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Raimondo di Sangro Principe dei Sansevero

Il documento che segue è opera d'ingegno del Professor Giancarlo Elia Valori Honorable de l’Academie des Sciences de l’Institut de Frances ed è qui esposto con la sua sua autorizzazione.
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© Professor Giancarlo Elia Valori

 

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L'invenzione, sul piano psicologico, ha relazione con l'inconscio, ma anche con la capacità, del tutto cosciente, di sfruttare e cogliere analogie che si mostrano in campi anche molto distanti tra di loro.
Nel caso delle numerose invenzioni di Raimondo di Sangro, ben note al pubblico napoletano e non durante la stessa vita del Principe, abbiamo probabilmente a che fare con una filosofia profonda, magari nemmeno del tutto cosciente, nello stesso Autore, che vede il mondo come metafora unitaria del mondo Invisibile e parallelo che corre, per così dire, dietro e al lato della Realtà Sensibile, di cui questa stessa, così come appare ai nostri cinque sensi, è metafora, ed è per questo che il Mondo Visibile è una metafora di metafore.
Ed è questo, peraltro, il fondamento della matematizzazione come della “visione arcana” dei nessi tra il Reale e oltre il Reale, e qui viene da pensare a Galileo che parla, da platonico, del mondo fisico da “scrivere” nel linguaggio delle figure geometriche, in dialogo con Francesco Redi che cita il Timeo di Platone, mentre tutto il gruppo di filosofi e maghi della Accademia Fiorentina ritrova tra le righe del Filosofo della Repubblica una prassi pratica della Prisca Philosophia, la téchne del mago che è anche un Sapiente “per il mondo”.
Raimondo è, peraltro, un appassionato esperto, e esecutore con successo, di arte militare.
Non ci dobbiamo meravigliare di questa creatività sapienziale legata a Marte, il “piccolo malefico” rispetto al “grande malefico”, Saturno, nella tradizione astrologica sapienziale.
Marte è la caduta in questo mondo, nella quale si crea lo Spazio (Marte, appunto) e il Tempo, ovvero Crono, Saturno. Marte, dio della guerra, è la divinità dello scontro tra Reale Invisibile e realtà sensibile, il luogo di azione dell'Eroe, che è sia un Sapiente che un Signore della Guerra.
La prima inventione che il Principe di Sangro rende nota, nella sua attenta ricognizione dell'arte della guerra a lui contemporanea, è il cannone-archibugio leggero, ideato nel 1739.
Raimondo è al centro di un dibattito molto interessante sulla nuova Arte Militare settecentesca.
Scrive nel 1747 un saggio sulle manovra tattiche della fanteria, in una fase storica dove la “manovra veloce” delle truppe di terra diviene essenziale per il successo delle operazioni, come dimostrano Federico II di Prussia e il teorico matematizzante della Forza Armata Jomini.
La forza minima per il maggior successo nel più breve tempo, è l'inizio di quel processo teoretico dell'arte militare che porterà a Von Clausewitz.
L'Archibugio era a canna singola, mentre il cannone, un piccolo capolavoro di mobilità tattica, pesava ben centonovanta libbre di meno di quello standard e poteva essere portato da un solo soldato. Aveva inoltre una gittata ben superiore a quello tradizionale. L'inizio della “armata del popolo”, la bewaffnung di massa che poi Clausewitz ipotizzerà alla fine del suo Vom Kriege.
La meccanica è l'arte visibile del Principe di Sangro, quella che meglio stupisce, secondo i dettami dell'estetica di G.B. Marino, il popolo, e costruisce la sua fama di mago.
La “carrozza marittima” creata da Raimondo sarà notata da tutti i napoletani, nel luglio 1770, mentre passa sul tratto di mare che separa Capo Posillipo dal Ponte della Maddalena, con tanto di cavalli e cocchiere, poco prima che il Principe si spenga. Il “trucco”, se possiamo usare questa terminologia, consisteva in una serie di pale al posto delle ruote, ma i cavalli erano, in realtà, di sughero, mentre poco è dato sapere sulla origine del moto delle “pale a foggia di ruote”. Qui la “meraviglia” maniniana è facilmente visibile, ma di complicatissima e costosa fattura.
