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QumrÀn e gli Esseni

Per quanto i ritrovamenti di Qumràn possano avere un'importanza enorme dal punto di vista archeologico e, anche, se vogliamo, dal punto di vista storico, in realtà i rotoli del Mar Morto non ci forniscono con sicurezza altre notizie sulla comunità essenica di cui ci stiamo interessando, in quanto, identificare la setta di Qumràn con gli Esseni, dopo i primi appassionati entusiasmi e a seguito di ponderata meditazione, risulta alquanto problematico; anche se oggi la comunità di Qumràn viene unanimamente considerata una comunità essenica.

 

Come dice giustamente il Michelini Tocci (9), si preferisce fermare l'attenzione piuttosto sulle differenze che non sulle rassomiglianze tra la setta degli Esseni descritta da Giuseppe Flavio ed i libri delle regole della comunità trovati a Qumràn. Queste divergenze sono tutt'altro che trascurabili.

 

Vediamo ora, cosa dicono i libri delle regole della comunità di Qumràn.

 

Uno dei rotoli che riguarda la comunità - La Regola di Damasco - ci dà delle notizie sull'origine della setta di Qumràn. Questo libro, che prende il nome di Regola di Damasco, fu scoperto un secolo fa nella génizâh della sinagoga caraitica del vecchio Cairo, e riguarda la regola di una setta religiosa che si credeva stabilita in Palestina. A Qumràn, nelle grotte 4 e 6 sono stati trovati moltissimi frammenti di questa stessa regola, tali da poter anche integrare le lacune del libro trovato al Cairo.

 

Essa ci racconta come, 390 anni dopo che Nabucodonosor distrusse Gerusalemme, Dio suscitò in Israele un movimento di penitenza organizzato sotto un Maestro di Giustizia. Con questo movimento Dio stabilì una vera e propria Nuova Alleanza, ripetendo probabilmente così il patto già fatto con Abramo. Grazie a questa Nuova Alleanza, Dio avrebbe messo a parte gli adepti dei segreti della conoscenza. I Figli della Luce, cioè i monaci che avessero mantenuto fede al patto, avrebbero avuto la vita eterna, mentre i Figli delle Tenebre sarebbero stati distrutti «senza che nulla resti di loro» (10).

Obbligo per la setta era quello del pieno rispetto della Legge di Dio e delle regole della comunità. Colui che chiedeva di entrare nella confraternita, veniva esaminato da un Incaricato sulle sue capacità e sul suo aspetto fisico. Superato l'esame e con il parere favorevole dell'Assemblea della Comunità, il candidato entrava in prova con delle limitazioni sui suoi diritti. Dopo il primo anno, superata una nuova prova, egli veniva ammesso a partecipare al pasto comune. Dopo un anno ancora, poteva dividere con gli altri anche la bevanda sacra. Alla fine, dopo un ultimo esame, entrava a far parte della confraternita.

Ogni anno i membri erano obbligati a rendere conto del loro operato all'Assemblea. Quando un monaco abbandonava la comunità, per rientrare doveva rifare il noviziato. Se era già stato membro per più di un decennio, non veniva più riammesso.

 

L'Assemblea della comunità era costituita da tutti i suoi membri, che si dividevano in sacerdoti, leviti, laici e proseliti. Essi si riunivano per le funzioni religiose e per prendere decisioni. Nessuno poteva parlare fino a tanto che il Mébaqqér, che era il guardiano dell'Assemblea, non gli avesse concesso la parola. La presenza di almeno un sacerdote era indispensabile, quando i monaci, in numero non inferiore a 10, si riunivano per le preghiere e per leggere i testi sacri.

Un organo ristretto di governo era il Consiglio della comunità composto da tre sacerdoti e dodici laici. Questi consiglieri osservavano una disciplina ancora più severa ed erano, per le loro mancanze, espulsi dal consesso. Quattro sacerdoti e sei laici costituivano un consiglio che aveva poteri giudiziari. Altre cariche individuali, oltre a quella del Guardiano, erano l'Incaricato ed il Maskil ovvero Maestro. A questa carica giungevano coloro che, per esperienza e perfezione spirituale, erano in grado di essere di insegnamento agli altri.

