"Muito sse deven ter"

Cantigas de Santa Maria secolo XIII

In Principio

 

Berescith barà Eloim eth ha-sha‑maim weeth ha-arez

«In principio creò Dio il cielo e la terra»

Genesi 1,1

 


 

Per analizzare le parole delle Scritture Sacre, per scoprire i significati nascosti nel testo letterale, i maestri cabalisti hanno ideato una lunga serie di raffinati strumenti e di tecniche particolari che esaltano l'importanza della parola, la quale, a sua volta, aiuta a scoprire le chiavi adatte a spiegare i vari modi di essere dell'Universo sensibile e di quello sottile. Ogni realtà può essere "captata", "sentita", "vissuta" su diversi piani e in diverse tonalità. La parola (orale o scritta) è un continuum fonico (suono) o segno grafico (come forma, mai casuale, ma sempre portatrice di arcane significazioni) o un simbolo, o un significato. In ogni caso essa è un'orma di Dio e nello stesso tempo un mezzo strumentale enormemente evocativo.

 

Una di queste tecniche particolari, il notaricon, usa le lettere come nozioni indipendenti, sicché la parola diventa un intero concetto, un pensiero, un discorso.

 

Applicando questo metodo alla prima parola del Genesi Bereshith, mi è sembrato di vedervi enunciato l'intero programma della Creazione.

Infatti:

BET reca il "titolo": BRIAH - (bet - resh - alef - he) - (Creazione)

RESH richiama RAQIHA - (resh -kof - ain) - (Firmamento)

ALEF punteggiata diventa la E di EREZ - (alef - resh - zain) - (Terra)

SHIN è l'inizio di SHAMAIM - (shin - mem - yud - mem) - (Cielo)

YUD è IAM - (yud - mem) - (Mare)

TAV può significare sia TEOM (tav - he - vav - mem) (Abisso) quanto TEMUTÁ (tav - mem - vav - tav - he) (Mortale)

Opposti e al tempo stesso complementari i vari momenti dell'espressione creatrice rappresentano la perfetta intesa di "ciò che è in alto" e "ciò che è in basso".

"Raqiha" si oppone a "Erez" come "Shamaim" a "Iam" e a "Teom".

Le apparenti antinomie, al di là del piano in cui si affermano gli opposti, debbono, come tutti i contrari, in un certo senso congiungersi e unirsi fondendosi in una sintesi superiore.

 

E l'uomo? Isolato dal cosmo, reso pesante dalla greve materia del suo corpo, non può restare inerte, ma deve ricercare la sua origine, capire che è anch'esso parte del Tutto, e quindi sforzarsi di captare la relazione col macrocosmo per porsi con esso in rapporto cosciente.

Rivivere le cadenze cosmiche, ricondurle alla sua misura costituendole in alto mistero sigillato in interioritate animae così che "il firmamento e il cielo" da una parte e "la terra e il mare" dall'altra si fanno metafora delle sue eterne vicende, determinano i suoi comportamenti e ispirano le mete da raggiungere, comprendere e perseguire.

 

Polvere di stelle

Lo fece poi uscire all'aperto e gli disse:

«Osserva il cielo e conta le stelle, se puoi contarle.» E soggiunse: «Così numerosa sarà la tua discendenza.» Egli ebbe fiducia nel Signore che gliela ascrisse a merito

Genesi, 15, 5-6

 


 

Mi sono chiesto più di una volta, di fronte a questo famoso passo biblico, se Dio chiamò fuori della tenda Abramo solo per assicurargli che la moltitudine della sua progenie sarebbe stata innumerevole come le stelle, ovvero se Dio volesse mostrare ad Abramo, e per lui all'umanità intera, qualcosa di più di un numero incalcolabile di stelle in un cielo notturno.

