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Lo sviluppo del Testo

 

L’analisi di questa parte del Sepher Yetzirah dedicata alla seconda creazione, vale a dire quella che Dio opera tramite le lettere, ci consente di entrare nel vivo delle problematiche linguistiche cui ci riferiamo, vale a dire il rapporto tra "lingua sacra" ed "arbitrarietà del segno".

Senza smentire il nostro proposito iniziale di strumentalizzare il testo, nella sua integrità, come laboratorio di esperimenti linguistici, ci sembra opportuno precisare che la seconda parte, dedicata alle lettere della lingua ebraica, è più facilmente utilizzabile per gli scopi della nostra analisi.

Se per "segno" linguistico non intendiamo solo una lettera o una parola della lingua parlata, ma qualsiasi oggetto di natura semiotica, anche l’analisi della Sephirâ potrebbe essere un oggetto appropriato per i nostri studi; ma, a causa della sua struttura, "inconsistente", che il testo chiama belimà (senza appoggio, senza determinazione), è per noi più semplice riflettere su l’aspetto simbolico della "lettera", la quale mostra, cabalisticamente, una "stratificazione segnica" che va dalle sue interne componenti fino alla formazione del "discorso" stesso.

La serie decadale delle Sephiroth ha esaurito la prima fase della creazione, avendo ricavato dal caos originario le strutture primordiali, sulle quali sarà possibile attualizzare le realtà di natura, in un impianto tripartito: Olam, mondo, Shanà, anno, Nefesh, anima. In questo senso, la prima creazione non rappresenta un’astrazione, ma una condizione di realtà cosmica, un mundus entis, che tende ad esprimersi in una successiva serie di entità create. Nella storia della creazione, questa seconda fase è strutturata per mezzo delle lettere dell’alfabeto ebraico.

Le ventidue lettere, inizialmente, sono divise secondo i cinque organi della pronuncia (gola, labbra, palato, denti e lingua), nel proseguo della trattazione, l’autore dimentica questa prima distinzione e le distribuisce nei tre gruppi che a seguire analizzeremo (3,7,12).

Prima di analizzare questa distinzione delle lettere in tre gruppi, è utile citare due paragrafi del Sepher, giacché consentono di comprendere meglio le lettere su un piano ontologico, ancor prima di specificare i loro particolari attributi.

"Ventidue lettere fondamentali: fissate in una ruota in duecento ventuno porte. La ruota torna, avanti e indietro. E questo ne è il segno: se è per il bene in alto, dà piacere (‘oneg), se è per il male in basso, dà dolore (negà) ".

In questo primo paragrafo l’autore tiene a precisare che le lettere vivono di una realtà binaria. Possono essere sia positive sia negative, sia buone sia cattive. Il testo porta l’esempio di due parole (‘oneg e negà), che scaturiscono dalla permutazione della stessa radice. Il senso del paragrafo è meglio chiarito da uno scritto di Yishaq ben Avraham il Cieco, il quale chiarisce anche che la binarietà tra bene e male non nasce dal rovesciamento o dalla permutazione delle lettere all’interno della parola, ma è inclusa nella struttura ontologica della lettera stessa.

"Il contrario di queste lettere si ha quando la ruota si volge da piacere (‘oneg) a dolore (negà), e da dolore (negà) a piacere (‘oneg). Il nostro maestro ha affermato che tutto è inciso nella ruota, e giacché è simile a essa in tutti i generi che vi sono al mondo; così, in tutte le lettere vi è un’incisione, sia per il bene sia per il male: talvolta si incontrano lettere incise per il bene, e altre lettere incise per il male. La cosa non dipende infatti dalla combinazione inversa delle lettere, ma le lettere stesse sono ogni cosa. La lettera è incisa, nel proprio luogo, per compiere l’azione; talvolta la medesima lettera si muta dal bene al male e dal male al bene."

Leggere, quindi, "… così, in tutte le lettere vi è un’incisione", e sottolineare, "La lettera è incisa nel proprio luogo, per compiere l’azione", significa attribuire alle lettere, singolarmente, il carattere positivo o negativo, al di là di ogni possibile e successiva combinazione delle stesse nella parola.

Oltre alle molte implicazioni che potremmo affrontare, partendo da questo primo paragrafo e dal successivo, per quanto riguarda più specificatamente il nostro campo di ricerca, mettiamo in evidenza il forte potere significativo della singola lettera, ancor prima della produzione delle parole o del discorso, nel linguaggio parlato.

Il secondo paragrafo del Sepher Yetzirah che proponiamo ci aiuta a comprendere una parte del primo, particolarmente nel passaggio: "Ventidue lettere fondamentali: fissate in una ruota in duecento ventuno porte."

