Le forze che legano, in prospettiva generale

I. Specie delle forze che legano. II. Effetti delle forze che legano. III. Si lega con l’arte. IV. L’uomo si lega in molti modi. V. Il senso è mezzano per il vincolante. VI. Perché non basta un solo vincolo. VII. Perché a chi lega occorre genio. VIII. Chi è vincolato più facilmente. IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose contrarie. X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo. XI. Chi vincola. XII Nessun particolare vincola tutto. XIII. Vari strumenti di chi vincola. XIV. Opportunità di chi vincola. XV. Differenze delle cose vincolanti. XVI. Diverse posizioni di chi vincola. XVII. Sedi di ciò che vincola. XVIII. Predisposizioni del vincolante. XIX. Diversità delle predisposizioni. XX. Condizione del vincolante. XXI. Com’è vincolato chi vincola. XXII. Distinzione del vincolante. XXIII. Cecità del vincolante. XXIV. Industriosità del vincolante. XXV. Armi del vincolante. XXVI. Vicenda del vincolante. XXVII. Gli occhi del vincolante. XXVIII. Astuzie del vincolante. XXIX. Scala del vincolante. XXX. Porte attraverso le quali il vincolante attacca.

C’è questa necessità: colui che deve legare deve possedere una teoria universale delle cose, per essere in condizione d’incatenare l’uomo, che di tutte le cose è, per così dire, l’epilogo. Nella specie umana è possibile invero scorgere le specie di tutte le altre cose, soprattutto per via proporzionale o numerica; a modo di esempio, infatti, alcuni degli uomini si rapportano ai pesci, altri agli uccelli, altri ai serpenti o rettili, vuoi secondo genere, vuoi secondo specie. A ciascuno degli uomini, poi, tocca per accidente diversità d’uso, di consuetudine, di scopo, d’inclinazione, di temperamento, di età: e così come favoleggiano di Proteo e di Acheloo, è possibile immaginare uno stesso soggetto in atto di trasmigrare di forma in forma, di figura in figura; sicché a vincolarlo si devono adoperare continuamente specie sempre nuove di nodi. Si aggiunga inoltre la valutazione dei modi di vita degli uomini: i quali sono giovani o vecchi; e, quanto a collocazione civile, mediocri o nobili e ricchi e potenti e fortunati; e supponi ancora che siano invidiosi e ambiziosi; o soldati e mercanti ed altri di tal fatta, posto che sono queste le persone che si assumono nei vari ruoli della civile amministrazione, dove si adoperano come mezzi o strumenti, ponendosi quindi la questione del vincolarli a sé. Non pare, insomma, che vi sia realtà alcuna che sfugga ad una riflessione sui rapporti civili in questa prospettiva: nella misura in cui gli uomini vincolano o sottostanno a vincoli o sono essi stessi vincoli o circostanze vincolanti. Perciò abbiamo aggiunto questo intreccio di riflessioni, che s’intitola Il vincolo in generale.

I. Specie delle forze che legano.

Le forze che legano in prospettiva universale sono il Dio, il Demone, l’Animo, l’Essere animato, la Natura, la Sorte e Fortuna, infine il Fato. Questo grande reticolo di vincoli, che copre l’universo e non può essere designato con unica denominazione, non lega sotto specie e senso di corpo: il corpo infatti non percuote il senso da sé, ma attraverso un genere di energia che nel corpo risiede e dal corpo procede. E questa energia che metaforicamente si designa come la mano che lega: e questa che, con varia preparazione, si piega ed orienta a gettare i suoi lacci.

 

II. Effetti delle forze che legano.

Questa è la forza che legando, come dicono i platonici, adorna la mente con l’ordine delle idee; colma l’animo con l’ordinata sequenza delle argomentazioni e coi discorsi ben calibrati; feconda la natura con semi svariati; dà forma alla materia con la varietà infinita delle sue situazioni; vivifica, placa, accarezza, stimola ogni realtà; ed ogni realtà ordina, promuove a vita, governa, alletta, infiamma; ed ogni realtà muove, e apre, e riempie di luce, purifica, gratifica, porta a pienezza.

 

III. Si lega con l’arte.

L’artefice lega con l’arte: poiché l’arte è la bellezza dell’artefice. Davvero, come torpido e ottuso vede la bellezza delle cose naturali e di quelle prodotte dall’arte colui che contemporaneamente non intuisce l’ingegno che tutte le ha poste in essere e non sente ammirazione per esso. A uno così “le stelle non narrano la gloria di Dio”’; sicché non a Dio, ma agli effetti di Dio con anima da bruto) egli dedicherà la sua tenerezza ecc.

