Ill.mo ed Ecc.mo Signor, Sig. r Padron Col.mo. V. E. mi ha mostrato tanto piacere, mentre ero in Roma, quando mi faceva la grazia di darmi qualch'ora di trattenerla di cose curiose, che ho stimato che non trovarebbe disdicevole che la trattenessi ancora lontano. Massime che quanto ho da dirle e' si' curioso, che al contrario son certo che gradira' questo segno del mio osseguio.

Avendo io sempre sospettato (come sovente ho pigliato l'ardire di dire a V.E.) che tutte le scienze segrete erano piene di vanita', non sono mai stato tentato di perdere il tempo a leggere i libri che ne parlano ; ma altresi' non trovando ragionevole di condannare, senza sapere il perche' tutti quegli che vi si danno in preda, che sono persone sapienti, savie e di qualche serie, mi son posto (per evitare d'esser ingiusto, e per non affaticarsi ad una tediosa lettura) a' fignere che mi ero imbarcato in queste scienze con tutti quegli, che ho potuto sapere, che vi erano immersi.

Ebbi subito un successo maggiore che non isperavo. Come questi Signori, per misteriosi e riserbati che procurino di parere, non domandano altro che di enumerare le loro imaginazioni e le scoperte nuove, che pretendono aver fatto nella natura, fui subito e in poche settimane il pu' confidente de' piu' riguardevoli tra quegli, che trovavo nelle mie erranze, alle quali sono costretto, come V. E. sa per le persecuzioni dell'Inquisizione.

Quando fui in Amstelodamo e avevo sempre alcuno nel mio Gabinetto, che avevo empito a' posta de' loro Autori piu' ghiribizzosi e fantastici : non passava alcuno straniero sapiente che non ne fossi avvertito : in una parola mi trovai ben tosto un grand'uomo, fuorche' la scienza segreta mancava. Avevo per compagni Prencipi e Gran Cavaglieri, Dame bellissime e delle brutte ancora : Dottori, prelati. Frati, Monache, in fine persone d'ogni serie. Alcuni inclinavano a' Diavoli, gli altri agli Angeli ; alcuni al genio, altri agl'Incubi ; alcuni a guarire d'ogni male, gli altri alle stelle ; alcuni a segreti della Divinita', e quasi tutti alla Pietra Filosofale.

Rimanevano tutti d'accordo che questi gran segreti, e sovra tutto la Pietra Filosofale, erano malagevoli a cercare, e che pochi erano quegli che li sapevano ; ma ciascuno in particolare era in buon concetto appo se stesso per credersi del numero degli Eletti. Per mia buona fortuna i piu' riguardevoli aspettavano all'ora con impazienza l'arrivo d'un danese gran Signore e gran gabalista. Aveva egli promesso ai figli della filosofia, ch'erano in Amstelodamo, di venire a visitarli nell'andare in Inghilterra. Io ebbi la commissione di far risposta alla lettera di questo Grand'Uomo, e gli mandai la figura della mia nativita', affinche' giudicasse se potevo aspirare alla somma sapienza. La mia figura e la mia lettera ebbero fortuna bastevole per portarlo a rispondermi che sarei il primo ch'egli visitarebbe in Amstelodamo, e che se il cielo non vi si opponeva, non terrebbe ad esso che non entrassi nella societa' de' savi. Per conservarmi questa fortuna tratenni commercio con quest'Illustre Danese. Gli proponevo di tempo in tempo alcuni dubbj, scifrati quanto potevo sull'armonia del Mondo, sulli numeri di Pitagora, sulle visioni di S. Giovanni, e sul primo capitolo della Genesi.

La grandezza della materia lo rapiva in estasi, e mi scriveva cose inudite, e viddi bene che avevo a che fare con un uomo d'un imaginazione vigorosa e vastissima. Ho piu' di sessanta lettere d'uno stile si' straordinario che non potevo risolvermi a' legger altro, quando ero solo. Mi arrivarono alcune cose in Amstelodamo, e mi ritirai a Coppenaga, sperando di trovarlo quivi, ma per mia disgrazie era partito per la Francia, e mi trovai deluso nella mia speranza. Pascevo sta' la mia curiosita' col leggere le sue lettere, quando un giorno, che ne leggevo ed ammiravo una, viddi entrare un bell'uomo, il quale salutandomi con gravita' mi disse in Italiano ed in accento straniero : Adori V. S., adori il Grand'Iddio de' Savj, e non s'inorgoglischi mai se manda a V. S. uno dei figlj della sapienza per associarla nella loro Compagnia, e per farla partecipe delle maraviglie della sua onnipotenza.