Nel campo della ricerca più legata alle pratiche alchemiche, e alla realizzazione della Cappella Sansevero, è da notare la ricerca di Raimondo sulle cere e le sete vegetali.
La cera, secondo la descrizione che ne fa Raimondo, è prodotta “senza il naturale soccorso della api” ma con erbe e fiori che bollivano con alcuni sali, e il risultato era una gelatina che, cotta e ricotta più volte, assume l'aspetto della cera vergine.
Imitare la natura con l'alchimia, già a quel tempo in vena di comunicare alcune delle sue scoperte alla nascente chimica.
La “seta vegetativa” scoperta da Raimondo di Sangro nel 1752, viene ricavata da una pianta detta “apocino”, che presenta una vasta diffusione di rizomi, munita di fiori giallastri.
Anche qui, imitatio naturae, per renderla disponibile all'uomo e liberamente riproducibile da parte di tutti.
La “initatio” porta inevitabilmente alla realizzazione, da parte del Principe di Sangro, di molti farmaci, poiché è nella natura del pharmakon tradizionale “imitare” e poi ridurre la malattia.
Raimondo cura con i suoi ritrovati Luigi di Sanseverino, principe di Bisignano, da un male ritenuto incurabile, e successivamente il romano Filippo Garlini, al quale il Principe di Sangro aveva segnalato la terapia con una semplice lettera.
Il “doppio male”, fisico e mentale, che Raimondo aggredisce tramite le sostanze minori e più inusitate, che risvegliano la voluntas salutis del malato.
Fare il bene come prassi sapienziale e iniziatica, non sostitutiva ma inevitabile per l'ascesa alla Conoscenza.
Nel caso delle gemme artificiali, il Principe di Sangro rievoca, certamente con perfetta cognizione di causa, il potere delle pietre preziose, un potere sapienziale ed esoterico di antichissima tradizione.
Il potere magico delle gemme è legato alla loro capacità di assorbire e emettere alcune “radiazioni”, legate al colore della pietra stessa, e al loro potere simbolico, che si sprigiona al contatto con il corpo. Si tratta quindi di elementi terrestri che non hanno, come i metalli, “legami inferi” con le sostanze del sottosuolo.
Si trattava, per Raimondo, di semplice vetro colorato, ma con tecniche tali da confondere anche i più esperti tra i gioiellieri. Il vetro sembrava uscire dalla fornace con quegli stessi colori”, dice un testimone dell'epoca.
Anche qui, imitatio naturae, magari per dimostrare che pure la Natura stessa è imitatio di un sostrato invisibile.
L'attenzione per le invenzioni pirotecniche è anch'essa, in Raimondo, segno di una realtà che opera mirabilie, che si trasforma, con o senza l'attività dell'uomo, in un fenomeno straordinario, come è straordinaria la realtà ordinaria per chi la guardi con gli occhi del Sapiente.
Fuoco Verde, imitazione del canto degli uccelli, turbinii di fenomeni incredibili, per catturare marinianamente l'attenzione del volgo ma anche per sperimentare una Realtà Artificiale più reale, perfino, di quella naturale. Nasce negli anni del Principe di Sangro la teoria moderna della pirotecnia, della potentia del fuoco, una alchimia che ci porta dritti alla conquista dello spazio e alla nuova termodinamica, che poco dopo la vita terrena di Raimondo di Sangro verrà studiata come scienza ufficiale.
Il Principe di Sangro è noto anche per la scoperta del Lume Perpetuo, al quale abbiamo già fatto cenno.
Non sappiamo niente della prassi chimico-alchemica che portò il Principe alla scoperta di questo lume che “non scema”, ma certamente qui il significato simbolico è evidente.
Due lampade perpetue dovevano illuminare il Cristo Velato, nella Cappella Sansevero, e anche qui il senso della scoperta, fisica e filosofica insieme, è del tutto evidente.