 

IV. L’uomo si lega in molti modi.

Tra le cose che hanno la capacità di legare, un numero maggiore, come è giusto, lega gli uomini che non gli esseri bruti; un numero maggiore gli esseri di ingegno più vivo che non quelli più ottusi: giacché i primi abbondano di facoltà e potenzialità più numerose, hanno l’occhio volto a più parti, circostanze e scopi, conseguentemente sono trascinati da impulsi più numerosi.

 

V. Il senso è mezzano per il vincolante.

Libidine rada e stimolata dal solo impulso naturale lega l’uomo ottuso. Il suo alimento si limita a poche varietà e grossolane. Non lo addolcisce il fine parlare, non lo stuzzicano le delicatezze d’amore, la musica, la pittura, tutte le altre leggiadrie di natura non lo toccano.

 

VI. Perché non basta un solo vincolo.

Da più cose, dunque, io sono avvinto, più persone, perciò, sento che mi avvincono, perché diversi e distinti sono i gradini della bellezza. Assieme costui da una parte, altri da altra parte, mi bruciano e avvincono con varia ragione. Se ogni ragione si agglomerasse su una persona sola, forse per tutti e fra tutti una sola persona mi piacerebbe. Ma finora ciò non ha permesso natura, preferendo distribuire separatamente lacci di bellezza, ilarità, bontà e degli stati diversi e contrari a questi, e offrirli distintamente e separatamente secondo la molteplicità delle parti della materia. Accade invero talvolta che uno si incateni ad un solo oggetto (vuoi per torpidità di senso, cieco e pigro a tutti gli altri aspetti del reale; vuoi per vigore di un solo legame, che lo inchiodi e stritoli in maniera tanto esclusiva, che in conseguenza la sensibilità per le altre cose si allenti, si sgretoli, sparisca). Ma questo capita raramente e a pochi: come ad alcuni, che per speranza di vita eterna o per certo fervore di fede o convinzione sono apparsi così rapiti in animo, così disgiunti, in certo senso, dal corpo, così vigorosamente catturati dall’oggetto cui si erano legati in pensiero e fantasia, che hanno dato l’impressione di non avvertire neppure l’orrore dei tormenti: come è manifesto nel caso del filosofo Anassarco e nel galileo Andrea e nel presbitero Lorenzo e in altri che, anche nel nostro tempo, per un simulacro di religione, si sono fatti sicari di re e di principi. Ma con appoggio di ragione in Diogene cinico ed in Epicuro: che incatenato il loro animo secondo questo criterio, con disprezzo delle cose e delle parvenze d’opinione, in conformità a principi ed ordini di natura, rimuovevano le sensazioni di tutti i piaceri e di tutti i dolori.., e ritenevano di aver raggiunto il sommo bene che in questa vita è concesso alla condizione umana, quando conservavano il loro animo librato in una sorta di voluttà eroica, oltre il dolore, oltre il timore, e l’ira e le altre grigie emozioni; e disdegnando le cose ignobili di questa vita, fluttuanti nella temporalità, testimoniavano di aver toccato una vita simile a quella degli dei anche in questo corpo mortale; e così ritenevano di aver conseguito per sé e di aver indicato agli altri il bene più alto, la virtù più sublime.

 

VII. Perché a chi lega occorre genio.

Si dice che colui che vincola con superiorità di genio vincola altrui senza essere vincolato a sua volta; e che il vincolo reciproco è proprio di due ingegni che stanno in equilibrio e che esso, insomma, risiede, per così dire, in un equilibrio di qualità. Ma secondo questa opinione conseguirebbe che il genio muta e si altera di continuo secondo che si alterano forme, temperamenti e specie: perché chi avvince essendo fanciullo, non avvince alla stessa maniera quando è giovane; e quello che la fanciulla affascinava non ne subisce più il fascino quando essa è donna fatta. Non va quindi ricondotto ad un solo e semplice principio il legame di un essere composito e naturalmente vario e costruito persino di contrari.

 

VIII. Chi è vincolato più facilmente.

L’uomo, che sia autenticamente uomo, è vincolato soprattutto dall’aspetto delle cose più degne. E a lui piace assai più vivere nell’attesa di queste cose più degne, che nell’effettivo possesso delle cose vili. Della fruizione di queste facilmente proviamo nausea; ma in quale fiamma ci consumiamo per quelle che non si prestano a facile possesso!