Un simil nuovo saluto mi reco' stupore, e cominciai a dubitare per la prima fiata, se si ha alle volte qualche apparizione : Pure facendo animo e guardandolo il piu' civilmente, che la paura mi permetteva - Chiunque V. S. sii (gli dissi) il cui compimento non e' di questo mondo, mi fa molto onore di visitarmi : ma permetti, pria di adorare il Dio de' savj, ch'io sappia di quai Savj e di qual Dio V. S. parla, e se gradisce, seda cola' e mi favorisca di dirmi chi e' questo Dio, questi Savj, questa Compagnia, queste maraviglie d'onnipotenza, e pria, e doppo a' qual sorte di creatura ho l'onore di parlare.

-V. S. mi riceve saviamente (ripiglio' egli ridendo e pigliando la sede) V. S. mi dimanda queste cose, che pero' non gli voglio dire oggi. Il compimento fattogli e' un ristretto delle parole che i Savj dicono nell'accostare quegli a' quali a'nno risoluto di aprire il cuore, e scuoprire i Misteri. Ho' stimato che se'ndo essa cosi' sapiente come mi parsa nelle sue lettere, questo saluto gli sarebbe noto, e che fosse il piu' grato compimento che gli potesse fare il di lei amico il Danese.-

- Ah Signore ! (esclamai) come potro' rendermi degno di tanti favori. É egli possibile che il maggiore di tutti gli uomini sia nel mio Gabinetto, e che il Gran Danese mi visiti e mi faccia tal onore ?-

- Sono il minimo de' Savj (replico' egli con gravita') e non ho' che una parte di quanto ammiro ne' miei compagni. Spero che V. S. li eguagliera' qualche giorno, se ne devo giudicare dalla sua figura di nativita' che mi ha mandato. Ma se vuol bene V. S. che mi duolga (aggiunse ridendo) perche' V. S. a prima vista m'ha pigliato per un Fantasima ?-

- Ah, non gia' per un fantasima (gli dissi) ma gli confesso Signore, che ricordandomi di quanto riferisce Cardano, che suo padre fu visitato un Giorno nel suo museo da sette uomini incogniti, vestiti di varj colori che gli tennero varj discorsi bizarri della loro natura, e del loro impiego.-

- Intendo V. S. (ripiglio' egli) erano Silfi, di cui io parlero' che sono una sorte di sostanze aeree, che vengono alle fiate consultare i Savj sulli libri d'Averroe, che non intendono troppo. Cardano e' un pazzarello d'aver pubblicato questo nelle sue sottigliezze. Egli aveva trovato queste memorie ne' papelli di suo Padre, che era uno de' Nostri, e che vedendo che suo figlio era naturalmente un ciarlone, non gli volse insegnare niente di rilievo e gli lascio' perdere il tempo all'Astrologia Ordinaria per la quale non seppe prevedere ned anche che suo figlio sarebbe giustiziato. Costui e' causa che V. S. m'ha fatto l'ingiuria di pigliarmi per un Silfo.-

- Ingiuria (replicai) come sarei assai sfortunato per.....-

- -Non importa, non vado in colera (interruppe egli) V. S. non e' tenuto a sapere che tutti questi popoli Elementarj sono nostri discepoli che sono contenti, quando ci vogliamo abbassare ad istruirli, e che il minimo de' nostri Savj e' piu' sapiente e piu' potente di tutti loro. Ma parleremo un'altra fiata di questo.-

- Di grazia, signore, V. S. dice male di Cardano. Abbia riguardo almeno che era mio compatriota, e che la' i suoi descendenti, che sono oggidi' viventi a Milano che sono galantuomini e persone onorate.-

- Basta, basta (interruppe egli ridendo). Lasciamo Cardano, e mi basta d'aver avuto oggi il contento di vederla.

Procuri fra tanto di rendersi degno di ricevere la notizia de' Misteri gabalistici. L'ora della regenerazione e' arrivata non terra' che a V. S. d'essere una nuova creatura.-

Si levo' poi, ed abbracciandomi, senza darmi luogo di rispondere - Addio (mi disse) ho' a' fare un poco, doppo che gli daro' mie nuove. Vegghi, fra tanto, prieghi, speri e Taccia.-

Usci' in questo mentre, e mi duolsi della brevita' della visita, ma mi disse che non perderei nell'aspettare, e se ne ando', lasciandomi in un grande stupore. E viddi bene che il Demonio che lo agitava era un gran Predicatore, e molto morale.