Noi abitanti delle città non conosceremo mai la luminosità del cielo notturno del deserto che, con la sua aria secca, non riflette la luce e pertanto il nero del cielo è assoluto e il bianco delle stelle è quello di un diamante purissimo. La Via Lattea, a sua volta, scolpisce un sentiero nitido nel cielo notturno e sembra quasi che voglia indicare allo spettatore attonito e affascinato un preciso sentiero che unisce il nostro retaggio d'esseri umani alla sostanza dell'universo e può condurci alla nostra stessa essenza, giacché noi esseri umani non siamo solo innumerevoli come le stelle, ma nel senso più letterale del termine noi e tutta la vita siamo fatti di polvere di stelle.

 

La nascita dell'umanità, dunque è l'ultimo passo di un processo cosmico che parte dalle stelle e arriva all'uomo e alla donna passando ordinatamente per le piante e gli animali.

"Adam" com'è nel nome significa "terra", così come in latino "Homo" deriva da "humus" e dunque uomo significa semplicemente "terrestre".

La prima donna deriva da una costola dell'uomo e si chiamerà "ishah" perché è stata tolta dall'uomo "ish". La subalternità etimologica in italiano si perde: anche se ne ritroviamo traccia nelle parole "don" e "donna" che però derivano da "dominus" e "domina" ("signore" e "signora" ). In inglese invece abbiamo ancora una possibile sopravvivenza in "man" e "woman" (che significa "moglie dell'uomo").

Ecco che, se riusciamo a penetrare e comprendere il nostro sentiero cosmico, forse potremo giungere a decifrare se esiste davvero uno scopo per la nostra esistenza, e forse addirittura imparare quale può essere questo scopo.

Nel tentativo di andare a imparare scopriremo che la sintesi della tradizione spirituale, ma anche delle conquiste umane e scientifiche, rivela un universo che si è evoluto da caos a cosmo cioè un sistema che, pur componendosi di molte parti, funziona con ordine e armonia. E in sostanza è un'unità che potremmo, anzi dovremmo, imitare nel nostro personale viaggio attraverso il continuum spazio-temporale della vita.

La Tradizione ci ha insegnato che l'esistenza del tempo e dello spazio è cominciata nell'attimo della creazione. Prima di quell'istante, non esisteva nessuna delle dimensioni così familiari (lunghezza, larghezza, altezza e tempo) fra le quali viviamo con tanta indifferenza. Una condizione simile sembra quasi impossibile: non si riesce a visualizzare una totale assenza di spazio e di tempo.

Con la creazione dell'universo, lo spazio si è espanso e il tempo si è esteso in quanto l'esistenza stessa dell'universo spostava all'indietro i confini di spazio e tempo.

Lo spazio come lo conosciamo finisce ai margini dell'universo (non esiste un fuori rispetto all'universo). Invece noi possiamo chiudere la porta di una stanza, ma sappiamo benissimo che lo spazio dall'altra parte della porta continua a esistere: abbiamo familiarità solo con un tipo di limite che presupponga qualcosa dalla parte opposta.

Lo stesso vale per il tempo. L'estensione della quarta dimensione, il tempo, si misura dal momento della creazione e arriva solo fino al momento attuale. L'indomani può essere scritto su un calendario, ma esiste solo nel momento in cui, nella dimensione temporale, l'universo fluisce nel domani.

 

La stretta relazione fra creazione, spazio e tempo è dunque il punto di partenza della nostra ricerca. Eppure il Talmud (Haggigah 2,1) afferma che nella Bibbia vi sono due episodi di tale profondità che a un insegnante è proibito commentarli con più di uno o due allievi selezionati.

Anche allora, l'insegnante deve comunicare agli studenti soltanto le intestazioni della sezione. Gli episodi sono il racconto del principio (Genesi I) e la visione di Ezechiele del carro celeste (Ezechiele I).

Purtroppo - proprio per intraprendere il viaggio cui abbiamo accennato - non possiamo tenere conto della disposizione talmudica e dobbiamo porci alla ricerca delle origini di quelle stelle che sono la nostra stessa sostanza.

 

Indice della Sezione


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Riferimenti Bibliografici

 

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