Abbiamo già visto come nella Carrozza Acquatica vi fosse una meccanica molto raffinata per i tempi, ma Raimondo inventò anche una “macchina idraulica” che, con l'azione di due sole “trombe” poteva portare l'acqua a qualsiasi altezza, quasi a rovesciare, con una magia tecnologica, il naturale cadere dell'acqua verso il basso.
Una inventiva meccanica, già evidente nel Principe di Sangro ai tempi della sua permanenza dai Gesuiti al Collegio Romano, che si conferma con la creazione di orologi meccanici che potevano suonare, come i carillons, qualunque tipo di musica si desiderasse.
Si può immaginare, qui, una parentela con la “macchina di calcolo”, l'Arithmetique, inventata da Blaise Pascal, capace di elaborare tutte le operazioni aritmetiche desiderate, ma certamente la passione estetica del Principe, la sua voglia di “abbellire il mondo” con la Sapienza, che è sempre Bellezza, sono preponderanti rispetto alla semplice necessità della logica.
Uomo di Teatro, Raimondo, che inventa anche, perché il genio si applica ovunque, non solo ai temi più importanti, il “palco pieghevole” la prima delle invenzioni del Principe, ancora allievo dei Gesuiti a Roma.
E il teatro, nella pedagogia della Compagnia, è un elemento essenziale.
Il Palco si chiudeva a libro in pochissimo tempo, con argani e ruote non visibili dagli spettatori. Stupire, meravigliare, per infondere anche nel volgo la sensazione di una profondità della Realtà che non si rivela immediatamente.
Ma Il Principe di Sangro è, in prima istanza, un “mago”, un Sapiente che, tramite l'Alchimia, vuole modificare, nel rispetto della Volontà di Dio, le linee della vita.
Ecco quindi i numerosi esperimenti di palingenesi, che Raimondo sviluppa prima portando a nuova vita, ma in diverse forme, i granchi di fiume, che calcinati a fuoco generano miriadi di insetti, e con il sangue di bue fresco ritornano vivi “di bel nuovo” magari usando “cenere di finocchio”.
La palingenesi del Principe gioca un ruolo anche nella riproduzione, che Raimondo operò, del Miracolo della liquefazione del Sangue di san Gennaro.
Lungi da lui l'idea di ridicolizzare le credenze popolari che, come sanno tutti i Sapienti, sono un depositum fidei pieno di sorprese.
In effetti Raimondo creò una sostanza simile al sangue del Patrono di Napoli che opera secondo la legge alchemica del solve et coagula, la regola prima della ricerca sapienziale nel rapporto con le sostanze naturali.
Il colore è sempre presente nella ricerca alchemica del Principe di Sangro, che si interessa alla natura dei colori come ad uno dei problemi più significativi di quell'implesso tra Sapienza Prima ed Estetica, intesa come teoria della percezione, alla quale porrà attenzione anche Goethe, il Fratello tedesco interessato alla Storia Naturale.
Schopenhauer difenderà a spada tratta la teoria coloristica di Goethe, “sostanziale” e non solo percettiva, dagli attacchi della scienza “inglese” che vedeva i colori solo come un riflesso specifico della luce.
Ma Raimondo è più pratico, da buon napoletano, e si occupa della stampa a più colori, con una sola tirata di torchio e con un solo rame inciso.
Raimondo riesce anche a colorare il marmo, e realizzò anche alcuni “marmi artificiali”, sui quali erano apposti dei quadri prodotti con lane di vari colori, del tutto simili ai quadri ad olio.
Del Poeta è il fin la meraviglia, per ripetere il famoso verso del Marino.
Panni impermeabili, come quelli che regalò al Re Carlo di Napoli, una porcellana artificiale del tutto simile a quella naturale, carte adatte all'artiglieria. Non vi è nulla di intentato nella riproduzione della Natura, per mezzo di un impasto sapienziale di chimica e alchimia, che Raimondo non tenti con successo.
Riprodurre il naturale con altra natura, come una metafora “operativa” del Reale, ecco la chiave per leggere l'opera del Principe di Sangro nel mettere in atto le sue invenzioni.
