[294a] Il Naso di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)» costituisce la caratteristica del viso. Il Naso di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)» differisce da quello dell’Antico sacro e misterioso; perché, mentre le Narici dell'Antico sacro diffondono soltanto vita, queste di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)» diffondono al tempo stesso vita e morte, così come è scritto (Salmi XVIII, 9): «Un fumo sale nel suo naso». Tutti i colori sono rinchiusi in questo fumo come anche numerosi Signori del Rigore, i quali possono essere pacati soltanto dal fumo dell'altare di quaggiù, così come è scritto (Genesi VIII, 21): «E YHWH sentì un odore soave». La Scrittura non dice «odore del sacrificio», ma «odore soave», per il fatto che i Signori del Rigore sono placati; tutti i Signori del Rigore attaccati al Naso furono placati. Numerosi sono i rigori che sono uniti insieme, così come è scritto (Salmi CVI, 2): «Chi racconterà i rigori del Signore? Chi farà sentire tutta la sua lode?» Questo Naso, da una delle sue Narici, produce un fuoco che distrugge tutti gli altri fuochi, e dall'altra, il fumo. E tutti due si trovano nel fumo e nel fuoco dell'altare. Allora il Santissimo Antico si rivela, e tutto si placa. È quanto dice la Scrittura (Isaia XLVIII, 9): «E la mia lode chiuderà le narici». Il Naso dell’Antico sacro è lungo ed esteso; èd chiamato «Arekh Appaim» (Lungo-naso, longanime); ma il Naso di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)» è corto; e, quando il fumo inizia ad uscire con velocità ed il rigore ad imperversare, chi può fermarlo? È il Naso dell'Antico. Tutto è come abbiamo detto nell'Idra e come i colleghi l'hanno già spiegato. Nel libro di Rav Hammenouna l'Anziano, si dice che queste due Narici producono una il fumo ed il fuoco, l'altra il riposo e lo spirito di benevolenza; esse contengono la destra e la sinistra, come è detto (Osea XIV, 7): «Il suo odore è come il Libano», mentre per il lato femminile (Cantico dei Cantici VII, 9): «Il profumo delle tue narici è come il melo». Se ciò è vero per la donna, a maggior ragione lo sarà per Lui! Rav Hammenouna ha ragione. Quando la Scrittura dice (Genesi VIII, 21): «E YHWH sentì un odore soave», fa allusione ai due acquietamenti, uno che si produce quando l'Antico sacro e misterioso si rivela; allora tutto si placa e profuma; l'altro acquietamento avviene in basso e si produce con il fumo ed il fuoco dell'altare, tramite «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)».

I due Orecchi ascoltano il bene le il male, e tutti due hanno soltanto un unico e identico scopo, così come è scritto (II, Re XIX, 18): «Porgi, oh Signore, il tuo orecchio ed ascolta». L'orecchio ha nel suo interno dei canali sinuosi affinché la voce sia intercettata e salga al cervello. Questo ultimo l'esamina senza fretta; perché tutto ciò che è fatto in fretta non può essere fatto con un perfetto discernimento. Da questi Orecchi, dipendono tutti i Signori Alati che portano la voce di questo mondo e sono chiamati «Orecchi del Signore». É di essi che la Scrittura dice (Ecclesiaste X, 20): «Perché un uccello del cielo porta la voce». Questo versetto presenta delle difficoltà: Anzitutto di quale voce si tratta? Giacché, al principio del versetto, si dice: «Non maledire il Re nemmeno con il tuo pensiero» e la Scrittura parla anche dei «segreti della camera»; perché allora è detto che «l'uccello del cielo porta la voce»? Perché non c'è voce qui. Ma in realtà tutto ciò che l'uomo pensa e tutto ciò che si agita nel suo spirito non produce parola fin quando non l'ha manifestata con le sue labbra. E l'uomo non ha pensato a questo. Ogni parola che l'uomo proferisce colpisce le arie; sale, plana nell'aria [294b] e diviene voce. I Signori Alati afferrano questa voce, la fanno salire vicino al Re e la fanno entrare nelle sue Orecchie, così come è scritto (Deuteronomio V, 28): «Ed il Signore ha udito la voce delle vostre parole». Ed altrove (Numeri XI, 1): «Ed il Signore sentì, e la sua collera si infiammò». Ecco perché, ogni volta in cui l'uomo invia al Santo, baruk ha-shem, una preghiera o una richiesta deve proferire le sue parole con le labbra. Altrimenti la sua preghiera non è una preghiera e la sua richiesta non è una richiesta. Ma quando le parole sono proferite, colpiscono l'aria, salgono, divengono voci; e quelli che hanno la missione di riceverle le raccolgono e formano con esse una corona santa intorno alla testa del Re. Dalle tre cavità del Cervello, delle gocce cadono negli Orecchi e formano (I Re XVII, 3) il «fiume Kerith», ossia uno scavo o canale dell'orecchio. La voce penetra in questi canali sinuosi e si disseta in questo ruscello ed è qui trattenuta ed esaminata; così si giunge a comprendere se è buona o cattiva, come è scritto (Giobbe XXXIV, 3): «Perché l'orecchio discerne le parole». Per questo motivo la voce si ferma presso questo fiume e non penetra immediatamente? Perché è soltanto così che si può distinguere tra il bene ed il male. É come quando «il palato gusta il cibo» e non penetra frettolosamente nel corpo. Infatti il palato apprezza ciò che è dolce; assaggia e discerne ciò che è dolce da ciò che è amaro. Da questa apertura degli orecchi, dipendono altre aperture: quelle degli occhi, quella della bocca, quella del naso. Di questa voce che entra nell'apertura degli orecchi, una piccola parte penetra, se ciò è necessario, nell'apertura degli occhi, e questi versano lacrime. Di questa voce che entra nell'apertura degli orecchi, una piccola parte penetra, se ciò è necessario, nell'apertura del naso e produce il fumo ed il fuoco, così come è scritto (Numeri XI, 1): «Ed il Signore udì, e la sua collera fu accesa, ed il fuoco del Signore si volse contro di loro». E se ciò è necessario, questa voce penetra anche nell'apertura della bocca, e questa parla ed emette delle frasi. Tutto proviene da questa voce che è nell'orecchio; penetra in tutto il corpo, e tutto è messo in movimento grazie a lei. Tutto dipende dall'orecchio dunque. Felici coloro che vegliano sulle proprie parole, come dice la Scrittura (Salmi XXXIV, 13): «Trattieni la tua lingua dal male e le tue labbra dal proferire iniquità». A questo orecchio è attribuito l'udito, e l'udito comprende il cervello. La Sapienza vi è racchiusa, così come è scritto (I Re III, 9): «Darai al tuo servitore un cuore che ascolta». L'Intelligenza vi è ugualmente racchiusa, come è detto (I Samuele III, 9): «Parla, perché il tuo servitore ascolta». Ed altrove (II Re XVIII, 26): «Perché noi abbiamo udito». Infine anche Da’ath ( la Conoscenza) vi è compresa, così come è scritto (Proverbi IV, 10): «Ascolta, figlio mio e accetta le mie parole». E poco prima (Proverbi II, 1): «E tu conserverai in te i miei detti». Tutto, quindi, dipende dalle orecchie. Le preghiere, le richieste e l'apertura degli occhi dipendono da queste orecchie, così come è scritto ( II Re XIX, 16): «Porgi il tuo orecchio, Signore, ed ascolta; apri i tuoi occhi e guarda». Uno dipende dell'altro. Da questo orecchio dipendono i misteri supremi che non devono essere rivelati all'esterno, ecco perché le sinuosità dell'orecchio sono volte verso l'interno. Il mistero dei misteri vi è racchiuso. Guai all'uomo che rivela i misteri. L'orecchio le cui sinuosità sono girate verso l'interno non rivela i misteri a chi cammina nelle vie tortuose; li riserva per quelli che seguono la diritta via, così come è detto (Salmi XXV, 14): «Il mistero di Dio è per quelli che lo temono e la sua alleanza per farlo conoscere». Quelli che camminano nelle sue vie ricevono le sue parole, ma quelli che deviano dalla diritta via pur ricevendole, le fanno penetrare in fretta in essi e non possono essere trattenute. Tutti gli altri orifizi si aprono contemporaneamente e queste parole sfuggono dall'apertura della bocca. Questi uomini sono chiamati «colpevoli della generazione»; e sono odiosi al Santo, baruk ha-shem.

