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Estratti dai seguenti documenti:

A - Regola della Comunità (Serkeh ha-Yahad)

B - Regola dell'Assemblea

C - Documento di Damasco (Brit Damesek)

D - Regola della Guerra (Serekh ha-Milhamah)

Un calamaio usato dagli scribi
durante la redazione dei manoscritti a Qumran

 

A - REGOLA DELLA COMUNITA'

  • I [1] Per tutta la comunità e per tutti gli uomini affinché vivano secondo la regola della comunità cercando [2] Dio nei suoi statuti e giudizi e facendo ciò che è bene e retto dinanzi a lui, come [3] ha ordinato per mezzo di Mosè e per mezzo di tutti i suoi servi e profeti; affinché amino [4] quanto egli ha scelto e odino quanto egli ha respinto; affinché si tengano lungi da ogni male [5] e si applichino a tutte le opere buone; affinché pratichino [6] sulla terra la verità, la giustizia e il diritto; affinché non vivano più nella ostinazione del loro cuore colpevole e degli occhi adulteri, [7] commettendo ogni male; affinché introducano nel patto di grazia tutti coloro che sono volenterosi nell'adempimento degli statuti divini; [8] affinché si uniscano nel consiglio di Dio e camminino davanti a lui nella perfezione di tutte [9] le cose rivelate nei tempi stabiliti delle testimonianze per oro; affinché amino tutti i figli della luce, ognuno [10] secondo il posto che ha nel consiglio di Dio, e odino tutti i figli delle tenebre, secondo la colpevolezza che ha [11] di fronte alla vendetta di Dio. Tutti coloro che sono generosi verso la sua volontà... [Nota_1]

  • III [15] ... Dal Dio sapientissimo procede tutto ciò che è e sarà: prima che essi siano egli stabilisce tutto il loro piano, [16] ed allorché esistono compiono le loro azioni in base a quanto è stato per essi determinato conformemente al piano della sua gloria, senza alcun mutamento. [17] Nella sua mano vi sono le norme per tutti ed è lui che li sostiene in tutti i loro bisogni, è lui che ha creato l'uomo per il dominio [18] sul mondo; e ha disposto per lui due spiriti affinché cammini con essi fino al tempo stabilito della sua visita. Questi sono gli spiriti [19] della verità e della ingiustizia. In una sorgente di luce sono le origini della verità e da una fonte di tenebra le origini dell'ingiustizia. [20] In mano al principe delle luci è l'impero su tutti i figli della giustizia: essi cammineranno sulle vie della luce. Ed in mano all'angeli [21] della tenebra è tutto l'impero sui figli dell'ingiustizia: essi camminano sulle vie della tenebra.... [Nota_2]

  • IV [18] ... Ma Dio, negli arcani della sua intelligenza e nella sapienza della sua gloria, ha concesso un tempo determinato all'esistenza dell'ingiustizia [Nota_3]: nel tempo stabilito [19] per la visita egli la sterminerà per sempre [Nota_4]. Allora la verità apparirà per sempre nel mondo che si era contaminato sulle vie dell'empietà sotto l'impero dell'ingiustizia fino [20] al tempo stabilito, che fu assegnato per il giudizio. Con la sua verità, Dio allora vaglierà tutte le azioni dell'uomo e si monderà alcuni figli dell'uomo eliminando ogni spirito di ingiustizia dalle viscere [21] della loro carne e purificandoli nello spirito santo da tutte le opere empie, aspergerà su di essi lo spirito di verità come acqua lustrale a purificazione di ogni abominio menzognero...

  • VI [3] ... In ogni luogo in cui saranno dieci uomini del consiglio della comunità, tra di essi non mancherà [4] un sacerdote: si siederanno davanti a lui, ognuno secondo il proprio grado, e così (nello stesso ordine) sarà domandato il loro consiglio in ogni cosa. E allorché disporranno la tavola per mangiare o il vino dolce [5] per bere, il sacerdote stenderà per primo la sua mano per benedire in principio il pane e il vino dolce. Per bere, il sacerdote stenderà per primo la sua mano per benedire in principio il pane e il vino dolce... [Nota_5]

