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Il lettore ha senza dubbio notato l'infiltrazione, voluta o inconsapevole, della dottrina di Luria nelle diverse sette sabbatiane di cui abbiamo esposto finora le idee funeste e le fasi delle loro lotte accompagnate da astuzie e da imbrogli nella loro genesi storica. Questi illuminati, vittime talora di una credenza cieca, di una fede illimitata, refrattari al controllo della sana ragione, sono, sotto certi aspetti, poco responsabili. Mistici in un certo senso  beninteso di un carattere inferiore  non sospettano affatto la falsità della dottrina che è stata loro abilmente inculcata. Credono fermamente che è la sola reale, traducendo adeguatamente la verità. E questi capi successivi che abbiamo visto sfilare  altri ne vedremo presto  proclamandosi Messia o incarnando a più riprese i due Messia, quello della casa di Giuseppe e quello della casa di David, sono per questi cervelli deboli, o addirittura semifolli, dei salvatori infallibili, veri e propri inviati di Dio. L'assenza di un giudizio chiaro e felice predominerà anche in una setta ancora più numerosa detta dei “Chassidim”(pii), che sembra persistere sino ai nostri giorni.

Questa setta, indicata col nome di “Nuovi Chassidim”, deriva forse in modo più notevole dal lurianesimo, e adotta, sotto una forma un po' diversa, certe idee e certi costumi propri dei sabbatiani. Le loro pratiche relative alle frequenti abluzioni, alle vesti bianche, alle guarigioni miracolose e alla previsione dell'avvenire, ricordano per certi aspetti i costumi degli Esseni.

Il fondatore di questa setta fu un carrettiere, Israel ben Eliezer, nato verso il 1900 in Podolia, verosimilmente ad Akof, e morto nel 1760 a Miedzborz, in Volinia. Era soprannominato dai suoi seguaci il “taumaturgo”, in ebraico Baal Shem Tob (maestro del buon nome), più noto sotto la sigla che si pronuncia Besht. Notiamo che il nome di Baal Shem è frequente nella civiltà ebraica: è portato tanto da spiriti nobili quanto da ciarlatani.

La leggenda ci presenta Israel istruttore in una piccola scuola di campagna, intento a istruirsi in segreto di notte, vegliando. Aveva passato la giovinezza nelle foreste e nelle caverne dei Carpazi, vivendo così per sette anni, con sua moglie, in solitudine, raccoglimento e miseria. Là aveva probabilmente imparato dalle contadine l'uso dei semplici, e, secondo il loro esempio, “evocava gli spiriti e faceva scongiuri per rendere più efficace l'azione di questi rimedi”. Avvicinandosi il tempo in cui doveva rivelarsi al mondo, Israel tornò con sua moglie da suo cognato, Rabbi Gherson, a Brody. Questi, impietosito dalla loro miseria, offrì a Besht di impiegarlo come cocchiere, ma la sua voluta incapacità di svolgere questo mestiere, indusse Gherson a dargli una piccola fattoria, dove sarebbe vissuto in pace lavorando i campi. Infatti fu sua moglie quella che si occupò di questa attività per assicurare l'esistenza ad entrambi. Egli si fece un ritiro nella foresta  simile a quello di Luria  lasciandolo solo per celebrare il Sabato o, talora, per ricevere degli stranieri di passaggio. I suoi ospiti furono così i primi testimoni indiscreti delle sue estasi e delle sue trasfigurazioni. In un caso furono i primi a cui egli lasciò intravedere la sua santità, sia ammaestrandoli, sia incaricandoli di annunciare la sua missione. In seguito Israel, di carattere quanto mai ottimista, non si dissimula più. In compagnia di un discepolo, percorre l'Ungheria, l'Ucraina, la Polonia, distribuisce i suoi amuleti e i suoi incanti, opera guarigioni e numerosi esorcismi e si vale della sua chiaroveggenza per prevenire pericoli e morti (1).

Presto acquista la reputazione di medico infallibile. Spesso gli stessi nobili polacchi non esitano a consultarlo in casi difficili.

Alcuni anni più tardi si installerà a Miedzborz, che diventerà la culla o la prima capitale dei Chassidim. In questa città vengono a consultarlo coloro che saranno poi i suoi illustri successori, Rabbi Jacob Joseph di Polona e il grande Maggid (predicatore) Dob Beer di Mizriez (19001772), considerato come il più profondo mistico dei Chassidim, che succederà a Besht. Accanto a questo capo, Jacob Joseph sarà il primo scrittore. Infatti l'opera di quest'ultimo, intitolata Tolodoth Jacob Joseph (1781) suscitò sdegno e ostilità contro gli adepti di Besht. Ma finché questi fu in vita, non si manifestò nulla di simile. Il suo grande desiderio fu di conoscere la Terra Santa e di stabilire dei Chassidim a Safed, nell'alta Galilea, e a Gerusalemme, perché si fondessero con i gruppi cabalisti stabiliti là fin dal XVII secolo. Besht non ebbe la gioia di realizzare questo progetto, e i suoi discepoli dovettero terminare il viaggio senza di lui. Egli tornò a Miedzborz, dove morì verso il 1760.

Nelle gole solitarie in cui errava, Besht si era abituato a pregare in un modo particolare: recitava le formule usuali, ma pronunciandole con estremo fervore, levando alta la voce e imprimendo a tutto il suo corpo movimenti disordinati. Pretendeva che, con questa accentuata agitazione di tutte le membra, potesse raggiungere più facilmente il Creatore. “Coloro” diceva, “che pregano con tristezza, a causa della malinconia che li domina, credono di pregare nel timore di Dio, e quelli che pregano nella gioia perché sono di temperamento linfatico, credono di pregare nell'amore di Dio, ma la loro preghiera non è valida; il loro timore non è che tristezza e il loro amore non è che falsa gioia”. In poche parole, la preghiera rivolta al Creatore supremo deve essere una manifestazione spontanea, estremamente sincera, espressa con esultanza ed entusiasmo. Il suo esempio fu presto imitato da numerosi seguaci che come lui  atteggiamento che ricorda quello dei Dervisci (danzanti)  manifestavano il loro fervore durante la preghiera battendo le mani, agitandosi, saltando e gridando. Queste stravaganze si ritrovano in quest'epoca non solo presso i Dervisci (mistici musulmani), ma anche in due sette cristiane, i “saltatori”o Jumpers in Inghilterra, e i “tremanti”o shakers nell'America del Nord. Questa preghiera danzata, adottata poi dai Chassidim, che sembra l'effetto di un accesso di follia, non è che la provocazione di uno stato estatico per mezzo di un ritmo fisiologico. Vedremo in seguito che questa agitazione è sostituita da una profonda meditazione nei cabalisti portoghesi.

