"Muito sse deven ter"

Cantigas de Santa Maria secolo XIII

Il Simbolo Albero

 

Non credo che, qui ed ora, sia fuori tema fermarsi un momento sul "simbolo albero" che è importantissimo per le sue infinite associazioni simboliche e, per tutte, basti solo pensare che la Torà oltre all'Albero della Conoscenza del bene del male, la polarità basilare intorno alla quale ruoterà il dramma di Adamo ed Eva, e per essi dell'umanità tutta, ha legato inscindibilmente il concetto di vita eterna a un Albero, quello della Vita, appunto.

Non a caso, il piantare un albero - che è un simbolo pregnante della necessità e del bisogno di dare la maggiore attenzione possibile all'ambiente che ci circonda - (come abbiamo già visto: Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino perché lo coltivasse e lo custodisse, Gen 2,15) - è così importante da far dire al Talmud:

 

Se stai piantando un albero e senti annunciare che il Messia è arrivato, non abbandonare l'albero per correre da lui, ma prima finisci di piantarlo e poi vai a salutare il Messia.

 

Ma c'è di più. Infatti, nella Torà, lo stesso essere umano viene paragonato a un albero, il che, indubbiamente mentre ne eleva la dignità oltre il semplice mondo vegetale, crea nell'uomo la necessità del rispetto dovuto ad un proprio simile.

Dice la Torà:

Chi Adam ez ha-sadè

Poiché l'uomo è un albero del campo?

 

Questa espressione non è solo una immagine poetica, ma il versetto si trova in un contesto particolare e cioè fa parte di un precetto biblico ben preciso. Infatti, uno dei 613 precetti rivolti agli ebrei prevede che in caso di guerra non si devono distruggere gli alberi intorno a una città assediata.

Ora non si usa più, ma una volta, un esercito che assediava una città, come momento strategico principale, radeva al suolo tutti gli alberi intorno alla città, sia per fare legna da bruciare sia per avere una visuale migliore e anche, se non soprattutto, per punire il nemico distruggendo i suoi alberi e quindi i suoi campi e in definitiva la sua possibilità di esistenza.

 

Invece la Torà (Deuteronomio 20,19) stabilisce che non si debbono toccare gli alberi. L'espressione letterale è:

 

É forse un albero del campo un uomo?

 

Sicché si possa pensare che abbattendo un albero si è ucciso un nemico. Questa era l'impostazione originaria del versetto che poi estrapolato è stato letto come una affermazione: sì, l'uomo è un albero del campo e quindi è ad esso equiparato, il che comporta che una cosa è uccidere un uomo in battaglia e una cosa diversa è infierire contro un essere inerme.

Ma un punto che mi sembra decisivo nelle considerazioni che stiamo svolgendo, lo troviamo nel quarto "detto", con il quale Dio crea il mondo.

 

Dio disse: la terra produca germogli; erbe che producono seme, alberi da frutto che fanno frutto, in cui è il seme ciascuno secondo la propria specie sulla terra. E così fu.

Gen. 1, I

Prima di esaminare il versetto voglio ricordare che siamo abituati a pensare che la prima grande disubbidienza, per così dire, ecologica è quella ben nota dell'Albero della Conoscenza e invece i cabalisti l'hanno individuata in questo versetto nel quale viene portato a esistenza la possibilità di nutrimento che la Terra, come Madre amorevole, predispone per le creature.

 

I Maestri cabalisti, infatti, fanno notare che tra il comandamento di Dio e la descrizione di ciò che la Terra fece per obbedire al comando, c'è una leggera discrepanza.

Infatti, l'ordine di Dio è stato etz prì ossè pri, letteralmente "un albero frutta che fa frutta", mentre invece, come si legge nel versetto successivo, la Terra fece etz ossè prì cioè "un albero che fa frutta". In definitiva, nell'intenzione del divino c'era che l'albero intero, non soltanto il frutto, dovesse essere commestibile: invece la Terra fece venir meno la combustibilità dell'albero.

Il comando divino non può non essere rispettato, ma deve pur esserci stato un motivo in quella disobbedienza. Qualche antico commentatore della Torà ci fa sapere che in fondo, la Terra, nonostante tutto, forse agiva a fin di bene, in quanto aveva temuto che se anche il tronco, i rami e le foglie fossero stati commestibili, in futuro, gli esseri umani avrebbero sradicato l'intero albero e in poco tempo tutta la Terra sarebbe rimasta senza alberi.

Forse non fu proprio una disubbidienza del comando divino, ma una volontà di salvaguardare la natura, tanto che Terra non fu poi punita, come c'era da aspettarsi, con una riedizione del mondo del Caos, ma Dio lasciò intatta "la forza di crescita" che aveva immesso nella natura.

Per concludere queste, ahimè fin troppo modeste osservazioni, voglio riportare una interessante esemplificazione delle varie condizioni ambientali e dell'aspetto ecologico da realizzare e perseguire sulla Terra.