  • VIII [12] ... Quando in Israele si realizzeranno queste cose per la comunità, [13] in base a queste norme saranno separati dal soggiorno degli uomini dell'ingiustizia per andare nel deserto a preparare la via di lui, [14] come sta scritto: "Nel deserto preparate la via ... appianate nella steppa una strada per il nostro Dio". [15] Questa via è appunto lo studio della legge che egli ha promulgato per mezzo di Mosè affinché si compia tutto ciò che è stato rivelato di tempo in tempo, [16] come hanno rivelato i profeti per mezzo del suo spirito santo... [Nota_6]

  • IX [9] ... Non usciranno da alcun consiglio della legge per camminare [10] nella ostinazione del loro cuore, saranno invece retti in base alle prime disposizioni nelle quali incominciarono ad essere formati gli uomini della comunità, [11] fino alla venuta del profeta e dei Messia di Aronne e di Israele... [Nota_7]

 

B - REGOLA DELL'ASSEMBLEA

  • II [17] ... E quando si raduneranno alla mensa comune oppure a bere il vino dolce, allorché la mensa comune sarà pronta [18] e il vino dolce da bere sarà versato, nessuno stenda la sua mano sulla primizia [19] del pane e del vino prima del sacerdote, giacché egli benedirà la primizia del pane [20] e del vino dolce e stenderà per primo la sua mano sul pane. Dopo, il Messia di Israele stenderà le sue mani [21] sul pane e poi benediranno tutti quelli dell'assemblea della comunità, ognuno secondo la sua dignità. In conformità di questo statuto essi si comporteranno [22] in ogni refezione, allorché converranno insieme almeno dieci uomini... [Nota_8]

 

C - DOCUMENTO DI DAMASCO

  • XIII [20] ... Questa è la regola di abitazione per gli accampamenti per tutto il tempo determinato dell'empietà: coloro che [21] in queste norme non perseveranno non giungeranno ad abitare sulla terra nell'avvento del Messia di Aronne e di Israele, [22] alla fine dei giorni. Queste sono le norme per il saggio affinché cammini in esse con tutti i viventi fino a quando [23] Dio visiterà la terra, secondo quanto ha detto: "Farà venire su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre, giorni XIV [1] quali non sono venuti dal giorno in cui Efraim si è separato da Giuda"... [Nota_9]

  • XIX ... [5] ... tutti coloro che disprezzano le prescrizioni [6] e gli statuti, attireranno su di sé la retribuzione degli empi allorché Dio visiterà la terra [Nota_10], [7] quando verrà la parola scritta da Zaccaria profeta: "Destati, spada, contro [8] il mio pastore e contro l'uomo che mi è associato, oracolo di Dio! Percuoti il pastore e sarà disperso il gregge [Nota_11], [9] ed io volgerò la mia mano contro i piccoli". Quelli che gli prestano attenzione sono i poveri del gregge [Nota_12]. [10] Questi saranno risparmiati nell'epoca della visita, mentre i restanti saranno dati alla spada, quando verrà il Messia di Aronne e di Israele...

  • [26] ... Ma come ha detto Mosè [27] a Israele: "Non è per la tua giustizia né per la rettitudine del tuo cuore, che tu entri in possesso di queste nazioni, [28] ma per merito del suo amore verso i tuoi padri e perché ha mantenuto il giuramento"; così [29] è del giudizio sui ritornati di Israele che si sono allontanati dalla via del popolo. A causa dell'amore di Dio verso gli antenati [30] che testimoniarono contro il popolo, in favore di Dio, egli ama coloro che sono venuti dopo di essi; ad essi, infatti, appartiene il patto dei padri. Ma motivo del suo odio verso i costruttori del muro, la sua collera si accese contro tutti [32] quelli che li seguono. Così è per chiunque disprezza le prescrizioni di Dio, [33] le abbandona e si rivolta con cuore ostinato; così tutti gli uomini che sono entrati nel patto [34] nuovo, nel paese di Damasco [Nota_13], ma se ne sono poi ritornati, hanno tradito e si sono allontanati dal pozzo delle acque vive [Nota_14]: [35] non saranno contati nel convegno del popolo e non saranno scritti nel suo registro dal giorno in cui fu tolto XX [1] il maestro unico fino all'avvento del Messia di Aronne e di Israele...