É lo stesso meccanismo di sovrapposizione tra simbolo e “factum”, nella rete degli esperimenti più o meno alchemici di Raimondo, che possiamo leggere nel suo testo, a cui abbiamo già fatto riferimento, sulla Multiplice difesa interna.
Il modello della difesa militare statica proposto dal Principe è quello di tre quadrati concentrici, che è lo stesso simbolo che Renè Guenon, ritrovandolo in molteplici tradizioni sapienziali, chiama con il termine “triplice cinta”.
Era, la triplice cinta, il luogo della riunione annuale dei druidi, e veniva costituita da tre quadrati concentrici, simboli dell'Iniziazione, e il simbolo si ritrova, per esempio, nella fortezza di Chinon, inciso da alcuni Templari lì rinchiusi in attesa di essere processati e uccisi.
Un simbolo mistico che diviene strumento operativo nella Realtà Inferiore e visibile, sarà questa forse la cifra per interpretare l'orizzonte esoterico delle tante invenzioni di Raimondo di Sangro.
Ed è questo il senso, inoltre, della polemica di Raimondo contro la filosofia di Spinoza, dato che la sapienza degli “antiqui” non è semplicemente una mistificazione, per il Principe, come sembra proporre la lettura che Bayle fa della filosofia di Baruch Espinosa, una rete da “dis-velare” così come, secondo Foscolo, Machiavelli disvelava gli inganni dei Principi ai popoli, ma una lunga e ininterrotta catena di sapienze iniziatiche tramandate “da un certo ordine di persone”.
Anche qui, Raimondo parla di un “nuovo pensamento sulla vera cagione produttrice della luce”, e abbiamo visto quanti ritrovati, alchemici e non del Principe abbiano a che fare con la natura e la funzione della luce.
Se vediamo i ritrovati di Raimondo e il loro uso, osserviamo come, in effetti, si tratti sempre di “lavorare” con l'Acqua, la Terra (che l'Iniziato sperimenta prima di ricevere la Vera Luce, nel Gabinetto di Riflessione) il Fuoco e l'Aria, i Quattro Elementi che il candidato alla Massoneria ritrova, nella sua cerimonia di Iniziazione, e che riprendono tutta la Natura simbolica e insieme reale del Creato.
La Resurrezione che Raimondo dice di aver riprodotto nel suo gabinetto alchemico, a parte il reale ed efficace risultato, sul quale non ci pronunciamo, ha a che fare certamente con il mito di Hiram, nel passaggio al grado di maestro Massone, in cui il candidato esperimenta la morte e la simbolica resurrezione di Hiram Abif stesso, Re di Tiro e capo dei Costruttori del Tempio di Gerusalemme.
L'orologio meccanico di cui abbiamo già parlato, che misurava le ore e i minuti, i giorni della settimana e le fasi lunari, e che allo scoccare di ogni ora suonava un minuetto, con la rappresentazioni della varie stagioni dell'anno e una testa di dragone sulla sommità che, nella macchina di Raimondo avrebbe assolto anche la funzione di pendolo, è un orologio ma anche una allegoria del tempo, molto simile, nella sua fattura reale, ad una Imago della poesia di G.B. Marino.
Le Quattro Stagioni, e così dovremmo leggere anche il ben noto capolavoro musicale di Vivaldi, sono simbolicamente i Quattro gradi di calore alchemici.
Finite le “fatiche di Ercole” (e di Ercoli simbolici ne abbiamo trovati, nella Cappella Sansevero) la prassi alchemica si riduce a cuocere e a far digerire la materia preparata.
Nella tradizione dei manuali “filosofici” della Prisca Philosophia, il lavoro dell'Iniziato dopo che ha passato la fase della sua preparazione è definita, e così ne parla anche Raimondo, “un lavoro di donne e gioco di bambini”.
Una immagine che nell'Alchimia e nella simbologia massonica riguarda la Soluzione (o Sublimazione) e la Coagulazione, fasi ritmiche nella cottura (“donnesca”) dell'Uovo Filosofico, il vaso che contiene la Materia Preparata.