 

I monaci credevano in una rigida predestinazione stabilita da Dio in precedenza e alla quale l'uomo non poteva in nessun modo sottrarsi. L'appartenenza alla setta era, già per se stessa, garanzia di far parte dei Figli della Luce e, questo stato di grazia, donava al membro la forza di sopportare le avversità dell'esistenza fino alla conquista della vita eterna. Da questa setta, come é naturale, avrebbe dovuto sorgere il futuro Messia. Una caratteristica di questi monaci era l'uso del calendario solare, che era per essi obbligatorio, in opposizione al calendario lunare usato dall'ebraismo ufficiale.

 

Prestiamo ora attenzione alle divergenze tra la regola descritta da Giuseppe Flavio e quella di Qumràn.

 

La prima particolarità che viene subito messa in luce e proprio quella del nome. Osserviamo subito che la parola Esseni non compare mai nei testi del Mar Morto e, appare strano, che i monaci, se fossero stati Esseni, avessero sempre preferito chiamarsi nei loro scritti coi nomi più diversi: santi, poveri, figli di Sadoq..., ma abbiamo già detto prima che molte sette o confraternite sono conosciute col nome dato da estranei o posteriori. La seconda importante differenza che riscontriamo sta' nella località che Plinio attribuisce agli Esseni e che doveva trovarsi, secondo lui, sull'altipiano che sovrasta Engaddi ad occidente della città, mentre il monastero di Qumràn si trova a nord.

A queste due già gravi questioni se ne aggiungono altre.

Riguardo al noviziato si può notare che a Qumràn, a differenza di quanto avveniva presso gli Esseni, al candidato non veniva consegnata la scure per gli escrementi, né altre cose.

- A Qumràn il giuramento era preteso subito e non alla fine delle prove.

- A Qumràn il pasto in comune poteva essere consumato dal novizio già dopo il secondo anno e sussiste un disaccordo anche sugli anni di noviziato.

- A Qumràn l'esame era ripetuto ogni anno.

- A Qumràn non veniva riconosciuta l'autorità stabilita, mentre per essa gli Esseni avevano il massimo rispetto.

- A Qumràn la presenza di donne era molto più tollerata che presso gli Esseni.

- A Qumràn il commercio era permesso.

- Infine, un'altra fondamentale differenza sta' nel fatto che, mentre a Qumràn si credeva ad una rigida predestinazione per l'anima e, alla fine, o la vita eterna per i Figli della Luce, o la distruzione totale per i Figli delle Tenebre, presso gli Esseni, non solo non esisteva predestinazione, ma le anime ritornavano nei corpi dando luogo a reincarnazione e vi si trattenevano come prese da una rete e, una volta sciolte dal vincolo della carne, si libravano come liberate da una schiavitù.

 

Qui, tra parentesi, vedremmo una forte influenza, oltre che di dottrine ellenistico pitagoriche, anche di quelle orientali sconosciute all'ebraismo ufficiale (11).

A nostro parere questo grosso contrasto tra le due dottrine escatologiche infirma sostanzialmente il tentativo di accomunare le due sette. All'obiezione che Giuseppe Flavio fosse stato impreciso e che fondamentalmente le due sette potessero essere considerate la stessa cosa a causa degli altri più vasti punti di contatto, si può rispondere che le somiglianze riscontrate sono comuni a molte altre sette contemporanee. Per fare un esempio, i sorveglianti comuni alle due sette li troviamo anche presso le comunità cristiane. Lo stesso ragionamento vale per le altre pratiche come le abluzioni ed il pasto sacro.