D - REGOLA DELLA GUERRA

  • I [1] E questo è il libro della regola della guerra. L'inizio si avrà allorché i figli della luce porranno mano all'attacco contro il partito dei figli delle tenebre, contro l'esercito di Belial, contro la milizia di Edom, [2] di Moab, dei figli di Ammon, contro gli Amaleciti e il popolo della Filistea, contro le milizie dei Kittim di Assur, ai quali (andranno) in aiuto coloro che agiscono empiamente verso il patto. I figli di Levi, i figli di Giuda e i figli di Beniamin, gli esuli del deserto, combatteranno contro di essi; [3] ... contro tutte le loro milizie, allorché gli esuli del figli della luce ritorneranno dal deserto dei popoli per accamparsi nel deserto di Gerusalemme. E dopo la guerra se ne andranno di là, [4] contro tutte le milizie dei Kittim in Egitto. E nel suo tempo stabilito uscirà una grande collera per combattere i re del settentrione, e la sua ira sarà diretta a distruggere e a spezzare il potere [5] di Belial. Questo sarà il tempo della salvezza per il popolo di Dio e il tempo determinato della dominazione per tutti gli uomini del suo partito, e l'annientamento eterno per tutto il partito di Belial. Vi sarà una costernazione [6] grande tra i figli di Jafet, Assur cadrà e nessuno l'aiuterà, scomparirà la dominazione dei Kittim facendo soccombere l'empietà senza lasciare traccia, e non rimarrà alcun rifugio [7] per tutti i figli delle tenebre. [8] Verità e giustizia risplenderanno per tutti i confini del mondo, illuminandolo senza posa fino a quando saranno finiti tutti i tempi stabiliti per le tenebre. E al tempo stabilito per Dio, la sua eminente maestà risplenderà per tutti i tempi determinati [9] in eterno per la pace e la benedizione, la gloria, la gioia e giorni lunghi per tutti i figli della luce. Nel giorno in cui i Kittim cadranno vi sarà un combattimento grande e una strage al cospetto del Dio [10] di Israele; giacché questo è il giorno, da lui determinato da molto tempo per la guerra di sterminio dei figli delle tenebre... [Nota_15]

 

La versione completa di questi manoscritti può essere trovata su: L.Moraldi (a cura di), I Manoscritti del Mar Morto, UTET, Torino, oppure sulla versione paperback del medesimo libro, pubblicata da TEA

 

 

NOTA 1 - Si può notare, in questi primi passi della Regola, che i Qumràniani si sono costituiti come comunità dissidente nella convinzione di essere i depositari della legge e di un patto autentico fra gli uomini e il Dio di Israele.
Essi utilizzano per definire sé stessi l'espressione figli della luce, mentre gli incirconcisi e tutti coloro, fra gli ebrei, che non acconsentono ad unirsi alla comunità e a seguirne le regole sono chiamati figli delle tenebre. In ciò noi possiamo riconoscere una terminologia che è tipica della letteratura evangelica:

    " la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" [Gv I, 5]
    "la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie" [Gv III, 19]
    "Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita»" [Gv VIII, 12]
    "Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce" [Gv XII, 35-36]
    "La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra. Se il tuo corpo è tutto luminoso senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore" [Lc XI, 34-36]
    "Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre" [Lc XXII, 52-53]

NOTA 2 - Il dualismo cosmico che configura il divenire come una lotta fra due principi opposti, il male e il bene, rappresentati dalle tenebre e dalla luce, ha senza dubbio una derivazione iranico-caldea con radici nella teologia dello Zend Avesta. L'angelo della luce, spesso identificato col sole, e quello della tenebra, spiriti del bene e del male, sono esattamente quelli che Zarathustra chiamava Ormudz (o Aura Mazda) e Ahriman (o Anra Mainyu). Non si dimentichi che i Qumràniani, come può essere confermato dagli scritti di Filone e Flavio sugli esseni, durante l'alba erano soliti rivolgere una preghiera al sole nascente.
É probabile che gli ebrei abbiano assimilato alcune concezioni iranico-caldee all'epoca della deportazione in Babilonia che, cronologicamente, corrisponde al periodo in cui fu predicata la concezione avestica di Zarathustra.