Nella nostra Mischna, Tradizione: [letteralmente: abbiamo appreso che] questi uomini sono colpevoli come se avessero commesso l'omicidio e l'idolatria. Tutto ciò è dedotto del versetto (Levitico XIX, 16): «Non dirai del male tra il tuo popolo; non assisterai (indifferente) al sangue del tuo prossimo; sono il Signore». Quello che ha trasgredito l'inizio di quanto dice questo versetto è colpevole come se avesse trasgredito anche quanto si dice alla fine del versetto. Benedetta è la sorte dei giusti dei quali è detto (Proverbi XI, 13): «Chi è di spirito fedele nasconde la parola». Chi possiede un spirito proveniente della regione suprema e santa è salvato; per questo lo si chiama «spirito fedele». Abbiamo già detto che colui il quale rivela il mistero testimonia che la sua anima non proviene dal corpo del Re sacro. Ed è per tale motivo che non può custodire il mistero, giacché non proviene dalla regione dei misteri. E quando la sua anima lascerà il corpo, non si attaccherà al corpo del Re, perché non è il suo posto. Guai a tale uomo, guai a lui, guai alla sua anima. Felice la sorte dei giusti che sanno custodire il segreto, soprattutto i misteri supremi del Santo, baruk ha-shem. É di essi che la Scrittura dice (Isaia LX, 21): «Tutto il tuo popolo è un popolo di giusti; esso erediterà la terra per sempre».

Il suo Volto è comparabile a due sedi di fragranza; ed è la testimonianza di tutto ciò che ho detto, ed ogni testimonianza dipende da lui (il Volto), e tutto dipende della testimonianza. Questi luoghi di fragranza sono bianchi e rosso, testimonianza del Padre (Ab) e della Madre (Aima), testimonianza dell'eredità che ha ricevuto e che li unisce. Nel nostro insegnamento, abbiamo stabilito quale è la distanza tra il bianco ed il rosso. Sebbene una distanza di parecchi miglia di gradazioni separa l'uno dall'altro, tutto è tuttavia riunito al lato bianco. Quando questo lato è illuminato dal biancore dell'Antico, il bianco copre il rosso e tutto si trova illuminato, così come è detto (Numeri VI, 25): «Il Signore illuminerà la sua faccia, ecc.» Quando i colpevoli sono numerosi, il mondo è minacciato dal rigore. Il rosso si diffonde sulla Figura e copre il bianco, e tutto è sotto la dipendenza del Giudizio, così come è scritto (Salmi XXXIV, 17): «Il Volto di Dio contro quelli che fanno il male …» Ed altrove (Isaia LIX, 17): «Le vesti della vendetta…». L'uno dipende dell'altro. Ecco perché la testimonianza è dovunque. Numerosi Signori degli Scudi coprono questi colori e li nascondono. Quando questi colori sono illuminati, tutti i mondi sono nella gioia; e quando il bianco illumina, tutto è visibile sotto questo colore; ugualmente, quando è il rosso, tutto appare sotto questo colore. In quelle sedi di fragranza, la Barba inizia a mostrarsi a partire dall'altezza degli orecchi; ed essa discende lungo il luogo della fragranza.

