Parte seconda: Significato e significante, il linguaggio nell'Esoterismo

 

Linguaggio, Concetto e Simbolo

 

Il fine dell’esoterismo, come abbiamo già chiarito, è molto diverso da quello delle scienze e del pensiero comune, dunque anche il linguaggio usato dall’esoterismo  sarà necessariamente diverso da quello comune.

Questo ha creato e crea infiniti equivoci, soprattutto tra coloro che non sono in grado di capire questo semplice fatto e leggono tutto in maniera letterale, ovvero tramite il linguaggio comune.

Il linguaggio esoterico non indica, accenna.

Di fronte ad una cattedrale l’enigma non viene chiarito.

E nessuna spiegazione esoterica chiarisce un enigma, al massimo lo infittisce.

Questo perché è proprio nella ricerca, nella tensione generata da dalle varie parti di un enigma che risiede lo slancio che permette il raggiungimento della meta esoterica.

Nel momento in cui la verità viene svelata si fissa, diventa inerte, diventa un dato, una nozione.

È molto importante mettere in chiaro che la conoscenza intesa in senso comune, ovvero come un’insieme di dati o nozioni non aiuta per nulla l’individuo ad avvicinarsi alla meta esoterica.

Come dire che una persona può immagazzinare una quantità enorme di nozioni e di modelli di ragionamento senza progredire di un solo passo.

Quello che interessa all’esoterista, al contrario di quello che interessa lo scienziato, non è lo scoprire dati o nozioni (strumenti di dominio) ma dove possibile convertire una realtà convenzionale, inerte e monolitica, in un gioco di forze.

Nella mentalità scientifica la ricerca procede tramite scoperte, ovvero tramite l’emergere dal mistero di alcuni dati organizzati secondo certi criteri.

Nella visione esoterica il concetto di scoperta non può esistere in quanto possiamo dire che essa procede in senso inverso, ovvero, a partire dal conosciuto, dai dati, cerca di incamminarsi verso il mistero.

E questo processo di attua in due movimenti.

Da una parte tramite la disgregazione della realtà creata dai dati, la realtà pietrificata nelle interpretazioni naturali date dalle convenzioni. [1]

Dall’altra tramite la tensione causata nell’individuo dall’impegno per risolvere l’enigma.

La svolta esoterica si verifica quando, in questa seconda parte del processo, l’individuo che si è addentrato nell’enigma per risolverlo, si accorge che ‘importante non è la soluzione del problema ma il gioco di forze che il problema crea.

Questo gioco di forze è l’enigma stesso.

La verità discorsiva è una frase o un dato.

Come ho accennato nella prefazione il mistero è si un contenitore vuoto, ma questa sua natura non ha a che fare con il nulla.

Vuoto e nulla sono due cose diverse.

Richiamandoci alle osservazioni fatte nella prefazione riguardo all’atteggiamento di Eco riguardo il mistero possiamo chiarire quale sia l’opinione comune al riguardo.

Il mistero viene confuso continuamente con la Tradizione, con la scusa che esso sia un elemento essenziale di quella.

In secondo luogo il mistero non è un alibi in cui vengono gettate speranze ed illusioni, o meglio non lo è in origine.

L’ultimo passo verso l’idiozia è compiuto dall’uomo comune (e da Eco) quando giunge paradossalmente alla negazione dell’esistenza stessa del mistero.

L’argomentazione al riguardo suona più o meno così: se tutto ciò di cui facciamo esperienza lo conosciamo, per il fatto stesso che ne facciamo esperienza, allora il mistero non è nulla per noi, dal momento che non ne facciamo esperienza.

Un’argomentazione scleroticamente panlogista tipica dei razionalisti in genere.

Un po’ come dire che dal momento che tutto quello che vediamo lo vediamo grazie alla luce, allora l’oscurità non esiste.

Il mistero è il contrario della conoscenza.

Quindi, dal momento che in quanto uomini siamo dotati di una qualche conoscenza, ci portiamo dietro necessariamente anche il suo contrario, ovvero il mistero.

Gli animali che non hanno conoscenza, non avranno nemmeno mistero.