NOTA 3 - Sempre coerentemente con la teologia avestica, l'idea fondamentale dei Qumràniani è una concezione escatologica [=relativa ai destini finali dell'uomo] in cui si prospetta una conclusione definitiva della lotta fra il principio del male e quello del bene, con la vittoria di quest'ultimo. Già lo stesso Zarathustra aveva predetto una conclusione di questo genere, ad opera di un personaggio incaricato di una missione salvifica (il Saoshyant):

    "Or, la tremenda per noi s'adori Maestà regia che Aura Mazda fea creando, assai laudabile... che un dì fia che discenda sovra il Saoshyante vincitor, su quelli compagni suoi, perch'egli scevro da vecchiezza e da morte faccia il mondo, scevro d'ogni bruttura e d'ogni tabe... araldo di Aura Mazda, figlio di Vispataurva, avanzerà dal lago di Kansava, vincitrice novella annunziando... verranno anche di lui, di lui vincente Astvatereta, i discepoli, essi che hanno pie parole ed opere pie e pii pensieri e fede integra, e in nessun modo hanno falso parlare... allora, orbato di ogni potere, Anra Mainyu, autore d'ogni trista opera, cadrà prostrato" [Zend Avesta, Yasht XIX, 88-96]

Il quale salvatore avrebbe dovuto comparire nel mondo in corrispondenza di un particolare evento cosmico annunciatore: la congiunzione nella costellazione dei pesci dei pianeti Giove e Saturno, capace di determinare un effetto di particolare luminosità nel cielo notturno. Ora, tale congiunzione si è verificata realmente (e questo è confermato da numerosi astronomi moderni) nel 7 a.C., ovverosia nella data che oggi molti studiosi, anche cattolici, concordano nel ritenere come data di nascita di Gesù Cristo e mettono in relazione con la profezia della stella presente nella natività di Matteo.

NOTA 4 - Nella letteratura Qumràniana l'intervento divino, che dovrà avere luogo nel momento dello scontro finale fra il principio del male e quello del bene, è spesso identificato con le espressioni visita e visitare. Ora, la stessa cosa la troviamo anche nella letteratuira evangelica, che pure si configura come annuncio di un evento salvifico finale, e utilizza la stessa terminologia:

    "Benedetto il Signore Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano" [LC I, 68-71]
    "grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre" [Lc I, 78-79]
    "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo" [Lc VII, 16]
    "abbatteranno te [=Gerusalemme] e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata" [Lc XIX, 44]