 

IX. Lo stesso lega allo stesso modo cose contrarie.

Confusi, e in un certo senso anche contraddittori, sembrano essere i vincoli pur provenienti da uno stesso genere di vincolante, quando si guardano i contrastanti effetti ed affetti del vincolo. Si consideri, ad esempio, colui che è imbrigliato dai vincoli di Cupido: lo si vedrà pur da un solo ed identico fuoco, pur dalla percezione di un solo ed identico legame, spinto a grida e silenzio, letizia e tristezza, speranza e disperazione, timore e audacia, ira e mitezza, pianto e riso. Da ciò i versi:

Io che porto d’amor l’alto vessillo

Gelata ho speme e li desir cocenti,

A un tempo agghiaccio e fremo, ardo e sfavillo

E, muto, colmo il ciel de strida ardenti.

Dal cuor scintille e da gli occhi acqua stillo,

E vivo e muoio, e fò risa e lamenti;

Ho vive l’acqui e l’incendio no’ more

Che han Theti a gli occhi e ha Vulcano al cuore.

 

X. Chi lega non lega cose diverse con lo stesso vincolo.

 Nulla è assolutamente bello, se vincola in quanto gioioso, nulla assolutamente buono, se vincola in quanto utile, nulla assolutamente grande, se è finito. In materia di bellezza guarda come lo scimmione piaccia alla scimmia, il cavallo alla cavalla, e come neanche Venere possa piacere a specie diversa dagli uomini e dagli eroi. In materia di bene considera come tutte le cose constano di contrari, come per alcuni dei viventi le cose buone si trovino sotto le onde, per altri nell’asciutta terra; per alcuni tra i monti, per altri nelle pianure; per quelli negli abissi, per quegli altri sopra le alte vette.

 

XI. Chi vincola.

Di conseguenza, sa vincolare solo colui che penetra la ragione di tutto; o almeno natura, disposizione, inclinazione, e attitudine, e utilità e scopo di quella particolare realtà che deve essere vincolata.

 

XII. Nessun particolare vincola tutto.

Ciò che è bello e buono e grande e vero in assoluto vincola in assoluto ogni affetto ed ogni intelletto. E ancora: non si lascia sfuggire nulla, abbraccia tutto, tutto investe di desiderio; ed è a sua volta desiderato e ricercato da più esseri, perché il suo vigore si manifesta con vario genere di vincoli. Quindi noi desideriamo fruire dell’abbondanza di più arti, non perché sia l’essere in universale che genera stanchezza, ma quest’essere qui, fatto in questo modo, quell’altro là, fatto in quel modo. Non dandosi dunque alcuna cosa particolare che sia assolutamente bella, buona, vera ecc. e nulla essendovi, non solo al disopra del genere, ma neppure entro il genere e la specie, che possa vincolare in maniera semplice attraverso parità di livelli, nondimeno l’aspirazione al bello, al buono ecc. è in tutte le cose; infatti tutte le cose aspirano ad essere assolutamente e sotto ogni aspetto belle, almeno secondo la condizione del proprio genere e della propria specie. Diversa è infatti la bellezza e la bontà di una specie da quella di un’altra; e in questa domina uno dei contrari, un altro in altra. E tutta la bellezza e tutta la bontà, anche di una sola specie, non si può conseguire che nella totalità della specie e attraverso tutta l’eternità, inseguendola per tutti gli individui singolarmente presi di quella specie. Dimostrò ciò, a proposito della bellezza umana, il pittore Zeusi, che compose la sua Elena di parecchie fanciulle di Crotone. E invero, posto anche che potesse darsi una fanciulla bella sotto ogni riguardo, una beltà completa, come potrebbe essa rappresentare il bello in generale, constatandosi che nella femminilità sono presenti varianti innumerevoli di bellezza del corpo, delle quali in un solo soggetto si raccolgono solo alcune? La bellezza, infatti (consista essa in una cosiddetta misteriosa simmetria o in qualche altra cosa incorporea che pur traspare nella natura corporea), è una realtà molteplice che germina da radici innumerevoli. Quindi: come la grumosità di una pietra non quadra, s’accorda, si lega, con la grumosità di qualsiasi altra pietra, ma solo quando coincidono rientranze e sporgenze; così non qualsiasi aspetto troverà albergo in qualsiasi animo. Dunque individui diversi soggiacciono al vincolo di oggetti diversi; e anche se è identico l’oggetto che vincola Socrate e Platone, esso vincolerà diversamente l’uno e l’altro; e certe cose scuotono la moltitudine, certe altre solo poche persone; e altre gli uomini e le nature virili, altre le donne e le nature femminee.

