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PITAGORA - I misteri di Delfo


La Grecia del sesto secolo avanti Cristo presentava indubbiamente un, profondo decadimento morale e religioso: ben poche tracce esteriori erano rimaste dell'opera di Orfeo, e di questi si era ormai confinato il ricordo fra le nuvole della leggenda. Una nuova spinta di rinnovamento occorreva; occorreva che un nuovo spirito, una nuova consapevolezza di sé venissero a scuotere le fibre di quel popolo.
Il genio greco doveva trovare una poderosa via di affermazione, trasferendo la sapienza fuori dai templi ormai decaduti e divulgando le verità supreme delle dottrine esoteriche nelle scuole dei filosofi e nell'opera dei poeti. É questa, dice Schuré, l'origine e la spiegazione dei tre splendidi secoli successivi, che videro il pensiero e l'arte dei greci giungere ai sommi fastigi.
In quest'opera, in cui peraltro i filosofi conservarono il senso della necessità di divulgare solo in parte il supremo sapere, mantenendone il nucleo riservato e segreto, la Grecia ha trovato in Pitagora l'uomo che le occorreva, l'uomo che doveva dare forma razionale e lucidità d'intelletto alle dottrine misticamente espresse dai culti misterici.
Anche Pitagora compie, sotto la spinta di una divina ispirazione, il suo lungo viaggio di preparazione e di studio. In Egitto egli fu iniziato ai misteri di quei templi e di quel sacerdozio, apprendendovi l'insegnamento di Ermete: a Babilonia - dove lo portarono avventurose vicende di guerra e di prigionia - conobbe i segreti del sapere degli Assiri, dei Caldei e degli stessi Ebrei; penetrò negli arcani della magia; ebbe nozione della sapienza persiana.
Di ritorno in Grecia, il saggio jonico si ferma a Delfo, presso il tempio d'Apollo, già illustrato dall'insegnamento divino di Orfeo; ne rinnova i culti, tramanda a quei sacerdoti l'immenso sapere acquisito in Oriente e li rinfranca, rendendoli consci della loro missione; fa di Delfo un rinnovato centro di conoscenza, di forza religiosa, di coscienza civile ed è così il vero riformatore dei misteri Delfici.

Poi eccolo nella Magna Grecia, a Crotone. Qui sosta a porre mano alla sua opera più grande; la fondazione e direzione di un sodalizio filosofico-religioso, in cui si perfezioni, si custodisca si perpetui il suo insegnamento, attraverso una specie di sacerdozio laico, legato e plasmato da una quadruplice, altissima iniziazione.
All'ordinamento del sodalizio pitagoreo e alle dottrine in esso insegnate, lo Schuré dedica uno spazio notevole, e ci duole che non sia qui possibile renderne il contenuto un po' più che sommariamente e per cenni.

Collegio di educazione, accademia scientifica e città-modello a un tempo, il sodalizio dei pitagorici aveva per base indispensabile una metodica selezione dei novizi. La ammissione
definitiva si otteneva solo da quei giovani, che avessero felicemente superato mesi di noviziato, conclusi da prove varie e numerose, tutte destiniate ad esperimentare il carattere e la forza morale del candidato.
Ma l'iniziazione vera e propria era distinta in quattro gradi, a ciascuno dei quali si giungeva soltanto dopo un lungo periodo di metodica e profondissima penetrazione intellettuale e morale.

Il primo grado aveva carattere propedeutico e costituiva un secondo periodo di noviziato.
Più che la preparazione intellettuale, vi prevaleva ancora quella morale e del carattere, tutta tesa a predisporre la personalità psichica del discepolo, in modo da renderlo pienamente idoneo agli studi e alle profondità sublimi dei gradi successivi.

