L'Incesto di Edipo


Ma ritorniamo ad Edipo.

Qui si presenta il punto più oscuro del mito: l'incesto incosciente di Edipo. Esso ha saputo dire la parola dell'enigma, e non riconosce sua madre. Questo è dovuto al fatto che avendo ucciso la natura, ha perduto l'istinto. - Come la Rivoluzione consolidata da Napoleone, ritornata all'organizzazione che ha distrutto, e credendo ingenuamente che la civiltà dati dal 1789: cambia i nomi le cose, e la nazione sposa le istituzioni che l'hanno formata prendendole per delle innovazioni. Di là una lega bastarda di principi sovversivi e di antiche routine.
In un ordine più generale, è l'uomo che rigetta la fede, nega l'antica scienza, l'arte, gli usi, tutti gli elementi ai quali deve la sua evoluzione; ed immagina di trovarvi del nuovo perché concepisce una religione razionalistica, una filosofia che nega la ragione, un'arte che rompe con le leggi estetiche e dei costumi contrari alle tradizioni, e pubblica di nuovo, senza dubbi e in un modo spesso grossolano e contraddittorio, gli antichi errori.

Il frutto di questa unione è una razza inadatta che si scinde in due partiti: i despoti e le vittime. Eteocle e Polynice si disputano il potere. Uno ha la fortuna di detenere l'autorità, è conservante perché possiede; l'altro, diseredato prende le armi contro la sua patria e solleva contro lei il settenario dei vizi (i sette capi contro Tebe). Per i suoi interessi personali, non esita davanti alla rovina generale. È l'immagine troppo fedele della politica.

Le due sorelle Antigone ed Ismene si esiliano con lo sventurato Edipo. È la generazione delle donne forti che riparano l'ordine distrutto. Sono le vittime innocenti che spengono la vendetta del destino. E come ci sono due gradi di perversità tra i fratelli nemici, ugualmente tra le due sorelle benefattrici ci sono due gradi di virtù. Ma l'ordine è talmente sconvolto che questa differenza sarà sufficiente per mettere in opposizione Ismene ed Antigone, una si consacra a Creon, l'altra si vota a Polynice a pericolo della sua vita. Abbiamo così il capitalista egoista ed il proletario anarchico, la donna dedicata con riserva ed la sorella di carità.

Sul piano psichico, la predominanza del principio individuale fondato sui sensi mette in conflitto irriducibile l'appetizione e l'inibizione ed anche la sottomissione e la devozione. Impossibile conservare quando si afferra, e reciprocamente, impossibile essere utili quando ci si sottomette; di conseguenza, impossibile operare la sintesi che costituisce la personalità.

Sul piano cosmico, i quattro figli di Edipo potrebbero ben esprimere un periodo di essiccamento segnalato dalla tradizione. È molto difficile, nello stato attuale, precisare le condizioni scientifiche di questo fenomeno.
Seguiamo a tentoni gli sviluppi del mito.
L'incesto con Jocaste rappresenterebbe la rifusione degli elementi dissociati dalla morte della Sfinge, ma con predominanza di una forma derivata dall'individualizzazione che gioca qui il ruolo primitivo: di là una formazione difettosa degli elementi e probabilmente una distribuzione non conforme ai loro luoghi naturali.

I due elementi maschili, fuoco ed aria, corrisponderebbero ai due fratelli, e la loro lotta, ad una mancanza di equilibrio tra l'espansione e la concentrazione, uno di essi mantenendosi al centro energetico (Tebe) espelle l'altro, il secondo cerca di occupare il luogo del primo. Risultato: neutralizzazione per inerzia, caduta di potenziale, espressa dalla morte dei due fratelli. Si pensa ad un'atmosfera carica di azoto, di carbonio o di ceneri. I due elementi annichiliti cedono il posto al secco: Creon.

I due elementi femminili, acqua e terra, sono tutte e due espulsi insieme dal centro energetico. Seguono l'uomo decaduto nel suo esilio e gli sono caritatevoli. Ma sono due vergini sterili, private come sono del fuoco e dell'aria. Dopo la riduzione di questi due elementi, la terra è avida di unire i loro residui, azoto e carbonio, per estrarne la vita, (Antigone che vuole seppellire Polynice come Eteocle). Il secco trattiene uno di essi in seno allo spazio, (Creon proibisce di seppellire Polynice). L'acqua privata del caldo non può evaporare e non può trascinare con la pioggia la sostanza dispersa (forse la formazione dell'ammoniaca), (Ismene obbediente a Creon). La terra finisce infine per agire unica e per trionfare è aiutata dall'uomo ringiovanito che diventa coltivatore (Hemon, fidanzato di Antigone).

Non mi nascondo quanto questa interpretazione sia grossolana e lontana delle condizioni scientifiche, ancora impossibili da determinare. La ipotizzo, perché essa fa intravvedere nel mito di Edipo la verosimiglianza di un significato geologico. Ora, se ciò è, il mito di Edipo stabilisce che l'evoluzione della terra dipende dall'evoluzione psicologica e spirituale dell'uomo, principio che è della più alta importanza.

Perché l'incesto del figlio con sua madre è così nefasto e così abominevole? Paragoniamo l'incesto di Edipo con quello di Horus.
Horus non è l'omicida di suo padre. È Osiride risorto, per Iside. Non è dunque uscito del seno di Iside. la Sua generazione è fondata su un processo inverso a quello degli uomini. Presso di lui il maschile è stata la materia passiva, il femminile l'agente formatore. L'azione formatrice non consiste qui nella differenziazione di una materia data da un'attività incarnata in questa materia; riunisce degli elementi differenziati e dissociati. (Questo modo può essere avvicinato della visione di Ezechiele sulla risurrezione). Horus non viene, dunque, a sostituirsi a suo padre, è il padre che rivive nel figlio grazie alla madre.
Questo mito fa pensare allo scollamento del principio primitivo dell'uomo con Satana ed alla sua ricostituzione con la Vergine madre.

