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Le due Colonne: "Al di la dei limiti"

Le due Colonne del Tempio

Simbologia delle Colonne del Tempio di Salomone

 


 

La porta del Tempio, per norma, è sempre collocata ad occidente. Collocazione, con implicita valenza simbolica, è tale perché è in quella direzione che il sole muore e la luce declina. In quella direzione si orientavano i morti e l'Ade, che è il regno delle tenebre è sempre ad occidente. La porta segna, dunque, il discrimine fra la luce, che regna nel Tempio, e l'oscurità, il disordine, il caos che è fuori di esso.
Ai due lati della porta sono collocate due colonne, l'una bianca, di ordine ionico, e l'altra, a destra, nera e di ordine dorico. Sull'una è segnata la lettera "B", abbreviazione di "Boaz", sull'altra , la lettera "J", iniziale della parola "Jachin". Sull'abaco della colonna dorica è collocato un mappamondo, su quello della colonna ionica tre melagrane con i semi a vista.

La collocazione delle melagrane e del mappamondo non è, però, categorica in assoluto, come può desumersi dalla letteratura sull'argomento. Per il Porciatti nel testo sulla "Simbologia massonica" le melagrane sono attribuite alla colonna dorica anziché a quella ionica; è così anche per l'Anceschi nella sua opera "Che cosa è al massoneria". Lo stesso che alla colonna ionica sostituisce quella di ordine corinzio. Per il Porciatti, poi, la colonna dorica non è di colore nero ma rosso scuro e quella ionica può essere bianca, ma anche nera.
Ulteriori varianti riguardano, infine, la loro collocazione a destra o a sinistra. I più collocano la colonna dorica a destra, ma per l'Anceschi andrebbe posta a sinistra.

C'è da precisare che la diatriba sul colore bianco o nero è conseguente alla ignoranza sul significato esoterico dei due colori, ed in quanto alla collocazione delle melagrane, ad una alterazione, intervenuta nel tempo sull'antica tradizione, che prevedeva le tre melagrane su entrambe le colonne: come è documentato dalle più antiche descrizioni del quadro di Loggia.
Le due colonne sono, da sempre, derivate da quelle assai più famose dette "di Salomone", che ornavano il Tempio di Gerusalemme, e si chiamano anch'esse "Boaz" e "Jachin" recando sui capitelli le melagrane. Anche le nostre, analogamente, fiancheggiano la porta del Tempio, ma l'analogia con le due colonne di Salomone, fuse in bronzo dal maestro Hiram, non convince del tutto, in quanto quelle di Gerusalemme erano poste all'esterno della porta del Tempio, mentre le nostre sono all'interno.

Dobbiamo parlare, poi, delle dimensioni delle colonne che a Gerusalemme sviluppavano in altezza circa dieci metri, quanto cioè le colonne del Partenone ad Atene, cui era da aggiungere altri cinque metri per i due capitelli sovrapposti, l'uno con duecento melagrane trattenute da una rete, l'altro a forma di giglio o meglio a fior di loto, come negli capitelli egizi. Le nostre colonne sembrano, invece, almeno per l'ordine architettonico ionico e dorico, ispirarsi a modelli greci. Sicché deve trattarsi di un fenomeno di sincretismo fra cultura classica e radici bibliche.

Ma quale valore simbolico attribuire alle nostre due colonne?
Se ricordiamo che Vitruvio riconosce all'ordine dorico un significato maschile per quel senso di robustezza massiva e di ponderazione della colonna ed al contrario, per la snellezza e l'eleganza, un'analogia femminile a quella ionica, dovremmo individuare nelle due colonne una chiara allusione ai due sessi, ed in conseguenza ad una funzione procreativa, denunciata dal significato delle melagrane con semi a vista, simbolo della fecondità e della prolificità.
Aggiungiamo che Boaz e Jachin, i nomi biblici delle due colonne del tempio di Salomone, hanno significato di stabilità, fermezza nel tempo, eternità. La traduzione dall'ebraico dei due nomi compone la frase: "Egli stabilirà nella forza", cioè "Dio renderà stabile nella sua forza il Tempio". Nella parola "Jachin" vi è radicale "Yud", simbolo del sesso maschile, come "Boaz" deriva da "Beth", con significato di casa, caverna, ricettacolo, da cui l'estensione ad utero.
In definitiva, per le nostre colonne viene confermata l'allusione alla procreazione, già intravista nella individuazione del carattere maschile e femminile delle due colonne. Procreazione che è sinonimo di continuità nel tempo e della scansione morte-rinascita, che informa di sé tutta la simbologia massonica.