[295a] I peli neri della Barba hanno un bel aspetto, simile a quelli di un giovane eroe. L'olio di unzione della Barba suprema dell'Antico diventa visibile e fa brillare la Barba di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)». La bellezza di questa Barba consiste in queste nove conformazioni. Ma quando l'olio di unzione, che emana delle tredici sorgenti della Barba dell’Antico sacro, illumina questa Barba, il numero delle conformazioni diviene ventidue. Tutto è benedetto, ed Israele l'Antico (ossia Giacobbe) riceve la benedizione. Ed a questo fa allusione il versetto (Genesi XLVIII, 20): «Bekha (in te) sarà benedetto Israele». Abbiamo mostrato già nella Santa Idra che tutte le conformazioni della Barba provengono da quelle dell'Antico Uno. Andiamo a rivelare ora quanto non abbiamo detto lì, al fine di entrare (nel mondo a venire) senza doverci vergognare. La Barba è ornata con le nove conformazioni… ([1])

Queste conformazioni sono in numero di sei e sono chiamate nove. La prima è prodotta dalla scintilla della Lampada risplendente che va a colpire sotto i capelli della Testa, nella regione dell'orecchio. Essa si estende dell'apertura dell'orecchio fino all'inizio della bocca. Questa conformazione non si trova nell'Antico sacro; è causata dalla ““Beatitudine”” dell’Antico sacro da cui dipende la sorgente della Sapienza… Quando la Madre (Aima) si avvolge di un etere sottile, allora si confonde con lui… E la scintilla entra ed esce, ed essi [Antico sacro e Madre (Aima)] si uniscono per formare una sola conformazione. Ed al momento opportuno una copre l'altra e la nasconde. I due sono necessari, una per esercitare la vendetta, e l'altra per la misericordia. È verso questa Barba che il Re David aspirava, così come noi lo abbiamo spiegato. In questa Barba ci sono nove conformazioni. (fra le quali vi sono) sei miriadi che dipendono da esse e sono estese in tutto il corpo. Le sei conformazioni che dipendono dai peli della regione della fragranza sono disposte tre su ogni lato. Le altri tre conformazioni dipendono dalla Barba; una si trova al di sotto delle labbra, le due altre nei peli della Barba che scendono fino a mezzo busto. I sei che sono raggruppati per tre si distendono su tutto il corpo. E poiché le altre tre conformazioni che dipendono dalla Barba, sono superiori alle prime, esprimono il Nome sacro. É a queste tre che fanno allusione le parole della Scrittura (Salmi CXVIII, 5): «Nell'angoscia ho invocato Yah; il Signore è con me; non temo nessuno». Abbiamo spiegato nell'Idra che le parole: «Nell'angoscia ho invocato Yah» devono essere applicate al luogo in cui la barba inizia a svilupparsi, perché questa regione è lontano da quella che si trova davanti agli orecchi, e lei è bella.