Mi venne a trovare il giorno seguente, e m'indusse ad andare a spasso ad un luogo di diporto fuori di Coppenaga, appartenente al Re'. Per istrada osservavo con esatezza questo uomo : e non ho mai visto persona alcuna si piena di sodisfazione, e contento interno, come mi pareva in tutte le sue azioni. Aveva l'animo piu' tranquillo e piu' sciolto che non mi pareva che dovesse avere uno stregone. Il suo aspetto non era d'un uomo che la sinderesi stimolasse, ne' potesse pugnere con qualche mancamento, e stavo con grand'impazienza di vederlo ingolfare nella materia desiata, non potendo concepire come una persona che sembrava tanto giudiciosa, e perfetta in ogn'altra cosa, si fosse corrotto il cervello colle visioni chimeriche e pazze, come avevo conosciuto essere il giorno innanzi.

Mi parlo' benissimo di politica, e gode' d'udire che avevo letto quanto ne aveva scritto Platone, tanto piu' che mi disse che ne avrei d'uopo qualche giorno. Mi trattenne molto sull'Alchimia, e con sodezza di discorso, forsi per maggiormente allettarmi, sapendo la mia inclinazione totale a questa scienza.

Arrivassimo al luogo, ed egli sdegno' di mirarne le bellezze, cominciando ad abracciarmi e levare le mani in alto dicendomi che non poteva assai rallegrarsi per essere ispirato di non celarmi niente, e che sarei al sommo della felicita', se potevo avere le disposizioni che tali cose chiedevano.

- V. S. va' (mi disse) ad imparare a comandare alla natura tutta ; il Sommo facitore solo sara' suo Padrone, ed i Savi saranno suoi uguali e pari. Le supreme intelligenze si glorificheranno d'ubbidirla ; i Demoni non oseranno essere presenti al suo aspetto ; la di lei voce li fara' aggriccire nelle cloache abissali, e tutti i popoli invisibili elementari si recheranno a' fortuna d'essere li ministri de' di lei piaceri. Oh di quanta gloria e' coronato l'uomo, gia' che e' stabilito Monarca Sovrano ed assoluto di tutte le opere fatte dal Sommo Facitore ! sente V. S. (aggiunse egli) questa ambizione eroica, che e' il carattere sicuro de' Savj ? Osa V. S. desiare di non servire, che al solo Protomonarca de' Cieli ? Ha capito V.S. che cosa voglia dire esser' Uomo, e non s'infastidisce ella d'esser schiava, gia' che e' nata per essere un Sovrano ? E se conosce di nodrire tali nobili pensieri, consideri maturamente se avra' l'animo di rinunciare a' quanto puol essergli d'ostacolo per pervenire all'innalzamento a che ella e' nata ?-

Stava egli aspettando la mia risposta. E come avevo sperato d'udirlo parlare della materia cominciai quasi a disperare d'udirlo seguire. La parola di rinunciare m'agghechi', e non dubitai che non mi andasse a proporre di rinunciare al battesimo ed al Paradiso, si che perplesso gli dissi. :

- Come dunque bisogna rinunciare a' qualche cosa ?-

- Si certo, mi rispose, cio' e' talmente necessario che bisogna da questo cominciare. Non so se S. V. vi si potra' risolvere, ma sia certa che la saviezza non abita in un corpo peccaminoso, si come non entra in un'anima preoccupata d'errore o malizia. I Savj non l'ammetteranno mai al loro consorzio, se non rinuncia adesso ad una cosa che e' loro incompatibile. É d'uopo (aggiunse egli col chinarmisi all'orecchio) e' d'uopo rinunciare ad ogni commercio carnale colle donne-.

Jo scoppiai di riso a tal proposizione, e gli dissi che m'astringeva a poca cosa ; che aspettavo che volesse esiggere qualch'altra rinuncia, ma poiche' non ne voleva che alle femine , la cosa e' fatta, e' un pezzo. Io sono assai casto. Fra tanto come Salomone era il piu' Savio del mondo, e pero' si lascio' corrompere, gli chiesi di dirmi come faceva egli ed i suoi compagni ad esentarsi di quelle, e che inconveniente vi era che nel Paradiso de' Filosofi ogni Adamo avesse la sua Eva .

- Sono cose riglievanti (mi replico' egli) a spiegare, ma gia' che la vedo disposta a tal rinuncia le diro' una ragione che ha' costretto i Savj a' esiggere questa da' loro discepoli, quinci da cio' conoscera' in qual ignoranza vivon gli altri.