 

XIII. Vari strumenti di chi vincola.

La natura ha disperso, diviso, in un certo senso disseminato alla ventura oggetti di bellezza, bontà, verità e dignità; perciò più persone possono vincolarci per più ragioni e in relazione a diverso fine. Ci vincola e ci si rende amabile il buon agricoltore, per altra ragione ci tiene legati un cuoco o un soldato, un musicista, un pittore, un filosofo, un ragazzo; e questa ragazza perché sì muove bene, quella perché parla meglio. Ora, non c’è alcuno tra costoro che da solo abbia tutto e sotto ogni aspetto; ma colui che, secondo specie e guise, sarà trovato abile e fortunato in più cose, quello avvincerà più persone, dominerà su più persone, e attraverso più persone trionferà su tutto, all’interno della sua specie.

 

XIV. Opportunità di chi vincola.

Come si danno tempi diversi, ed occasioni diverse, e si succedono diversi stati d’animo e la misura non è una sola e sempre la stessa; così per converso non si dà alcunché che sia uno e semplice e di qualità e quantità identica, che possa piacere ugualmente a tutti, gratificare ugualmente tutti, o magari anche solo una sola persona o persone singole in tempi diversi: per esempio, sempre lo stesso cibo o la stessa quantità e qualità di cibo. E il criterio vale per tutte le cose che vincolano il nostro desiderio.

 

XV. Differenze delle cose vincolanti.

E vi sono le cose che vincolano per virtù propria; ed altre che vincolano per qualche loro proprio aspetto, che può essere una parte o una quantità; ed altre ancora che vincolano in ragione di altra cosa cui si affiancano, si subordinano, o rendono possibile: tale un bell’edificio che si erge come risultato di parti senza forma.

 

XVI. Diverse posizioni di chi vincola.

Molte cose ancora ci sono, che pur essendo belle, ci legano tuttavia in quanto buone: un cavallo, una nave, una casa, una statua, un cane e un uccello. E un uomo bello non ci lega al punto di essere ritenuto anche buono, come uno buono al punto di esser visto come bello: infatti può accadere che alla bellezza si accompagni colpa ed errore. Si faccia il caso di una donna bella e povera: è più esposta a tentazioni, è più facilmente allettata dai doni. Diversa è la regola dei diversi, contraria quella dei contrari, simile quella dei simili.

 

XVII. Sedi di ciò che vincola.

Pensano alcuni, come i platonici, spingendo poco a fondo le distinzioni, che l’elemento vincolante sia un’immagine della cosa, che passa dalla cosa all’anima e tuttavia non si stacca dal suo soggetto: come il fuoco, che non si affievolisce comunicando la propria immagine, o appunto come una qualsiasi immagine che è prima nel suo soggetto, poi nello specchio, poi nello spazio intermedio e infine nell’occhio. Eppure, approfondendo la riflessione, troviamo che nel corpo, in particolare nel corpo sensibile, c’è sì la sostanza del vincolo, ma alla maniera dell’anima: la cui condizione si manifesta nei suoi effetti e pur non occupa nel corpo alcuna parte definita. E invero se la ferita d’amore proviene dagli occhi, o dalla bocca o dal colorito, si vedrà tuttavia che non sta in quelle sedi semplicemente, né si scopre partendo da quelle, né proviene semplicemente da quelle: poiché gli occhi visti da sé e separatamente non hanno la stessa forza che ricavano dalla giustapposizione alle altre parti del volto; e considerazione analoga vale per la bocca, il naso, il colore, che sulla tavolozza del pittore potrà anche non piacere. Indefinita dunque e impossibile a circoscriversi è la ragione della bellezza, e analogamente della bontà; o della gioiosità. Per giunta non tutta la spiegazione del vincolo è da cercare nel soggetto, bensì anche nell’altra parte non meno importante: in ciò che viene legato. Infatti, dopo un pasto si rifiuta il cibo che prima si consumava golosamente: e la qualità e la sostanza del cibo non è mutata in nulla. I vincoli di Cupido, urgenti prima dell’abbraccio, a seguito di una piccola emissione di seme si fanno lenti e l’arsura si placa: eppure l’oggetto, il bell’oggetto, rimane là, identico. Dunque non ad esso va ricondotta la spiegazione generale del vincolo.