Nel corso di dieci anni, Besht riuscì a raggruppare intorno a sé circa diecimila Chassidim che, all'inizio, non si distinguevano dagli Ebrei polacchi se non “per il loro modo particolare di pregare, per le loro numerose abluzioni, la loro costante serenità e, forse, per i lunghi riccioli che si lasciavano pendere lungo le guance”. Il loro capo era un ignorante, e naturalmente, al pari dei frankisti e dei sabbatiani, ostentavano un profondo disprezzo per lo studio del Talmud, incapace, ai loro occhi, di formare Ebrei veramente religiosi.

Le testimonianze dirette dei contemporanei di Besht, relative agli aneddoti e ai commentari biblici, sono raccontate nel Kether Shem Tod e nel suo Testamento, raccolta di sentenze. Il primo è stato redatto trentasette anni dopo la sua morte, il secondo è stato composto da uno dei suoi discepoli quando egli era ancora in vita. Si hanno ancora, di Besht, molte lettere indirizzate a sua moglie e a suo cognato, il rabbino Gherson di Kuty. Alcune di queste lettere sono state pubblicate, altre si trovano negli archivi del Museo asiatico di Leningrado e nella Biblioteca Nazionale di Gerusalemme.

Oltre alle leggende miracolose messe bene in luce nei Shibhè (lodi), gli si attribuiscono certe idee dottrinali di carattere puramente panteista come le seguenti.

Tutto, in alto e in basso, è una sola unità, perché Dio è nei Cieli e al di sopra dei Cieli come sulla terra e sotto la terra. La creazione non appare nel tempo ma è un'attività continua e senza fine. Egli è il luogo del mondo (idea tradizionale del pensiero ebraico). La Shekhinà, o la divinità, è la base di tutti i mondi: la materia, gli esseri viventi animali o vegetali. La potenza di Dio è inerente a tutti i mondi. Se questa potenza si ritirasse, anche per un momento, tutti i mondi scomparirebbero. Ogni essere racchiude una particella di spiritualità, e, a più forte ragione, l'uomo in quanto essere pensante. Satana stesso ha qualche cosa di Dio. Il pensiero è il padre della parola, e questa è solo la figlia del pensiero. Il pensiero non è che l'ascolto dell'appello dell'alto. Il silenzio è il limite della saggezza; permette di legarsi efficacemente al mondo del pensiero (idea del Pirkè Aboth). “La lingua è la penna del cuore”. “Le parole sono santuari”. Esse costituiscono un elemento primordiale della vita, la quale non è che manifestazione di Dio. L'uomo, anche se è malvagio, non deve essere considerato come un soggetto di diffidenza. Bisogna piuttosto diffidare del male che lo domina. Bisogna cercare di difendere il malfattore. La verità può trovarsi nella menzogna. La Shekhinà include tutti gli esseri, buoni o cattivi. Il male non è che un vaso del bene. Il mondo è pieno di luce e di segreti meravigliosi, ma gli occhi sono impediti da una piccola mano di percepire le grandi luci. Se il corpo è malato l'anima diventa debole. Infine Besht dichiara di essere venuto al mondo perché l'uomo si sforzi di amare Dio, la Torah e si astenga dalle macerazioni. “La Shekhinà,”scrive Besht al suo discepolo Jacob Joseph di Polona, “non abita in mezzo alla tristezza (azbuth) ma solo in mezzo alla gioia” (2)

Il misticismo gli appare un'alta verità e si caratterizza in un'intuizione geniale: é la percezione adeguata del profeta. Il Tzaddik (giusto), di un idealismo eccezionale, è simile ad esso.

La maggior parte di questi pensieri non sono trascendenti, si collegano soprattutto a considerazioni etiche. Non sono nemmeno nuovi perché altri pensatori o mistici ebrei, prima di Besht, li avevano espressi. Ma la sua raccomandazione di non ricorrere più alle macerazioni costituisce un apporto nuovo, che ha potuto derivare, in un certo senso, dalla riforma di Sabbatai per quel che riguarda l'abolizione radicale dei giorni di digiuno. Quello che è interessante in questo personaggio è la sua vita leggendaria riferita da racconti che appaiono comuni in tutti i popoli. Ecco alcuni dati singolari che traiamo dal Shibche Habaal Shem Tob.

Un giorno Israel andava per le alte montagne. Assorto nella meditazione, non vide la china scoscesa a cui si avvicinava. Su di un'alta montagna della stessa catena vi erano alcuni banditi che osservavano con interesse l'avvicinarsi di Israel all'abisso. Ma quando egli si trovò sul ciglio, la montagna opposta venne verso di lui e si saldò con l'altra. Israel continuò così il suo cammino senza accorgersi di nulla. I banditi compresero allora che era un Santo.

“Una volta dei banditi, avendo litigato, pregarono Israel di risolvere la loro contesa. Uno di loro, scontento del giudizio dato, decise di ucciderlo durante il sonno. Mentre levava l'ascia, il bandito fu aggredito da esseri invisibili e gravemente ferito”.

I banditi vennero un giorno a trovarlo per indicargli un cammino che, per grotte e corridoi sotterranei, portava rapidamente in Palestina. Besht andò con loro. Attraversarono una palude servendosi di una tavola gettata come ponte sulle acque. Besht, nel seguirli, si accorse che era la lama girevole di una spada di fuoco, e tornò indietro. Ma pensava di non essere venuto lì invano. Cammin facendo, infatti, incontrò una rana gigantesca in cui un'anima dannata era chiusa da cinquecento anni. Era stata relegata in quelle solitudini perché non potesse trovare alcuno che la liberasse. Besht, preso da compassione, la liberò.

