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La prima lettera dell’alfabeto ebraico è indicata con il nome Aleph óìà. Grammaticalmente essa è la prima delle lettere così dette servili.

I grammatici hanno diviso i ventidue caratteri ebraici in due classi: lettere radicali e lettere servili; una distinzione che nella pratica si traduce tra quelle impiegate nella radice propriamente detta, e quelle le quali, pur potendo farne parte, sono utilizzate come affisse (= elemento formativo che con la radice o il tema, contribuisce alla costituzione della parola). É utile conoscere tale distinzione, sia dal punto di vista essoterico, per la ricerca delle radici grammaticali, sia da quello esoterico, per le modifiche che può apportare al significato di una radice, una lettera servile che vi si trova aggiunta come affisso. Ecco queste due classi di segni:

 

Lettere Radicali â ã æ ç è ñ ò ô ö ÷ ø. Lettere servili à á ä å é ë ì î ð ù ú.

 

Come prefisso ( collocata ad inizio parola) in tutte le forme verbali, l’Aleph indica la prima persona al futuro; appartiene anche alle lettere dette paragoge (aggiunta di un fonema in fine di parola).

Per i cabalisti, secondo quanto riferisce il S.Y. essa è la prima delle lettere Madri. Dal punto di vista numerico corrisponde all’unità, e quando è sormontata da un doppio punto o da un tratto, conta come mille.

Per quanto concerne il suo geroglifico, cioè il disegno che la rappresenta, non è noto a quale oggetto il segno ha potuto, primitivamente, rapportarsi. Non così invece per la propria ideografia (sistema di scrittura che rappresenta le idee con simboli, detti ideogrammi, e non con segni corrispondenti ai suoni del linguaggio), il cui significato c'è presentato dal nome stesso che porta questa lettera dell'alfabeto; Aleph óìà il quale è semplicemente il rovesciamento della radice verbale Phla àìó. Questa radice all’infinito, che è anche il solo tempo verbale in cui è utilizzata, significa "essere ammirabile, essere al di sopra di tutte le cose naturali", quindi al di sopra di tutto ciò che è sensibile e intelligibile, questo significato è stato mantenuto nella lingua corrente, in cui la parola Phla significa: meraviglia, prodigio.

Con tali premesse, non possiamo stupirci più di tanto, nel considerare come il segno dell’Aleph sia stato preso, esotericamente, come il simbolo grafico dell’Assoluto, e come nel ricordo, consapevole o inconsapevole, di tale simbolismo, la maggior parte delle lingue ha conservato a questa lettera il primo posto dell’alfabeto.

Quindi, Aleph simbolo dell’Assoluto e, conseguenza logica anche quello dell’Unità in se indivisibile ed incommensurabile, se, però, tale comunicazione è per partecipazione diretta alla sua stessa natura, altrimenti inaccessibile nella propria essenza, sia alla sensibilità fisica sia all’intelligenza raziocinante.

Ora, come l’Assoluto-Unità contiene necessariamente tutto in se, senza mai confondersi con ciò che non sia lui, e senza mai manifestare una tendenza verso una manifestazione qualificata, possiamo prevedere che il segno à sarà, nell’interpretazione esoterica, condizionata dalla natura stessa di questo Assoluto-Unità che simbolizza. Del resto, nella regola, l’Aleph non modifica mai il senso proprio del segno, della base o della radice alle quali è aggiunta. Unita ad un segno, non farà che confermare il senso generale, senza apportarvi alcuna modalità particolare. Unita ad una base o ad una radice, conferirà la plenitudine della potenza attiva o di realizzazione effettiva che esse manifestano, secondo il mondo od Olim particolare cui esse appartengono.

Questa qualità specifica dell’Aleph è stata, del resto, riconosciuta dagli ebraisti classici, i quali ammettono che questa lettera, utilizzata sia come prefisso all’inizio di una parola, o come paragoga alla fine, conferisce sempre un valore di grandezza e di potenza, al termine considerato.

É così, per esempio, che la parola Tzeghadah äøõö che significa: andatura, passo, quando è retta dall’Aleph diviene Atzeghadah äøõöà che esprime, invece, incedere maestoso, andatura o passo improntato a grandezza e maestà. Ugualmente Haleku åëìä che significa: marciavano o semplicemente andavano diviene Halekua àåëìä; marciavano con maestà; e è sempre così, qualunque sia l’ordine gerarchico dell’entità a cui il termine considerato si applica.

Per riassumere: l’Aleph, segno grafico dell’Assoluto-Unità in se, conserva integralmente questo valore, in tutte le figurazioni grafiche che gli si riferiscono, sia al mondo Divino sia a quello dei Principi; a quelli che corrispondono, invece, agli altri due mondi, conferisce un senso di plenitudine e di massima potenza ovunque essa sia collocata, in testa o alla fine della parola o anche nel corpo di una radice semplice o di un termine composto.

