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La scuola di Cordovero è specificamente speculativa. Essa resta fedele alla tradizione dei giudaismo spagnolo, più preoccupato del valore filosofico, più positivo, se così si può dire, nelle sue tendenze mistiche. É più prudente, in tutto quello che enuncia e non si avventura nell'insicuro labirinto della Qabalah pratica. Non manca di immaginazione, ma sa frenarla e dirigerla sulla giusta via per afferrare a poco a poco i misteri della trascendenza. Nelle sue ricerche scrupolosissime fondate su di un metodo rigoroso, essa ha aperto nuovi orizzonti che hanno ravvivato il valore intrinseco della dottrina esoterica. I suoi risultati, ormai classici, si riallacciano allo slancio spirituale di Cordovero, animatore probo e penetrante di quel serio movimento che fu la rinascita cabalistica a Safed.

Rabbi Mosè ben Jacob Cordovero (S. A. Horodetzki, Torat ha Kabballa chel. R. Mosché Cordovero, Berlino, 1924, The Jewish Encyclopedia), abbreviato in Emk, nasce nel 1532. Discende da una famiglia ebrea di Spagna che viene probabilmente da Cordova (da cui il cognome Cordovero). Dopo aver compiuto gli studi rabbinici sotto la direzione di Joseph Caro, Cordovero si preoccupa di aumentare le sue conoscenze in altri campi. A trent'anni fu iniziato alla Qabalah da suo cognato Salomon Alkabetz. Era egualmente versato nella filosofia giudeo-araba. Ma la Qabalah fu per lui una cosa appassionante, la hase di tutta la sua vita. Egli vedeva in essa la scienza che tratta tutti gli enigmi misteriosi e sconcertanti che superano il nostro intelletto. Presto fu riconosciuto come un'autorità altamente competente in questo campo. Cordovero non si è occupato solo dello studio approfondito dello Zohar, dove riconobbe dei mistici ante litteram nelle persone di Simeon ben Yochai e dei suoi amici, ma di tutti gli scritti cabalistici. Qualche volta fa allusioni di ordine critico a Maimonide, senza citarlo, perché questi si è talora opposto alla dottrina esoterica. Ma sembra aver subito una profonda influenza dalla Guida degli Smarriti per le sue interpretazioni aristoteliche. Egli consiglia coloro che si sforzano di possedere una conoscenza perfetta e adeguata della Qabalah, di affrontare con uno studio penetrante le fonti dirette, ossia le opere attribuite a Rabbi Simeon ben Yochai, lo Zohar e i Tikkunim, il Pastore fedele e il Cantico dei cantici, i frammenti intitolati Il Vecchio (Seba) e Il Fanciullo (Yonoka), e altre opere anteriori a queste, il Sefer Yetzsirah, il Sefer ha-Bahir, i midrashim dello Zohar relativi a Ruth, alle Lamentazioni e a Esther, il Sefer Ma'ian ha-Chokhmà (La fonte della Saggezza), i capitoli sulla Merkaba (Carro) e il Ma'asè Bereshit (Storia della creazione).

Approfondendo con ardore e passione lo studio di tutti questi scritti si può fare a meno dei commentari o di confrontare rigorosamente con essi queste opere.

Dopo aver dedicato molti anni allo studio delle opere classiche della Qabalah che abbiamo enumerato, Cordovero ne diede, in uno scritto intitolato Or Yakar (Luce preziosa), una spiegazione molto acuta. Nella maggior parte delle sue opere, egli fa allusione a questo scritto ancora inedito traendone citazioni intere. Sulla base di questa spiegazione luminosa, i suoi allievi furono iniziati ai testi ermetici del Sefer Yetzsirah e dello Zohar. Questi chiarimenti, che lo hanno reso illustre in paesi lontani, hanno naturalmente, indebolito il prestigio dei commentari precedenti. Ormai non sarà più possibile affrontare i testi classici della Qabalah senza ricorrere al notevole commentario di Cordovero, copiato sotto diverse forme e diffuso in tutta la Diaspora.