Quando V. S. sara' nel numero de' Filosofi, e che li di lei occhi saranno fortificati scoprira' essere gli Elementi popolati da creature assai perfette, la cui cognizione e' stata levata all'uomo, forsi per il peccato primiero del mondo. Questo spazio immenso tra' il Cielo e la Terra ha' abbitanti piu' nobili che gli uccelli e le mosche ; i Mari a'nno bene altri ospiti che Delphini e Balene ; la Terra non e' solo per le talpe ; e il fuoco piu' nobile degli altri non ee' stato fatto per rimaner vuoto. L'aere e' pieno d'un numero grande di popoli di figura umana, d'aspetto apparente fieri, ma' realmente docili ; amanti le scienze penetranti, Ufficiosi a' Savj, e nemici degl'ignoranti. Le loro femine a'nno una bellezza simile a quella, con che si pignono le Amazzoni.-

Restai attonito dell'ardire di quest'Oltramontano di credere di poter persuadere simili pazzie ad un'Italiano, la cui nazione passa per perspicace, e non potei rattenermi di dirgli se mi teneva per un Idiota di volermi far credere che quei spiriti rubelli fossero maritati ed avesero figliuoli. Ma' egli mi rispose di non irarmi, che tali cose le vedrei co' miei propri occhi, e che fra' tanto dovevo obliare quanto avevo udito in tal maniera nelle scuole degl'Ignoranti, altrimente che mi spiacerebbe poi, doppo esser co'vinto dalla sperienza, d'esser sforzato di confessare che m'ero ostinato fuori di proposito. E che dovevo udire tutto, e sapere che i mari ed i fiumi erano abitati come l'aere,e che quei abitanti erano stati chiamati dagli Antichi Savj Ondini o Ninfe. Che pochi erano i maschi, ma molte le femine che erano di gran bellezza.

Che la terra era piena quasi fino al centro di Gnomi di statura piccola, custodi de' Tesori, miniere e pietre preziose, ingegnosi amici dell'Uomo, e facili ad eseguire quanto si comandava loro. Che questi somministravano tutto il il danaro necessario a' Savj, non ambendo altra ricompensa che la gloria d'essere commandati. Le Gnomidi loro mogli erano piccole, ma' graziose e con un abito curioso.

Non sarebbero della mia amicizia gli Ondini (risposi ridendo) perche' temo troppo l'acqua. Ma se vi fossero gli Gnomi sarebbero bene i miei diletti, se mi volessero dare tesori ; perche' cosi' avrei tralasciato d'affaticarmi tanto in traccia della Pietra Filosofale, com'egli poteva sapere che facevo a gran spesa del Re', che quasi s'annoiava della lunghezza del lavoro. -E bene, mi rispose, li vedra' quanto prima, e sara' lei a disporne.-

-Quanto alli Salamandri (continuo') abitanti infiammati della ragione del fuoco, servono a' Filosofi, ma non cercano con ardore, benche' ardenti la loro compagnia, e le loro femine si lasciano vedere di rado.-

- Elle no a'nno ragione (interruppi) e non mi curo delle loro apparizioni.

- Perche' ? (disse egli)-

- Perche' (ripigliai) che non avevo a fare di conversare con una bestia si' brutta come la Salamandra, per maschio o femina che fosse. -