NOTA 5 - In questo passo della Regola della Comunità troviamo descritta la modalità caratteristica con cui veniva aperto il pasto comunitario, ovverosia con la cerimonia della benedizione del pane e del vino, da parte del sacerdote capo, e successiva distribuzione ai commensali. In essa riconosciamo la scenografia dell'ultima cena di Gesù.
Ora, una delle tante contraddizioni presenti nel Nuovo Testamento riguarda proprio il racconto dell'ultima cena di Gesù, che differisce sostanzialmente fra i testi sinottici e quello giovanneo. In pratica, mentre i tre resoconti sinottici (Marco, Matteo e Luca) sono caratterizzati dalla istituzione del sacramento dell'eucarestia (quando Gesù offre il proprio corpo e il proprio sangue come pasto sacrificale, nelle sembianze del pane e del vino), il quarto vangelo non dà segni di conoscere tale gesto, compiuto in quella circostanza.
Un fatto importante riguardante questo vangelo, che abbiamo già esaminato nell'articolo "I Manoscritti del Mar Morto, la storia", è la datazione dell'ultima cena che, a differenza dei sinottici, risulta coerente non col calendario ufficiale, lunare, degli ebrei del tempo, ma con quello alternativo, solare, degli esseni di Qumràn.
Queste due differenze (la datazione solare e l'assenza della istituzione dell'eucarestia nel corso dell'ultima cena) ci danno molti buoni motivi per pensare che gli evangelisti della tradizione sinottica, fedeli alla teologia riformistica della scuola paolina, fossero interessati a purgare il racconto da ogni possibile relazione con la tradizione esseno-zelota e ad introdurvi piuttosto le idee antiessene elaborate e propagate da Paolo di Tarso. Del resto, ciò che Gesù ha annunciato ad una assemblea pasquale di giudei, ovverosia il fatto che il pane fosse la sua carne e il vino il suo sangue, e che i discepoli dovessero cibarsi della carne e del sangue del loro maestro sacrificato, visto come incarnazione divina, sarebbe suonato non solo insolito, ma orrendamente sacrilego, dal momento che queste idee configuravano una tipica concezione appartenente al mondo delle teologie e dei culti gentili, altamente disprezzati dai giudei. In particolare corrispondono a certi culti pagani teofagici (teofagia = cibarsi del dio), fra cui uno molto diffuso nell'area di provenienza di Paolo di Tarso, consistente nell'identificazione di un toro col dio che veniva sacrificato e del quale l'adepto doveva bere il sangue e mangiare la carne. Sappiamo invece che per gli ebrei il sangue costituisce un forte elemento di impurezza, che non è permesso toccare il sangue senza poi eseguire pratiche purificatorie, figuriamoci bere il sangue; anzi, una delle prescrizioni più rigorose del cibo kosher consiste proprio nell'assicurarsi che l'animale ucciso sia stato ben dissanguato. Storicamente parlando, non possiamo considerare credibile che Gesù, volendo trasmettere una novità teologica, avrebbe cominciato col proporre una formulazione rituale apertamente offensiva nei confronti della sensibilità ebraica e che avrebbe subito suscitato il ribrezzo dei suoi discepoli.
Gesù ha utilizzato spesso nei suoi discorsi l'immagine del pane, inteso come cibo spirituale, ovverosia come allegoria di una conoscenza superiore che gli uomini devono acquisire (l'abbiamo visto nel capitolo "Premesse", là dove abbiamo parlato dei miracoli e dei linguaggi simbolici in uso nei racconti evangelici), insieme ad altre allegorie come quella dell'acqua viva dell'albero e dei frutti, ecc...
Senza alcuna ombra di dubbio, questa concezione del pane e del vino come carne e sangue di Cristo, di cui i discepoli devono cibarsi, costituisce una improvvisa e forzata irruzione di teologia pagana, caratteristica dei cosiddetti culti misteriosofici, nel culto esseno del pasto comunitario (consiglio vivamente, a questo proposito, la lettura dei capitoli del libro di Frazer, Il Ramo d'Oro, riguardanti i culti di Adonis, Attis, Osiride, Dioniso, Mitra...). Il responsabile di un innesto così artificioso potrebbe essere stato Paolo di Tarso, lontano dalla Palestina, o qualcuno dei suoi discepoli, forse un gentile, non certo l'ebreo Gesù, nel cuore di Gerusalemme, di fronte ad una assemblea di ebrei e nell'imminenza della Pasqua ebraica.
Gesù non ha fatto altro che svolgere il ruolo prioritario previsto dalla Regola della Comunità durante un pasto comunitario, di cui vedremo testimonianza anche nella cosiddetta Regola dell'Assemblea. Egli si è comportato come un sacerdote capo, che ringrazia il Signore, spezza il pane e lo distribuisce ai fedeli.

NOTA 6 - In questo passo noi troviamo una perfetta corrispondenza coi brani del vangelo relativi a Giovanni Battista:

    "... Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri..." [Mc I, 2-3]

NOTA 7 - In questo passo troviamo un altro concetto fondamentale espresso dalla confraternita Qumràniana: la figura del Messia atteso non è singola, ma duplice. Infatti un Messia (il più alto in dignità) rappresenta una figura sacerdotale, ed è definito Messia di Aronne. Un altro Messia rappresenta una figura politica e militare, caratterizzata da una dignità regale, ovverosia dal fatto di appartenere alla dinastia del sangue di Davide (=figlio di Davide, come spesso Gesù Cristo è definito nel vangelo), ed è definito Messia di Israele. A ciò, come abbiamo detto nel capitolo "Premesse", è legato il significato dell'immagine allegorica dei pani e dei pesci; i pesci infatti, che sono il simbolo rappresentativo del Messia, sono due e non uno soltanto.
L'idea che i Messia dovessero essere due nasce senz'altro dal fatto che gli esseni, come puristi che difendevano l'applicazione fedele della legge, aborrivano certi personaggi che, in passato, avevano cumulato sulla propria persona entrambe le cariche sacerdotale e regale e, pertanto, nei loro scritti, hanno sempre puntualmente citato entrambe le figure, come a voler puntualizzare che le due cariche dovevano essere rigorosamente distinte.
Il Messia di Aronne, nell'intendimento dei Qumràniani, avrebbe dovuto sostituire il Sommo Sacerdote scelto dai romani, mentre il Messia di Israele sarebbe stato l'artefice della ribellione messianica e, successivamente, avrebbe assunto, al posto di Erode, la carica per cui Cristo fu condannato e giustiziato dai romani: re dei Giudei.

NOTA 8 - In questo passo troviamo contemporaneamente due delle cose già viste nella Regola della Comunità, e cioè l'esistenza di due Messia distinti e la modalità di apertura del pasto comunitario.