La sua opera più importante, libro classico per eccellenza, che ha avuto una grande risonanza nel mondo cabalistico, è il Pardes Rimonim (Il giardino di Melograni). Quest'opera, che comprende tredici sezioni divise in capitoli, contiene il sostrato dei punti più delicati, più sottili e più oscuri della Qabalah. Un riassunto di questo monumento è stato pubblicato con il titolo di 'Assis Rimonim da Samuel Gallico. É stato commentato da Menachem Azaria da Fano, Moredechai Prszybram, Isaac Horowitz, e pubblicato per la prima volta a Cracovia nel 1591. L'opera originale è stata tradotta parzialmente in latino dal Bartolocci (Biblia Rabbinica, IV, 231 e segg.), da Joseph Ciantes (in De Sanctissima Trinitate Contra Judeos, Roma, 1664), da Atanasius Kircher (Roma, 1652, 1654) e da Knorr von Rosenroth (in Kabbala Denudata, Sulzbach, 1677).

Le sue altre opere sono: Or Nèerab, diviso in sette parti (Venezia, 1587), introduzione alla Qabalah; Sefer Gerusin (Venezia, 1548), che comporta riflessioni e commenti cabalistici su novantanove passi della Bibbia; un trattato etico, Zibhè Shelamim (Lublino, 1613); un commentario cabalistico sulle preghiere del Giorno dell'Anno e del Giorno del Grande Perdono; Tikkunè keriat Shemà (Praga, 1615), sul modo di leggere lo Shemà, che è l'essenza della preghiera ebrea.

Molti scritti di Cordovero sono ancora inediti: Elimah Rabba, Shiur Komà (manoscritto Bension, n°18) Sefer Or Yakar, Perush Sefer Yetzsirah, Perush Shir haShirim, Mebakesh Adonai, Hene zu haRimonim, Be Saba Ta'ama, Tefillah le Moshe.

Quest'opera prodigiosa e sostanziale ha esercitato un'influenza considerevole nel mondo dotto ebraico, e in particolare in Francia. Numerosi discepoli si riunivano attorno a Cordovero per studiare la sua dottrina. I più celebri fra loro sono Rabbi Elia di Vida, autore del Reshith Chokhmà; più vicini al maestro sono Rabbi Samuel Gallico, Rabbi Abraham Galanti, Rabbi Mardechai Dato, Rabbi Abraham Maimon, autore di poemi mistici, Rabbi Moshè Romi, penetrante erudito. Perfino il suo antico maestro, Rabbi Joseph Caro, ha subito la sua influenza; Rabbi Menachem Azaria al pari di Rabbi Isaac Luria si considerarono suoi allievi.

In che cosa consiste la sua dottrina?

Notiamo anzitutto che Cordovero si dedicò completamente alle speculazioni cabalistiche di carattere puramente metafisico, quella che si chiama Qabalah Iiunith, e lasciò quasi interamente da parte la Qabalah pratica (ma'asith), che sarà diffusa intensamente dopo la sua morte per iniziativa di Isaac Luria e dei suoi discepoli. D'altra parte il lettore ha senza dubbio potuto accorgersi che nel corso di questa opera abbiamo avuto più di una volta occasione di discutere le sue idee, quelle che costituiscono la base della sua dottrina esposta acutamente e chiaramente soprattutto nel suo libro capitale, Pardes Rimonim.

Il suo sistema tende alla totalità, spiegando i misteri dell'universo con la teoria dell'emanazione e delle Sephiroth. Egli chiarisce con rara maestria la parte predominante e astratta di queste ultime. Nel suo sistema si troverà una parentela fondamentale o per lo meno una singolare somiglianza con la filosofia di Spinoza. Il pensatore dell'Aia, che sembra ispirarsi direttamente all'opera di Herrera, ha subito senza dubbio l'influenza di Cordovero. Fatta ogni riserva sullo slancio creatore di Spinoza, il suo sistema accusa un'influenza straordinaria della dottrina del celebre rabbino di Safed. La relazione di Dio con le sue creature, messa in luce da Cordovero nel suo Shiur Komà (cap. XXII), che è un riassunto della sua grande opera Pardes Rimonim, sembra corrispondere in maniera quasi identica con il passo di una lettera (1) scritta da Spinoza al suo amico Oldenburg circa il pensiero antico degli Ebrei.

Dio, per Cordovero, è il punto capitale di tutta la sua dottrina. Per lui è il Tutto, il centro da cui emanano tutti gli esseri con un determinismo rigoroso e in un ordine perfetto. L'uomo deve concepire che vi è un solo Dio, senza corpo, che fa scaturire da sé tutto ciò che esiste. Non si deve vedere in lui un agente attivo sottomesso alle fluttuazioni del tempo, che può cambiare o migliorarsi. Egli è sempre lo stesso prima e dopo l'esistenza delle cose. É eterno e immutabile nel corso delle modificazioni e del continuo rinnovamento degli esseri (Elima, pagg. 1, 5, 6).