Poco prima della rivelazione definitiva di Besht, un discepolo di suo cognato venne a trovarlo. Dopo desinare, l'ospite pregò Israel di preparare il carro. Questi lo fece, ma lo pregò di passare con lui il Sabato. Lo straniero non lo prese sul serio. Per via, una ruota si spezzò ed egli dovette tornare presso l'ignorante campagnolo per passare il Sabato. Besht aveva predetto questo incidente. Lasciò che l'ospite eseguisse tutte le cerimonie della mensa e lo pregò poi di fargli udire delle parole sacre. L'ospite si limitò a spiegargli un passo della Santa Scrittura. Gli prepararono un letto e Besht si coricò con sua moglie all'uso paesano. Nel cuore della notte, l'ospite si svegliò e vide un grande fuoco intorno a sé. Credette dapprima a un incendio, poi accorse e vide una grande luce che lo respinse; cadde privo di sensi. Dopo averlo rianimato, Besht gli disse: “Non dovevi esaminare ciò che è proibito vedere”. Il suo giovane ospite rimase stupito. Il giorno dopo, Besht si rivelò a lui e gli svelò alcuni segreti della Scrittura. Separandosi da lui, Besht ordinò allo straniero di non riferire a suo cognato quello che aveva visto, e di andare a trovare i grandi Chassidim e il rabbino della comunità e di dir loro: “Una grande luce si è dichiarata nelle vostre vicinanze; sarebbe importante che la faceste vostra”. Infatti essi compresero che questa luce era Besht e andarono tutti al villaggio dove egli viveva. Israel, che prevedeva il loro arrivo, andò loro incontro, e quando si incontrarono in un villaggio, gli abitanti costruirono un seggio con rami d'albero, vi misero sopra Besht e lo proclamarono loro maestro. Poi Besht pronunciò davanti a loro le parole della Scrittura.

Questi racconti che appartengono al campo del folclore e della Qabalah pratica sono a favore di Besht, e questo prova in certa misura che, durante la sua vita e anche negli anni che seguirono la sua morte, non si nota alcuna ostilità a suo riguardo da parte dei rabbini. Jacob Emden di Altona, spietato, come si è visto, verso il settarismo degli pseudo-cabalisti, e bene informato della situazione degli Ebrei in Volinia e in Polonia, non mette affatto in questione Besht, uomo integro, che non ha mai eccitato l'ostilità dei talmudisti verso di sé e che si è sempre tenuto lontano dai funesti maneggi dei frankisti. Il suo nome è perfino menzionato nel Lexique biographique et bibliographique di Haim Joseph David Azulai, pio cabalista, che ignora volutamente coloro le cui opere toccano l'eresia o soggetti profani. In ogni caso le poche fonti dubbie presentano Besht come un predicatore pio e inoffensivo.

 

Notiamo che il primo periodo della vita di Besht fu ignorato dai Chassidim. Le Shibchè, fonte principale della leggenda di Besht, sono state stampate solo nel 1815, così che si è potuto sostenere che, in realtà, egli non sia stato il fondatore del movimento chassidico, ma solo il suo eroe.

Le idee chassidiche sembrano piuttosto derivare dalla scuola di Rabbi Dob Beer di Mizriez (1900-1772), considerato tuttavia da Graëtz come l'immediato successore di Besht. Anche la vita di Beer è avvolta nella leggenda. Nacque a Lukez da un povero istitutore chiamato Abraham. Allievo molto dotato di L. Jacob Josue, sposò a Torczyny la figlia di un povero erudito e si ritirò in campagna dove divenne l'intendente di un possidente ebreo. La dottrina di Luria lo conquistò; praticò digiuni e macerazioni per raggiungere l'estasi e restò fedele al lurianesimo.

Sotto la sua direzione fu fondato il primo circolo chassidico (1760) e organizzato nella città di Miedzborz. Uno dei propagandisti celebri di questo movimento diceva che “la Shekhinà è partita da Miedzborz”, culla del chassidismo.

Beer, spirito poco colto, era abilissimo nel conquistare seguaci e nell'imporre la sua volontà. Predicatore (Maggid) accorto, sapeva stabilire relazioni tra i passi della Bibbia, del Midrash e dello Zohar, che non sembravano avere alcun rapporto fra loro. Inoltre la sua figura imponente ispirava rispetto. Egli si chiudeva per tutta la settimana nella sua stanzetta e riceveva solo gli intimi; la folla non poteva contemplare il suo volto se non il Sabato, quando si mostrava vestito di seta bianca. In questo giorno si degnava di unirsi ai suoi amici e ai suoi seguaci per pregare, secondo Besht. Quando li vedeva tutti giocondi, gridava improvvisamente: “Adesso servite l'Eterno con letizia”. Sotto la sua direzione, la setta dei Chassidim aveva subito un netto cambiamento. Besht, tuttavia era sincero: quando si agitava durante la preghiera, quando tutto il corpo era scosso da convulsioni ed egli aveva visioni, era realmente in estasi. Beer non aveva questo entusiasmo spontaneo e naturale. Nessun demone interiore lo possedeva. Egli prese l'abitudine di attingere l'ispirazione divina da frequenti libagioni e da copiose sorsate di acquavite. E, per far credere che sapeva penetrare i misteri, si serviva di una sorta di polizia segreta, capace di informarlo su molte cose intime. Nella sua stanzetta oscura, Beer si considerava l'eguale del papa, vicario, al pari di lui, di Dio sulla terra. Vedremo che queste dicerie sono confermate dalla testimonianza diretta di Salomon Maimon.

Per quel che riguarda la dottrina cabalistica, Beer non ha rinunciato alla teoria dello Zimzum, dell'auto concentrazione di Dio in vista della creazione del mondo, teoria che era stata ben messa in luce dal suo maestro spirituale, Luria. Beer nota tuttavia che vi è una contraddizione in questa speculazione neoplatonica. La plenitudine divina della natura, che è il risultato sui generis del panteismo, esclude l'idea dell'auto concentrazione, caratterizzata da una posizione all'esterno dell'universo. Bisogna concepire che Dio è nell' universo intero e che non v'è un luogo privato per Lui (formula tradizionale di uso frequente nel pensiero ebraico), nonostante la mancanza della luce dell'En-Sof prima della creazione. Egli spiega che il Niente, che si produce durante la cessazione della chiarezza dell'Infinito, è un'entità positiva. “É il Modo del Non, la Hylè”. Il Niente non è che lo stato transitorio da una forma dell'essere all'altra (3).