Si può dire che il mistero in quanto tale è, insieme alla conoscenza, ciò che rende uomo l’uomo, a differenza degli animali.

In un mondo senza mistero, in cui tutto è conosciuto e dunque ridotto a stimolo, non c’è spazio per l’uomo in quanto tale, ma solo per l’animale che ha risposte automatiche e meccaniche agli stimoli.

Einstein nei suoi appunti ha scritto: "La più bella esperienza che possiamo provare è quella del mistero. Si tratta dell'emozione fondamentale che si trova al centro stesso della vera arte e della vera scienza. Chiunque non la conosca e non sia più in grado di meravigliarsi, stupirsi, è come morto e i suoi occhi sono ormai ciechi. [...] La consapevolezza che esiste qualcosa che non possiamo penetrare, la percezione di una sorta di ragione profonda dalla raggiante bellezza, accessibile soltanto in minima parte dalle nostre menti primitive - è questa forma di sapere e questa emozione che costituisce la vera religiosità; questo e solo questo. In questo senso mi considero un uomo profondamente religioso".

Il mistero è il vuoto in cui la mente immagina, il foglio ancora bianco e sgombro in cui è custodito lo spazio per scrivere nuove frasi.

Lo spazio vuoto è essenziale.

Se tutto fosse già conosciuto, già scritto, non ci sarebbe più spazio per scrivere la propria verità, il proprio essere.

Nell’esoterismo è messo in evidenza proprio il vuoto del mistero piuttosto che l’ingombro della conoscenza.

Il mistero è il foglio bianco su cui scrivere e l’enigma è la penna.

Ad un certo punto Eco dice: “Il vero iniziato sa che il sommo mistero è un segreto senza contenuto”.

Vero, Eco, ma questo non significa che il mistero sia illusione.

La pagina bianca non è un nulla.

È un vuoto; il mistero è senza contenuto ed ha la somma virtù di poter essere riempito, riempito dalla verità individuale, dall’esperienza del soggetto, a differenza delle conoscenze che riempiono, si accumulano e restano inerti, schiacciando l’individuo e privandolo di spazio.

Alan Watts esprime molto bene la vera natura del mistero legandolo indissolubilmente con l’indistinto (Natura uomo donna pagg. 86-89).

… Ma c’è, sempre pronta a risolvere il mistero, una specie di insolente sanità mentale, ansiosa di scoprire dove sono finite esattamente le anatre selvatiche, che specie di erba il maestro stava raccogliendo e che non desidera altro che osservare il vero aspetto di un paesaggio nella luce intensa del sole meridiano.

È proprio questo l’atteggiamento che ogni cultura tradizionale trova insopportabile nell’uomo occidentale, non solo perché dimostra mancanza di tatto e raffinatezza, ma perché è cieco.

Non sa cogliere la differenza tra superficie e profondità.

Cerca il profondo incidendo la superficie.

Ma la profondità si conosce solo quando essa stessa si rivela e sfugge sempre alla mente argomentativa.

… Ci capita spesso di non riuscire a cogliere la differenza tra la paura e il rispetto per l’ignoto, e pensiamo che coloro i quali non si fanno avanti muniti di torce luminose e di coltelli acuminati sono spaventati da un timore sacro e superstizioso.

Il rispetto per l’ignoto è l’atteggiamento di coloro che, invece di violentare la natura, la corteggiano finché non è essa stessa a concedersi.

Ma quel che essa dona, anche allora, non è la fredda chiarezza di una superficie, ma la calda intimità di un corpo- un mistero che non è semplicemente negazione, vuota assenza di conoscenza, ma quella sostanza positiva che chiamiamo meraviglioso.

… Se devo esplorare e investigare ogni strada, quel sentiero che si perde nella foresta, lassù, sul fianco della montagna, finirà per rivelarsi soltanto un itinerario per tornare nei sobborghi della città.

Per la mente che percorre ogni strada fino in fondo nessuna strada porta da qualche parte.

Astenersi dall’investigazione non significa ritardare la fredda delusione dei fatti concreti, ma capire che si può arrivare anche fermandosi e non muovendosi, e che guardare sempre oltre significa essere ciechi a ciò che è qui”.  