Il fondo della fede reale e adeguata risiede nella conoscenza intima di Dio. Essa è più o meno profonda e dipende dallo sviluppo dell'intelligenza. Per esempio si può concepire la sua esistenza contemplando l'immensità del cielo, una tenda gigantesca tesa in ogni senso, che ci copre, o la terra con le sue montagne, le sue valli, i suoi fiumi e le sue creature variate e disperse.

Cordovero si sforza di far penetrare nello spirito umano la nozione incrollabile del Dio uno, unico, fonte inesauribile della creazione o dell'emanazione. Il suo luogo (makom) è nel mondo, ma egli non ha luogo. É lui colui che ha dato nascita al luogo in cui gli esseri saranno creati. Egli si trova in tutto e tutto si trova in lui e dipende da lui. Tutti gli esseri sono lui. Lui ed essi sono della stessa natura. Tutti gli esseri, grandi o piccoli, animali o vegetali, persistono nella vita e possono sussistere solo grazie a lui (Elima, pagg. 9, 25. Pardes Rimonim, pag. 83).

Queste idee di ordine panteista che fanno di Cordovero un vero precursore di Spinoza, sono inerenti alla Qabalah stessa e al suo spirito profondo. Lo sforzo di Cordovero rivela qui una profonda comprensione e una originale interpretazione di essa. Egli dichiara (Shiur Komà, pag. 15) a questo proposito che colui che afferra la trascendenza non dovrebbe nemmeno comunicarla da bocca a orecchio, perché vi è là un mistero (sod) sulla natura di Dio.

Il suo panteismo è ancora più sensibile nelle considerazioni seguenti. Cordovero spiega che tutto ciò che è, è di un'essenza unica: lo spirituale è inseparabile dal materiale, l'alto è nel basso e il basso è nell'alto. Tutto comporta la stessa direzione, lo stesso mistero. Tutto costituisce una sola immagine globale. Tutto è perfetto e tutto è completo. Tutto ciò che esiste ha la sua ragione d'essere, e non è ammissibile scartare alcuna creatura dell'En-Sof perché il Tutto è uno solo e costituisce il complemento dell'immagine nell'immagine globale. L'azione si effettua costantemente nel seno dell'immagine globale. In questo senso Dio rinnova ogni giorno la storia della creazione (Ma'asè Bereshit) perché veglia sul mantenimento degli esseri e pensa alla loro sussistenza. Se egli si allontana da loro, sia pure per un istante, essi sono immediatamente ridotti a nulla. Egli li rinnova di continuo come l'acqua di un fiume (Elima, pag. 11, Shiur Komà, pag. 25; Pardes Rimonim, pag. 88).

Per quel che riguarda le relazioni dell'infinito col finito è inconcepibile che vi sia un qualsiasi cambiamento nel disegno divino. In qual modo il finito corporeo procede da Dio, che è infinito e incorporeo? Cordovero si limita a risolvere il problema con la teoria della concentrazione della luce divina (Zimzum). Ma questa luce divina che tende al finito, non ha in realtà alcuna esistenza di per sé; ha solo un'apparenza di esistenza. Dalla concentrazione della luce divina procedono, per emanazioni successive, le dieci Sephiroth, o i vasi dinamici, che sono alla base di ogni cambiamento.

L'intelletto umano è incapace di afferrare d'un tratto l'En-Sof in sé. Non può concepirlo che nelle sue “emanazioni pure e sante”, ossia negli atti delle sue manifestazioni esteriori. Questi atti risiedono nelle Sephiroth senza le quali non è possibile conoscere Dio. Le Sephiroth sono in qualche modo dei registri in cui tutto ciò che esiste, tutto ciò che si fa qui in basso nel passato, nel presente e nel futuro, è menzionato, descritto e spiegato. La luce dell'En-Sof, che abbaglia gli occhi dell'intelligenza può essere raggiunta solo dall'esterno, nel suo vestito. E sono proprio le Sephiroth quelle che adempiono a questa funzione di intermediari o di veste luminosa dell'En-Sof. In questo senso solo alle Sephiroth bisogna rivolgere la preghiera perché esse sono la veste (emanazione) dell'En-Sof (Or NÉerab, pag. 81; Elima, pag. 3, in Horodetzki, loc. cit., pag. 49).