 

Particolarmente delusi ci lascia il fatto che, mentre Giuseppe Flavio ci racconta come gli Esseni praticassero la terapeutica leggendo scritti sulle proprietà terapeutiche delle radici e dei minerali, nulla su questo argomento e stato trovato a Qumràn. Eppure sappiamo come un'attività importante degli Esseni doveva appunto essere stata la medicina. Dunque i monaci di Qumràn non erano terapeuti. A meno che, non sia valida l'interpretazione che di questa parola terapeuta, ci dà Elia Benamozegh: guaritori si, ma non di corpi, bensì di spiriti, ovvero medici dell'anima. Egli dice testualmente (12): - Era egli cotesto nuovo officio, nuovo vocabolo nella lingua religiosa dell'Ebraismo? Dite, piuttosto che era antichissimo; che la Bibbia rigurgita di simili esempi; che lo spirito non meno che il corpo fu sempre dall'Ebraismo considerato siccome un ente che a tutte le vicissitudini soggiace, buone e tristi, della vita; che ha la sua salute, le sue infermità, le sue crisi, le sue cadute, le sue ristorazioni e quindi una vera e propria scienza medicatrice. Ma dite piuttosto che univoci attestano di queste idee predominanti i profeti; che lo attesta Davide quando, chiedendo la remissione delle colpe, e la rigenerazione dell'animo suo, chiede farmaco e guarigione: Guarisci l'anima mia, che a te peccai (13) - E più avanti: - Che lo attesa Geremia quando il profeta istruttore chiama col nome istesso di Rofé, Medico e farmaco la dottrina di lui. -

 

Considerati tutti questi seri dubbi sull'identificazione delle due sette, vediamo quali possono essere le soluzioni proposte.

Innanzitutto la Sadducéa (14). Anche perché i monaci di Qumràn spesso si danno l'appellativo di figli di Sadoq. Ma qui bisogna ricordare che i Sadducéi costituivano l'aristocrazia del paese e come tale non si accordava con gli schivi e morigerati poveri di Qumràn. Per non dire poi, che i Sadducéi rappresentavano il sacerdozio ufficiale del tempio con cui invece i monaci di Qumràn avevano rotto i ponti.

 

Tali Roth (15) e Driver (16) suggeriscono l'accostamento con la setta degli Zeloti di cui Giuseppe Flavio ci parla nella sua Guerra Giudaica, dove li chiama anche briganti e sicari, in quanto per i loro delitti usavano la sica, un piccolo corto pugnale romano. A sostegno di questa tesi sta il fatto piuttosto probante che a Masada furono rinvenuti alcuni testi appartenenti alla comunità di Qumràn e sappiamo che a Masada nel 73 gli Zeloti opposero l'ultima grande resistenza all'esercito romano, rimanendo tutti uccisi tra le rovine della fortezza che non fu mai più rioccupata da alcuno.

 

Altri (17) hanno individuato nella setta di Qumràn una comunità i cui adepti rappresentavano un precedente immediato delle comunità zelotiche, a differenza degli Esseni, questi Neozeloti erano animati da spiriti bellicosi ed ebbero parte nella rivolta di Ezechia del 47 a. C. (18).

 

L'ipotesi di tale Rabin (19) é che Qumràn fosse stata una comunità farisea. Ci sono molte somiglianze, ma l'uso del calendario solare e del giuramento a Qumràn sono seri motivi di opposizione a questa teoria.

 

Tutte queste proposte sono seducenti, ma nessuna può essere definita assolutamente sicura, come nessuna può definitivamente essere scartata. Solamente ulteriori scoperte nei testi che possediamo o in quelli che potranno essere scoperti in futuro chiariranno le nostre idee. Vediamo ora una proposta, che chiameremo di compromesso, offerta da tale Milik (20), il quale, pur appartenendo alla categoria degli essenisti, riconosce la possibilità che la confraternita di Qumràn fosse stata il prodotto di successive evoluzioni dell'essenismo, il quale, per gradi, fosse passato da un regime di stretta osservanza, fino a raggiungere una tendenza zelotica.

 

Il Michelini Tocci avanza una sua proposta basata sui pochi dati sicuri in nostro possesso (21). Egli osserva come la setta sia solita a definirsi coll'appellativo di figli di Sadoq.

È possibile che il distacco di questi Sadociti (22) dal giudaismo ufficiale fosse avvenuto attorno al 175 a. C., quando Antioco IV° Epifane depose l'ultimo sacerdote legittimo Onias III°, discendente del sacerdote Sadoq contemporaneo di Salomone.