NOTA 9Ancora due cose già viste: il concetto della cosiddetta visita, e l'idea della duplicità della figura messianica.

NOTA 10 - Ancora il concetto della visita.

NOTA 11 - Anche questo passo del Documento di Damasco rispecchia in modo straordinario parole che possiamo leggere tal quali nel vangelo:

    "E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poichè sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse»" [Mc XIV, 26]

    "E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Allora Gesù disse loro: «Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge»" [Mt XXVI, 30-31]

NOTA 12 - L'uso del termine "poveri" non è casuale nel contesto della letteratura Qumràniana [in ebraico è "ebion" (plur. ebionim)]. Infatti, secondo alcuni autori, fra cui possiamo nominare Robert Eisenman (California State University), uno dei nomi che designavano la comunità e i suoi membri era proprio questo. La ragione non è difficile da capire allorché leggiamo queste parole dall'opera di Filone Alessandrino (13 a.C. - 45 d.C.) "Quod omnis probus sit liber" (Ogni uomo onesto è libero), in cui si parla proprio degli esseni:

    "Mentre in tutta l'umanità sono pressoché gli unici a vivere senza beni e senza possedimenti, per la libera elezione e non per un rovescio di fortuna, si giudicano straordinariamente ricchi giacché ritengono che la frugalità con la gioia sia come in realtà è, un sovrabbondante benessere"

A confermare il profondo legame esistente fra cristianesimo primitivo ed essenato contribuisce il fatto che il nome della comunità giudeo-cristiana era proprio "ebioniti". Possiamo addirittura constatare come ciò fosse imbarazzante per Eusebio di Cesarea, agli inizi del quarto secolo, il quale si adoperò perché tale legame non apparisse in tutta la sua evidenza:

    "...costoro pensavano che fossero da rifiutare tutte le lettere dell'apostolo (Paolo), chiamandolo apostata della legge, e servendosi del solo Vangelo detto secondo gli ebrei, tenevano in poco conto tutti gli altri... in conseguenza di un simile atteggiamento hanno ricevuto il nome di ebioniti che indica la povertà della loro intelligenza: il termine, infatti, presso gli ebrei significa povero...". (Eusebio di Cesarea, Hist. Eccl., III, 27).

Eusebio ha giocato sull'accezione del termine, insinuando che gli ebioniti fossero da considerare poveri dal punto di vista intellettuale, pur di non riconoscere il suo significato originale e le sue implicazioni. Questo atteggiamento mistificatorio non è isolato: addirittura Epifanio arrivò ad affermare che il nome ebioniti derivasse da un eretico di nome Ebion, presunto fondatore della setta (Haer. XXX, 3-7), ma questo ci conferma, senza lasciare spazio ai dubbi, l'esistenza di un intento censorio, da parte dei padri della chiesa, nel delineare le origini storiche del movimento cristiano.
In verità questo termine è presente più volte anche nella letteratura del Nuovo Testamento, ma esso appare privato del suo significato di appartenenza ad una precisa comunità, nel momento in cui è tradotto nei vari termini delle lingue moderne: povero, poor, ecc... In pratica si riduce al suo significato aggettivale e generico di persona nullatenente. Se, però, rileggiamo alcuni passi evangelici, tenendo conto delle considerazioni appena fatte, allora possiamo intuire che, in una eventuale primitiva fonte ebraica (se mai essa è esistita), il termine ebionim andava oltre il suo significato generico ed era riferito ad una ben precisa comunità, quella degli ebioniti:

    "Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi" [Mc X, 21] Il brano si presta ad essere inteso come un invito ad unirsi alla comunità, cedendo ad essa i beni personali.

    "Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!" [Mc XIV, 5] Il brano si presta ad essere inteso nel senso che i soldi avrebbero potuto servire per finanziare la comunità.

    "I poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre" [Mc XIV, 7] Il brano si presta ad essere inteso nel senso: "i confratelli li averete sempre vicini ecc...".

    "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli"
    [Mt V, 3].

    "Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio"
    [Lc IV, 18].

    "Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio»" [Lc VI, 20] In questo caso è chiaro che Gesù, col termine poveri non indica genericamente i nullatenenti, ma si riferisce proprio ai suoi seguaci.