- V. S. ha' torto (replico' egli) questa e' l'idea che ne a'nno li pittori e scultori ignoranti. Le femine degli Salamandri sono belle, e piu' belle di tutte le altre, perche' sono d'un elemento piu' puro e nobile. E non ne parlo perche' V. S. le vedra' a suo piacere, come altresi' li loro abiti, viveri costumi e le loro leggi mirabili. V. S. sara' affaturato dalla loro belta', dell'ingegno loro piu' anche che dal corpo, ma non potra' non commiserarle quando udira' che le loro anime sono mortali, e che non a'nno punto di speranza nel godimento eterno dell'essere supremo, che conoscono ed adorano religiosamente. Eglino gli diranno che sendo composti di parti purissime di quell'abitato elemento, e non avendo qualita' contrarie, per esser fatti che d'un elemento solo, non muorono che dopo varj secoli. Ma che cosa e' il tempo a rispetto dell'eternita' ! Sara' d'uopo rientrare per un'eternita' nel niente. Tal pensiero li affligge, ed a'nno grande stento li Savj a' consolarli. I nostri Primi filosofi commiserando lo stato di queste creature elementari, chiesero da che poteva darne cognizione, rimedio a tal male, e fu' ispirato loro che li Silfi, li Gnomi, li Ondini e li Salamandri potevano coll'alleanza che potevano contrarre coll'Uomo, essere fatti partecipanti dell'immortalita'. Cosi' una Ninfa o una Silfide diviene immortale quando puo' maritarsi un Savio, ed uno Gnomo od un Silfo cessa d'esser mortale quando sposa una femina delle nostre. Da cio' nacque l'errore de' primi secoli di Tertulliano, di Giustino Martire, di Lattanzio, di Cipriano, di Clemente Alessandrino, d'Atenagora Filsofo Cristiano, e di tutti gli altri Scrittori di quel tempo. Eglino avevano saputo che tali mezi uomini elementarj avevano cercato la compagnia delle femine : ed a'nno tratto da cio' che la caduta degli Angeli non era provenuta che dall'amore al quale si erano dati in preda per le donne. Alcuni Gnomi desiosi d'immortalizzarsi, avevano voluto guadagnarsi le buone grazie delle figlie degli uomini, ed avevano loro portato alcune pietre preziose, di cui eglino, come ho' detto, sono custodi : e questi Autori a'nno stimato, fondandosi sul libro d'Enoc, inteso male, che era il laccio teso deli Angeli Amorosi alla castita' delle nostre femine. Nel principio fattesi questi amare dalle figlie degli uomini generarono i famosi Giganti, e li Cabalisti ignoranti, Gioseppe e Filone (come sono tutti gli ebrei ignoranti) e doppo essi i nominati Autori a'nno detto, come altresi' Origene e Macrobio, che erano Angeli, e non a'nno saputo che erano i Popoli Elementarj che sotto il nome di figli di Eloim sono distinti da' figli degli uomini. Cosi' quando il Prudente Agostino ha' avuto la modestia di non decidere circa le sollicitazioni che quegli che si chiamavano Fauni , o' Satiri, facevano alle Africane a' suo tempo, e' spiegato da quanto si e' detto del desio di quelle creature di allearsi cogli uomini per immortalizzarsi. I nostri Savj non imputeranno mai all'amor delle donne la caduta degli Angeli, ne' sopporranno mai gli uomini al potere de' Demonj, per attribuir loro tutte le venture dell Ninfe e de' Silfi che riempono la storia. Non vi fu' mai alcun male in cio'. Erano Silfi che procuravano d'immortalarsi. Le loro sollicitazioni, invece di scandalizzarci, si sono parse si' giuste che percio' d'un consenso comune abbiamo risoluto di rinunciare totalmente alle donne, e di darci ad immortalare le Ninfe e le Silfidi.

- Oh che odo ! (esclamai) e fin dove va la f......

- Si' (m'interruppe) ammiri V. S. fin dove va' la felicita' Filosofica ! Per femine di belta' labile posseggono i Savj bellezze inalterabili, e che a'nno la gloria d'immortalare. Giudichi di grazia del'amore e della ricognizione di queste amanti invisibili, e con qual'ardore cercano a' piacere al caritatevole Filosofo che si applica ad immortalarle.-

- Ah, rinuncio (esclamai ancora una fiata).-

- Si' (segui' egli senza darmi tempo di parlare) rinunci V. S a' piaceri inutili ed insipidi delle donne. La piu' bella tra esse e' deforme a' rispetto della minima Silfide : tra questi abbracciamenti non vi e' mai nausea. Oh miseri quelli che non ponno godere queste volutta' Filosofiche !-

- Oh misera lei (interruppi d'una voce framista di colera e di compassione) mi lasci dire fin dove va la follia Filosofale, e che rinuncio a questa saviezza insensibile, che trovo ridicola questa filsofia chimerica. Che detesto tai abracciamenti abominevoli che vi uniscono a fantasime, e che tremo per lei che qualcuna delle chimeriche Silfidi non si acceleri a portarla nell'Inferno nel piu' caldo de' suoi trasporti, temendo in fine che V. S. non si accorga della demenza di questo zelo chimerico, e non faccia penitenza d'un fallo cosi' grande e cosi' enorme.-

- Oh oh (rispose egli rinculando alcuni passi e guardandomi d'un occhio bieco) misera lei spirito indocile.-

Quest'azione mi pavento', lo confesso : ma fu peggio quando viddi che, allontanandosi trasse dalla saccoccia una carta, che vedevo da lungi, piena di caratteri che non potevo discernere.

Leggeva egli con attenzione, si metteva in collera e parlava tra se'. Stimai che invocasse qualche spirito per ruinarmi, e mi pentii quasi un poco del mio zelo indiscreto. Se evito questa (dicevo tra me) mai piu' Cabalista alcuno mi parlera'. Tenevo gli occhi fissi in esso, come sovra un giudice che andava a condannarmi a morte, quando viddi rasserenarsi la sua faccia-

- Durum est tibi (mi disse ridendo ed accostandomisi) contra stimulum calcitrare. V. S. e' destinata ad essere il primo Cabalista di questo secolo. Se non sara' per mio mezo, sara' quando piacera' al suo Saturno.-

Ah se devo divenire uno di questi pazzi Savj (gli dissi) non sara' che per su mezo, ma temo che sara' malagevole che mi possa attrarre all'amore filosofico.-

- Perche' ? (mi replico') sarebbe V. S. assai cattivo fisico per non sapere l'esistenza di questi popoli ?-

- Non so (risposi) ma mi sembra che sarebbero sempre diavoli travestiti.