 

XVIII. Predisposizioni del vincolante.

Si dice che il vincolante si predispone a legare per tre vie: ordine, misura, aspetto. L’ordine configura il rapporto delle parti, la misura ne definisce il profilo quantitativo, l’aspetto si esprime in figure, contorni, colori. Nel vincolo vocale, ad esempio, l’ordine si manifesta nell’ascesa e discesa per grave, acuto e note intermedie; la misura nelle richieste terze, quarte, quinte, seste ecc. e nella progressione di toni e semitoni; l’aspetto in canorità, soavità, chiarezza. In tutte le cose che hanno predisposizione ad emettere vincoli, siano esse semplici o composte, queste tre vie sono proporzionalmente presenti.

 

XIX. Diversità delle predisposizioni.

In riferimento ai vincoli, c’è anche un’altra predisposizione: segnali, tracce, che si limitano ad indicare che l’animo è maturo; e per questa via l’animo è stimolato a ricercare un rapporto solo d’anima - contattare l’altro animo, unirsi ad esso - ; ma la grazia, che ha le sue premesse nella disposizione del corpo e delle sue parti o emana dalle vesti che avvolgono il corpo, incatena l’animo alla ricerca della fruizione corporea. Quando poi le premesse sono tanto nell’animo che nel corpo, spingerà con più vigore verso l’una e l’altra fruizione, incatenerà con più vigore da entrambi i principii. C’è chi è affascinato dall’animo a tal punto, che desidera anche il corpo, vaso di quello. E pochi puntano più all’animo, al punto da disprezzare anche qualsiasi aspetto corporeo, se manchino le premesse d’animo: come la fama narra di Socrate, che esigeva che il ragazzino grazioso si manifestasse a parole, prima di decidere del proprio amore verso di lui.

 

XX. Condizione del vincolante.

Gli adulatori ingrandiscono le virtù modeste, sfumano i difetti, scusano gli errori, riconducono le malefatte a ragioni di virtù: tacendo tutto ciò cautamente, per non scoprire la propria arte adulatoria. Così avviene che vincolino a sé le persone non particolarmente avvedute: perché essere amato, essere onorato fa grandissimo piacere a chiunque e il poter vincolare a sé qualcuno è indizio di una certa superiorità qualitativa.

 

XXI. Com’è vincolato chi vincola.

C’è gioia, e c’è un certo sapore di gloria, in colui che vincola: e tanto più grande, tanto più intensa, quanto più nobile e meritevole e alto è l’oggetto del vincolo. E in quella gioia, in quel sapore di gloria, poggia una valenza del vincolo, che fa sì che chi lega sia legato a sua volta da chi è legato. I vincitori lodando gli oggetti dei loro vincoli innalzano la propria vittoria, ingannando anche se stessi, per non dire gli altri: e ciò si fa anche in amore e nelle altre civili manifestazioni di vincoli. Oltre modo vile deve essere una persona che non ricambi con gratitudine d’animo chi l’ama, quando questi è meritevole e speciale o vincolato a lui in spirito per altra ragione.

 

XXII. Distinzione del vincolante.

C’è un genere di vincolante, in forza del quale aspiriamo a divenire degni, belli e buoni; ed altro genere, per cui desideriamo impadronirci del buono, del bello, del degno. Il primo tipo di vincolante proviene dall’oggetto di cui ci sentiamo manchevoli, il secondo da quello che possediamo maggiormente. E tra questi tipi di vincolante, non solo il bene vincola, ma la semplice opinione del bene. E il vincolo è sempre indisgiungibile da un certo tipo di proporzionamento e adeguamento. Addirittura ha più estesa efficacia la fantasia e l’opinione che non la ragione; perché agisce con più tesa energia di questa. E in verità molti che amano fuori del contatto della ragione (il che non significa senza l’impulso di una causa), sono certamente vincolati, ma ignorano da dove provenga il vincolo.