Il Niente, si legge in Maggid Debarav leYacob, non è una cessazione assoluta. La prima esistenza, di conseguenza, non può essere esclusa dalla totalità. Beer giunge sotto altra forma all'unità di Besht; Dio è il Finito di tutti i mondi ed è al di sopra di tutto. É la vitalità dei mondi e li riempie. In una parola Dio è lo spazio di tutti i mondi.

In questo modo Beer trova un felice compromesso per conciliare la sua concezione luriana e la creazione del mondo grazie allo Zimzum con il panteismo chassidico.

D'altra parte dalla Qabalah luriana viene il termine “Fragilità”. Il male non è che il Bene in frammenti. In questo caso bisogna sforzarsi di elevare le sante scintille che cadono nello stato di briciole. L'ascensione delle scintille, divenute prigioniere dell'impurità, è il principale dovere che incombe soltanto all'uomo. Perché, se tutto è pieno di Dio, la Purezza come l'Impurità, tutto deve servire alla gloria di Dio. Qui Beer nega il caso. Vi sono solo degli indizi che ci sono dati per il nostro cammino interiore verso Dio. Così che le cose che ci sembrano cattive hanno una scintilla prigioniera che possiamo salvare in noi stessi. Beer rimane discepolo fedele di Luria nel cammino che ci traccia per servire Dio. Sebbene adottasse il principio della Gioia nel servizio della divinità, sembra che ignorasse la grande salute del chassidismo di Besht, manifestata dall'Amore, principio messo in rilievo da molti pensatori ebrei come Bachya ibn Paquda (Hobot Halebaboth), Maimonide (La Guida degli smarriti), Chasdai Crescas (Or Adonai), Elia de Vida (Reshit Chokhmà), Spinoza (Etica). Beer preferì tuttavia il Timore (4) all'amore di Dio.

In ogni caso egli non ammette l'amore di Dio se l'uomo non ha anzitutto il timore. Perché, per lui, l'amore senza limiti può condurre, con l'estasi, alla non obbedienza. Questa considerazione severa non è nello spirito di Besht.

Beer mette la preghiera sopra tutti gli altri atti del culto. Sebbene meno mistico di Besht, egli esigeva accanto all'estasi e all'ardore, la kavvanah (intenzione), inaugurata, come si sa, da Luria. Egli ha cambiato anche i riti delle preghiere, sostituendo al rito askenazi il rito sephardi, che si conforma alla base dei kavvanoth di Luria. Ma dal rituale di Luria, da lui raccomandato, eliminò i piutim.

Egli riconosce che si può servire Dio col cuore soltanto, e considera, al pari di Luria, che gli atti devono essere elevati al livello del mondo spirituale. A fianco di Israele pone la Terra Santa, importante elemento di ordine cabalistico, che è penetrato nel chassidismo, e, al centro di Israele, il Tzaddik (Giusto). “Il Cosmo,”dice, “è Uno con Dio; Israele è il centro del mondo; Dio e Israele fanno una sola unità; ognuno di loro dipende dall'altro; il Tzaddik è il centro di Israele”(Or Torah, in Aescoly-Weintraub, loc. cit., pag. 70). Abbiamo visto che egli considera il Tzaddik come il centro di Israele. Talora giunge ad assimilarlo a Dio, ponendolo su di un piedistallo elevatissimo. Questo essere protetto da ogni macchia e da ogni peccato, questo essere perfetto i cui atti e i cui pensieri esercitano sull'universo intero un'influenza onnipotente, appare molto più importante di quanto sia l'uomo nel lurianismo. Il suo vero apporto sembra consistere nella sua teoria del Tzaddik .

E per questa ragione egli non nomina qui Besht, che raramente cita altrove. Con tali idee, Beer riuscì a imporsi a numerosi seguaci. Il suo circolo si componeva di stranieri e di giovani. Vi troviamo future celebrità come Sheneor Zalman di Liadi (Russia Bianca), Israel di Kozienice (Polonia Centrale), Jacob Isaac il Visionario di Lublino (Polonia Centrale), Abraham di Kolisk (Lituania), Mendel di Vitebsk (Russia Bianca), Jacob Joseph d'Ostrog (Lituania), i fratelli Samuel e Pinhas (Polonia).

 

Il secondo successore di Besht, o primo ausiliario di Beer, fu Jacob Joseph di Polonia, il perno del movimento chassidico, discendente da una notevole stirpe di cabalisti polacchi. Ancor giovanissimo fu rabbino a Szarygrod, a Raszkov e a Nimirov. Questo dotto cabalista seguiva la via dei suoi avi, Samson d'Ostropole e Joseph Katz di Posnania, e partecipava allo sviluppo del lurianismo polacco. Abbiamo di questo talmudista, prima della sua adesione ufficiale al chassidismo, due opere non prive di valore, Porat Yoseph e Tzafenat pa'aneach. Fu il primo a creare la letteratura del chassidismo. Il suo libro, Toledoth Yacob Yoseph, apparso nel 1781 senza l'approvazione rabbinica, è la prima opera di questa letteratura che suscitò discussioni violente. Dopo avere constatato in questo libro l'unità del panteismo e lottato contro il formalismo dei rabbini, venne al tzaddikismo. Come per Beer, il Tzaddik è per lui l'anima o il fondamento del mondo; la fonte, l'intermediario, lo scopo dell'essere. Ma la folla popolare non è che la materia terrestre del genere umano o del giudaismo. É il corpo, l'esterno, la materia. Jacob Joseph non esigeva niente per sé. Ottenne grandi successi con le sue prediche, i suoi scritti, le sue epistole. Sebbene uscito da una aristocrazia intellettuale  lui stesso era rabbino e sapiente  amava il popolo. Spiritualista, mirava all'elevazione del pensiero. E in tal modo il chassidismo si è fatto conoscere e apprezzare.