Il carattere mostruoso dell'incesto potrebbe applicarsi bene soltanto allo stato attuale dell'uomo, ciò proprio a causa della sua situazione che risponde allo stato antinomico. Come dice Wronski, il suo essere è realizzato soltanto sul piano sensibile, la sua conoscenza penetra nell'assoluto ma in un modo, per così dire, infinitesimale. È forse questo il motivo per cui l'uomo non può unirsi a sua madre senza insudiciarla. Questo incesto è naturale nell'animale perché l'essere e il sapere sono in lui ugualmente relativi. Forse su un piano superiore dove l'essere e il sapere partecipano all'assoluto nella stessa misura, un tale matrimonio ridiviene normale. L'imeneo con Sophia di cui parlano le dottrine esoteriche non è senza analogia con quello di Iside e di Horus.

Ma Edipo è solamente l'uomo sensibile; non poteva compiere una tale unione senza che fosse mostruosa. Non è colpevole, perché è privato dell'intuizione superiore che fa riconoscere la madre attraverso la bellezza della donna. Ha conosciuto carnalmente Jocaste, al posto di vedere in lei la fecondatrice del pensiero e di possederla intellettualmente.

Non ha guardato la Sfinge uccidendola; perché avrebbe appreso che per dominare l'armonia della natura, non bisognava chiedere alla donna che la testa ed i seni. Ha "guardato", invece al centro inferiore, e per questo la sua razza avrà per principio l'individualità sensuale invece di procedere dalla personalità spirituale accompagnata solamente da poteri animici.

Nel mito di Siegfried, non c'è incesto. Ma Brunnhild che diventa donna di Siegfried ha fatto di tutto per determinare la sua nascita. Essa è sua madre dal punto di vista della volontà e dell'intelligenza. Siegfried deve la luce alla disobbedienza di Brunnhild; cioè all'emancipazione prematurata dalla spontaneità. Suo padre è nato da un'unione irregolare tra Wotan e le umanità. Lui stesso è il frutto di un incesto tra fratello e sorella. Questo incesto è l'emblema della sintesi dei complementari della stessa specie; sintesi che conserva un elemento puro da ogni alterazione, ma che non risolve l'eterogeneità antinomica.

Siegfried non raggiungerà, quindi, lo scopo che virtualmente. Non compierà la sintesi che deve risolvere l'antinomia, ma farà sgorgare dal conflitto il termine attivo che introduce la virtualità di questa sintesi. Tale sarà il frutto dell'unione tra Siegfried e Brunnhild. Tutti due sono generati dal desiderio; essa è l'idea, lui, l'azione; la loro unione sarà l'idea-forza.
L'idea-forza sembra esprimere questo tipo di incesto intellettuale. Il desiderio emancipato della saggezza provoca l'azione come conseguenza dell'idea, ma un'azione che non conosce, che deve ritornare all'idea, unirsi di nuovo a lei; prenderne coscienza e farla passare dallo stato universale (matrice) allo stato di effettività individuale (operazione elaborata).
L'idea, originariamente, manca dalla determinazione pratica dell'atto, perché si è formata senza la saggezza; di là la necessità per essa di unirsi posteriormente all'azione ed il risultato imperfetto di questa azione. Essa è liberatrice di energia potenziale, frantuma gli ostacoli, è orientata verso lo scopo e lo fa intravedere, ma non lo raggiunge.
Perciò la via aperta da Siegfried è rivelata enigmaticamente dall'ultimo leit-motivo che chiude la tetralogia: è il lampo della spada il cui triplice fendente disperde la nuvola, libera l'amore e lo schiude nella beatitudine infinita. Seguire questa via è operare la rinuncia di cui Lohengrin, Tristano, Sachs Parcival segneranno dei gradi diversi nell'eliminazione dell'egoismo.

Non bisogna distruggere l'essere individuale che è la base della personalità (cioè: non bisogna uccidere il proprio padre), giacché questo trascina, per reazione, la rottura dell'organismo universale (distruzione della Sfinge) e stabilisce un stato di lotta devastatrice tra i germi di energia (peste). Occorre cancellare solamente i limiti del finito introdotto dall'egoismo. Per compiere questa trasformazione il nodo da sciogliere è l'amore coniugale, perché questo amore fissa in modo concreto nel più profondo dell'essere, l'opposizione dei due principi che disputano l'uomo: l'individuale e l'universale.

Dell'incesto c'è in ogni imeneo terrestre, perché la madre è presente in ogni donna. Non bisogna poi sposare carnalmente la propria madre, ossia non si deve riportare l'universale alla semplice determinazione astratta dell'individuo; bisogna, invece, innalzare l'individuo all'assimilazione dell'universale di cui deve avvolgersi ed impregnarsi. L'universale non deve essere dominato da una appetizione particolare; deve insegnarci ciò che occorre fare per realizzare un tutto, non finito, ma perfetto.

Tale appare la soluzione dell'antinomia; la tesi che dà il finito e l'antitesi che dà l'indefinito, devono unirsi senza ridurre il finito allo sbriciolamento dell'infinitamente piccolo, senza limitare l'indefinito con il finito; deve sintetizzare il finito e l'indefinito con l'azione spirituale che realizza l'unità abbracciando la totalità senza limite per trasformarla in qualità definita. È la creazione della personalità del superuomo.