 

XXIII. Cecità del vincolante.

Occulta anche in grandissima parte (e anche ai sapienti) è la spiegazione dei vincoli: che vale infatti invocare analogia, somiglianza, comunanza di genere e voci di questo tipo senza senso, quando vediamo che l’uomo null’altro tanto odia quanto l’altro uomo, suo compagno di sorte, l’essere più simile a lui, ma talvolta anche null’altro tanto ama, e ciò per cause ignote? La spiegazione generale che si adduce non significa nulla, visto che c’è assenza di legame ed indifferenza tra cose che sono dello stesso genere e della stessa specie, come tra femmina e femmina, tra maschio e femmina (e aggiungi le condizioni di uomo fatto, di vecchio, di fanciullo). E che dirai del tipo d’amore per cose di cui si ha soltanto cognizione per sentito dire, che volgarmente viene descritto col termine “devozione”? L’uomo non vi è forse incatenato a cose superne e immateriali, anzi immaginarie e fuori d’esperienza? Tralascio di descrivere specificamente l’aspetto della potenza dei vincoli, mi limito a riferirmi alla potenza che si genera negli incantesimi. Né è vero che derivi dal bene, come sostiene qualcuno, la forza di un vincolo, visto che è più efficace il vincolo di una semplice opinione di bene; e neanche quella che emana da causa manifesta, più che da causa ignota. E abbiamo detto sopra come sono varie le differenze e le specificazioni del bene.

 

XXIV. Industriosità del vincolante.

Come gli ignoranti si lasciano legare da un adulatore accorto più che da un amico vero, così i vincoli e l’efficacia del vincolare si costituiscono e si sostengono con l’artificio: quando, ad esempio, uno sconsiglia la carriera militare a chi è timoroso, il sacerdozio a chi è selvaggiamente empio, o consiglia di curare i propri interessi a chi non ha amore per il prossimo; e, insomma, spinge le cose nella direzione verso cui sono più inclini, come chi vuole attirare a sé un cilindro lo rotola secondo il verso della rotondità e non per i piatti e le cornici.

 

XXV. Armi del vincolante.

Le armi di chi vincola sono di tre tipi. Il primo tipo sta in lui, e comporta due specie di armi: essenziali o naturali, vale a dire quelle che provengono dalla natura della specie; ed accidentali o aggiuntive, e cioè quelle che si associano alla natura della specie, come sono la sagacia, la saggezza, l’arte. Il secondo tipo sta attorno a lui: sorte, fortuna, caso, occorrenza, cose che ti vengono addosso. Il terzo tipo sta sopra di lui: fato, natura e favore degli dei.

 

XXVI. Vicenda del vincolante.

Fatte le debite proporzioni, in ogni operazione del vincolare avviene ciò che sperimentiamo di continuo nel coito o nel cibo. Siamo infatti attratti e vincolati da desiderio e amore per queste cose, ma non sempre delle stesse e nello stesso modo e nella stessa misura e con le stesse vicende di tempo. Infatti fluttua e precipita assieme al tempo la nostra struttura fisica e tutto cio che alla struttura fisica si accompagna. Quindi, con riflessione previdente e anticipatoria, bisogna conoscere in tempo il momento del gettare il vincolo, e cogliere con la maggior sveltezza la compresenza dell’oggetto, in modo che chi può tendere un laccio lo tenda e lo chiuda al più presto.

 

XXVII. Gli occhi del vincolante.

I vincoli sono sottili, ciò che viene soggetto a vincoli affiora appena alla sensibilità dai suoi recessi profondi, ed è possibile esaminarlo solo fuggevolmente come da una superficie, ed ancora è soggetto a trasformazioni momento dopo momento, rapportandosi a chi vuole imbrigliarlo nei suoi lacci non altrimenti che Teti quando sfugge agli abbracci di Peleo: bisogna quindi cogliere il ritmo del cambiamento, spiare nella forma che precede le potenzialità della forma successiva. Per quanto infatti la materia sia indefinitamente aperta a forme innumerevoli, tuttavia la sua forma presente non è a distanza eguale da tutte le altre possibili: tra esse ce n’è una sola che segue con immediatezza, altra segue con interposizione di più intervalli, altre con meno, un’altra ancora si colloca a maggior distanza tra tutte. Quindi come la forma sangue segue immediatamente la forma chilo, così al vincolo dell’indignazione succede quello dell’ira, ai vincoli d’ira succedono quelli di tristezza, come facilmente la bile rossa passa a quella scura. Sicché, penetrata a fondo la disposizione e la qualità presente del soggetto, Peleo progetta e predispone i vincoli per codesta Teti, prima che essa gli sfugga verso altre definite forme, ben sapendo che altri sono i modi di legare un serpente e altri quelli che servono per un leone o per un cinghiale.