All’interno dell’esoterismo nessuna verità viene svelata ma esistono altresì delle verità rivelate, nel senso che la verità non viene mai spogliata del suo velo, dalla sua problematicità, se non per essere riavvolta in un altro velo.

La scienza  svela le sue scoperte che sono verità a prescindere dal contesto, sono assolute o vere sempre.

Al contrario l’esoterismo rivela, dove rivelare significa riporre la verità entro un contesto problematico in cui acquista senso; e non portarla fuori da ogni contesto, lasciarla entro un orizzonte di senso entro il quale mantiene la sua validità.

La scienza cerca di risolvere i problemi, l’esoterismo di integrare l’individuo nel problema.

Questo corrisponde anche ad un’intuizione che Jung espone nel commento a Il segreto del fiore d’oro nel quale afferma: “… i problemi più grandi e importanti della vita sono, in fondo, tutti insolubili; e non possono non esserlo, perché esprimono la necessaria polarità inerente a ogni sistema di autoregolazione. Essi dunque non potranno mai essere risolti, ma soltanto superati”.

L’integrazione può essere spiegata suddividendola idealmente in due momenti.

Dapprima si entra nel problema, come quando si è posti di fronte ad un rompicapo e si pensa solo a quello, fino a che diventa una questione esistenziale, l’individuo in qualche modo si identifica col problema.

In un secondo momento il problema viene superato, in quanto accettato come tale, si accetta la tensione tra gli opposti e in questo modo essa spinge ad andare oltre la dualità e raggiungere la meta esoterica.

Tutto questo è molto importante e va tenuto in massimo conto perché è la chiave di volta della realizzazione esoterica e della visione del mondo che essa propone.

Non dovendo spiegare nulla, ma dovendo accennare ad una realtà oltre il linguaggio, gli esoteristi hanno giocato con gli schemi mentali cercando di porre il neofita sull’orlo di essi, e, quando possibile, dandogli uno spintone per farlo cadere al di fuori di essi, nella Realtà, come nel caso dei koan.

Alcuni hanno giocato in particolare con i paradossi, come gli gnostici, altri con metafore vivide e con codi ci criptici come i maghi rinascimentali, altri ancora con i numeri come i pitagorici.

Di fronte a questi linguaggi molti fanno come lo stolto del proverbio ed invece che guardare la luna guardano il dito di chi la indica e così si perdono in mille sofismi, incapaci di cogliere il messaggio esoterico.

Insomma, è sbagliatissimo soffermarsi sui testi esoterici come si farebbe con un testo comune qualsiasi.

Non bisogna usare le leggi della logica comune, ovvero concentrarsi su dati o nozioni, perché dati e nozioni sono presenti solo come trampolino di lancio verso una Verità che si trova oltre tutti i dati e le nozioni e sta’ al singolo e solo a lui, raggiungere. 

È comico  che spesso i razionalisti critichino l’esoterismo dicendo che esso è privo di logica, quando non riescono a capire che si trovano di fronte ad una logica superiore alla loro; il fatto che la logica esoterica sia basata sul valore polivalente del simbolo non significa che non ci sia. 

I rapporti simbolici, a differenza di quelli concettuali che richiedono un rapporto univoco e determinato una volta per tutte tra significato e significante, sono delle costruzioni aperte, che permettono un continuo ampliamento e un continuo variare dei rapporti e dei significati, senza che però la struttura dei rapporti sottostante vada perduta.

Ancora una volta, a costo di essere ripetitivi, è d’uopo richiamarsi all’ Iside ed Osiride.

Il mito di Iside ed Osiride viene letto e riletto mille volte in contesti diversi: una volta Osiride è il libro, la “sacra scrittura”, che l’ignoranza di Seth straccia e cancella, e Iside ricompone per trasmetterla agli iniziati, un’altra Osiride è il Nilo, principio umido, Iside è la terra feconda, Seth è l’aridità impura del mare, un’altra ancora Osiride è l’ordine e la misura, il principio intellettuale puro, Iside il principio femminile della natura, la materia plasmabile, Seth il disordine, la rivolta, la violenza.