Tuttavia la sua opera Toledoth Yacob Yoseph non ispirò fiducia ai rabbini, sempre diffidenti di fronte a ogni esaltazione mistica. Essi vi scorgevano l'agitazione dei sabbatiani e dei frankisti, che avevano portato maestri e discepoli gli uni al turbante, gli altri al battesimo. Avevano dunque ragione di preoccuparsi e di accentuare nuovamente la loro ferma opposizione. Inoltre il nome che questo circolo portava lo faceva sospettare come successore di un ordine sabbatiano chiamato Chassidim ossia gli aderenti di Chayim Malka e di Jehuda Hassid, emigrati più tardi in Palestina. Quest'ordine, come si sa, ha dato in parte origine al franchismo. Comunque sia, doveva esservi un certo rapporto, più o meno stretto, fra tutti i movimenti vicini o lontani a queste tendenze mistiche. Così che il chassidismo di Miedzyrzez non sembra sfuggire alle influenze precedenti.

Miedzyrzez fu considerato dai suoi avversari come il vero centro dei Chassidim. Salomon Maimon, nella sua Autobiografia, ci dà alcuni particolari piccanti che coincidono con quello che abbiamo già detto e si mostra non senza ragione di un'estrema severità verso la condizione spirituale e le attività di questo centro famoso. Ascoltiamolo (Lebensgeschichte, Berlino, 1792, t. I, in Frank, loc. cit., pag. 295, e altri autori).

“Appena arrivato a Miedzyrzez, la mia prima premura fu di recarmi dal Superiore... Ma mi dissero di tornare il sabato seguente al pari degli altri stranieri invitati alla sua tavola... Arrivai dunque il giorno di Sabato a questo festino solenne, e trovai presso il mio ospite sconosciuto un gran numero di ospiti venerabili, venuti con lo stesso mio scopo da diverse contrade. Il grand'uomo fece infine il suo ingresso: aveva un contegno quanto mai imponente e indossava un abito completo di seta bianca. Le sue calzature e perfino la sua tabacchiera erano di questo colore, che i cabalisti considerano il colore della grazia. Rivolse a ogni nuovo arrivato uno shalom, ossia li salutò. Ci sedemmo a tavola e per tutto il tempo del pasto regnò un silenzio solenne. Terminato il pranzo, il capo intonò una melodia sacra, adatta ad elevare l'animo; poi si appoggiò una mano sulla fronte e ricordò ad alta voce il nome di ogni arrivato e quello della sua abitazione, cosa che ci procurò un'estrema sorpresa. Chiese a ognuno di noi di recitare un versetto della santa Scrittura e, quando avemmo soddisfatto la sua richiesta, il Superiore cominciò un sermone a cui i versetti recitati dovevano servire da testo. Sapeva collegarli con tanta arte che, sebbene fossero presi a caso nei diversi libri della santa Scrittura, li presentava come se avessero formato un tutto omogeneo; ma il più strano fu che ognuno di noi credeva di trovare nella parte del sermone corrispondente alla sua citazione dei rapporti con i suoi intimi sentimenti. Tutto questo suscitò in noi una grande ammirazione. Ma mi bastò poco tempo per farmi ricredere dalla mia alta opinione su questo capo e su questa severità in generale”.

Quello che contribuì a far cambiare opinione all'autore della Filosofia trascendentale, fu la loro sfrenatezza nell'allegria, accompagnata da un comportamento cinico. Maimon pensa che questi Chassidim, che sono giunti a dominare quasi l'intera nazione, avrebbero potuto operare una grande rivoluzione se le stravaganze di qualcuno di loro non avessero messo a nudo molti lati deboli e fornito armi contro di loro agli avversari.

Comunque sia, i Chassidim non tardarono ad allontanarsi dagli ortodossi in cui l'insegnamento talmudico (soprattutto in Polonia) non dava alcuna soddisfazione al vero sentimento religioso e si preoccupava pochissimo di tutto ciò che poteva commuovere il cuore e mettere l'anima in comunicazione col cielo. Così si spiega lo zelo di numerose reclute per i Chassidim che, al contrario, davano tanta importanza all'estasi e ai sentimenti religiosi. Ma anche in questo campo esageravano. Invece di recitare le preghiere prescritte, pregavano tutte le volte che si sentivano disposti senza tener conto dell'ora e senza preoccuparsi di sopprimere arbitrariamente una parte delle preghiere obbligatorie.

Il loro numero, che aumentò rapidamente grazie a una propaganda attiva, prudente e discreta, formò due gruppi importanti, i Mizrieziani e i Karliniani. Essi riuscirono anche a fare delle reclute nella grande comunità di Vilna. Ma là si attirarono addosso l'uragano. In questa città, infatti, viveva un dotto talmudista, Elia Vilna (17201797), venerato sotto il titolo di “gaon”dagli Ebrei della Lituania. Appena questo Gaon, di un carattere elevato e di profonda dottrina, fu informato che un gruppo di Chassidim si era organizzato a Vilna e conduceva una campagna contro il Talmud, ordinò un'inchiesta. Si scoprì nei loro scritti la raccomandazione alla serenità e alla gaiezza, e, cosa più grave, l'incitamento a modificare le preghiere senza tener conto dei rabbini. Elia, che era ancora sotto l'impressione degli sviamenti dei frankisti, non esitò a condannare il capo di questo gruppo, un certo Issar. Questi fu scomunicato un giorno di Sabato davanti a tutta la comunità, e le opere scoperte furono bruciate (1772). Inoltre i rabbini di Vilna scrissero a tutte le comunità importanti della Polonia per invitarle a sorvegliare da vicino i Chassidim e a colpirli con l'anatema. In questo stesso anno i Chassidim persero il loro grande capo spirituale Dob Beer Mizriez. Scoraggiati da questi colpi continuamente ripetuti, sospesero per un certo periodo la loro attività, ma, ostinati com'erano, non tardarono a riprendere la loro propaganda con maggior vigore. Erano allora nel numero di cinquanta o sessantamila, divisi in piccole comunità ognuna delle quali aveva a capo un Rebbe. Tutti questi gruppi, uniti strettamente e fraternamente fra loro, formavano una sorta di confraternita che ricorda  lo ripetiamo  gli Esseni, e obbedivano al Tzaddik supremo che discendeva da Beer Mizriez. Egli godeva di una grande autorità che si estendeva su tutti i rabbini e riceveva una parte delle loro entrate.

