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La Qabalah era divenuta una preoccupazione sempre più pressante per gli Israeliti espulsi dalla penisola Iberica. Essa aveva quasi raggiunto il suo apogeo in questo paese un tempo clemente e favorevole al progresso delle idee, ed era considerata soprattutto da Azriel, da Ibn Latif e da Nachmanide sotto l'angolazione filosofica. Questa spiritualità speculativa si trasforma, per i disgraziati fuggiti ai roghi di Torquemada, in pietismo, in una vita interiore più fervida, più raccolta, in una parola più religiosa. Essa portava inoltre questi naufraghi alla speranza di una conclusione presto felice, di un Salvatore così desiderato, nel loro subcosciente millenaristico, di padre in figlio. Si, tutti coloro che soffrono cercano in qualche parte un appoggio, un rifugio, un essere straordinario capace di renderli felici. Poco importa che questo essere sia fittizio o no: una sola idea li ossessiona, quella della liberazione.

Così Samuel Molcho, il martire di Mantova, diffondeva dolci illusioni circa l'arrivo del Messia. Egli era sinceramente convinto che il Messia sarebbe arrivato l'anno 5300 della creazione del mondo (1540). Maimonide stesso non sembrava ostile al sogno di questo salvatore provvidenziale che avrebbe liberato una volta per sempre Israele dai suoi oppressori tirannici e crudeli. Egli vedeva l'avvento del Messia preceduto da un tribunale ebreo, un Sanhedrin riconosciuto dall'unanimità dei figli di Giacobbe.

Ci si affrettò per realizzare questo sogno con tutti i mezzi. Ma quale angolo di terra poteva offrirsi a questo bel sogno, a questo campo di esperienza, se non la Palestina, il paese benedetto e antico degli Ebrei, che gode di un'atmosfera dolce, leggera, impregnata profondamente dal soffio eterno o dalle anime immortali dei profeti? In questa terra santa, considerata dallo Zohar come l'Eden, residenza quasi esclusiva della spiritualità divina, sarebbe apparso il Messia. Là, secondo la Qabalah, l'aria rianima il corpo e libera lo spirito. Un'anima nuova e superiore rinasce in colui che vi abita.

Verso questa terra, continuamente evocata dai canti del salmista, di Jehuda Halevi e di altri, si dirigevano i fuggitivi di Spagna, il ramo aristocratico del giudaismo. I più vecchi di loro scelsero di preferenza Safed, città relativamente recente della Palestina, situata nell'alta Galilea. Nel XV secolo e agli inizi del XVI, essa contava circa trecento famiglie ebree. Gli esiliati di Spagna svilupparono a poco a poco questo angolo per sempre memorabile. Joseph Saragossi, che era andato là a cercare rifugio, fece per gli ebrei di Safed quello che Obadia di Bertinoro aveva fatto per quelli di Gerusalemme. Ricco di doti, affabile, benevolo con tutti, perfino con i musulmani, egli predicava continuamente l'unione e la concordia. Fu lui a introdurre a Safed lo studio del Talmud e soprattutto quello della Qabalah.

A fianco di Joseph Saragossi si trovavano David ben Zimra, suo allievo e futuro maestro di Luria, Levi ben Habib e altre personalità cabalistiche notevoli come Salomon Alkabetz, autore di Lecha dodi e di altri poemi mistici, Joseph Caro, l'illustre autore di Shulchan 'Aruch (libro canonico), Mosè Al Sheikh, Eleazar Azkiri, Abraham Galanti, Samuel Galichi, Mordechai Dato, Abraham Maimon, Shelomo di Vida, autore di Reshich Chokhmah (Principio della Saggezza), Israel Nagara, Joseph Vital e suo figlio Chayim, propagatore delle idee di Luria, Mosè Cordovero e Isaac Luria. Vi erano anche due profetesse, una delle quali si chiamava Franceza.

Fra tutti questi uomini notevoli, gli ultimi due, Cordovero e Luria, in quanto capiscuola di considerevole influenza, saranno esaminati in modo approfondito. Ma non dobbiamo, anzitutto, passare sotto silenzio una figura veneratissima, Joseph Caro, il maestro di Cordovero, considerato come un secondo Maimonide.