Nel Libro di esegesi di Rabbi Yebba, l'Anziano è detto che il principio della Barba emana dalla regione di «H'esed [Misericordia]». È scritto (Cronache XXIX, 11): «Tuoi, Signore, sono la Misericordia, il Potere e la Gloria». Tutto vi è contenuto [nella Barba]. E Rabbi Yebba cominciò così. Nove si fanno vedere, e dipendono dalla Barba, ed essa inizia di sotto le orecchie. Però non hanno fissità, se non in un'altra regione, così come noi abbiamo convenuto. E quando il mondo ha bisogno di misericordia, la “Beatitudine” dell'Antico si mostra [295b], e tutte le conformazioni della Barba venerabile di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)» si trovano nella misericordia. Ed al momento voluto esse si trasformano in rigore per punire i nemici di Israele ([2]), quelli che l'opprimono. Tutto l'ornamento della Barba consiste in questi riccioli che pendono in giù, perché ogni cosa dipende da lì. Tutti questi peli nella Barba di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)» sono dolci e rigidi, perché essi tutti sottomettono i Giudizi quando la “Beatitudine” sacra si rivela. E quando deve esservi contesa, esso appare come un eroe forte, signore dei vittoriosi della guerra. Ed è allora privo di capelli ciò che è privo di capelli, ed è calvo ciò che è calvo. Anche Mosé invocò queste nove conformazioni, per convertirle in misericordia. Perché, sebbene egli non menzioni che le tredici conformazioni di misericordia, esso le aveva, tuttavia, nel suo pensiero, poiché invoca la “Beatitudine” dell'Antico Misterioso sacro, chiamato «Potere del Signore», così come è scritto (Numeri XIV, 17): «Ed adesso che il potere (Kach) del Signore si manifesti». E questa forza, e questa luce dipendono dalla “Beatitudine”. Per il semplice fatto di averle menzionate e di avervi pensato, Mosé ha perciò parlato delle nove conformazioni di «Zauir Anpin (il Piccolo Volto)». E così, tutte esse erano illuminate, ed il Rigore sparì. Di conseguenza tutto dipende dalla “Beatitudine”. Quando i capelli iniziano a formarsi, rassomiglia ad un eroe, è come un signore delle vittorie. L'olio di unzione ([3]) cola in questa Barba dell'Antico inaccessibile, così come è detto (Salmi CXXXIII, 2): «…Come l'olio profumato sulla testa che discende sulla barba; la barba di Aronne». Questi peli non coprono le labbra, ed le due labbra sono rosse come la rosa, così come è scritto (Cantico dei Cantici V, 13): «Le sue labbra sono come rose». Le Labbra mormorano (Guebourâ), il Rigore e mormorano (H’cmâ) la Sapienza. Da queste Labbra dipendono i Signori che vegliano, Signori del Rigore, perché, quando queste Labbra mormorano, si svegliano per praticare la giustizia nei tribunali. E li si chiama per questo «quelli che vegliano», così come è scritto (Daniele IV, 14): «…Per la sentenza di quelli che vegliano». Che cosa vuole dire «'Ir» (vigilante)? Nel Libro di esegesi, lo si spiega come «nemico» così come nel versetto (Samuele XXVIII, 16): «Ed egli è divenuto tuo nemico». I Rigori infuriano contro quelli che non sono stati giudicati, in alto, degni di Misericordia. Si destano allora quelli che sono chiamati «Capi del Rigore». Queste Labbra producono tanto la Misericordia come il Rigore. «‘Ir» è sinonimo di «Santo» (Kadosch), e sinonimo di Rigore e Misericordia. Tra queste Labbra, spicca la Bocca; quando si apre con il respiro, parecchie migliaia e decine di migliaia sono avvolti, e quando si diffonde, i veri profeti se ne rivestono, e tutti sono chiamati «Bocca del Signore». Quando le parole escono della Bocca, mormorate dalle Labbra, illuminano tutti gli ottocentomila mondi, e poi si uniscono nelle diciotto vie e sentieri conosciuti. E tutti sono in attesa di questa Bocca. Con la Lingua, proferisce le grandi cose per l'unione della purezza e della corona. Ecco perché la Scrittura dice (Cantico dei Cantici V, 16): «La sua bocca è dolce e tutto in lui è desiderabile». «Bocca» ha lo stesso senso che ha nel versetto: «E la bocca gusta il mangiare» E tutto in lui è desiderabile. In questa frase, sono presenti il fuoco e l'acqua (Rigore e Misericordia); uno addolcisce l'altro, ed i loro colori sono belli quando sono uniti. Nella bocca sono segnate le lettere che si rivelano con le loro consonanti; sono incise all'interno e si dividono in gutturali (Aleph, Hé, Heth, Aïn) ed in palatali (Ghimel, Yud, Caph e Qouph). La lettera Aleph, che depone i re e li ricolloca sui loro troni»; la lettera Heth che scende e sale, portando una corona, domina il fuoco e si confonde con l'aria. La lettera Hé emana dalla Madre (Aima), dal lato femminile inaccessibile, essa si estende nel femminile in alto tramite il desiderio della Città Santa che le unisce insieme, così come è detto (Cantico dei Cantici IV, 6): «…Il monte della mirra, la collina dell'incenso». La lettera Aïn, immagine della purezza, è incisa sulle Labbra, rami che si agitano uniti sui lati. Esse sono nei misteri delle lettere del re Salomone, infatti queste quattro lettere gutturali sono unite alle quattro palatali Ghimel, Yud, Caph, Qouph. È scritto (Giobbe VI, 6): «Mangiate senza sale ciò che è insipido? E vi trovate del gusto?» Ed è scritto (Isaia XXXII, 17): «E la pace sarà l'opera della Tzedeq (Giustizia)». Ed altrove (Salmi XIX, 10): «Sono più desiderabili dell'oro, sì di molto oro puro, e più dolci». Dolci, certamente. Il re David dice (Salmi XIX, 11): «Anche, il tuo servitore ne è egli illuminato». Mi rendo testimonianza che nella mia vita sono stato prudente a proposito di questo argomento, per non cadere a tale proposito, nell'errore, eccettuato il giorno in cui preparavo le corone del Re nella caverna di Maronia [296a]. Vidi allora una uno splendore di fuoco che fiammeggiava all'entrata della caverna, ed io tremai. Da allora, ho sempre pensato a queste Lettere senza dimenticarle mai. Felice è la sorte di chi assaggia con prudenza le dolcezze del Re! É a questo che fanno allusione le parole della Scrittura (Salmi XXXIV, 9): «Assaggiate e vedete, che il Signore è buono». Ed altrove (Proverbi IX, 5): «Vieni, mangia del mio pane». Il Maschio si diffonde tramite «Da’ath» (Sapere) che riempie tutte le Assemblee e tutti i Conclavi. Inizia dalla sommità del Cranio, e si distende nel corpo intero, attraverso il petto e le braccia e in tutto il corpo. Alla schiena di questo si attacca un raggio di uno splendore molto luminoso, e fiammeggia, e forma un certo Cranio che è nascosto da ogni lato. E la luce di due cervelli è incisa in lui. E essa aderisce al lato del Maschio; ecco perché è chiamata anche: «La mia colomba, mia perfetta». Non bisogna leggere: «tamathi» (mia perfetta), ma «toumathi» (mia gemella). I capelli della donna hanno delle tonalità diverse, così come è scritto (Cantico dei Cantici VII, 5): «La capigliatura della tua testa è come la porpora». Il Rigore è legato là con cinque giudizi; e la donna si distende nel suo lato, ed essa si attacca al lato del maschio fino a quando essa non si sia separata dal lato di questo, e si avvicina per unirsi con lui, faccia a faccia. E quando sono nell'unione sembrano assolutamente come un solo corpo. Di là deduciamo che l’uomo da solo è considerato come un mezzo-corpo. Tutto è in misericordia quando sono uniti, e tutto sembra essere realmente un solo corpo. E in effetti è proprio così. Ugualmente è così qui, quando il maschio è in unione con la femmina, i due costituiscono un solo corpo; e tutti i mondi sono nella gioia, perché tutti ricevono la benedizione di questo corpo perfetto. Ed è là il mistero del versetto (Genesi II, 3): «Il Signore benedisse il settimo giorno, e lo santificò». Tutto era perfetto in un solo corpo, perché la Grande Madre (Aima) si era unita al Re, formando solamente un solo corpo. Ed è per questo che le benedizioni hanno luogo in questo giorno. Ecco perché si dice che colui che non è maschile e femminile (che non è sposato) è chiamato «mezzo-corpo»; nessuna benedizione può riposare su una cosa non intera ed in difetto; riposa solamente in una regione perfetta e su un oggetto completo. Le cose incomplete non possono sussister, né ricevere la benedizione per l'eternità. La bellezza della donna deriva interamente dalla bellezza dell'uomo. Abbiamo già spiegato queste cose, ed esse sono conosciute dai discepoli.