Dopo la morte di Beer, il Chassidismo, come dottrina, era considerato concluso. Enumeriamo coloro che sembrano i più noti fra i sapienti e i discepoli che hanno più o meno contribuito all'edificazione di questo sistema. Il primo Tzaddik in capo fu Abraham, figlio di Beer, soprannominato dai suoi seguaci hamalakh (l'angelo). Questo solitario, questo santo, non aggiunge niente alle idee di suo padre. Il suo insegnamento era pubblicato nella raccolta Chesed leAbraham. Pregava tutto il giorno, mortificava la sua carne e viveva in margine alla vita sociale. Non voleva succedere a suo padre a causa del suo orrore per l'abbassamento dei Tzaddikim. Morì nel 1772, a trentasei anni. La leggenda lo considera come un angelo.

Loeb Sarah, personaggio leggendario, si occupava, secondo la tradizione, di approvvigionare i trentasei Tzaddikim nascosti, i veri protettori di ogni generazione.

Nahum di Czerowbiety fu uno dei più puri spiriti del chassidismo; occupandosi assai poco della materia, soffrì la fame... Era il più fervido discepolo e amico di Beer. Unì l'ideale del chassidismo, la conoscenza di Dio, il timore e l'amore per Lui, con una conoscenza approfondita della Halakha e della dottrina di Luria. La particolarità della sua dottrina risiede nell'elemento erotico che egli sottolinea con forza.

Elimelekh di Lizaenskie, a cui si collega il chassidismo polacco, non ha niente di speciale nel suo insegnamento. Gli si attribuiscono due grandi virtù: la modestia e la bontà.

Ma il più saggio dei capi e il discepolo più apprezzato da Beer stesso è Shneor Zalman di Lituania. Spirito profondo e socievole, non abusò del suo titolo di Tzaddik. Difese il chassidismo contro i suoi temibili avversari e compì l'opera di distruzione del tzaddikismo. Non lottò contro questo o quel Tzaddik in modo individuale e preferì combattere l'oscurantismo delle masse chassidiste dal carattere morale rivoltante e illecito. Volle realizzare le idee della “Santa compagnia”quali erano applicate quando Beer era in vita, e creare un'ideologia chassidica indipendente dai Tzaddikim. Quest'uomo coscienzioso non aveva notato che, se il chassidismo trionfava e dominava le folle, lo faceva solo in grazia di questo essere onnipotente, intermediario fra l'uomo e Dio, il Tzaddik. Così la Qabalah ha potuto diffondersi solo grazie alla sua parte teurgica. E la Qabalah, che precedette il chassidismo, non era la Qabalah di Cordovero ma quella di Luria, che diresse effettivamente gli spiriti. Il suo temibile avversario fu Elia Gaon di Vilna, di cui abbiamo parlato. Questi due uomini che si combatterono aspramente, si distinsero per tratti comuni di superiorità. Nel suo Shulchan 'Aruch del chassidismo, che ricorda quello di Joseph Caro, Shneor Zalman, che si dichiarava indipendente dal rabbinismo, accettava, relativamente ai riti, solo quello che era prescritto nella sinagoga, mettendosi al riparo da ogni accusa di apostasia. I gruppi lurianisti della Polonia si sono sempre serviti del rito sephardi, forse anche sotto l'influenza del sabbatismo, come dimostra il Siddur di Jacob Keppel. Shneor Zalman non ha fatto che correggere il libro di preghiere di Luria.

L'opera dottrinale più importante di Shneor Zalman è la Raccolta di parole o Tanya: è considerata come l'Etz Chayim (5) del chassidismo.

Ma il suo autore, che cerca di dimostrare l'inutilità del Tzaddik, la indica come “un libro per i mediocri”. Vengono affrontati vari argomenti di portata filosofica talora importanti, che si fondano sul lurianismo. La sua originalità appare, in particolare, nella questione relativa alle Sephiroth. Shneor Zalman riprende l'esposizione del Sefer Yetzsirah, che divide le Sephiroth in tre “Madri”(Imoth) e sette “doppi”, pur servendosi in egual tempo delle Sephiroth dello Zohar per risolvere il problema. Esclude la Sephirà Kether (corona), considerata come superiore alla posizione delle altre due Sephiroth che fanno parte delle tre “Madri”, e la sostituisce con la Sephirà Saggezza. Di qui il nome della sua dottrina, Chabad, abbreviazione del nome delle tre Sephiroth superiori: Chokhmah, Binah, Daath (Saggezza, Intelletto, Conoscenza). Le sette Sephiroth che seguono sono per lui inferiori. Questa distinzione sembra corrispondere al supposto dualismo dell'anima umana: l'intelletto (Sechel) e i modi (Middoth). Le tre Sephiroth supreme costituiscono la sostanza morale, da cui derivano i modi. La vera sostanza dell'anima produce un'esistenza materiale che si divide in tre forme (“Abiti”), inerenti al mondo esterno: esse sono il Pensiero, la Parola e l'Azione. Questi tre “Abiti”sono adesso esposti al potere dell'Impurità, capace di renderli prigionieri e di produrre, di conseguenza, una reazione sulla sostanza dell'anima (6). L'anima di ordine universale, che implica modo, qualità e categorie (7), ha pure il suo doppio: l'anima dell'Impurità (8).

 

D'altra parte, Shneor Zalman prende le distanze anche dalla teoria dell'emanazione, sostenendo che l'autoconcentrazione dei lurianisti è fondata su un errore. Egli vede una contraddizione  un po' al modo del suo maestro Beer  nel porre il panteismo a fianco dell'auto concentrazione. Perché, dichiara, dato che Dio è un essere infinito, la sua creazione non può avere un altro carattere. L'esistenza delle cose non è che uno dei modi della Sostanza, unica e infinita. E i modi stessi sono della stessa natura della sostanza, da cui derivano. L'auto concentrazione è piuttosto inerente alla Creazione e non al Creatore. Come un grande sapiente, colpito dalle meraviglie della scienza, è costretto a concentrare il suo intelletto e il suo pensiero sulla parola..., così dice Shneor Zalman, vi è stata una grande concentrazione nel momento in cui Dio ha creato la natura (Sante Epistole, V).