- Come ? (soggiunse egli) Ne credera' V. S. piu' sempre alla sua nodrice che alla ragione naturale, che a' Platone, a' Pitagora, a' Celso, a' Psello, a' Proclo, a' Porfirio, a' Giamblico, a' Plotino, a' Trismegisto, a' Nollio, a' Dorneo, a' Fluddo, al gran Teofrasto Paracelso, e che a' tutti li nostri colleghi ?

- Ne crederei (risposi) piu' anche a V. S. che a' tutti li nominati, ma non potrebbe V. S. fare che non fossi tenuto di sfarmi in tenerezza con queste Signorette elementari .-

- Si' (replico' egli, ognuno e' libero, e non si ama se non si vuole : pochi savi a'nno potuto difendersi da tai bellezze. Ve ne sono pero' stati, che non non a'nno potuto amare per serbarsi a' cose maggiori.-

- Saro' dunque (ripigliai) di questo numero, Tanto piu' che non saprei risolvermi a perder il tempo alle cerimonie, che ho udito dire da un Prelato, che si devono praticare per il commercio di questi Genij. -

- Questo Prelato (disse egli) era un ignorante, perche' questi non sono Genij, ed inoltre Savio alcuno non impiego' mai ceremonie, ne' superstizioni per la famigliarita' de' genij, non piu' che per questi popoli Elementari. I Savj non oprano che con i principj della natura : e se sovente si trovano ne' nostri libri parole inusitate, caratteri e suffumiggi, cio' serve solo per celare agl'ignoranti i principj fisici. Ammiri V. S. la simplicita' della natura in tutte le sue operazioni le piu' stupende! ed in tal simplicita' un'armonia ed un concerto cosi' grande e giusto, e si' necessario, che lo fara' ridurre a' suo malgrado, e lo ritrarra' dalle sue fievoli immaginazioni. Vorrei dirgli qui quanto insegnamo a' nostri discepoli, a' quelli cioe' che non vogliamo lasciar'entrare totalmente nel ripostiglio piu' recondito della natura, e che non vogliamo pero' privare della societa' dei popoli Elementarj per la compassione che abbiamo di questi stessi popoli, voglio dire che vorrei dirgli il modo che si tiene per vedere questi popoli, e di trarli a se', ma poiche' la vedo cotanto ostinata, voglio prima procurare di rimuoverla da questa sua caparbia durezza, e poi in altro tempo gli spiegaro' i modi segreti a' questo effetto, e servira' cio' di lieve castigo alla sua ostinazione.

L'avversione che mi mostra per l'amore di queste creature mi fa ricordarle che potrebbe accomodarsi con le Salamandre, perche' come sono piu' pure che le altre degli altri elementi, vivono lungo tempo, quinci non s'accelerano a chiedere a' Savj l'immortalita' e forsi non gliene parlerebbero mai. Il modo che diferiscono a dirgli e' tutto chimico ; senza caratteri, senza cerimonie, senza parole ostruse si diviene padrone assoluto di que' popoli ; ed egli non esigono alcun culto da' Savj, perche' sanno essere piu' nobili d'essi. E la venerabile natura ignea a' suoi figli a riparare gli elementi cogli elementi. Colla sola chimica si ristabilisce l'armonia, e cosi' l'uomo ricupera il suo impero naturale, e puo' tutto negli elementi, senza demonio e senz'arte illecita ; e da cio' V. S. vede, e vedra' da quanto gli diro' fra qualche tempo, che i Savj sono piu' innocenti di quello che si pensa. V. S. non mi dice niente ? -

- Ammiro (risposi) il suo discorso, e comincio a' temere che non mi faccia divenire maggiore distillatore di quello che sono. Di gia' per questo ho' incontrato tante disgrazie, e V. S. vede che anche adesso vi sono immerso fino alla gola. Quante spese non ho fatto fare a' varie persone, alla Regina Cristina di Svezia in Amburgo, ed a' questo Re' ? L'assicuro che temo co' suoi discorsi dell'avvenire.-

-No', no' (mi disse) . V. S. lascera' un giorno tutto questo ; e gli ho' detto che i Savj non mostrano queste cose che a' quegli che non vogliono annoverare totalmente tra essi. V. S. col tempo avra' questi vantaggi, ed altri ben piu' gloriosi, e grati con procediture ben'altrimento filosofiche. Non gli ho' detto questo, che per mostrargli l'innocenza di questa filosofia e per levargli il terrore che mostrava. -