Mi riferisco a uno studio cabalistico dell'ambiente di Ytzchaq Luria Ashkenazi (1534-72), spesso chiamato "ha Ari" ("il leone", "il sacro leone"), uno dei più straordinari maestri cabalisti della scuola di Safed che nacque in Israele dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna (1492), e le cui speculazioni sono tuttora insuperate e difficilmente superabili.

Innanzitutto voglio ricordare che ecologia deriva dal greco oikos, casa, e significa etimologicamente "scienza della casa". Ma ci siamo mai chiesti di quale "casa" si tratta?

Per chi poco o nulla sa di Qabalah devo premettere e precisare che fra i suoi compiti troviamo anche quello di ordinare la realtà esterna in categorie basilari entro cui collocare quello che altrimenti è un numero indefinito di forme e di casi possibili.

Un lavoro questo che fa anche la Scienza: si chiama "classificazione", solo che, a differenza della Qabalah, la scienza lo fa spesso in modo arbitrario perché non ha categorie di riferimento e quindi rischia di essere relativa.

La Qabalah invece vuole evitare questo rischio, per cui usa dei modelli che sono quelli stampati nella realtà, cioè la Qabalah cerca di risalire agli stampi che Dio ha usato per creare il mondo, il più importante dei quali è, in definitiva, il Nome a quattro lettere: Yud, Hey, Vav, Hey,

 

Ciò premesso nello studio cabalistico dell'ambiente, secondo Luria dobbiamo ritrovare quattro livelli che corrispondono alle quattro lettere del Nome stesso di Dio. Ed infatti:

 

 - il più basso corrisponde all'ultima Hey del Nome ed è il DESERTO la condizione decaduta della Terra, un luogo disabitato e inadatto alla vita;

 - poi abbiamo il livello della Vav che è il CAMPO, quindi un luogo fertile dove crescono in particolare verdure o piante annuali;

 - la seconda Hey, la Hey più alta, è chiamata il CORTILE, un luogo in certo senso chiuso dove si portano le messi dopo averle raccolte nei campi, la parte esterna della casa;

 - il più alto livello, la Yud, è quello della CASA.

 

E questa è forse la casa che cercavamo e di cui, come abbiamo innanzi accennato, si occupa l'ecologia.

Va ora precisato che parte del cortile è anche il "Giardino", perché a differenza del campo anche il giardino è recintato, e lì crescono gli alberi da frutta più pregiati.

Quindi, anche in questo schema, gli alberi si trovano al più alto dei gradini che fanno parte del mondo esterno, prima di entrare nella casa che è chiamata reshut ha yachid (il dominio del singolo) che è un mondo completamente diverso, dove ichitzomim (le forze esterne dannose o malvagie) non possono penetrare.

 

In tema di Giardino è il caso di ricordare che nel Giardino dell'Eden non c'erano case; nessuno parla di abitazioni, nemmeno di una capanna o di una tenda, quindi là, gli alberi si trovavano al più alto dei gradini esistenti e se le cose fossero andate nel senso voluto, senza che Adamo scivolasse, per così dire, su una buccia di mela o di qualche altro frutto, tutto doveva essere coltivato e fertile cioè non dovevano esserci deserti. Purtroppo, però, in conseguenza della caduta di Adamo ed Eva e del danno che essi inflissero a se stessi e alla creazione, la percentuale di superficie terrestre inadatta alle condizioni di vita, diventò abbastanza elevata: i deserti, infatti coprono il 25-30% della terra.

Fra l'altro - e questo è un altro punto dove la Torà conferma il rapporto inscindibile e diretto tra creatura e ambiente - un errore umano fu causa di una caduta, di uno slittamento delle qualità ambientali, né più e né meno di quello che accade oggi, come è dimostrato dall'esperienza quotidiana.

Comunque non è un fatto irreparabile, al contrario.

Infatti in tanti scritti profetici (in particolare Isaia 41,18) si legge che in futuro i deserti torneranno a fiorire e diventeranno abitabili, il che significa che ci troveremo di fronte a una instancabile opera di recupero dell'uomo a un suo "fare" nel senso voluto da Dio.

 

Il livello del deserto verrà spinto o tirato su. Tutto quello che era sceso verrà riportato un gradino più in alto, quindi il deserto scomparirà perché diventerà campo, il quale a sua volta diventerà cortile‑giardino e quest'ultimo diventerà casa: ecco l'esperienza che Adamo viveva nel giardino, ecco perché non aveva bisogno della casa.

E che cosa diventerà la casa? Anche essa salirà di un livello, diventerà un TEMPIO: ecco la "scienza della casa", la ricostruzione del Tempio, il rivelarsi della vera casa, la Casa dell'Umanità tutta.

 

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Riferimenti Bibliografici

 

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