 

XXVIII. Astuzie del vincolante.

Il vincolante non lega il vincolabile facilmente, come il condottiero non conquista facilmente una rocca ben fortificata, se il passaggio non gli viene aperto da un traditore che si trova all’interno, da un collaboratore che in qualche modo non cospiri o non si assoggetti o si presti comunque ad un accordo; così, nel suo terreno specifico, Venere non vincola e non conquista facilmente la rocca, quando i vasi sono vuoti, lo spirito inquieto, l’ansia bruciante; mentre spalancano la rocca i vasi tumescenti, l’animo sereno, la mente quieta, il corpo in riposo: ed è dopo aver studiato l’avvicendarsi di questi guardiani e sentinelle, che si deve osare rapidamente, attaccare con forza, agire con tutti i mezzi, non concedere tregua. Pratica da mantenere anche in tutte le altre operazioni del vincolare.

 

XXIX. Scala del vincolante.

Chi vincola, non incatena a sé l’anima se non l’ha rapita; non la rapisce se non incatenata; non l’incatena se non si congiunge a lei; non si congiunge se non la raggiunge; non la raggiunge se non per impetuoso avvicinamento; non si avvicina se non inclina anzi declina verso di lei; non inclina se non è mosso da desiderio, da appetito; non appetisce se non ha maturato conoscenza; ma non matura conoscenza se l’oggetto in figura o simulacro non si fa presente ai suoi occhi, orecchi, o alle percezioni del senso interno. Dunque conduce a destinazione i vincoli tramite la conoscenza in genere, porta ad intreccio i vincoli tramite la scossa emotiva in genere (dico conoscenza in genere, perché non si sa talvolta da quale dato conoscitivo si viene rapiti; e dico scossa emotiva in genere, perché neanche questa è agevole a definire).

 

XXX. Porte attraverso le quali il vincolante attacca.

Le porte per cui il cacciatore d’anime getta i suoi vincoli sono tre: la vista, l’udito, e la mente o immaginazione. Se riesce ad aprirsi un varco per tutte e tre quelle porte, vincola nel modo più rigoroso, allaccia coi lacci più stretti. Egli penetra la porta dell’udito armato di voce e del bel parlare che è figlio della voce; penetra la porta della vista armato di forma e gesto e movimento e figura adeguata; e la porta dell’immaginazione, della mente, della ragione, la varca coi comportamenti e le arti. Allora, la prima mossa è l’entrata, la seconda il contatto, la terza il vincolo, la quarta sarà l’attrazione. Il vincolato si fa incontro al vincolante per le aperture di tutti i sensi, a tal punto che, realizzato il legame perfetto, questo si trasferisce tutto in quello o arde dal desiderio di trasferirvisi, quando si tratta del vincolo di attrazione reciproca (poiché, paralleli a questi, si danno vincoli sgradevoli, di cui tratteremo parlando del vincolo naturale: come quello con cui il rospo attrae la faina per una sorta di misteriosa forza del suo soffio, e il gallo distrugge il leone col suo canto, e il muggine al semplice contatto blocca la nave, l’energumeno nella sua fantasia inghiotte il demone, e l’umore malinconico e ventoso funziona come una calamita per l’incubo). In conclusione questo campo del vincolante presenta trenta linee di forza e precisamente a partire da:

1.          Aspetto.

2.         Effetto.

3.         Arte.

4.         Numero.

5.         Scala.

6.         Moltitudine.

7.         Genio.

8.         Facoltà.

9.         Coincidenza di contrarii.

10.        Diversità.

11.        Mediazione.

12.        Favore o concorso di circostanze.

13.        Mezzo.

14.        Opportunità.

15.        Differenza.

16.        Diversità di attitudini.

17.        Collocazione.

18.        Predisposizione.

19.        Diversità di predisposizioni.

20.       Condizione.

21.        Reazione.

22.       Distinzione.

23.       Cecità o ignoranza.

24.       Industriosità.

25.       Armi.

26.       Avvicendamenti.

27.       Occhi.

28.       Lusinghe.

29.       Scala.

30.       Porta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

De Vinculis

Le forze che leganoI vincolabili in generale Il vincolo di Cupido ▪ 

Indice Giordano Bruno



Musica: "Bache bene venie" (Carmina Burana  secolo XIII)