- Non ho piu' tanta paura che ne avevo teste' (risposi), E benche' non mi determini ancora ad accomodarmi con le Salamandre, come mi ha proposto, non lascio pero' d'avere la curiosita' di sapere come ha' scuoperto che que' popoli morivano. -

- Eglino ce lo dicono (ripiglio' egli) e li vediamo morire.-

- Come dunque (replicai) li puo' vedere morire, gia' che il comercio de' Savj l'immortala ?-

- Cio' sarebbe buono (disse egli) se il numero de' Savj uguagliasse il loro : oltre che vi sono molti d' essi che amano piu' tosto di morire che d'arrischiare coll'immortalita' d'essere infelici, come vedono che sono i demonj. Il Diavolo ispira loro tale sentimento, e fa tutto per impedire queste povere creature di divenir' immortali col nostro comercio. Si che tengo, e V. S. deve tenere per una tentazione perniziosa e come un muoto fuori d'ogni carita', l'avversione che V. S. ha'. Del resto per quanto concerne questa, chi e' che costrinse l'Oracolo di Apollo di dire, che tutti quegli che parlavano negli oracoli erano come desso mortali, come riferisce Porfirio ? E che pensa lei che vogli dire quella voce intesa nelle spiagge della di lei Italia, che pavento' que' che solcavano il mare ? Il GRAN PAN É MORTO. Erano i popoli Aerei che avvertivano gli Ondini che il primo ed il piu' vecchio dei Silfi era morto.

- Quando questa voce fu' udita (gli dissi) mi sembra che il mondo adorava Pan e le Ninfe. Questi dunque erano i Dij falsi de' Pagani ? E vuol poi ch'io abbia comercio con essi ?

- Egli e' vero (ripiglio') i Savi non diranno mai che il diavolo abbia mai avuto il potere di farsi adorare. É troppo sfortunato e fievole per aver avuto questo piacere e questa autorita'. Ma ha' potuto persuadere a questi Elementari di mostrarsi agli uomini e di farsi ergere tempj ; e per il dominio naturale, che ciascuno ha sull'elemento che abita, intorbidavano l'aere ed il mare, vacillavano la terra e davano il fuoco dal Cielo a' loro piacere ; si che non avevano stento ad esser pigliati per Divinita', finche il Sommo Essere non volle trarre dal buio le Nazioni. Ma' il Diavolo non ha' ottenuto dalla sua malizia quanto sperava ; posciache da cio' e' successo che Pan e tutti gli Elementari, avendo trovato modo di mutar questo culto in comercio d'amore (sendo che, se V. S. si ricorda appo gli Antichi Pan era il Re di quei Dij che nominavano Incubi, e che sollecitavano molto le femine) molti si sono sottratti al Diavolo, e non abbruceranno nell'Inferno, almeno secondo alcuni, che non so se devo nominar dementi e pazzi. -

- Non intendo questo (ripigliai).-

- V. S. non intende certo ( continuo' egli) ridendo e burlando. Questo supera tutti quegli, che non intendono questa fisica. Sappia che si come gli Elementari acquistano immortalita' coll'alleanza co' gli uomini predestinati, cosi' gli uomini che non hanno parte alla gloria eterna, questi miseri, a' quali l'immortalita' non e' che un vantaggio funesto, per i quali il Messia non e' stato mandato.

- Voi siete dunque Giansenisti, signori Cabalisti ? (interruppi).

- Non sappiamo queste opinioni (replico' egli agramente). Questi sfortunati, a' quali la triste immortalita' non sarebbe che una disgrazia eterna, a'nno ancora il rimedio, come alcuni credono di poter divenir mortali alleandosi coi popoli Elementarj. Se cio' e' i Savj non arrischiano niente per l'eternita'. Se sono predestinati a'nno il piacere di condurre al Cielo nel lasciare la prigione di questo corpo, la Silfide o Ninfa che hanno immortalata, e se non sono predestinati, il comercio con la Silfide mortalizza l'anima loro e lo libera dall'orrore della seconda morte. Cosi' si esentano dal pericolo d'essere dannati.

- Senza dubbio (Esclamai non osando irarlo per farlo seguire a scoprire i suoi chimerici segreti della Gabala, che stimai bizarri, e ricreativi dal poco che aveva detto) V. S. da' una perfezione troppo indiscreta alla sua Filosofia. Sono Cristiano, Signore, e giammai mi lasciaro' metter'in capo cose simili che repugnano alla ragione ed alla Scrittura Sagra, la quale e' necessario seguire per salvarsi.

- V. S. vede (mi disse) che gli ho detto che e' opinione solamente d'alcuni. Ma se questa e' vera, supera l'intelligenza di tutti i di lei dottori.