Cordovero, con notevole sottigliezza, mostra nel suo Pardes Rimonim la formazione progressiva delle Sephiroth che reggono l'universo. Il loro compito effettivo nell'universo appare solo con lo svolgersi dell'emanazione dell'En-Sof. Tuttavia, la sottilissima luce spirituale (dak ruchani) dell'En-Sof, che si trasforma in esistenza concreta sotto la pressione in qualche modo meccanica delle Sephiroth, non ne altera la sostanza intrinseca. Le emanazioni, in quanto si materializzano nel corso della loro attività, non sono che una proiezione dell'immagine primitiva dell'En-Sof, immagine che riveste un carattere armonioso. Così che le emanazioni spirituali che si diffondono, non sono che un'impronta, un “vestito”di fronte alla loro fonte originale. Naturalmente, in tutto questo, la radice, nella sua essenza primitiva, non subisce alcuna modificazione reale.

Cordovero nota anche che quando la volontà dell'En-Sof si manifestò, tutti gli esseri invisibili all'occhio formarono a poco a poco un'immagine della concezione. Poi una seconda immagine di carattere definitivo si formò in essa, relativamente a questi esseri, la cui esistenza effettiva  lo ripeto  è subordinata alle emanazioni multiple e successive. Questi esseri sono chiamati volti (panim) quando sono a contatto diretto con la prima emanazione, o dorsi (achoraim) quando ne sono lontani. Ma possono essere ora volti ora dorsi nelle loro emanazioni reciproche.

I tre primi esseri, di una finezza estrema, sono i tre punti della luce primordiale (kadmon), che hanno dato nascita alle tre prime Sephiroth, Kether, Chokhmah e Binah, fondamento di tutte le altre. Nella volontà di “emanare le emanazioni”, dunque, dichiara Cordovero, si disegnarono nella radice sostanziale i tre punti che sono Kether, Chokhmah e Binah. Da essi procedono tutte le emanazioni. Tuttavia, aggiunge, i tre punti non formano in realtà che un punto solo. Come la sostanza è una, così i tre punti sono uno. I punti e la sostanza sono una sola cosa. Se consideriamo questi punti come una trinità, è perché essa è la fonte capitale dei tre rami fondamentali del sistema sefirotico, ossia Kether, Chokhmah e Binah (2).

Non vediamo la necessità di indugiare ancora sulla dottrina delle Sephiroth, a cui abbiamo già dedicato, in quest'opera, un intero capitolo. Ci siamo limitati a mettere in luce il carattere fondamentale dell'originalità di Cordovero nelle sue acute interpretazioni. Non parliamo nemmeno della sua spiegazione relativa ai quattro mondi della Qabalah, già noti al lettore che ci ha seguito finora.

Notiamo tuttavia che l'uomo, per la Qabalah, e in particolare per Cordovero, è la sintesi della totalità degli esseri, dal punto primordiale fino al termine della creazione, dell'emanazione, dell'azione. Come l'En-Sof mantiene la vita dall'inizio all'infinito, così (in proporzione), fa l'anima nel corpo umano. In questo senso, agli occhi di Cordovero, l'Adam può riflettere di volta in volta le categorie sefirotiche dei quattro mondi, ossia dieci Sephiroth della creazione, dieci Sephiroth dell'emanazione, dieci Sephiroth della formazione e dieci Sephiroth dell'azione. L'uomo, quale lo vediamo, di carne ed ossa (gushmi; Pardes, pagg. 25, 81, 84), non è dunque che il riflesso o piuttosto il simbolo della totalità dei quattro Adam distinti d'ordine spirituale, che contengono l'integralità dell'universo.