Il secondo grado era quello della purificazione: i discepoli che vi erano ammessi apprendevano la scienza dei numeri o matematica sacra: scienza dei simboli sacri, cioè che adombrava una vera e propria teogonia e teologia razionale.
Basti qui ricordare, per intenderne un po' la natura, l'importanza che avevano, in questa matematica simbolica e sacrale dei pitagorici, il pari e il dispari, l'uno e la diade, la triade, la tetrade, il numero sette ed il numero dieci; tutti simboli teologici e teogonici, come si può ravvisare, a titolo d'esempio, da questa formula del giuramento dei pitagorici:


«Giuro per chi dei nostri cuori impresse
La divina Tetraède, immensa e pura,
Fonte del mondo e impronta degli Dei».

Il terzo grado era quello della perfezione. Per giungervi, il discepolo apprendeva cosmogonia e psicologia, ovvero le scienze del mondo e dell'anima: giungeva così nel cuore delle dottrine esoteriche, di cui apprendeva i più profondi segreti.
Formazione e struttura dell'universo; dottrina dei quattro elementi costitutivi di esso (aria, acqua, terra e fuoco) e delle loro mutazioni; movimenti e formazione della terra; origine dell'umanità e delle razze, erano i capitoli della cosmogonia esoterica. Si arriva, così, dallo studio del mondo visibile a quello del mondo umano, alle soglie dei problemi dell'anima.
Questi ultimi erano oggetto della psicologia. L'anima umana, intesa come una scintilla dello spirito divino, una monade universale, una piccola parte dell'anima dei mondo; la sua genesi cosmica; il suo preesistere al corpo, in cui s'incarna dopo un passato vertiginoso di moto nel profondo dell'universo; la dottrina del «doppio eterico» o corpo spirituale, che è il veicolo sottile dell'anima; la liberazione dal corpo materiale attraverso la morte; la lotta per tornare al celeste mondo originario; il dramma delle reincarnazioni imposte a quelle anime, che non hanno saputo attingere le purezze della vita spirituale: ecco i punti centrali della psicologia esoterica e pitagorica, sintesi suprema dei più alti insegnamenti morali e religiosi, tramandatici dal mondo antico.

Ma ascoltiamo, per un momento, le parole stesse dello Schuré

«Qual'è dunque lo scopo finale dell'uomo e dell'umanità, secondo la dottrina esoterica? Dopo tante vite, morti, rinascite, sonni e risvegli dolorosi, vi è un termine ai travagli di Psiche? Si, dicono gli iniziati: quando l'anima avrà definitivamente vinto la materia, quando, svolgendo tutte le sue facoltà spirituali, avrà trovato in se stessa il principio e la fine di ogni cosa, allora, la incarnazione non essendo più necessaria, essa entrerà nello stato divino, unendosi perfettamente con l'intelligenza divina. Poiché noi possiamo appena presentire la vita spirituale dell'anima dopo ogni vita terrestre, come potremmo noi immaginare questa vita perfetta, che dovrà tener dietro a tutta la serie delle sue esistenze spirituali?
Questo cielo dei cieli sarà, rispetto alle felicità precedenti, quello che l'oceano è rispetto ai fiumi. Per Pitagora l'apoteosi dell'uomo non era l'immersione nell'incoscienza, ma l'attività creatrice nella coscienza suprema. L'anima, divenuta puro spirito, non perde la sua individualità, ma la compie, poiché raggiunge il suo archetipo in Dio; e si ricorda di tutte le sue esistenze anteriori, che le sembrano tanti gradini per giungere alla cima, da cui essa abbraccia e penetra l'universo. In questo stato l'uomo non è più uomo, come diceva Pitagora, ma semidio, perché riflette in tutto il suo essere la luce ineffabile, di cui Dio riempie l'immensità degli spazi; per lui sapere è potere, amare è creare, essere è irraggiare la verità e la bellezza.
Ma questo termine è poi l'ultimo? L'eternità spirituale ha altre misure che il tempo solare, ma ha pure le sue tappe, le sue norme e i suoi cicli: solamente questi sorpassano ogni concezione umana. Tuttavia la legge delle analogie progressive nei regni ascendenti della natura ci permette di affermare che lo spirito, giunto a questo stato sublime, non può più ritornare indietro e che, se i mondi visibili mutano e passano, il mondo invisibile, che è la sua ragione d'essere, la sua sorgente e la sua foce e di cui fa parte la divina Psiche; è immortale» .