Questi elementi primordiali, che appaiono nel pensiero di Shneor Zalman, presentano delle affinità con le dottrine cabalistiche esposte in precedenza. Nonostante la critica che fa ai Tzaddikim, Shneor Zalman non tradisce la sua sincera adesione al chassidismo. Per lui non tutti gli uomini sono capaci di divenire tzaddik, cosa giustissima. Perché egli ritiene che il Tzaddik è colui in cui il Male si è cambiato interamente in Bene. Egli credeva che questa filosofia fosse capace di elevare il livello dello spirito, soprattutto per quel che riguarda la liberazione da ogni potere personale. Tuttavia le sue Lettere, unite alla sua opera Tanya, di cui abbiamo appena parlato, accusano la tragica distanza che separa il maestro dai suoi seguaci. Queste lettere costituiscono un eccellente documento sul chassidismo. Notiamo anche che egli non cita Besht in modo particolare, ma a fianco del Talmud, dei Midrashim, di Maimonide, di Cordovero e di Luria.

 

Ancora dal seno della decadenza, dovuta all'abuso e alla degenerazione dei Tzaddikim, esce un personaggio egualmente ostile a tale stato di cose: Nachman di Bratislava. Quest'uomo, per la sua originalità religiosa nel beshtianismo e per i suoi scopi chiari e precisi, è quasi unico nella storia del chassidismo. Anche lui, come Shneor Zalman, riconobbe i difetti dei Tzaddikim. Ma era quanto mai eccentrico e di animo estatico. In quanto maestro e capo differiva di molto da Shneor Zalman, il suo grande contemporaneo. Nacque l'anno stesso in cui morì Beer. La leggenda chassidista ha ornato la sua vita di fiori meravigliosi. Secondo essa, nacque il primo Nissam 5532 (1772) a Miedzborg. Suo padre, Simcha, era figlio del tzaddik Nachman di Horodenko. Sua madre Feiga era la nipote di Besht. Da fanciullo era vivace, un po' ribelle e voleva raggiungere un'alta madregà (grado morale). Selvaggio e fantasioso, si mortificava la carne e si recava di notte alla tomba di suo nonno per parlargli. A dodici anni si sposa e, come tutti gli eminenti chassidim, va ad abitare in campagna. La Qabalah di Luria risponde alle sue aspirazioni. Poi raggiunge un alto livello di animo, grazie ai suoi sforzi: la grandezza di animo si acquista da soli. Come Shneor Zalman, vede la causa del male nell'obbedienza cieca al Tzaddik, che talora è ipocrita. Il vero Tzaddik, per lui, è colui che cerca di elevare l'animo dei suoi discepoli a un'alta spiritualità analoga alla sua propria. Questa idea lo faceva cadere in una ossessione di grandezze: si credeva nato per compiere questa missione. La nostalgia mistica lo indusse ad andare in Palestina, dove erano i resti dei cabalisti di Safed e degli antichi maestri della tradizione zohariana. Già prima di lui, Mendel di Vitebsk aveva portato in Terra Santa i germi del chassidismo; ma, dopo la sua morte, era avvenuta una decadenza. Nachman sperava di rinnovare questo seme, cosa che poteva favorire il suo desiderio di divenire maestro. Secondo la leggenda chassidica, raggiunse Haifa l'ultimo giorno dell'anno 5559 (1799). Prese dimora in Tiberiade e visse da solitario, considerato come un grande personaggio dal piccolo gruppo di beshtisti che si trovava là. Si occupò della Qabalah e insegnò la sua dottrina a vari discepoli.

Non tardò a dichiarare apertamente guerra ai Tzaddikim, che, a loro volta, non esitarono a intraprendere la lotta contro di lui. Cambia di domicilio e va ad abitare, nel 1802, a Bratislava, dove trova un ambiente chassidico favorevole. Il suo fisico sempre malaticcio gli dà un umore instabile, spesso di una profonda tristezza. Questo stato gli ispira racconti di una fantasia poetica notevolissima. Desiderava ardentemente liberarsi della carne già prima di morire. I suoi seguaci, divenuti numerosi, si riuniscono ancor oggi, più di un secolo dopo la sua morte, sulla sua tomba. Si può porre questo spiritualista a fianco del filosofo ebreoarabo Bachia ibn Pakuda.

Possediamo di lui un capolavoro, Likutè Meharan, degli aforismi, Sefer ha Middoth e Likutè Ezzoth, racconti e favole, Sefer ha Ma'assioth, due volumi di preghiere, un commentario cabalistico del Talmud e del Shulchari Aruch ecc.

Nei suoi aforismi diceva di essere il vecchio fra i vecchi, un fiume di acqua corrente che purifica da ogni macchia. Non è possibile arrivare alla fede se non per la via della verità; e non si può raggiungere la verità se non con l'attaccamento ai Tzaddikim. Il Tzaddik è il fondamento del mondo. Bisogna leggere il suo racconto dei “Sette mendicanti infermi”.

Non aveva riguardi per il Talmud e tanto meno per la Qabalah. Osò annullare la questione relativa a Lilith (9) (superstizione sviluppata presso i luriani e anche in tutti i circoli chassidici, che pesava sulle anime pie), recitando una breve preghiera capace di uccidere tutte le forze malvagie che Lilith mette al mondo.

 

Shneor Zalman e Nachman lasciarono tracce nel chassidismo e hanno ancor oggi dei seguaci grazie soprattutto ai loro probi insegnamenti, ma né l'uno né l'altro riuscirono ad assicurarne l'avvenire. Il Tzaddikismo ucraino, infatti, dopo aver subito l'urto violento dei loro attacchi, finì col trionfare e si mostrò capace di dominare le masse ebree. I successori di questi due maestri saranno mediocri. La decadenza del tzaddikismo appare sempre più nelle pratiche idolatriche. Le due grandi tendenze dell'ultimo periodo non hanno potuto salvare il chassidismo dalla degenerazione dei Tzaddikim. Le regioni che erano state culla del chassidismo (Ucraina, Podolia, Volinia) furono le prime a perdere il valore morale.

Tuttavia il chassidismo, che raggiunge il suo apogeo e decade in Ucraina e in Galizia, cominciò a fiorire solo nel terzo paese in cui esercitò la sua influenza, ossia nella Polonia propriamente detta.