Se si capovolge la lettera Aleph, essa non perde la sua forma. Il rovesciamento di una lettera è, in generale, il segno del Rigore (perché equivale alla sua distruzione); ora la Sephirâ Kether, configurata dalla lettera Aleph, è la Misericordia pura, assoluta; ed essa non ha in se traccia di Rigore.

Il nome divino äåäé HWHY comprende le dieci Sephiroth e tutta la Torà è intessuta con esso. Ugualmente l'Aleph (che come abbiamo visto include pure i dieci Sephiroth) avendo per valore ghematrico (delle sue lettere costruttrici éåé) quello del nome divino YHVH äåäé (10+6+10=26), contiene tutto ciò che è in alto e tutto ciò che è in basso e tutto dipende da Lei come sorgente di vita dell'universo e fondamento dell'esistenza del cosmo.

 

Il valore ghematrico delle plenitudini delle lettere che compongono la grafia di Aleph è uguale a:

ãåé = 20 + åàå = 13 + ãåé = 20 ; 20+13+20 = 53, scrivendo la plenitudine della Vav con uno Yud al posto dell'Aleph (cioè invece di scrivere åàå compilare åéå) il valore totale diviene 62, aggiungendovi 3 (la quantità delle lettere che costruiscono l'Aleph, le due Yud e la Vav) si ottiene 65, numero del nome divino Adonai (éðãà= 1+4+50+10=65), così i due nomi divini YHVH e Adonai sono anche compresi nell'Aleph.

 

La Torà non inizia con la lettera Aleph, perché essa è troppo spirituale e il mondo non sarebbe stato in grado di supportarla. Tuttavia essa è presente, allo stato di traccia, nella punta della á Beth. úéùàøá (Berechith, la prima parola del Genesi) può leggersi úéá ùàø che significa la testa, la punta di Beth. [1] 

Però sul Sinai, Dio ha iniziato i dieci comandamenti con l'Aleph; e i dieci Comandamenti sono composti di 613 parole che contengono le 613 prescrizioni. Così tutto è compreso nel numero dieci (nello Yud) , nulla di ciò che esiste gli è esteriore.

 

La parola Aleph óìà significa: apprendere, insegnare, perché la Sefirâ Hokhmah, la Saggezza, nasce dalla Sefirâ Kether, la quale è configurata dall'Aleph.

La parola Aleph óìà appartiene alla stessa famiglia del termine Alouph óåìà, principe, capo, perché la Sefirâ Kether, simboleggiata con Aleph, domina le altre Sephiroth, essa è la loro "Corona" e regna sul mondo Sephirotico.

Le lettere della parola Aleph óìà sono quelle della radice Pla àìô, base che esprime idee di separazione, di trascendenza, di soprannaturale, di miracolo. Questa radice designa tutto ciò che sfugge al determinismo della natura, e tale è il carattere della Sefirâ Kether, simboleggiata con l'Aleph. Le lettere della Parola Aleph óìà sono ugualmente quelle della radice Aphl ìôà oscurità. La Sefirâ Kether è oscura, perché essa è la più nascosta e la più inaccessibile di tutte le Sephiroth; è oscura per l'intelligenza (mente) umana, che non può assolutamente raggiungerla, ma in sé stessa e per sé stessa è Luce, luce nera, perché il suo splendore è talmente abbagliante che la vista si oscura.

Il Valore ghematrico, secondo il piccolo numero, (cioè secondo la tradizionale riduzione teosofica) del nome divino AHYH äéäà è di 1+5+1 (0) +5=12, proprio come quello di Aleph 1+3 (0) +8 (0) =12, prova in più che l'Aleph rappresenta la Sefirâ Kether.

Aggiungendo a 12 (valore ghematrico del nome divino AHYH e della parola Aleph) 3, ossia la quantità delle lettere dello stesso fonema (óìà) si otterrà 12+3=15, numero del nome divino äé, accomunato alla Sefirâ Hokhmah.

Ora, se alla parola Aleph, il cui valore ghematrico è, per il grande numero (cioè secondo la tradizionale addizione teosofica), 111, vi si aggiunge 1 (cioè il valore di à), si otterrà 112, valore identico a quello di YHVH più il nome ELOHIM (la somma dei valori dei segni di YHVH e di quelli del nome Elohim danno appunto 112); da ciò se ne deduce che i due nomi sono uno(iti) nell'Aleph.


 

 

[1] Quando si tratterà della lettera Beth la si esaminerà nel dettaglio anche con il racconto della Creazione che ne fa lo Zohar.

 

Il Significato della lettera La Qabalah di Aleph Il Segno Esoterico