CHE COSA SONO LE PLENITUDINI O PIENEZZE

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Si dice plenitudine di una parola la compitazione della stessa, dove si sminuzza il nome di ciascuna lettera che la costruisce. In ebraico e in greco i nomi delle lettere sono più estesi che nelle nostre lingue, tanto da presentarsi come delle vere e proprie parole; per di più nella lingua ebraica, ogni lettera ha un valore numerico: per cui anche ogni parola avrà un valore, valore dato dalla somma di quelli rappresentati dalle proprie singole lettere. Addizionando in seguito i valori delle parole che costituiscono i nomi di ciascuna lettera si otterrà il valore della plenitudine. Dalle modalità di costruzione di una plenitudine e dal suo valore numerico si estrarranno diverse nozioni di ordine metafisico. Vediamo su quali principi questo metodo si fonda.

Una lettera è un elemento che si adatta a combinazioni variegate per formare delle sillabe e delle parole. Una lettera, tuttavia, non sempre si adatta con quelle che le sono vicine, vi sono, infatti, delle sequenze di lettere impossibili da pronunciare. Si potrà facilmente pronunciare cl ma non lc. Al contrario, vi sono certe sequenza che sembrano particolarmente convenire a tale o talaltra lettera.

Avendo quindi tutte le lettere delle affinità e delle incompatibilità, si può pensare che per una certa lettera vi sia una serie che meglio gli convenga di tutte le altre; questa serie rappresenterebbe ciò che è il suo nome naturale. È, del resto, quanto studiato dalla Fonetica. I nomi delle lettere possono, tuttavia, venire attribuiti anche secondo un'altra origine, la quale sembra anzi più conforme alla storia stessa dell'alfabeto. Secondo quest'altra ipotesi, il nome della lettera è in uno di quelli dove essa figura come iniziale. Ora, in una lingua normale, vale a dire dedotta conformemente dai rapporti ontologici delle cose, le parole dovrebbero essere formate con i fonemi che sono in analogia di natura con l'idea espressa dalla parola stessa. Considerato che è il carattere maiuscolo quello che si impone a prima vista, la lettera iniziale di una parola tradurrà anche ciò che essa ha di fondamentale nell'idea. Inoltre, si può supporre che il nome della lettera sia stato determinato scegliendo tra le parole dove essa è iniziale, quello che più direttamente risponde alla propria natura. D'altronde considerato che le diverse lettere di una parola dovranno definire l'idea con i suoi caratteri essenziali, bisogna supporre che anche il nome di una sua lettera godrà di questa stesse prerogative e, definendo l'essenza di un oggetto, definirà nello stesso tempo anche l'essenza della lettera che gli corrisponde intimamente.

Da questi presupposti, la plenitudine di una vocabolo, fornirà una conoscenza più approfondita della natura della parola, analizzandone a turno ciascuno dei suoi caratteri essenziali. Da considerare, però, che si potrebbero formare plenitudini delle lettere che costituiscono il nome delle lettere stesse, vale a dire quelle già oggetto di plenitudine, per cui si potrebbero avere plenitudini delle plenitudini e questo indefinitamente. Da dire comunque che i cabalisti raramente si sono lasciati andare a simili stravaganze. È intuitivo ammettere che queste ripetizioni di plenitudini non hanno più la stessa portata di quella di primo ordine; nella prima fase si decompone una parola in lettere, ma, nelle condizioni susseguenti, si decomporranno soltanto delle lettere in altre lettere senza giungere con ciò ad elementi più primitivi.

La prima plenitudine, isolando le lettere, sprigiona tutta la sequenza che la lettera chiama in ragione della sua natura, sequenza che scompare quando la lettera entra in composizione.

Una lettera, per sua natura, non è fatta per rimanere isolata, una consonante è difficilmente pronunciabile e una vocale chiama delle consonanti, salvo nei casi di interposizione dove esprime emozioni primitive. Non appena il linguaggio diviene però parola, vale a dire espressione di un'idea, la lettera chiama la sillaba e la parola. Dunque, quando la lettera è isolata e il discorso non la utilizza essa chiamerà come complemento le lettere nelle quali tende a risolversi per suo naturale impulso. Di qua, una sequenza la quale, aggiunta alla lettera, formerà il suo nome naturale.

Con questi presupposti, sviluppare la plenitudine di una parola, consiste nel mettere in evidenza il rapporto che esiste tra le tendenze proprie alle lettere che la compongono e le realizzazioni che la nozione della parola gli ha sostituito.

In una lingua normale, le plenitudini avranno quindi un alto valore e sveleranno arcani profondi; però da dire che nessuna lingua esistente può essere definita come normale, nel senso stretto del termine. L'illusione dei Cabalisti è di avere creduto che l'ebraico fosse la lingua normale, perfetta, posseduta un tempo dall'uomo nel giardino dell'Eden e trasmessa intatta nonostante la sua caduta.

Questa supponenza è certamente erronea. Tutte le lingue non sono altro che il risultato di una folla di circostanze che le allontanano da questa ipotesi primitiva. A ogni buon conto, a dispetto di tutte le deviazioni, vi sono delle affinità ontologiche che persistono e attorno alle quali, le lingue oscillano. Attraverso tutte le loro modificazioni, gli idiomi possiedono, indistintamente, delle parole che si avvicinano alle espressioni normali delle idee. Quelli dell'antichità e in particolar modo l'Ebraico, sembrerebbero più vicini delle nostre, alla lingua ontologica o divina. L'analisi delle idee secondo le lettere di una parola e le sue plenitudini possono dunque consegnarci informazioni utili.

 

I Cabalisti hanno adottato la tecnica della plenitudine principalmente per i Nomi divini. Se tra le parole Ebraiche c'è ne è qualcuna che veramente appartenga a questa lingua ontologica, queste non possono essere che le parole sacre trasmesse con un culto rigorosamente riservato e questo indipendentemente se tali parole sacre siano il residuo di qualche vestigia di una lingua normale o il frutto di una contemplazione o di una meditazione protratta per lunghi secoli da una elite di pensatori e di santi.

Fra le lettere di una plenitudine la h e la w assumono un valore particolare, potendosi chiamare ciascuna di esse in tre maniere differenti, come sarà spiegato in seguito. Queste tre differenti maniere svilupperanno plenitudini chiamate: Yodata Alephata Hèata e delle plenitudini miste che avranno valori numerici e ruoli differenti.

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Le Plenitudini L'Origine delle Plenitudini Distinzioni secondo la Qabalah

Il Ruolo delle Plenitudini nella Qabalah Pienezza di YHWE