Il complesso dei simboli mantiene il suo significato nel mutare dei campi di significazione, anzi si può dire che tutti i possibili significati sono già contenuti nei simboli in quanto puri rapporti.

Proprio come il puro rapporto matematico 3X+4Y=5Z può essere riempito da tutta una serie di numeri che non ne invalidano il significato ma anzi lo rendono valido per un determinato campo di variazione.

Ma è molto importante non lasciarsi sedurre da questa lettura “strutturalista” che vede i simboli come semplici funzioni  del significato.

Bisogna tenere presente in sommo grado quello che Zolla diceva a proposito dei simboli, ovvero che essi non significano ma agiscono.

La caratteristica importante dei simboli non è nella loro capacità di significare, ma in quella di agire sulla coscienza dell’individuo, di compiere in essa determinati cambiamenti.

Per chiarificare il discorso riporteremo un esempio che include interpretazioni essoteriche ed esoteriche di  un simbolo e infine un’interpretazione che coglie bene quest’aspetto principale del simbolo che è quello di agire.

Il simbolo in questione è il cosiddetto “quadrato del Sator” un quadrato magico [2] formato dalle parole Sator Arepo Tenet Opera Rotas.

Questo simbolo è stato ritrovato in un numero davvero impressionante di chiese e monasteri in tutta Europa, nonché in tutto l’impero romano.

Quello più antico finora ritrovato risale al 49 a.C. ed è venuto alla luce a Pompei nel 1936.

La prima ipotesi riguardo al significato di tale simbolo risale al 1926 (quando ancora non erano conosciuti esemplari romani) e proviene da Felix Grosser, pastore evangelista, il quale vide nel quadrato la parola “Paternoster” scritta in orizzontale e in verticale in modo da formare una croce con la lettera t in comune.

In realtà seguendo le indicazioni di Grosser otteniamo anche una a e una o all’inizio e alla fine della croce così formata, lettere spiegate dallo stesso Grosser come l’alfa e l’omega che rappresentano Dio.

Grosser non conosceva i quadrati di epoca precristiana che di fatto invalidano la sua ipotesi (la a e la o che dovrebbero stare per alfa e omega in realtà non possono essere tali, dal momento che l’apocalisse di San Giovanni in cui per la prima volta c’è identificazione di a e o con alfa e omega nel celeberrimo versetto arriva in Italia verso il 120- 150 d.C.).

Tuttavia questa rimane la spiegazione “classica” squadernata da razionalisti e libri di storia.

Un’altra ipotesi è quella di Giuseppe Aldo Rossi che fa derivare Arepo da un lemma celtico per “carro” ovvero “arepennis” che viene latinizzato in arepus, in dativo-ablativo arepo. 

Dunque la frase viene a suonare: “Il Seminatore col suo carro tiene con cura le ruote”.

Silvana Zanella invece, ha proposto una lettura bustrofedica ovvero: “sator opera tenet- tenet arepo rotas” e intendendo per arepo l’Areopago otteniamo: “Il seminatore tiene (gestisce) le opere, l’Areopago (il Giudice supremo) e ruote (il destino)”.

Si trova quindi, un detto edificante e popolare sopra al destino, ovvero l’uomo costruisce le sue opere, ma alla fine i fili del destino sono nelle mani delle Moire; una sentenza davvero intrisa della temperie culturale Stoico-cinica.

Fin qui abbiamo trattato ipotesi essoteriche, veniamo quindi a quelle esoteriche.

Bianca Capone ci informa con abbondanza di prove e di evidenze di come i quadrati siano legati a luoghi frequentati di per certo dai templari e ne trae la conclusione che essi lo utilizzassero per trasmettere informazioni cifrate ricevute da un’antica tradizione.

Un’altra ipotesi è quella di Elio Galasso, che ci conduce in un lungo percorso, attraverso argomentazioni traballanti ma con una quantità notevole di parallelismi e prove interessanti.

Galasso parte da un dato di fatto ovvero dall’osservazione accurata del quadrato ritrovato a Pompei nel 1936, e nota che al di sopra di esso si trova disegnato un triangolo e sotto vi è scritto “ano”.