Al Principio femminile sono legati tutti gli esseri di quaggiù. È da questo Principio che traggono il loro nutrimento e il loro sapere. Come la Madre (Aima) si unisce al corpo (del Re) e tutto il corpo è alimentato da lei, così si unisce e nutre quelli in basso. È scritto (Proverbi VII, 4): «Dì alla Sapienza [H’cmâ]: sei mia sorella». Vi sono due sapienze; quella del Principio femminile è chiamata «Piccola Sapienza», per distinguerla dall'altra. Ecco perché la Scrittura dice (Cantico dei Cantici VIII, 8): «Abbiamo una sorellina, e lei non ha mammelle». È piccola durante l'esilio, ma è grande e potente, poiché è il complemento che si associa al Re, così come è scritto (Cantico dei Cantici VIII, 10): «Sono una muraglia e le mie mammelle sono come torri». «…E le mie mammelle…», perché sono piene per l'allattamento di tutti ([4]). «…Come delle torri»: sono i grandi fiumi che procedono della Madre (Aima) suprema. Il maschio si distende a destra ed a sinistra [H’cmâ e Binâ], per l'eredità che ha ricevuto. Ma quando i colori (Rigore e Misericordia) sono mischiati, si chiama «Thiphereth» (magnificenza). Fa l'ornamento del corpo e diviene un grande e potente albero [Autz ha-Chalim o Albero della Vita], bello da vedere, così come è scritto (Daniele IV, 11): «Sotto di lui, le bestie dei campi ricercano l'ombra, e gli uccelli del cielo si posano sui suoi rami, e c'e in lui il cibo per tutti». Le Sue braccia racchiudono: il braccio destro la vita e la clemenza (H'esed), il braccio sinistro la Morte ed il Rigore (Guebourâ). Le sue viscere sono formate dalla conoscenza (Da’ath), ed esse riempiranno le Assemblee e tutti i Conclavi, come l'abbiamo detto e così come è scritto: «E i conclavi sono riempiti di sapere [Da’ath]». Il corpo possiede due gambe, e racchiude anche due reni, e due testicoli maschili. Perché il Seme sacro e la forza maschile sono riuniti in essi, giacché gli eserciti che procedono da essi vanno e si fermano sull'orifizio dell'organo della generazione. È per questo che li si chiama «Çebaoth [gli Eserciti]»; sono le due Sephiroth Netzâ e Hod. La Sephirâ Thiphereth, è il Tétragramma; i tre formano insieme il nome sacro Adonaï Çebaoth. L'organo generatore maschile è l'estremità del corpo, e simboleggia la Sephirâ «Yesod [Fondamento]» che mitiga il Principio femminile. Ogni desiderio di unione dei due Principi emana dalla Sephirâ «Yesod». Questa ultima penetra nella regione femminile chiamata Sion, regione misteriosa e nascosta così come è scritto (Salmi CXXXII, 13): «L'eterno ha fatto scelta di Sion, ed egli l'ha desiderata per essere la sua residenza». La vigilia di Shabath, quando la Matronitha [ la Madre], si unisce faccia a faccia con il Re, forma con esso solamente un solo corpo. Il Santo, baruk ha-shem, si siede sul suo trono; e tutto è perfetto e tutto riceve il Nome del Santo, che sia benedetto nei secoli dei secoli. Ho procrastinato fino ad oggi lo svelare queste parole, giorno che resterà coronato da esse per il mondo a venire. Benedetta è la mia sorte!

Quando la Grande Madre (Aima) è in unione col Re, tutti i mondi ricevono la Benedizione, e gli universi si trovano nella gioia. Come il maschio è [296b] la sintesi di tre e il Principio opera per tre, lo stesso tutte le cose sono così; e la fine di ogni corpo è così; e la Grande Madre (Aima) è benedetta solamente dalla riunione di questi tre Sephiroth, Netzâ, Hod, Yesod. Essa è temperata, e riceve la benedizione, in questo luogo, chiamato quaggiù il Santo dei Santi, così come è scritto (Salmi CXXXII, 3): «Perché è là dove il Signore ha ordinato la benedizione». Vi sono due sentieri, uno in alto, l'altro in basso. Così, non è permesso a nessuno di entrare nel Santo dei Santi, eccettuato il Gran Sacerdote che proviene dal lato di H'esed. Nessun altro penetra nel Santo dei Santi in alto se non chi porta il nome di «H'esed». Egli è il solo che può entrare nel Santo dei Santi, è il solo che soddisfa la sposa, e può benedire la parte più intima del Santo dei Santi, chiamato Sion. Sion e Gerusalemme costituiscono due sentieri, simboleggiando una la Misericordia l'altro il Rigore, così come è scritto (Isaia I, 27): «Mediante Meshephat [Giudizio] esso è redento»; e di Gerusalemme è scritto (Isaia I, 21), «La Tzedeq (Giustizia) abita in lei».