L'uomo, osserva Cordovero, che è in qualche modo l'immagine (selem), l'equivalenza o l'ombra del Cosmo superiore, deve sforzarsi nei suoi atti di mostrarsi degno del rango così importante che occupa, di essere effettivamente questa immagine spirituale. Altrimenti snatura o falsifica il carattere sacro di tale immagine. É necessario dunque che i suoi atti assomiglino a quelli della Sephirà Kether, che sono le tredici vie della clemenza trascendente. II suo pensiero, le sue azioni devono essere consacrate al bene generale, e il suo amore per Dio deve essere sincero e reale, superando tutto ciò che lo occupa. Bisogna che egli si comporti onestamente ed equamente verso il suo prossimo e i suoi amici; che si eserciti ad amare nell'intimo del suo cuore tutti gli uomini senza eccezione, anche i malvagi, come se fossero suoi fratelli. É egualmente necessario che preghi per gli infelici e i diseredati. Il saggio deve mettere la sua scienza a disposizione di tutti coloro che desiderano istruirsi, incoraggiandoli e sforzandosi di elevare il livello del loro spirito. Ogni volta che il suo sapere può essere utile, egli non deve rifiutarsi. Se è ricco, non deve mancare di provvedere ai bisogni di coloro che si dedicano in modo disinteressato alla Torah o agli studi. In una parola non deve solo rispettare il suo simile, ma tutti gli esseri perché sono creature di Dio, soprattutto dopo aver penetrato l'essenza straordinaria della divinità creatrice in tutte le sue fasi.

Tali sono le idee metafisiche ed etiche di Cordovero, che si esprimono nel suo insegnamento cabalistico. Cordovero fu un vero saggio, sempre dedicato allo studio nonostante una vita piena di difficoltà. Tutti coloro che lo avvicinavano lo consideravano un santo. Altruista e pieno di generosità al pari di Hillel, amava la gente e non trascurava di rendere felici con la sua profonda scienza tutti coloro che avevano sete di sapere e di istruzione. Li guidava sulla buona strada, facendo partecipare i loro spiriti alla conoscenza e all'amore di Dio. Molto socievole, non ammetteva la vita eremitica e l'isolamento. Questo mistico, il cui temperamento e le cui idee si ritroveranno più tardi in Spinoza, si comportava nella vita quotidiana in modo sempre ragionevole. Fu razionalista, anche quando cercava di porsi direttamente nel cuore delle meditazioni cabalistiche, cosa che mostra in lui uno spirito potente che non si lascia sviare nel labirinto, talora pericoloso, che non si abbandona a sogni fantastici che oltrepassano i limiti del vero misticismo, il vero sostrato dello spirito. Questo atteggiamento non sarà adottato da Isaac Luria, il quale più di una volta si appella a lui (3). Questo visionario di grande potenza, sincerissimo, il secondo caposcuola del misticismo safediano, era più incline alla Qabalah pratica e all'applicazione o realizzazione di tutto ciò che essa comprende. Purtroppo alcune di queste idee avranno un'influenza funesta sul giudaismo. Vedremo subito come esse susciteranno un illuminismo nefasto, assurdo, di pura ciarlataneria presso un gran numero dei suoi adepti. Non si constaterà, invece, alcuno di questi germi morbosi negli eredi spirituali di Cordovero. Cordovero, nel fondo del suo essere, è rimasto un vero filosofo per tutta la vita; ha chiarito diversi problemi spinosi nel difficile campo dell'origine dell'essere, ispirandosi all'antico sapere dei saggi di Israele. Il suo contributo è enorme. Morì il 25 giugno 1570 a quarantotto anni. Secondo le testimonianze dell'epoca, la sua perdita fu crudele per il nucleo cabalista di Safed. Sulla tomba di questo grande modesto, il suo illustre maestro, ancora in vita, Joseph Caro, dichiarò con parole commosse: “Qui riposa l'arca della Legge”.

Cordovero fu un irradiarsi di influenza che oltrepassò il centro della sua scuola a Safed. Spiriti eminentissimi possono considerarsi suoi discepoli, in quanto le loro ricerche nel dedalo della Qabalah sono fondate su un motivo razionale e filosofico.