Nella Cottura si susseguono i colori, tema fondamentale nelle macchine e nei ritrovati del Principe di Sangro. Il Corvo è il Nero, il primo colore che si deve mostrare nel vaso, poi la “Coda del Pavone”, i tanti colori che precedono l'arrivo del Bianco, il Cigno o la dea Diana e infine la Fenice, l'uccello che risorge dalle proprie ceneri.
Il Lavoro Perfetto è l'unione di Diana e Venere all'inizio delle nozze con Mercurio, che produce il Nero, poi la Cauda Pavonis, infine il Bianco, il Citrino e il Rosso. Sono i colori della Cappella di Sansevero e quelli più utilizzati nelle “sperimentazioni meccaniche” del Principe di Sangro.
La “stampa a più colori” è l'azione del passaggio dall'Opera al Nero, l'inchiostro tradizionale, a tutti i colori della Coda del Pavone che presuppongono il passaggio al Bianco, la carta sulla quale si stampa.
Nel Drappo di Seta Artificiale viene riprodotto, su fondi di verde e turchino, un Bianco “senza corpo alcuno, perfetto”. L'Albedo dell'Alchimia.
Dell'Opera al Rosso, quella finale dell'Opera in sé, quella della Prisca Philosophia, non ci sono indicazioni nelle tante memorie lasciate da Raimondo, appassionato scrittore e diarista oltre che pratico di sperimentazioni.
La Fenice, l'ultimo passo, è collegata allo Zolfo, quello “dei filosofi”, la sostanza che sta ovunque, nelle piante, nei metalli, negli organismi viventi e che, in determinate condizioni fuso con il Mercurio, produce l'”oro dei filosofi”.
Un meccanismo di passaggio quasi immediato tra le sperimentazioni profane e la tradizione alchemica che vediamo all'opera anche in attività che sembrerebbero banali, nella vita profana del Principe di Sangro.
Si pensi, a questo proposito, alla fabbricazione della latta e alla stagnatura del rame inventati da Raimondo. Nella tradizione alchemica, infatti, rame e latta sono termini che designano la “Materia al Nero” che occorre sbiancare, e qui ci soccorre la scritta sullo stipite sinistro della Porta Magica di Roma: “Azot et Ignis-dealbando-latonam veniet-sine veste dianam”.
Forse l'Opera Al Rosso del Principe, nascosta tra le sue attività e scoperte profane, che pure, come sempre accade per le azioni “a distanza” di carattere esoterico, sono utili agli uomini, potrebbe essere la pietrificazione dei due sistemi circolatori che vediamo nella Cappella Sansevero, e questo potrebbe anche spiegare la loro presenza in quel luogo, essendo la Fine, l'Opera al Rosso, il “passaggio verso la Fenice” della Rigenerazione, della Resurrezione.
I due cadaveri, prima di essere posti nella cripta della Cappella, erano custoditi nel Palazzo, presso la sala detta, guarda caso, della Fenice, Sempre per tornare alla tradizione alchemica, il “sangue coagulato”, nella Prisca Philosophia, è appunto detto Adamo, o anche Adamas, dato che rappresenta la Terra Rossa, l'argilla biblica che porta con sé lo Zolfo dei Filosofi, quello che con il Mercurio genera l'Oro dei Filosofi.
E se la Alchimia “filosofica” con risvolti pratici fosse il sostrato filosofico del riformismo centralizzatore e monarchico delle monarchie che vanno progressivamente a solidificarsi, come in un Atànor, nella lunga fase che succede alla fine delle tre Guerre di Successione, svoltesi in tutta Europa tra il 1702 e il 1748?
Come si ricorderà, la fine della sequenza delle guerre europee aveva dato luogo, in Italia, a due aggregazioni maggiori, quello piemontese a Nord e il regno dei Borboni nel Meridione della Penisola.