Il quarto ed ultimo grado è quello della iniziazione della volontà, logico e conseguente coronamento dell'ormai raggiunta iniziazione dell'intelletto: scopo di essa era quello di rendere il discepolo capace di vivere praticamente secondo i sublimi dettami delle dottrine apprese.
Fanno parte di questo grado la purificazione e il dominio del corpo, il conseguimento di poteri straordinari come la trasmissione della volontà e la chiaroveggenza, la conoscenza del bene e del male nella loro motivazione etica e religiosa, la spiegazione dell'ineguaglianza delle condizioni umane, a prima vista così contraria al divino ordine del cosmo, la conoscenza degli uomini e dei loro tipi fondamentali (istintivi, animici o passionali, intellettuali, adepti o grandi iniziati), cui corrispondono le classi sociali di una perfetta Repubblica.

Se a questo si aggiunge la conoscenza del rapporto fra i sessi, della funzione sociale e morale della donna, dell'amore e del matrimonio, consegue che gl'iniziati dell'ultimo grado conquistavano il possesso di tutte le nozioni intellettuali, morali e sociali, necessarie per essere dei saggi operanti, degli uomini veramente compiuti e superiori.

Ecco come conclude e sintetizza Schuré:

«Così l'insegnamento di Pitagora, che aveva incominciato nelle profondità dell'assoluto con la trinità divina, finiva al centro della vita con la trinità umana. Nel Padre, nella Madre, e nel Figlio, l'iniziato sapeva riconoscere ora lo Spirito, l'Anima e il Cuore dell'universo vivente. Quest'ultima iniziazione costituiva per lui il fondamento dell'opera sociale concepita alla luce e in tutta la bellezza dell'ideale, edificio a cui ogni iniziato doveva apportare la sua pietra».

Descritto così il «corpus» dell'insegnamento pitagoreo, l'Autore torna all'uomo Pitagora, ne ricorda il sublime amore ed il matrimonio con la bellissima Temo, una delle iniziate del sodalizio di Crotone, attratta irresistibilmente verso il mago greco quasi sessantenne dalla giovinezza dell'anima, fiamma immortale che il Grande Iniziato attinge dalla sua vita spirituale e che tiene viva con le forze occulte della natura e che brilla in lui ed ammalia; rievoca, quindi, la drammatica fine dell'Istituzione, distrutta a furor di popolo, per istigazione di Cilone, che, per il suo carattere violento ed imperioso, era stato respinto da Pitagora, severissimo nell'ammissione dei discepoli.

Le ultime pagine, dopo la morte di Pitagora e di molti dei suoi discepoli, trucidati dall'esplosione dei cieco odio popolare, accennano all'importanza illuminatrice e docetica del pitagorismo per l'antica Grecia, su cui l'influsso rigeneratore di esso si esercitò attraverso la via dei templi, in cui era penetrato, come una forza meravigliosa di progresso intellettuale e di virtù civile.
Basti ricordare che quello che Pitagora attuò per un momento, restò poi il sogno di tutti gl'iniziati, che si occuparono di politica: introdurre il principio dell'iniziazione nel governo dello stato e riconciliare in questa sintesi superiore il principio elettivo o democratico con un governo costituito dalla selezione dell'intelligenza e della virtù.
E ricordiamo ancora che l'ordine pitagorico, il quale aveva ramificazioni a Taranto, Eraclea, Metaponto, Reggio, Imera, Catania, Girgenti, Sibari e, secondo Aristosseno, perfino fra gli etruschi, durò 250 anni; ma le idee e le tradizioni del maestro vivono anche oggi.

 


Edoardo Schuré La dottrina esoterica di Edoardo Schuré I Grandi Iniziati Rama (Il Ciclo Ariano) Krishna (L'India e l'Iniziazione Braminica) Ermete (I Misteri d'Egitto) Mosé (La missione d'Israele) Orfeo (I Misteri Dionisiaci) Pitagora (I Misteri di Delfo) Platone (I Misteri Eleusini) Gesù (La missione di Cristo) Conclusione