Il paragrafo preso in considerazione è il diciannovesimo, il quale, oltre ad informarci in quale maniera Dio formò le lettere, si dilunga anche su dettagli per operare sulle stesse con le tradizionali tecniche cabalistiche (gimatreya, ecc.), e spiega la costruzione delle "duecento ventuno porte".

"Ventidue lettere: le incise, le intagliò, le soppesò, le permutò, le combinò e con esse formò l’anima di tutto il creato e l’anima di tutto ciò che è formato e di tutto ciò che è destinato ad essere formato. Come soppesò e invertì?Aleph con tutte e tutte con aleph ; beth con tutte e tutte con beth; gimel con tutte e tutte con gimel. Tutte vanno in tondo e si trovano a uscire da duecento ventuno porte; tutto ciò che è stato formato, e ogni discorso, si trovano ad uscire in un unico Nome".

Anche se apparentemente è qui anticipata la possibilità combinatoria delle lettere, l’autore in verità sostiene qualcosa di diverso, ossia, l’unicità profonda della creazione, che si attualizza nei "32 sentieri della sapienza", formati dalle 10 Sephiroth e le 22 lettere. L’affermazione dell’autore sull’azione Dio… soppesò ed invertì "Aleph con tutte e tutte con aleph, ecc.", con la parola "tutte" non deve intendersi un’azione combinatoria di ogni singola lettera con le altre, ma un evento di relazione di ogni lettera con le 10 Sephiroth. Le 22 lettere moltiplicate con le 10 Sephiroth danno, come risultato, 220; per giungere alla cifra di 221citata nel testo, è possibile pensare di aggiungere l’unità, che rappresenta all’interno della creazione la divinità nel suo aspetto unico

Prima di citare il commento annunciato, ci sembra doveroso informare che, nel testo di riferimento, da cui analizziamo il Sepher Yetzirah, ossia, "Mistica ebraica", alla pag. 38, nota 11, si informa che nella redazione breve del Sepher Yetzirah, al posto di duecento ventuno porte, si parla di "duecento trentuno". Se fosse valida questa versione, ci sembra poter ancora sostenere la tesi appena esposta, inserendo esplicitamente la serie delle dieci Sephiroth, da sommarsi al precedente calcolo, (22 x 10 + 1 = 221; 221 + 10 Sephiroth = 231).

A conferma di quanto, in generale, abbiamo autonomamente affermato, citiamo il passo del "Commento al Libro della Formazione", di Yishaq il Cieco.

"Tutte le dieci Sephiroth sono incluse in ciascuna lettera, e per questo egli afferma: Aleph con tutte e tutte con aleph; beth con tutte e tutte con beth. Come si potrebbe infatti pensare, se ciascuna di esse non le contenesse tutte? Come l’aleph contiene le prime dieci Sephiroth, che sono state incise nello spirito proveniente dallo spirito. In ciascuna di esse vi è una sorta di essenze sottili, interne, coperte, senza determinazione (belimah): tutto quanto sarà intagliato in esse vi è compreso, come è compresa nell’uomo tutta la sua discendenza".

Precisiamo, anche, che in un altro passaggio dello stesso scritto, Yishaq il Cieco ci dice: "Metà della combinazione delle lettere è posta nella ruota, ed è costituita da duecento trentuno porte. La metà che rimane consta di altre duecento trentuno ed è posta al di sopra della ruota: sono quattrocento sessantadue alfabeti, e due di essi sono chiamati porta".

Come abbiamo visto dal commento di Yishaq il Cieco, quando si parla di "tutte" si intendono le dieci Sephiroth. Se oltre a moltiplicare, quindi, ciascuna lettera con le Sephiroth facciamo anche il contrario, come il nostro commentatore ci riferisce, il risultato sarebbe 462 e non più 231; ma, due "alfabeti" insieme generano una porta. Si potrebbe, perciò, ritornare al numero 231, accettando che il Sepher Yetzirah, con il termine "porta", intenda riferire una coppia Lettera – Sephiroth (ad esempio, Aleph con una Sephirâ e la stessa con Aleph), e non un’unità (solo Aleph con una Sephirâ).

Pur non trovandoci nella possibilità di capire come funzioni l’intero meccanismo, possiamo, però, confrontando il Sepher Yetzirah col commento di Yishaq Il Cieco, far quadrare la cifra delle 231 porte (o, come risulta dalla nostra traduzione di riferimento, 221).

Passando ora alla ripartizione delle lettere presentata dal testo, osserviamo che queste sono suddivise in tre gruppi: Tre Madri, Sette Doppie e Dodici Semplici.