Questi Sadociti avrebbero fondato la setta in opposizione ai sacerdoti usurpatori, dichiarandosi unici legittimi eredi del trono sacerdotale. Il Driver poi, vorrebbe identificare questi Sadociti con quel gruppo, che, dopo l'assassinio di Onias III°, si rifugiò parte in Egitto e parte a Qumràn. Di quest'ultimi, in seguito, almeno i più estremisti, si sarebbero identificati con gli Zeloti. A dar forza a questo concetto sarebbe l'interpretazione di un passo piuttosto oscuro del «Commento ad Abacuc» (23) dove si parla di un Maestro di Giustizia e del suo avversario, il sacerdote empio, mettendo in rilievo il contrasto tra pretendente ed usurpatore, sullo sfondo di una catastrofe nazionale e dell'invasione dei romani.

 

Tra l'altro, il ritrovamento di manoscritti Qumrànici proprio nella fortezza di Masada, che andò distrutta, come abbiamo ricordato prima, nel 73, escluderebbe che i manoscritti potessero essere posteriori a questa data, indebolendo gravemente così alcune teorie proposte sull'identificazione della setta di Qumràn in una setta posteriore all'anno 73.

Le ricorda il Michelini Tocci nella sua introduzione. La prima è quella caraitica, sostenuta da un certo Zeitlin (24). Secondo costui i manoscritti apparterrebbero ad una setta caraitica giudaica dell'ottavo secolo, i cui adepti rifiutavano il Talmud, cioè la tradizione orale della Legge e si attenevano solamente alla legge scritta. Ma questa teoria e contestata, come del resto abbiamo visto, da ragioni archeologiche e paleografiche e, sembra più logico, far derivare il caraismo dal Qumrànesimo piuttosto che identificarne le due sette.

Un'altra teoria e quella ebionitica, sostenuta da tale Teicher (25), secondo cui i manoscritti sarebbero stati l'opera di quella setta giudeo cristiana detta appunto degli Ebioniti, uscita dai primi cristiani di Gerusalemme e diretta erede degli Apostoli. Ma, secondo la stessa opinione del Teicher, il Maestro di Giustizia dovrebbe essere identificato con Gesù ed il Sacerdote Empio, suo avversario, con San Paolo, il ché, ad essere sinceri, la consideriamo un'ipotesi avventurosa. La redazione dei testi, inoltre, dovrebbe essere posta tra la fine del II° e l'inizio del III° secolo, al che, di nuovo, si oppongono gli ostacoli di natura archeologica e paleografica detti prima.

 

 

 

 

9 - Michelini Tocci FRANCO, I Manoscritti del Mar Morto, introduzione.

10 - C. D. II°, 6.

11 - Confronta enciclopedia De Agostini alla parola Esseni.

12 - Elia Benamozeg: Op. Cit., pag. 39.

13 - Salmo XLI°, verso 5.

14 - A. M. Habermann: I Rotoli del deserto di Giuda, Tel Aviv, 1959.

15 - C. Roth: The Historical Background of the Dead Sea Scrolls, Oxford, 1958.

16 - G. R. Driver:The Judaean Scrolls, The Problem and a Solution, Oxford, 1965.

17 - S. Mazzarino: Il Pensiero storico classico, II°, 2, pag. 107 e seg.

18 - Guerra Giudaica: I°, 10, 204.

19 - C. Rabin: Qumràn Studies, Oxford, 1957.

20 - J. T. Milik: Ten Years of Discoveries in the Wilderness of Giudaea, Chatham, 1963.

21 - Michelini Tocci Franco:, Op. Cit., introduzione.

22 - Termine usato per non confonderli coi Sadducèi del Tempio.

23 - 1 Q p. Hab. I°, II°, III°.

24 - S. Zeitlin: in Jewish Quarterly Review, dal 1949 in poi.

25 - J. L. Teicher: in The Journal of Jewish Studies, dal 1951 in poi.

 

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