NOTA 13 - In questo brano possiamo notare che l'espressione paese di Damasco (ripetuta con questo significato molte altre volte nel testo) è stata utilizzata dai Qumràniani per indicare tanto sé stessi come comunità, quanto il luogo o i luoghi del loro ritiro. L'opinione è condivisa da moltissimi studiosi, compreso lo stesso Padre de Vaux (L'archeologie et les manuscrits de la Mer Morte, London 1961), nonché da J.Barthelemy, A.Jaubert, G.Vermes, N.Wieder.... Per quale ragione i Qumràniani avrebbero adottato questa denominazione? Essi si sono ispirati ad un testo biblico (Amos V, 26-27), che infatti è citato dallo stesso Documento di Damasco (VII, 14-15), in cui si parla della teologia della deportazione e dell'esilio (vedi anche Geremia ed Ezechiele). In pratica Damasco è vista come un luogo d'esilio che svolge la funzione di rifugio dei pii e dei puri di fronte all'ira di Dio. Geremia ed Ezechiele parlano degli esiliati a Damasco come della parte migliore del popolo di Israele, quella che gli è fedele, e con la quale stringerà un nuovo patto.
I Qumràniani, che si sono separati ed autoesiliati nel deserto del Mar Morto come protesta nei confronti della corruzione delle autorità politiche e sacerdotali di Gerusalemme, sfruttando la similitudine col passo biblico, hanno paragonato sé stessi ai "deportati nella terra di Damasco" e hanno chiamato Damasco il proprio ritiro.
Ora, tutto ciò ha delle conseguenze di estrema importanza nella lettura e nella interpretazione del Nuovo Testamento. Infatti il professor Eisenman, che sostiene l'identità o la stretta parentela fra la comunità Qumràniana e il movimento giudeo-cristiano primitivo, afferma che il famoso passo degli Atti degli Apostoli, in cui Paolo è inviato a Damasco dal sommo sacerdote a cercare i cristiani per arrestarli, debba essere completamente reinterpretato, intendendo per Damasco non la città siriana, ma il ritiro degli asceti dissidenti a Qumràn. In effetti pochi osservano giustamente che in Siria né Paolo né il sommo sacerdote di Gerusalemme avrebbero avuto alcuna autorità. La città di Damasco rientrava in un'altra amministrazione e le autorità di Gerusalemme non potevano vantare alcun diritto di effettuare azioni di polizia in Siria.

NOTA 14 - Questa immagine del pozzo delle acque vive costituisce un chiarissimo richiamo ad un passo del vangelo secondo Giovanni:

    "Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna»" [Gv IV, 10-14]

Confermando così, per l'ennesima volta, i profondi legami esistenti fra letteratura Qumràniana e letteratura neotestamentaria.

NOTA 15 - Il manoscritto noto come Regola della Guerra è senz'altro il più significativo nella caratterizzazione degli scopi ultimi della setta Qumràniana. Esso contribuisce a sfatare, finalmente, un mito che si è sviluppato da tempo, principalmente per colpa degli scritti di Giuseppe Flavio e di Filone, nei confronti degli asceti del Mar Morto. Infatti, se dal menù principale raggiungiamo gli "Estratti da Filone Alessandrino e Giuseppe Flavio sugli Esseni", possiamo notare che i due autori dipingono la setta Qumràniana come una confraternita di monaci dediti a varie attività mistiche, totalmente avulsi da ogni finalità politica o tanto meno militare. In realtà non c'è niente di più falso, e noi possiamo comprendere i motivi di questa falsificazione operata dai due autori ebrei ellenizzati se ci rendiamo conto che essi erano interessati a evitare tutto ciò che insisteva ed evidenziava le gravi conflittualità che già contrapponevano il mondo ebraico e quello romano.
Esiste pertanto una immagine della setta essena che potremmo definire "pre-Qumràn", derivante dalle suddette fonti; ma ne esiste anche un'altra, assai più aderente alla realtà storica, che potremmo definire "post-Qumràn", alla cui caratterizzazione contribuisce in special modo proprio il Rotolo della Guerra.
In esso, senza possibilità di equivoci, si evidenzia chiaramente la tensione escatologica (=relativa ai destini ultimi) che costituisce la ragion d'essere della setta e del suo essersi stabilita in una condizione di autoesilio sulle rive del Mar Morto, 30 km a sud di Gerusalemme.
"L'inizio [della guerra] si avrà allorché i figli della luce porranno mano all'attacco contro il partito dei figli delle tenebre...". I Qumràniani aspirano alla costruzione del Malkut Yahweh (Regno di Dio), che essi intendono non nel senso neocristiano di una condizione esclusivamente spirituale ma, fedeli alla visione teocratica che è tipica dell'ebraismo ortodosso e che è estremizzata nel pensiero messianista, considerano come un obiettivo da perseguire su questa terra, nel luogo giusto, nel momento giusto e con le persone giuste. Il luogo è la Palestina. Il tempo è quello che i messianisti sentivano vicinissimo, durante la dominazione romana. Le persone sono i figli della luce, ovverosia tutti quegli ebrei che credono nel riscatto di Israele e contribuiscono alla sua realizzazione. Gli altri, romani o ebrei che fossero, sono i nemici, i figli delle tenebre, che il Signore di Israele ha ormai destinato ad uno sterminio definitivo e imminente. Si ricordi quanto grida la "voce nel deserto", l'asceta Giovanni, mentre usa praticare il rito esseno del battesimo di abluzione, sulle rive del Giordano, a breve distanza dalle rocce di Qumràn. Egli intima al popolo che è giunta l'ora di convertirsi "...poiché il regno di Dio è vicino", poi si volta verso i farisei e i sadducei e inveisce: "Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? [...] Gia la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco [...] colui che viene dopo di me è più potente di me [...] Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile". É esattamente l'annuncio dell'imminenza del Regno di Dio, e dell'ingresso che sarà riservato solo a coloro che si convertiranno (raccoglierà il suo grano nel granaio), mentre gli altri (la pula) saranno bruciati "con un fuoco inestinguibile".