É il sud di Pietro Giannone e i suoi studi storici, dell'Abate Genovesi, che Shumpeter esalta nella sua Storia del pensiero economico Genovesi, figlio di un ciabattino, è molto legato al Principe di Sangro, di Galiani che, sempre Schumpeter, definirà come “il più grande economista fino ai tempi di Adam Smith”.
Filangeri elabora la riforma del diritto borbonico, Broggia quello del sistema fiscale, Galanti rimodella con la matematica e l'attenzione alle scienze naturali gli studi geografici.
A Milano, Maria Teresa d'Austria abolisce nel 1770 il sistema degli appalti che era stato introdotto dagli spagnoli, e Dio solo sa quanto questa legislazione sarebbe attuale, mentre aumentano i monopoli dei beni primari e di maggior valore commerciale. Pietro Leopoldo di Lorena abolisce, primo in Europa, la tortura e la pena di morte, nel 1786.
Carlo III di Borbone, prima di essere chiamato a Madrid come Re di Spagna, è a pieno titolo un sovrano riformatore. Un'opera di modernizzazione “dall'alto” che continuerà anche con il figlio Ferdinando, a cui Carlo lascia il Regno nel 1759.
Le ricchezze del Re sono fatte per i poveri, soleva dire Carlo III di Borbone, e i Borbone iniziano una lunga serie di spese pubbliche che, di fatto risollevano l'economia del Regno: la costruzione dei palazzi reali di Capodimonte e Portici, la Reggia di Caserta, il Teatro San Carlo, il più grande del tempo in Europa, portato a termine in soli otto mesi.
Viene rinnovata la rete viaria e il sistema fognario, viene aperto l'Albergo dei Poveri, per dare una casa a tutti coloro che, a Napoli, non l'avevano.
Una passione riformista “dall'alto”, una tensione alla modernizzazione senza rivoluzione che attraversa tutta l'Europa, dalla Prussia di Federico II, che pure invitava al suo tavolo Voltaire invece dei nobili del suo Regno, all'Impero austro-ungarico dell'imperatore Giuseppe, dalla Toscana lorenese alla Francia.
É Federico, il monarca philosophe, che costringe, su consiglio del presidente della sua Accademia delle Scienze, Maupertuis, alla coltivazione militare delle patate i riluttanti contadini prussiani, mandando i suoi ussari con tanto di fucile a controllare lo sviluppo e il numero delle piante messe a dimora.
Il grande meriggio della civiltà del Vecchio Continente, prima della torsione rivoluzionaria del 1789 e dell'arrivo al potere non della “borghesia”, come tanti storici hanno semplicisticamente affermato, ma di un insieme di classi e gruppi ben più frastagliato e complesso di quello che pensava il meccanicismo di tanti storici marxisti.
Il meccanismo del dispotismo illuminato cessa sula base di due crisi strutturali, anch'esse di dimensione europea: la restrizione dei mercati esteri, dove la Gran Bretagna e le sue tredici colonie continuano a fare la concorrenza agli stati europei, e la crisi fiscale, che rende impossibile questa sorta di welfare state autoritario e illuminista. L'Alchimia, in politica, non funziona.
Detto tra parentesi, è interessante notare la simmetria concettuale tra lo scritto di Raimondo di Sangro contro Spinoza e l'”Antimachiavelli” di Federico II di Prussia.
Nel primo caso, lo ricordiamo, il Principe napoletano sostiene che il molatore di lenti cabalista di Amsterdam, arrivato colà dopo la cacciata dei “mori” dalla Spagna coeva alla Scoperta dell'America, ipotizza che il depositum fidei biblico sia solo un trucco per gestire e giustificare il potere politico. Il principato antiquo, come lo chiama Machiavelli nel suo Principe.
Raimondo sostiene quasi il contrario: la Tradizione visibile e profana è la trama nella quale “certe Persone” hanno sempre intessuto il rapporto con il Divino nell'Uomo e nella Società, ben oltre le naturali bassezze del potere come tale.
Per il sovrano prussiano, in una direzione di pensiero simile a quella del Principe di Sangro, il Segretario Fiorentino si dimentica di accettare che il Potere politico è naturalmente nelle mani del Capo solo e unicamente per il bene dei suoi sudditi.