Il primo che insegnò il chassidismo nella parte della Polonia che costituì, più tardi, il regno di Varsavia, fu Israel Brica, predicatore a Kozimice, nella regione di Lublino. Discepolo di Elimelekh di Lizensk, Israel, figlio del popolo, si mostrò superiore al suo ambiente. Secondo la leggenda vi erano in lui indizi che annunciavano una personalità straordinaria. Nel corso della sua carriera di Tzaddik si mostrò di un misticismo esaltato, con particolari stranezze. Aveva la reputazione di notevole taumaturgo anche presso i cristiani. Diceva le sue preghiere al modo dei sacerdoti del tempio di Gerusalemme; le macerazioni che si imponeva avevano qualche cosa di morboso. Le sue entrate erano considerevoli  doni dei suoi fervidi ammiratori  ma egli le distribuiva ai poveri. Diede un accento personale all'insegnamento del suo maestro Elimelekh. Il periodo del regno di Israel di Kozienig e di Jacob Isaac Horovitz, il “Visionario”di Lublino, può essere considerato come il primo periodo del chassidismo, ossia quello di Miedzyrzecz.

Il chassidismo, quale che sia il suo valore, non sembra essersi definitivamente spento. Il suo focolare sembra esistere ancora in Polonia e oggi trova un difensore ardentemente convinto, il pensatore e scrittore M. Martin Buher, fondatore, se così si può dire, di una particolare scuola “neochassidica”. Egli è stato il primo a far conoscere agli Israeliti dell'Occidente e al mondo colto in genere la vita religiosa dei Chassidim ispirata alla tradizione ebraica. Ma lui stesso è un loro discendente e porta in sé “il sangue e lo spirito”dei Chassidim. “Se oggi”, egli dice ('hassidisme in L'illustration juive, 1929, n° 4, pag. 5) “centinaia di migliaia di Chassidim esistono ancora, il chassidismo è tuttavia viziato. Ma gli scritti chassidici ce ne hanno conservato la dottrina e la leggenda. La dottrina chassidica è la cosa più caratteristica e più vigorosa che la Diaspora abbia creato: è l'annuncio della rinascita. Nessun rinnovamento del giudaismo sarà possibile se non porterà con sé gli elementi del chassidismo. La leggenda del chassidismo è il midollo della sua dottrina, il suo messaggero, il segnale della sua marcia nel mondo. É l'ultima forma conosciuta del mito ebraico”.

Tale è il carattere fondamentale del risonante movimento chassidico (10).

Ma questo pietismo appare in un modo più sincero, più dolce, più concentrato nella meditazione silenziosa, in un gruppo ristretto di cabalisti di rito sephardi che stiamo infine per affrontare.

 

 

1 - Tutti questi fatti meravigliosi sono riferiti nel Sefer Shibche Habaal Shem Tob, Berlino. 1922.

2 - Notiamo che in san Francesco d'Assisi (11811226) l'austerità si fondava egualmente sulla gioia. É uno dei tratti più notevoli del suo carattere: gioia dappertutto, anche nelle amarezze e nelle preoccupazioni. Anche Buddha aveva escluso le macerazioni.

3 - Idea che sembra avvicinarsi al pensiero di Bergson relativo al disordine e all'ordine, notevolmente sviluppato in L'évolution creatrice.

4 - Notiamo che i grandi moralisti ebrei non avevano trattato a fondo il problema relativo al timore e all'amore di Dio. Il timore è la prima tappa per raggiungere Dio, prescritta a tutti. L'Amore è una conquista dell'essere che si eleva sopra ogni osservazione. Il chassidismo popolare, avendo trovato la magnifica unità della natura nella trasformazione di Dio, trova insieme il cammino, in qualche modo umano, verso Dio, il cammino che porta il figlio verso il padre, ossia la scintilla verso la sua splendida Totalità. Nessun timore se il male non esiste. La dottrina di Besht è piena d'amore per Dio. Mentre il lurianesimo, che crocefiggeva la carne perché temeva la sua distruzione, non è afferrato, secondo alcuni Chassidim, dal puro amore divino.

5 - É il titolo risonante dell'opera (Albero di Vita) attribuita alle idee di Luria.

6 - L'Essere divino, dice Shneor Zalman (Tanya, VI), è composto di dieci sante Sephirot e si veste di tre abiti sacri. L'Essere del “Lato straniero”(Sitra achra), avvolto nel sangue umano è composto di dieci Corone di Impurità... E l'Intelligenza che le produce si divide in tre parti: la Saggezza, l'Intelletto e la Conoscenza.

7 - Le categorie, per Shneor Zalman, corrispondono alle dieci Sephiroth superiori, dalle quali sono uscite. Esse si dividono in due parti: le tre “madri”e i sette “doppi”, ossia la Saggezza, l'Intelletto e la Conoscenza, e le sette della Costruzione: la Grazia, la Forza, la Magnificenza, ecc.

8 - L'Essere dell'uomo si divide in due: Intelligenza e Morale. L'Intelligenza comprende l'Intelletto, la Saggezza e la Conoscenza. La morale consiste nell'amore e nel timore di Dio. Vengono chamate Chabad le “Madri e la Fonte della Morale”, perché la morale è un prodotto di Chabad (Tanya, t.I, cap. III, in Aescoly, loc. cit., pag. 155).

9 - Vi è nello Zohar un commentario terrificante su di un versetto della Bibbia. É la legge sull'impurità degli Aaronidi, che sarebbero stati inquinati. L'esoterismo ebraico diede una hase mistica a questo commentario, collegandolo all'angelologia. Dalla semenza virile perduta, Lilith, la compagna di Samaele, concepì e mise al mondo dei demoni.

10 - Ecco alcuni termini abbastanza frequenti nel chassidismo, che non abbiamo avuto occasione di usare nella nostra esposizione: Ababah, amore; Gadlut, grandezza, Debekut, adesione; Hitlahabut, fervore, entusiasmo; Hitpaalut, stupore; Tahara, purezza; Yeridah, discesa; Middah, qualità; Nigun, melodia; Mophety, atto soprannaturale; Amkut, profondità; Nizuzze, scintilla.

 

 

Indice

Introduzione Il Pietismo di Safed La Scuola di Cordovero La Scuola di Luria

Sabbatai Zevi e i Sabbatiani Frank e i Frankisti Israel Baal Shem Tob e i Chassidim

Il Chassidismo di Beth-El Conclusioni