Un avallo può scaturire dalla dicromia bianco-nero che accomuna le colonne al pavimento a scacchi della Loggia.
 


Sul Pavimento a Scacchi consultare in questa stessa sezione:
Il Pavimento a Scacchi
 

Dicromia che per antonomasia ha significato dialettico di antinomia, di alternanza, valori che ben si addicono all'umanità, altalenante fra il bene e il male, fra la luce e la tenebra, fra la debolezza femminile e la fermezza maschile, fra la vita e la morte nell'eterno divenire delle umani sorti.
Un'ultima conferma del colore bianco assimilato alla donna e del nero assegnato all'uomo ci è offerta dalla ceramografia greca ed etrusca e dalle pitture parietali sia etrusche che romane o addirittura del periodo egizio e poi minoico e miceneo.
Sia nella pittura vascolare che in quella parietale gli uomini sono raffigurati con carnagione scura, talvolta addirittura nera, abbronzati dal sole, sottintendendo la loro vita svolta ad aperto. Al contrario le donne sono bianchissime, perché chiuse nel gineceo o nel ambito del focolare domestico. Quindi l'identificazione di Vitruvio trova conferma nel significato dei colori assegnati alle nostre due colonne.

Il simbolo, come si sa, non ha un significato univoco, si offre invece a diverse letture. Sicché altri significati potrebbero riferirsi alle due colonne.
Esse sono collocate ad occidente dove il sole tramonta e sono assimilate perciò stesso alle mitiche colonne d'Ercole, che la mitologia colloca dove ora è Gibilterra, cioè ai confini dell'ecumene terrestre. Oltre quel limite, si diceva, è disordine, caos e morte. L'occidente infatti è la strada dell'Oltretomba. I romani orientavano i defunti in direzione della porta della domus, ad occidente, quindi, come avvio, come già è stato detto, alla loro destinazione nell'Aldilà. Anche per noi quello spazio antistante la porta del Tempio è detto "dei passi perduti", luogo delle tenebre, in opposizione alla luce che regna nel Tempio.

Le due colonne, quindi, segnano il discrimine fra un mondo profano e un mondo sacro. Darebbe conforto a questa tesi la stessa presenza delle melagrane, che pur prestandosi a significati di procreazione, per dovizia ed esuberanza dei semi, sono pur sempre il frutto di Persefone, la dea dell'Ade, quindi quella porta ben potrebbe chiamarsi "Porta Inferi".

Come post scriptum vorrei aggiungere ancora un'imprevedibile lettura delle nostre colonne. Per quelle di Gerusalemme e quindi anche per le nostre si sospetta infatti che abbiano un'implicazione astronomica, anzi cosmica.
Si è osservato che le due colonne del Tempio di Salomone non avevano nessuna funzione architettonica, alla pari di analoghe colonne o talvolta obelischi collocati all'esterno dei templi egizi, cui assai probabilmente si ispirarono quelle di Salomone. Ebbene, ponendosi al centro delle due colonne, collocate sempre ad Ovest, e guardando l'Oriente che è di fronte si ha modo di seguire il sole, sia che esso sia all'equinozio, cioè al centro dell'Oriente, sia che esso si sposti a destra o a sinistra nei punti in cui il sole sorge nei due solstizi. In tal caso l'osservatore privilegiato è il primo sorvegliante, collocato in un punto nodale del Tempio e chiamato ad una funzione primaria di seguire il sole nel suo percorso, come è prescritto dal rituale di Loggia.
 


 

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