Tutto il desiderio del maschio si rivolge verso la femmina. E queste cose si chiamano così, perché di là provengono le benedizioni per tutti i mondi; e tutte le cose ricevono la benedizione. Questo luogo è chiamato Santo, e tutte le santità del maschio penetrano là tramite questo sentiero, così come noi abbiamo detto. E tutto emana dalla Testa suprema del Cranio maschile, del lato del Cervello supremo residenza di tutto. E questa benedizione penetra tutte le membra del corpo, fino alla regione chiamata «Çebaoth». Ogni emanazione che proviene da tutto il corpo si raduna là, e per questo si chiama Çebaoth, perché tutti gli Eserciti delle cose superiori e inferiori escono là. E questa emanazione, nel luogo dove si raduna, e che è emessa dal Santissimo Yesod, è tutta bianca, e per questo si chiama H'esed. È tramite lo Yesod che H'esed penetra nel Santo dei Santi, così come è scritto (Salmi CXXXIII, 3): «Perché là, il Signore ha elargito la benedizione e la vita per tutta l'eternità».

Rabbi l'Abba disse: Appena la Lampada Santa pronunciò la parola «Vita», le sue parole si arrestarono. Ed io, che ero incaricato di scrivere, aspettavo che il maestro continuasse il suo dettato; ma non sentii più niente, ma non alzai la testa, perché la luce era molto forte, ed io non potevo contemplarla. Improvvisamente fui afferrato di timore, e udii una voce che diceva (Proverbi III, 2): «La lunghezza dei giorni, e gli anni di vita». E udii un'altra voce che diceva (Salmi XXI, 5): «Ti chiede la vita». Durante tutto il giorno il fuoco non abbandonò la casa, e nessuno potette avvicinarvisi a causa della luce e delle fiamme che la circondavano. Ero disteso in terra e singhiozzavo. Quando il fuoco si ritirò, vidi che la Lampada Santa, il santo dei santi, era stato portato via da questo mondo. Avvolto (nel suo mantello), era inclinato sul lato destro, e la sua faccia aveva ancora un sorriso. Rabbi Eléazar, suo figlio, si alzò, gli prese le mani e le coprì di baci; ma io, baciai la polvere che era sotto i suoi piedi. Gli amici piangevano e custodivano il silenzio; Rabbi Eléazar si gettò per terra tre volte, senza avere la forza di aprire la bocca. Infine disse: Padre (Ab), Padre (Ab) eravamo tre e l'uno è partito. Oramai è il tempo di penitenza e di una vita nuova. Adesso gli animali [i Cherubim] lo piangeranno, gli uccelli che volano nell’aria, si nasconderanno nelle aperture delle rocce dell'immenso mare; e tutti i colleghi berranno del sangue ([5]).

Rabbi Hiyâ si alzò e disse: Fino ad ora la «Lampada Santa» aveva cura di noi. Adesso non è il tempo (di spargersi in lamenti), ma di avere cura della sua gloria (di rendergli gli ultimi onori). Rabbi Eléazar e Rabbi gli Abba si alzarono, gli lavarono il corpo con degli aromi. Non si saprebbe descrivere l'agitazione dei colleghi. Dei domestici odori esalavano in tutta la casa. Lo si mise poi sul letto, e nessuna altra persona si occupò di lui eccetto Rabbi Eléazar e Rabbi Abba. I capi dei villaggi di Tariqin e di Çipori disputarono con gli abitanti di Maronia a proposito del luogo di sepoltura; ogni villaggio pretendeva essere il più degno di questo onore. Quando il letto fu portato fuori dalla casa, si alzò nell'aria e un fuoco fiammeggiò intorno ad esso [il letto con cui si portava Rabbi Shimon alla sepoltura], e fu udita una voce che diceva: Venite ed assistete alle nozze di Rabbi Shimon. (Isaia LVII) «Lasciate che entri in pace. Chi ha camminato con un cuore retto riposi nel suo letto». Quando lo si introdusse nella grotta (dove fu seppellito), una voce echeggiò e fece sentire queste parole: «Questo è l'uomo che ha fatto tremare terra, che ha fatto tremare i regni». Numerosi capi celesti rimangono inattivi, oggi, per causa tua, Rabbi Shimon figlio di Jochaï, dal quale il suo Signore fu glorificato ogni giorno. Benedetta la tua sorte nel mondo in alto ed in quello di basso! Quanti alti tesori gli sono riservati, è di te che la Scrittura dice (Daniele XII, 13): «Ma per te, va' fino al tempo che è stato segnato, e sarai in riposo e dimorerai nello stato in cui sei fino alla fine dei tuoi giorni».

Fin qui giunge l'Idra Zuta [La Minore Santa Assemblea]

[1] Il seguito manca, e una nota intercalata fra parentesi rinvia, per quanto concerne le conformazioni della Barba, alla Grande Idra.

[2] Leggere: contro l'Israele. L'espressione «contro i nemici di Israele» è una semplice antifrase. Altri, con questa locuzione intendono i cattivi israeliti, quelli che, a causa dei loro peccati, attirano il male il sul loro stesso popolo.

[3] «Olio di unzione» . Il De Pauly traduce qui: «Seme celeste», ma abbiamo preferito mantenere la traduzione letterale.

[4] Troviamo le stesse espressioni nelle Odi di Salomone:

Una coppa di latte mi è stata portata, ed io l'ho bevuta nella dolcezza della soavità del Signore.

Il Figlio è questa coppa, e quello che è stato munto, è il Padre,

E quello che l'ha munto, è lo Spirito, perché le sue mammelle erano piene, ed egli voleva che il suo latte fosse sparso largamente.