Joseph Caro (14881575) era stato espulso ancor fanciullo con i suoi genitori. Dopo lunghe peregrinazioni e molte sofferenze, arrivò a Nicopoli (Turchia europea), dove si dedicò specialmente allo studio di una parte del Talmud spesso trascurata e non tardò a conoscere a memoria la Mishna. Da Nicopoli partì per Adrianopoli, dove la sua scienza talmudica, già molto apprezzata dai suoi correligionari, gli permise di farsi degli allievi. All'età di trent'anni, Joseph Caro intraprese il compito gigantesco di commentare il codice religioso di Jacob Asheri. Questo prodigioso sforzo per chiarire il Talmud, assomiglia al tentativo di Maimonide per quel che riguarda la sua grande opera Yad Chazzakà. Egli dedicò a quest'opera vent'anni della sua vita (15221542) per correggerla, svilupparla, e sostenerla con le prove. Impiegò altri dodici anni (15421554) per rivederla. Ma frattanto la comparsa di Samuel Molcho portò una diversione a questa arida occupazione. Presto sedotto da lui, Caro si lasciò iniziare ai misteri della Qabalah e condivise con lui i suoi sogni messianici. Restò in corrispondenza con Molcho, che si trovava allora in Palestina e presto formulò il progetto di andare a raggiungere l'amico in Terra Santa. Al pari di Molcho aveva visioni e aspirava a morire martire per offrirsi come olocausto all'Eterno. L'essere superiore (maggid) con cui si intratteneva durante le sue visioni non era né un angelo né un'apparizione fantastica, ma la stessa Mishna che, di notte, gli rivelava cose segrete, perché egli era completamente votato al suo culto. Per quarant'anni, fino al termine della sua vita, l'illustre autore di Shulchan 'Aruch fu ossessionato da queste visioni che fece conoscere in parte per scritto. La Mishna gli imponeva mortificazioni durissime. La sua predilezione per essa non era invenzione menzognera: le visioni erano il prodotto di un'immaginazione sovreccitata. Convinto, a sua volta, di avere un compito messianico da svolgere in Palestina, lasciò Adrianopoli e si recò a Safed contemporaneamente a un altro cabalista, Salomon Alkabetz, il cui inno in onore della fidanzata del Sabato (lekha dodi) è più conosciuto del suo nome.

Caro ebbe la soddisfazione di vedere realizzata a Safed una parte dei suoi sogni. Jacob Berab, altissimo spirito, stabilitosi a Safed dopo numerose peregrinazioni (in Egitto, a Gerusalemme, a Damasco), lo consacrò membro del futuro Sanhedrin. Dopo la morte di Berab, gli si aprirono brillanti prospettive. Continuando l'opera di Berab, egli sperava di essere presto riconosciuto dai rabbini della Palestina e di fuori come il capo di tutti gli ebrei palestinesi e perfino turchi, di essere considerato come “l'immagine santa”(diokna kaddisha), di poter formare notevoli allievi e compiere miracoli, grazie soprattutto al suo commentario al codice religioso di Asheri, portato a termine e diffuso fra i suoi correligionari.

Così, sotto l'azione combinata di una sincera pietà mistica e di un'ambizione ragionata, Caro lavorava con ardore al suo libro che doveva far scomparire, nel campo religioso, le contraddizioni, le incertezze, le oscurità, in una parola un libro capace di servire come regola precisa per l'intero giudaismo. Questa impresa parve fallire. Il suo codice, intitolato Shulchan 'Aruch, i cui echi e la cui influenza sono stati considerevoli nel mondo ebreo, fu combattuto in diversi punti da un giovane rabbino di Cracovia, Mosè Isserles.

Tuttavia, grazie a Caro e alle altre personalità che abbiamo citato, Safed è divenuto un celebre centro di misticismo, con un carattere molto pio. In questa città si ebbero la sistematizzazione della Qabalah e la sua decisiva influenza sulla religione. Dopo il Gaonato e la Spagna, Safed può essere considerata come una tappa della terza grande epoca dell'evoluzione capitale della Qabalah. La sua influenza immediata si eserciterà anzitutto in Italia e poi su tutto il giudaismo europeo. Questa importante epoca, iniziata con l'emigrazione degli Ebrei spagnoli, finirà con il movimento decadente di Sabbatai Zevi.

Le due tendenze che hanno elevato il valore classico della rinascita del misticismo palestinese, si manifestano nelle due scuole, quella di Cordovero e quella di Luria, il cui esame stiamo per affrontare.

 

 

Indice

Introduzione Il Pietismo di Safed La Scuola di Cordovero La Scuola di Luria

Sabbatai Zevi e i Sabbatiani Frank e i Frankisti Israel Baal Shem Tob e i Chassidim

Il Chassidismo di Beth-El Conclusioni