione della luce uranica originaria, presso ad un «fiume»: nascita miracolosa notata solo dai «guardiani» celati in cima a delle alture. Circa questi ultimi, ci si potrebbe riferire ai «Maestri Invisibili», non privi di relazione con quegli esseri delle origini che, secondo Esiodo, non sarebbero mai morti ma come i «Veglianti» continuerebbero a vivere nelle successive età.

Le «acque» da una parte, la «pietra» dall'altra potrebbero alludere alla dualità costituita dalla corrente del divenire e dal principio che la domina. Della «pietra» sono possibili varie interpretazioni: si sa che essa figura in molteplici tradizioni. Si sarebbe tentati, fra l'altro, di stabilire una analogia fra questa genesi di Mithra e un tema del ciclo arturiano, dove figura una spada da estrarre da una pietra che galleggia sulle acque. Peraltro, nel sorgere dalla pietra Mithra tiene in una mano una spada, nell'altra una fiaccola, simboli l'una della forza, l'altra della luce, di un potere illuminante.

Nella «pietra» Si potrebbe anche vedere il simbolo di una incrollabilità e di una saldezza interiori, qualità richieste nell'iniziando a fondamento della sua rinascita.

In effetti, dalle notizie antiche, specie da quelle trasmesseci da Nonno il Grammatico, risulta che nei misteri di Mithra i neofiti dovevano affrontare delle prove, dovevano passare intrepidamente attraverso il fuoco e l'acqua, dovevano resistere al freddo, alla fame e alla sete. Secondo un'altra notizia, per mettere alla prova la sua impassibilità si faceva prender parte al neofita all'uccisione simulata di un uomo. Può darsi che tutto ciò - che una qualificazione del genere - abbia una relazione col simbolo della «pietra generatrice», con una delle condizioni della rinascita iniziatica.

Comunque, le qualità ora accennate appaiono esser richieste negli sviluppi successivi del mito di Mithra, giacché questi deve resistere ad un vento furioso che subito l'investe e che flagella il suo corpo nudo; però Mithra va dritto verso un albero, si fa una veste con le sue foglie e si nutre dei suoi frutti. Dato il significato iniziatico dell'albero, qui si potrebbe pensare ad un albero non diverso da quello sul quale Adamo avrebbe voluto mettere mano per divenire «simile a uno di noi» (a un dio), ma l'accesso al quale gli venne sbarrato dallo Jehova dell'Antico Testamento.

Questo significato potrebbe trovar conferma in un episodio successivo del mito, il quale sembra riguardare un confronto fra Mithra e il Sole, l'Eone fiammeggiante. Questo episodio si conclude tuttavia con una alleanza fra l'uno e l'altro, tale da fare di Mithra il portatore della forza sovrana di quella divinità. Si tratta del hvarenô dell'antica tradizione mazdea (irànica), della «Gloria» concepita come un fuoco sovrannaturale proprio anzitutto alle divinità celesti ma che scende anche ad illuminare i sovrani, a consacrarli e ad attestarli con la vittoria. Il sovrano su cui scendeva questa «Gloria» era innalzato al disopra degli uomini e considerato dai suoi sudditi come un immortale. Ed è a questa stregua che, presso ad una assimilazione di Mithra col Sole sempre di nuovo vittorioso sulle tenebre, lo stesso Mithra, come si è detto, valse come il protettore e il fautore dell'impero romano.

Ma questa dignità di Mithra ha anche una relazione con l'episodio centrale del suo mito, con quello dell'uccisione del toro. Mithra spia il toro; non appena esso esce da una «caverna», gli salta addosso, lo cavalca, afferrandosi alle sue corna. Il quadrupede prende il galoppo, trasportando Mithra in una corsa furiosa. Mithra non lascia la presa, si lascia trasportare senza farsi cavalcare finché l'animale, spossato, rientra nella caverna donde era uscito. Allora Mithra lo uccide con la sua spada.

Si tratta qui, del confronto con la forza elementare «infera» della vita e della trasformazione di essa ad opera di chi l'ha assunta al suo affiorare (il cavalcare) e l'ha anche vinta. In effetti, in sangue che sgorga dalla ferita del toro si trasforma in «spighe»; cadendo per terra, produce delle «vegetazioni». Vi è solo da impedire che animali immondi accorsi bevano di quel sangue (li si vedono nelle figurazioni del mito) - il che ha parimenti un significato esoterico: ove l'eroe o l'iniziando non fosse «puro», ciò che in lui fosse rimasto della natura inferiore si potenzierebbe grazie all'energia liberata, e non solo non avverrebbe la trasfigurazione ma il risultato potrebbe essere esiziale (è un pericolo, questo, che usando un diverso simbolismo spesso è stato anche indicato nei testi dell'ermetismo alchemico). Secondo una variante del mito, il sangue del toro si trasforma in vino: possibile allusione all'effetto costituito da una specie di magica ebbrezza.

Questo episodio del mito rivestì una tale importanza da dar luogo ad un rito preciso dell'iniziazione dei misteri di Mithra, consistente in un battesimo di sangue. I mitrei, ossia i luoghi dove si celebravano tali Misteri, erano così costruiti da comprendere una parte superiore e una parte inferiore (quasi sempre erano sotterranei, cosa che aveva un suo significato. Nel locale in basso si trovava il neofita che aveva superato le prove preliminari; nudo, riceveva il sangue di un toro ucciso ritualmente dallo ierofante nella parte superiore del sacello, sangue che colava su di lui. Esperienze particolari, propiziate da tutto l'insieme, dovevano legarsi ad un simile battesimo del sangue, che prendeva il posto di quello cristiano.