Egli interpreta “ano” come dativo di “anus” ovvero anello che a Pompei indicava il cosiddetto “sigillo di Salomone”.

Si  tratterebbe dunque della chiave per leggere il messaggio; infatti inscrivendo il quadrato in un sigillo di Salomone e seguendo il percorso da esso tracciato otteniamo: “Toro tra per sator peto Aeneas” che Galasso legge come: “Per mezzo del creatore il toro tramuta in Enea (uomo)”.

Non ci dilungheremo sui tecnicismi che spiegano la traduzione risultante sopra, ci limiteremo a dire come al di sotto di questa frase stia una visione del mondo che contrappone gli istinti (il toro) e l’uomo inteso in senso “spirituale”.

Galasso spiega questo attribuendo il quadrato alle comunità ebraiche di Pompei, portatrici di una simile tradizione, il che spiegherebbe tra l’altro il perché i quadrati ritrovati nella città campana inizino con Rotas anziché con Sator, questo perché sarebbero traduzioni dell’ebraico che si legge al contrario.

Quello che è impressionante in questa ipotesi sono le prove che il Galasso riporta, ovvero degli affreschi della certosa di Trisulti eseguiti intorno al 1860 dal pittore Filippo Belbi, nei quali è presente il quadrato e che sembrano avvalorare la sua tesi.

Filippo Balbi ritrae l’Abante, personaggio mitico di fattezze taurine e sotto pone il quadrato con a fianco la scritta “ma il cambiar natura è impresa troppo dura”.

In un altro affresco il Balbi, a quanto pare amante degli enigmi, riporta una scritta assai complicata in cui è presente il quadrato e vi si aggiunge “cura omeopatica per moralisti malati” quasi a voler ironizzare con fare deliziosamente neoclassico sugli istinti e le passioni che vanno presi in dosi “omeopatiche”.

Un’ultima interpretazione è quella di Antonio Bruno il quale sottolinea il valore numerologico delle 5x5 “lettere ritmiche”.

Il valore delle lettere non è tanto nel significato (e questo è assai noto agli studiosi di ermetismo che si imbattono continuamente in formule magiche in cui le parole sono scelte per il proprio valore musicale e ritmico, non nel significato) ma nella loro perfetta geometria.

“Come sopra così sotto” recita la Tabula Smeraldina, manifestando la regola aurea della tradizione, e proprio così accade nel quadrato, che Bruno definisce “tabula smeraldina per il volgo”.

Di facile memorizzazione, formato da 25 lettere ritmiche e speculari che rappresentano l’armonia degli ordini manifesti.

Un vero e proprio “segno del comando” un conduttore energetico in forma grafica, in grado di fare da ricettacolo alla volontà e all’azione in virtù della sua stessa configurazione (Gestalt) geometrico-musicale. 

Quest’ultima interpretazione è l’unica a tenere conto non solo del significato del simbolo ma anche della sua vera natura, ovvero quella dell’agire.

 

 

[1] Le tecniche impiegate a tale fine sono le più svariate, dal koan alla meditazione, all’assunzione di sostanze psicoattive, alla danza sufi o sciamanica e molti altri.

Se la realtà “pietrificata”, ovvero la realtà comune, non viene in qualche modo resa fluida rendendo labili i punti di riferimento, è impossibile giungere a un’immersione nel gioco di forze del mistero e dunque qualsiasi cammino verso l’Assoluto verrà sbarrato dalla dura pietra che non ne lascia trasparire la luce.

[2] Nel senso puramente matematico un quadrato magico è un quadrato in cui la somma di ogni riga in verticale ed in orizzontale da sempre lo stesso risultato.

 

 


 

 

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PrefazioneCosa è l'EsoterismoLa Questione della Tradizione La questione della Segretezza

I Metodi dell'EsoterismoIl problema della Coscienza Le linee generali della DottrinaIl concetto di Verità

Il concetto di ParadigmaLinguaggio, Concetto e SimboloL'Immagine e il SimboloEsoterismo, Storia e Società

Bibliografia