Le Tre Madri, Aleph (a), Mêm (m) e Shin (c), sono concepite come le radici della natura creata e, giacché tali, producono i primi tre elementi fondamentali (aria, acqua, fuoco). Ad un accorta analisi sembrerebbe che il passaggio contraddica quanto esposto in precedenza, dove questi tre elementi erano generati dalla seconda, terza e quarta Sephirâ.

È, in ogni caso, una apparente contraddizione ben risolta già da Alfonso M. Di Nola: "É possibile spiegare la segnalata contraddizione solo se si interpreta la prima fase sephirotica della creazione come una storia di prelimine. In essa i tre elementi, derivati dalla ruah divina, vengono già in esistenza, ma soltanto come unità indiscriminate, come "masse" fisiche indistinte. Quando sulla "massa materiei", sui serbatoi cosmici di aria, di acqua e di fuoco scende il germe vivificante di Dio, in forma dei tre fonemi aleph, Mêm, shin, la natura indistinta si fa distinzione: il Fuoco si fa volta celeste nello spazio, stagione estiva nel tempo, testa nell’organismo umano; - l’Acqua si fa terra nello spazio, stagione invernale nel tempo e ventre nell’organismo umano; - la Ruah-soffio diviene aria atmosferica, Vento nell’universo, stagione temperata nel tempo e busto nell’organismo umano, costituendo un termine intermedio e conciliatore fra gli altri due elementi".

Il secondo gruppo è formato dalle "Sette Doppie": Beth (b), Gimel (g), Daleth (d), Kaph (k), Phe (p), Resh (r), Taw (t).

Ad esse corrisponde quello che esotericamente è chiamato il "Settenario". Dalle sette doppie, il Sepher Yetzirah, per opera di Dio, fa scaturire sette doni, i sette archetipi fondamentali della vita umana che, a causa della valenza binaria delle lettere, ancor meglio sostenuta dalla duplicità del gruppo di sette, sono messi in opposizione con i loro contrari: la vita e la morte; la pace e la guerra; la sapienza e la stoltezza; la ricchezza e la povertà; la fertilità e la sterilità; la grazia e la bruttezza; la sovranità e la schiavitù.

Si analizzano, poi, le dodici lettere semplici: Hé (h), vav (w), Zain (z), Heth (j), Teth (f), Yud (y), Lamed (l), Nun (n), Samekh (s), Ayin (u), Sadè (x), Qof (q).

Queste lettere corrispondono alle principali attività dell’uomo, i cosiddetti "dodici sensi", alle immagini dello zodiaco, ai dodici mesi e ai dodici principali organi (o guide) del corpo umano.

Ora, prima di proseguire nella nostra esposizione, ci sembra doveroso riflettere sull’aspetto della valenza binaria delle lettere, alla luce della sintesi che abbiamo fatto sulla tripartizione che di esse fa il testo.

Abbiamo sopra citato un passo di Yishaq il Cieco ("Commento al Sepher Yetzirah"), dove si sosteneva che ogni lettera può narrarsi in una duplice maniera. C’è però un altro passo nello stesso "Commento…", in cui è spiegata la sottile differenze di questa duplicità. L’autore, infatti, attribuisce alle sole sette doppie la caratteristica ontologica della doppiezza tra male e bene, lasciando alle dodici semplici la possibilità di avere degli opposti solo quale causa determinata dalla mancanza delle loro intrinseche caratteristiche e non per una binaria costituzione del loro "essere".

Riportiamo il "commento" originale, per meglio chiarire quanto detto.

"Tra le doppie e le semplici vi è una differenza, benché si trovi, a proposito delle semplici la contrapposizione tra vista e cecità [opposti assegnati alla lettera Hé h ], e altre simili, non si tratta tuttavia di lettere doppie ma semplici, giacché ciò che causa la cecità non è infatti una ragione autonoma, ma la mancanza della vista. Per le lettere doppie, avviene invece che, dopo la causa della vita [dono assegnato alla lettera Kaph k ], sia emanata quella della morte…".

Anche se non siamo riusciti a chiarire completamente il problema sollevato da queste apparenti contraddizioni, abbiamo ritenuto opportuno soffermarci su tale problematica al fine di aumentare la nostra comprensione della struttura simbolica delle lettere, che, come abbiamo visto, e vedremo ancora meglio in seguito, intrecciano il loro ontologico significato alla formazione delle parole della lingua parlata.

Introduzione Epoca ed influenze Il Soggetto Le Sephiroth Sviluppo del Testo Analisi della Lettera Ebraica

Tre Ordini di Lettere Le Madri Le Doppie Le Semplici I Trentadue Sentieri

 Le Tecniche Ermeneutiche Regola delle Pietre e delle Case Introduzione alla Meditazione

 • La Meditazione in Abulafia Tecniche estatiche di Abulafia Conclusioni