In genere, per le esperienze dell'iniziato mithriaco ci si potrebbe riferire, in parte, all'accennato rituale, Apathanatismos, sebbene in esso con gli elementi mithriaci si trovino frammisti elementi propri allo gnosticismo e a tradizioni magiche. Il Dieterich, che ha pubblicato per primo una traduzione di questo testo suggestivo (nel 1903), lo ha chiamato una «liturgia». La designazione non è esatta, perché non si tratta di una cerimonia con inni e simili, bensì di un rituale con istruzioni, formule magiche e invocazioni, insieme all'indicazione delle corrispondenti esperienze. Il rituale sembra presupporre una iniziazione preliminare, in quanto il soggetto nella sua prima invocazione dichiara di esser stato purificato da «sacre cerimonie» e di esser stato rialzato dalla «forza forte delle forze» e dalla «incorruttibile Destra», tanto da poter aspirare alla «nascita immortale», da sottrarsi alla legge della Necessità che regna nel mondo inferiore, e contemplare gli dèi e l'Eone, signore delle corone di fuoco». Si parla di porte che si aprono, dei «Sette» visti prima nel loro aspetto femminile, poi in quello maschile di «Signori del Polo celeste». L'azione teurgica conduce visibilmente di là dai Sette, fino a che, fra bagliori e fulmini, appare una figura la quale è lo stesso Sole-Mithra, che il miste deve saper fissare e poi, con un comando, far sì che non si diparta più da lui, per trasformarsi in lui (per assumere la natura) tanto da «morire integrato nella palingenesi, e nella integrazione raggiungere il compimento».

Il rituale comprende molti altri dettagli sui quali qui non ci si può fermare. Il lettore può riandare al testo che, come si è detto, è stato riprodotto tradotto dal greco e commentato nel primo volume dell'opera Introduzione alla Magia.

Qui aggiungeremo soltanto che anche il mithracismo conosceva il viaggio attraverso le sette sfere planetarie, a ritroso, ossia non più nella discesa in cui l'anima è ripresa via via nelle «sfere della necessità», cioè subisce graduali condizionamenti fino allo stato di un uomo mortale, ma in una riascesa che oltrepassa tali sfere, in un «denudamento», fino a raggiungere il Principio, l'Incondizionato.

 

Il «sette» s'incontra anche nel numero dei gradi dell'iniziazione mithriaca nella sua forma, per così dire, istituzionalizzata, gradi che avevano questi nomi: Corvo (Corax), Occulto (Cryphies), Soldato (Miles), Leone (Leo), Persiano (Perses), Messo del Sole (Heliodromos), Padre (Pater).

Come interpretazione, si sarebbe portati a pensare ad una preliminare «mortificazione» della natura inferiore (con il che si stabilirebbe, fra l'altro, una corrispondenza col simbolismo alchemico-ermetico del Corvo, frequentemente usato per alludere alla fase della nigredo, all'«Opera al Nero»). Dopo di ciò il miste ha una esistenza occulta (secondo grado); nel terzo grado è un soldato della schiera degli iniziati mithriaci che, conformemente allo spirito guerriero di tale tradizione, veniva concepita come una militia. Il grado successivo rappresentava un potenziamento di tale qualità, mentre il grado di «Persiano» statuiva verosimilmente il collegamento col ceppo di origine del mithracismo, con quello della religione irànica della Luce. Circa il grado di miles, Tertulliano riferisce che all'atto di conferirglielo, al neofita si porgevano una spada e una corona. Egli prendeva la spada ma respingeva la corona dicendo: «La mia corona è Mithra».

Come «Messo o Compagno del Sole» (sesto grado) l'iniziato rifletteva la stessa qualità attribuita nel mito a Mithra, dopo il suo confronto con Helios. Infine il Pater corrispondeva alla dignità di iniziatore (paternità iniziatica) e di capo di una comunità mtiriaca (pater sacrorum, pater patrum).

Da tutto ciò appare che qualora il mithracismo fosse prevalso sul cristianesimo mantenendo il suo nucleo centrale, la conseguenza sarebbe stata anche il mantenersi di una tradizione iniziatica regolare, costituita da tale nucleo, nella successiva storia dell'Occidente, mentre per il lato più esteriore, religioso, avrebbe potuto valere la qualità di Soter (il Salvatore, Colui che dà la salute) talvolta attribuita a Mithra. In più, vi era l'aspetto che aveva fatto del «dio invitto» - Invictus Mithra - il patrono solare dell'impero romano, per cui in lui si vedeva il dispensatore del hvarenô mazdeico che conferita la vittoria, in una confluenza con l'antica tradizione romana della Fortuna Regia (traduzione latina di tùke basiléos), esprimendosi anche in quella Victoria quale oggetto di culto la cui statua si ergeva nel senato romano.

Tuttavia da ciò si vede che il mithracismo costituiva un complesso culturale, sacrale e iniziatico che per la sua stessa natura non poteva non esser tagliato fuori nel processo involutivo che ha trasportato l'Occidente, allontanandolo sempre più da orizzonti di gloria e di potenza luminosa, fino a che, per ultimo, a prescindere da una iniziazione che non fu più parte integrante e centrale di un sistema ma solo una vena sotterranea con sporadiche riemergenze malgrado il cristianesimo, ogni contatto reale col sovrasensibile fu interrotto.

 

Per approfondimenti su culto di Mithra consultare anche:

La Religione Mitraica

 

 

Gli Iraniani La Religione dell'Avesta  La Teologia dell'Avesta  Il Culto di Mithra

  Il Dualismo dell'Avesta I Fuochi del Zoroastrismo   Il Mithracismo I Misteri di Mithra

  I Misteri di Mithra La realizzazione del sé Analogie fra l'Avesta e i Veda

L'Avesta (Il Testo)