Due linee parallele di interpretazione del nesso tra Tradizione e Politica.
I Sapienti sono destinati al potere e lo gestiscono perché possono comprenderne la sua alchimia, che non è un'Opera al Nero ma una trasformazione del popolo ignorante e povero verso la Rinascita, il passaggio dalla Fenice all'Opera al Rosso, pratiche alchemiche, lo abbiamo visto, che funzionano se e solo se il Mago, il Filosofo, opera con benevolenza e magnanimità nei confronti di tutti gli altri uomini.
Parlavamo di crisi fiscale. Carlo III si muove, nel Regno delle Due Sicilie, per avocare allo Stato tutti quegli aspetti della vita economica e giuridica che prima erano di diretta competenza della Chiesa locale.
La Chiesa viene di fatto spogliata dei suoi averi e prerogative, durante il regno di Carlo (e le altre azioni del dispotismo illuminato in Europa) ma la quota di fiscalità presa dai possedimenti ecclesiastici non è sufficiente al nuovo welfare autoritario, l'ultimo grande meriggio della civiltà europea prima della lunga “guerra civile europea” innescata dalla Rivoluzione Francese del 1789, che inibirà in seguito ogni intuizione, da parte della Chiesa Cattolica, di una differenza tra l'illuminismo delle élites e quello delle masse, tra la Sapienza Arcana dei Principi innovatori e lo sterminio dei fedeli in Vandea.
Nel sistema delle Due Sicilie, quello che viene preso alla Chiesa (i Gesuiti sono espulsi dal Regno nel 1767) viene poi gestito autonomamente dalla feudalità, che paga meno imposte in ragione dell'aumento dei propri redditi. Il Welfare autoritario, l'Alchimia del Sovrano-Filosofo non può non interrompersi.
Le fabbriche di Ferdinando di Borbone, legate all'economia del lusso della Casa Reale, sono un esempio importante di tutela autoritaria del povero, di obbligazione alchemica verso il debole e il non-illuminato.
Le drapperie (risiamo ai drappi “esoterici” di Raimondo, di cui abbiamo già parlato) divengono, proprio nel 1789, una fabbrica serica dotata di Costituzione con il titolo, per i lavoratori, di “sudditi di Ferdinandea”, con abitazione, assistenza medica, istruzione e pensione per le vedove per tutti. Ma il mercato non c'è, il prezzo, come in tutti i socialismi, non lo si può definire in modo realistico e dipende dalle voglie e dalle bizze del Sovrano.
É proprio Ferdinando, poi, che abolisce di fatto la feudalità, tra i quali l'abolizione di passi e pedaggi e la divisione delle terre demaniali, quei commons dai quali nasce, di fatto, la Rivoluzione Industriale in Gran Bretagna.
Ma la tensione sociale generata dalla debolezza della leva fiscale del welfare autoritario ormai è innescata, e la corte dei Borboni dovrà allearsi con tutte quelle istanze non-alchemiche che, in politica, temono ormai la perdita del potere a causa della nota “benevolenza e liberalità del Sovrano” .
Così come le due massonerie si separano, quella rivoluzionaria-liberale e quella esoterica-elitaria della Benevolenza (nome caratteristico delle Logge del tempo) si frazionano in due parti anche i sistemi politici monarchici, tra la reazione contro il nuovo blocco storico di borghesia emergente e masse proletarie ancora escluse dal Welfare del Re e le monarchie che, imitando senza successo l'Inghilterra, dove l'unica Rivoluzione è avvenuta nel 1688, concedono graziosamente il collo alla mannaia dei loro nemici.
L'Alchimia politica di Raimondo di Sangro e dei suoi due Sovrani non può più riuscire.
Il passaggio iniziatico che il Principe di Sangro ha disegnato nella sua Cappella rimarrà, per molti versi, un oscuro progetto di simbolismo della Tradizione nella Tecnologia del Moderno, una alchimia sapienziale ormai priva di pubblico.
 

 

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