Fra coloro che erano imbevuti di conoscenza filosofica e che hanno seguito in modo notevolissimo le tracce di Cordovero, vi è Herrera, uno di quei Marrani che erano stati accolti in Olanda: Alonso Herrera (nato in Spagna e morto ad Amsterdam nel 1631, che contava fra i suoi antenati, dal lato materno, il celebre generale Consalvo di Cordova, il conquistatore di Napoli). Questo spirito originale, di stirpe nobile, abitava a Cadice come residente spagnolo e rappresentante del sultano del Marocco, quando questa città fu presa dagli Inglesi. Fatto prigioniero, ottenne la libertà e passò ad Amsterdam. Là tornò al giudaismo sotto il nome di Abraham de Herrera, o Abraham Cohen de Herrera. Sedotto dal misticismo di Luria, si affrettò a farsi iniziare alla Qabalah da Israel Saruk. Si dedicò con fervore allo studio di essa e presto giunse a familiarizzarsi con gli scritti di Mosè Ibn Gabai, di Jehuda Hayyat, di Chayim Vital e soprattutto con quelli di Cordovero come con quelli di Platone e del più recente dei platonici, Marsilio Ficino, suo preferito. Ma Herrera, la cui influenza sembra essere stata considerevole sull'ispirazione metafisica di Spinoza, come abbiamo detto, non restò a lungo fedele adepto di Luria. Spirito filosofico, non tardò a notare il valore poco efficace della Qabalah pratica di Luria, e così vi sostituì, da fedele discepolo della tradizione mistica del giudaismo spagnolo, la vera Qabalah, quella che si avvicina, nelle sue linee fondamentali, alla dottrina di Cordovero. Egli introdusse nel suo sistema cabalistico idee del neoplatonismo, di cui si conosce la parentela con la dottrina del misticismo ebraico, e anche idee dei moderni storici della filosofia. Le sue opere, scritte in spagnolo, Puerta del Cielo e Casa de Dios, non sono state ancora pubblicate in questa lingua. Furono tradotte, secondo la sua volontà, in ebraico, sotto il titolo Shaar haShamaim, da Isaac Fonseca Aboab (uno dei maestri di Spinoza) ad Amsterdam nel 1665, e parzialmente in latino (1677) dal barone von Rosenroth in Kabbala Denudata.

Passiamo adesso al secondo caposcuola mistico di Safed, al grande successore immediato di Cordovero, colui che fu soprannominato Ari (Leone).

 

 

1- Lettera 73. Questa somiglianza appare ancora più evidente se vengono confrontati il passo dell'Etica (II, scolio 7): “Egualmente il modo dell'estensione e l'idea di questo modo sono una sola e stessa cosa, ma espressa in due forme: cosa che certi Ebrei sembrano aver visto attraverso una nube, poiché essi ammettono che Dio, l'intelletto di Dio e le cose comprese da lui sono una cosa sola,” con ciò che esprime Cordovero nel suo Pardes Rimonim (pag. 55): “II Creatore è lui stesso a un tempo la conoscenza, ciò che conosce e ciò che è conosciuto. Il suo modo di conoscere non consiste nell'applicare il pensiero a cose che sono fuori di lui; solo conoscendosi e sapendosi conosce e percepisce tutto quello che è. Nulla esiste che non sia unito a lui e che egli non trovi nella sua stessa sostanza”. Si sono visti nella triade, menzionata da Cordovero e da Spinoza, che è di origine aristotelica, gli stessi termini della Qabalah. Per esempio, Sefer, Sofer e Sippur del Sefer Yetzsirah, le prime tre Sephiroth, Kether, Chokhmah e Binah, i tre mondi dei cabalisti, Beriah, Yetzsirah e Assiyah. Questa triplice divisione sarebbe corrisposta alle tre categorie di Spinoza: la sostanza, gli attributi e i modi. Confessiamo che tutto questo ci sembra poco verosimile.

2 - Nel suo Pardes Rimonim, Cordovero si dilunga in modo particolare sugli attributi divini. Egli non solo adotta il principio aristotelico relativamente all'intelletto, l'intelligente e l'intelligibile, ma pone anche una differenza essenziale tra i modi del pensiero di Dio e quelli dell'uomo.

3 - Non vi sono dubbi, osserva Horodetzki (loc. cit., pag. 86), circa l'influenza di Cordovero su Luria. Questi si è ispirato molto alle opere di Cordovero, in particolare ai suoi commentari sullo Zobar. D'altra parte ha studiato con lui come discepolo e amico. Notiamo a questo proposito la falsa interpretazione relativa a Cordovero e a Luria nella voce sulla Qabalah nell'Encyclopedia Britannica.

 

 

Indice

Introduzione Il Pietismo di Safed La Scuola di Cordovero La Scuola di Luria

Sabbatai Zevi e i Sabbatiani Frank e i Frankisti Israel Baal Shem Tob e i Chassidim

Il Chassidismo di Beth-El Conclusioni