Lo Spirito ha dischiuso il suo seno; ha mischiato il latte delle due mammelle del Padre, e ha dato la mescolanza al mondo, a sua insaputa.

E quelli che lo ricevono nella sua pienezza sono quelli che sono a destra.

Lo Spirito stese le sue ali sul seno della Vergine, e lei concepì e partorì, e divenne Madre-Vergine;

Divenne gravida e partorì un figlio senza dolore.. .

Rendel Harris considera le Odi di Salomone come un documento di valore eccezionale. Queste sono state composte in Palestina da un convertito, in seno ad una comunità giudeo cristiana alla fine dell'I secolo della nostra era o al principio dell'II. Ci rivelano la mentalità di un'anima cristiana agli inizi del cristianesimo, senza mescolanza di gnosticismo. A nostro parere, lo Zohar, non può essere accusato neanche di gnosticismo, né di dualismo maschio e femmina, a causa del suo linguaggio.

[5] Padre (Ab), Padre (Ab) eravamo tre e l'uno è partito. Adesso gli animali [i Cherubim] lo piangeranno, gli uccelli voleranno, e si nasconderanno nelle aperture delle rocce dell'immenso mare; e tutti i colleghi berranno il sangue..

L'ultima frase delle parole di Rabbi Eléazar occupa tutti i commentatori dello Zohar. Ciascuno gli presta un senso differente. Secondo il Mikdasch Mélekh, Rabbi Eléazar fece allusione al sangue della circoncisione. Secondo altri, prediceva con queste parole che il maestro della dottrina misteriosa sarebbe stato disprezzato e oltraggiato, e che è l'oltraggio che si indicherebbe con «bere il sangue». Seguendo ancora altri, è un'allusione al sangue dell'agnello Pasquale. Nessuna di queste interpretazioni può essere presa sul serio, e ciò non soltanto perché questo termine non è usuale nella lingua rabbinica, con il senso che gli attribuiscono i commentatori, ma soprattutto perché questi sensi non hanno nessuno rapporto con le parole che precedono. Rabbi Eléazar rivela, o piuttosto, enuncia il mistero della Trinità. «Gli uccelli gettati nell'abisso» indicherebbero la caduta dell'impero del «cattivo lato» (Satana) che coincide con l'avvento del Messia (Manifestazione di Mà, incarnazione della Hé). Lo Zohar sottintende sempre gli spiriti del male quando fa menzione di uccelli. Per quanto concerne l'ultima frase, si spiega così: «E prendendo il calice, rese grazie, e lo diede loro dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, (il sangue) della nuova alleanza che sarà sparso per tutti, per la remissione dei peccati».» (Matteo. XXVI, 27-28.)

A titolo di curiosità, diamo di seguito una chiosa di De Pauly su questo passaggio: essa fa parte di uno studio che aveva iniziato sul testo la «Kabbale» del Franck (1843 -1892).

"Il Franck, riproduce il passaggio dell'Idra Zuta, dove sono raccontati gli ultimi momenti di Rabbi Shimon. Con esclusione di tre frasi che offrono una certa difficoltà per chi non è familiare col linguaggio dello Zohar, questo passaggio è di una grande semplicità. E tuttavia Franck non ha saputo tradurlo senza commettere parecchi errori. In quanto alle tre frasi che esigono una certa conoscenza, Franck le ha soppresse semplicemente. Vediamo i frammenti tradotti. Dice: « La Lampada Santa aveva appena terminato questa frase.». E questo è inesatto. Il testo porta: «Aveva appena pronunciato la parola hayim (vita) ..».. Questa differenza è molto importante, poiché le parole, che la voce soprannaturale fa’ sentire in seguito, sono quelle di due versetti della Scrittura (Proverbi, III 2 e Salmi., XXI, 5), che presentano ugualmente la parola hayim. Il senso del passaggio dello Zohar è dunque questo: Al momento di espirare Rabbi Shimon recitò il terzo versetto del CXXXIII Salmo: «Perché è là che il Signore ha ordinato che fosse la benedizione..». Ma appena Rabbi Shimon pronunciò la seguente parola: hayim (la vita), spirò. Mentre una voce soprannaturale riprese il parola hayim, ma di un altro versetto.

Franck traduce poi: « E tuttavia io scrivevo sempre, mi preparavo a scrivere ancora per molto tempo, quando non sentii più nulla». Queste parole non hanno senso, e questo contro-senso avrebbe dovuto mettere già l'autore in guardia contro il suo modo di tradurre. Ecco il senso esatto: «. . . Ed io che ero incaricato di scrivere, aspettavo che il maestro continuasse il suo dettato; ma non sentii più nulla».

Il Franck traduce ancora: «Era steso là, disteso sulla destra etc». è inesatto. pfuta non vuole dire «era steso» ma, «era avvolto della sua tunica» (il talith, o l'abito rituale degli ebraici, provvisto di tzitzith).

Ancora: «Suo figlio Eliézer si alzò, gli prese le mani e le coprì di baci; ma io avrei mangiato volentieri la polvere che i suoi piedi avevano calcato». Anche questo è inesatto. Ecco la traduzione: «Rabbi Eléazar, suo figlio, si alzò, gli prese le mani e le baciò; ma io baciai (testualmente: ho leccato) la terra sotto i suoi piedi». Del resto, era abitudine di Rabbi Abba, baciare il suolo che gli era caro. Arrivando in Palestina, baciò il suolo (Talm., tr. Kethouboth; 112a), ma, di là, a mangiare la polvere, c'è ne passa.

