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Pasquale Stanislao Mancini, figura centrale della vignetta, vaga, secondo Teja, nel deserto tra i miraggi di Zeila e di Zula. Da buon meridionale suona il mandolino, mentre si affida a un cammello sornione, e canta, come la Norma belliniana, la Casta-Diva chiedendo aiuto agli dei. Quando assunse la carica di ministro degli Esteri l’Italia non possedeva colonie e fu solo nel 1882 che il governo acquistò, dalla compagnia Rubattino, la baia di Assab in Eritrea. Mancini, come del resto la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica italiana, era ben lontano dal coltivare sogni di espansionismo territoriale in Africa e considerò il porto sul Mar Rosso come una semplice stazione commerciale. II ministro desiderava mantenere lo status quo nel bacino del Mediterraneo e proprio in quest’ottica va visto il suo rifiuto ad intervenire in aiuto dell’Inghilterra nella conquista dell’Egitto. Tuttavia l’avventura coloniale doveva, anche per noi, cominciare di lì a poco. Nel 1884 tra l’aprile e il giugno se ne presentò l’occasione allorché Mancini si oppose all’espansione della Francia dall’Algeria al Marocco e ricevette come controproposta la possibilità di appropriarsi di Tripoli. Mancini restò un fautore deciso del principio di nazionalità, ma considerò che, quando si trattasse di assoggettare popoli ‘incivili’, il principio non venisse leso. Alla metà di novembre il generale Ricotti Magnani, ministro della Guerra, approntò un corpo di spedizione di 30 000 uomini destinato a Tripoli e Bengasi. La mancata occupazione francese del Marocco bloccò i progetti italiani. Solo per poco: le mire distolte dalla Libia si volsero all’Eritrea. II 22 dicembre 1884 un accordo italo-inglese stabilì la non ingerenza britannica nel caso di un intervento italiano sul territorio di Massaua. L’occupazione si svolse, senza spargimenti di sangue, il 5 febbraio 1885.


"Pasquino", 21 dicembre 1884