    "...giacché questo è il giorno, da lui determinato da molto tempo per la guerra di sterminio dei figli delle tenebre" [Regola della Guerra]

Gli studiosi sono piuttosto concordi nel ritenere che i Kittim, citati nel testo, sono da intendere come i romani, mentre Assur può essere una trasposizione che rappresenta quella che altrove è stata definita anche come Babilonia. Si tratta di Roma, il cuore dell'impero terreno delle tenebre, contro cui i messianisti, accecati da un fanatismo religioso che aveva tolto loro ogni senso della realtà (purtroppo i tempi moderni non sono affatto estranei a simili manifestazioni di integralismo delirante), speravano di poter conseguire una schiacciante vittoria. La sicurezza veniva loro dal sentirsi guidati dalla mano invincibile del Signore di Israele, lo stesso che aveva inviato le piaghe sull'Egitto e che aveva fermato i carri del faraone durante la traversata del Mar Rosso. Chi, fra costoro, avrebbe mai osato esprimere il dubbio che "...la grande mano di Dio umilierà Belial e tutti gli dèi del suo dominio, e per tutti gli uomini del suo partito vi sarà uno sterminio eterno..." [Regola della Guerra, I 15, 16].
Ora noi possiamo capire perché alcune fonti storiche ci testimoniano la presenza di esseni fra le fila dei ribelli che hanno preso parte alla guerra degli anni 66-70 e alla rivolta di Masada (71-73), e ci illuminano in maniera abbastanza chiara sulla stretta parentela che esiste fra il movimento degli zeloti e quello dei Qumràniani, almeno a partire da un certo momento nella storia della Palestina del primo secolo, quando i messianisti (chrestianoi in greco) hanno trasformato la loro attesa in azione.
La storia ha smentito che il Creatore intendesse prendersi la briga di fare da sponsor di una guerra sanguinosa e, nella cocente delusione che ha seguito la sconfitta degli ideali esseno-zeloti, ha trovato la sua energia propulsiva il revisionismo messianico di Paolo (forse l'uomo di menzogna degli scritti Qumràniani, che aveva osato spingersi fin nella terra di Damasco, come gli esseni chiamavano il loro ritiro ascetico, in cerca dei ribelli), il quale aveva lanciato l'idea di una salvezza spirituale al posto di quella politica e militare. E così l'impero romano, che non era stato battuto dal messia guerriero, per quanto reale, fu completamente conquistato dal messia pacifista, per quanto immaginario.

 

Indice

Premesse I Manoscritti: la storia I Manoscritti: estratti La letteratura Giudeo-Cristiana I 4 Vangeli

Nascita di Gesù Cristo Il mistero di Barabba Del titolo «Nazareno» San Paolo e il cristianesimo

Quali conclusioni?