Ecco ora la prima frase soppressa dal Franck, unicamente perché era in ebraico. Traduce: «Rabbi Eliézer, suo figlio si lasciò fino a tre volte cadere a terra potendo articolare solamente queste parole: Padre mio! Padre mio!..». Ma dove il Franck ha letto: «... Potendo articolare solamente queste parole»? É forse perché Franck non potendo tradurle, fa dire che Rabbi Eléazar non ha potuto articolarle? Ma Rabbi Eléazar le ha articolate bene, ed esse si trovano in tutte le edizioni dello Zohar. Ecco la traduzione esatta di questo passaggio: «Gli amici piangevano e custodivano il silenzio; Rabbi Eléazar si gettò per terra tre volte, senza avere la forza di aprire la bocca. Infine disse: Padre (Ab), Padre (Ab) eravamo tre e l'uno è partito. Oramai è il tempo di penitenza e di una vita nuova. Adesso gli animali [i Cherubim] lo piangeranno, gli uccelli voleranno, e si nasconderanno nelle aperture delle rocce dell'immenso mare; e tutti i colleghi berranno il sangue.

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Queste parole, per ogni uomo di buona fede hanno il senso che conviene loro, ossia il più naturale, grammaticalmente e logicamente parlando".

Una curiosità per inciso, prima di continuare. Il nostro Ospite avrà notato che il Franck dà sempre al figlio di Rabbi Shimon il nome di Rabbi Eliézer, mentre il nome esatto è Eléazar. Chiunque abbia qualche conoscenza del Talmud sa che esisteva un Eliézer (rzuyla) che è molto spesso l'antagonista dei symkj ed un Eléazar (rzula), figlio di Rabbi Shimon, ed un terzo Eléazar, figlio di Azariah.

È probabile che Rabbi Shimon abbia conosciuto il mistero della Trinità, poiché l'espone in termini abbastanza chiari nello Zohar I, foglio. 32b, ed altrove. Non è meno certo che, nei suoi discorsi, Rabbi Shimon si sforzava costantemente di convincere suo figlio ed i suoi discepoli di questa verità. É anche probabile che Rabbi Shimon insegnasse i misteri della Eucarestia e della Transustanziazione; del resto la lettura di un passaggio dello Zohar I, foglio 47b, non lascerebbe alcun dubbio a tale proposito. Era, quindi, molto naturale che Rabbi Eléazar procurasse al caro morto questa ultima soddisfazione, facendo "professione di fede", all'insegnamento al quale il Maestro dedicò tutta la sua vita. Perciò esclamò: Padre, Padre (confesso che) tre sono in Uno, - ossia che tre persone sono in Dio. «Oramai è il tempo di penitenza e di una vita nuova» - ossia: la redenzione deve iniziare. Rabbi Eléazar aggiunse: «... Gli uccelli che volano in aria», - ossia i cattivi spiriti, che il Maestro ha molte volte indicato sotto il nome di «uccelli che volano nell'aria», - «si nasconderanno nelle aperture delle rocce dell'immenso mare». Infine, Rabbi Eléazar finisce la sua confessione affermando che «tutti gli amici berranno d'ora in avanti il sangue», sottintendendo con ciò, forse, Sacrificio dell'Eucarestia, e procede alla Transustanziazione. I commentatori rabbinici, che hanno decisamente negato questa interpretazione sulla professione di fede di Rabbi Eléazar, si sono trovati però, di fronte al passo, sempre in grande difficoltà, tanto da giungere persino a distorcere il testo per prestargli un altro senso. Da dire che gli editori dello Zohar, per avvertire ogni malinteso, ossia affinché questa frase non fosse interpretata secondo il senso conforme alla dottrina cristiana, hanno tutti, eccetto quelli di Mantova e di Cremona preso la precauzione di mettere dei puntini nei luoghi dove il commentatore citato taglia la frase; precauzione che non hanno preso in nessuno altra parte dello Zohar, dove il punto raffigura solamente la fine di una frase e talvolta anche di tutto un passaggio. Nell'edizione di Sulzbach, gli editori hanno posto il primo elemento di questa frase tra parentesi; e non si capisce bene il perché. Nell'edizione di Brody, questo passaggio è stampato in caratteri molto piccoli, probabilmente con lo scopo di farlo sfuggire all’attenzione dei lettori. Il Mikdasch Mélekh fa una prima cesura tra le parole wwh e tlt dh, ed una seconda cesura tra wrzjta ed atch. Dà a queste parole così separate il seguente senso: «C'erano tre (patriarchi), un (santo torna) ora (alla casa di questi tre patriarchi). Il mondo è ora nuovo (è più triste di quanto non fosse durante la vita di Rabbi Shimon). Gli uccelli che volano in aria si precipitano (di dolore) nell'abisso del grande Oceano; e gli amici bevono del sangue (delle lacrime)». Oltre l'inverosimiglianza e l'incoerenza di questa versione, essa è assolutamente incompatibile col testo stesso dell'originale. Il Mikdasch Mélekh legge: wrzjta dj, e traduce: «un santo torna»; in questo caso, lo Zohar avrebbe dovuto dire rzj dh o rzjtta dj,e non wrzjta al plurale. Inoltre, atwyj dwnt non può in nessuno modo significare «il mondo è nuovo», dato che, dwnt atwyj vuole dire, «cambiamento di vita», o «vita nuova». Perché anche leggere la tristezza del mondo con «gli uccelli si precipitano nell'abisso»? Infine, dove, in tutta la letteratura rabbinica, si trova un esempio di lacrime sottintese sotto il nome di sangue? E dove si trova, anche, l'espressione di bere delle lacrime? Altri commentatori danno delle parole di Rabbi Eléazar altre interpretazioni, ma tutte tanto incoerenti e tanto illogiche come quella appena riprodotta.

Indice

Introduzione Foglio 287b - 290a Foglio 291a - 293b

Foglio 294a - 296b