- V. S. ha ragione (replicai) e credo che superi anche l'intelligenza de' nostri Magistrati, e che se potessero scoprire chi sono quegli che fuggono dalle mani del Demonio con questo meza, pigliarebbero gl'interessi del Diavolo contro que' fuggiaschi, e farebbero loro un cattivissimo partito.

- É percio' (ripiglio' egli) che vi raccomando il segreto. I giudici sono stravaganti, condannano un'azione innocente come un delitto abominevole. Qual barbarie ! di aver fatto abbruciare quei due Preti che dice il Prencipe della Mirandola d'aver conosciuti, che avevano avuto ciascuno la sua Silfide lo spazio di quarant'anni ! Che inumanita' d'aver fatto morire Giovanna Ervilliera, che si era apposta ad immortalare un Gnomo lo spazio di trenta sei anni ! e qual ignoranza a Bodino di trattarla da strega, e di pigliar motivo da cio' di autorizzare le chimere popolari circa le streghe. Ma' vedo esser tardi, e che V. S. non ha' magnato, perche' per noi altri magnamo per piacere, e mai per necessita', come fanno i Savj del mondo che non magnano, che per necessita'. Che pensa S. V. (continuo') che possino star'i Savj senza magnare ? -

- Non so (gli risposi). Moise' ed Elia stettero quaranta giorni, i savj, stimo, staranno qualche giorno di meno.

- Che bello sforzo sarebbe (ripiglio'). Paracelso afferma aver veduto veri Savj che sono stati vent'anni senza magnare la minima cosa. Egli stesso, prima d'essere pervenuto alla Monarchia Filosofica, provo' di vivere molti anni col pigliar solamente un mezo scrupolo di quintessenza solare. É non si ha' che a' separare la terra elementare, cioe' depurata di grassizie, da ogn'altro elemento, porla sull'umbilico, e rinnovarla quando e' troppo secca, e fa che non si cura l'uomo di magnare e bere senza stento veruno, come ha' provato Paracelso per sei mesi. Sovracio' andassimo a pransare secondo l'uso degli Eroi Filosofici.-

Doppo pranso ritornassimo al luogo di conversazione. Avevo compassione della demenza di questo Signore, dalla quale vedevo che era malagevole di ritrarlo, e questo mi vietava di pigliare spasso di quanto m'aveva detto, almeno tanto quanto avrei fatto se avessi avuto speranza di ritrarlo. Cercavo nell'antichita' qualche cosa per opporgli a' che non potesse rispondere, perche' di addurgli li sentimenti della chiesa stimavo che non gli piacerebbero per esser pazzo, e di voler convincere u cabalista colla ragione, cio' mi sembrava troppo arduo. Mi venne in questo mentre nel capo che aveva parlato de' Dij falsi, a' quali aveva sostituito gli Elementarj, e che cio' poteva essere refutato cogli Oracoli de' Pagani, che la scrittura tratta con verita' per tutto di Diavoli, e non di silfi. Ma' come non sapevo se attribuirebbe gli Oracoli a qualche causa naturale, stimai necessario di fargli dire il suo pensiero sovra di cio'. Me ne diede motivo lodando certe statue che erano in quel luogo dov'eravamo.

- Sono state qua portate massime d'Italia (ripigliai) credendo che altre fiate avevano resi oracoli, quinci sono state comprate a' gran contenti.-

- É un male comune (ripiglio' egli) L'Ignoranza fa commettere ogni giorno una maniera d'Idolatria colpevole, col conservare con cura gl'idoli che si credono aver servito altre fiate al demonio per farsi adorare. Non si sapra' mai nel mondo, che nel suo principio i nemici sono stati precipitati sotto lo sgabello de' piedi, e che il demonio e' tenuto incatenato sotto la terra nel buio tenebroso ! tal curiosita' poco lodevole. Di ragunare cosi' que' creduti organi del Diavolo, potrebbe divenir innocente se si potesse persuadere che mai il demonio ha oracolizzato.

- Non istimo (interruppi) che fosse agevole d'asserirlo tra curiosi ; ma ben si forse tra i Sodi. Posciache e' stato deciso poco fa in una Ragunanza fatta apposta per tal materia da' acutissimi ingegni, che tutti questi Oracoli non erano che una superchierie dell'avarizia de' Preti Gentili, od un'artifizio della politica de' Sovrani. -

- Erano forsi (mi disse) Maomettani quegli della ragugnanza, e che decisero questo ?-

- No (risposi)

- Di qual religione dunque erano (replico') poiche' non badano alla Scrittura Sagra, che parla in tanti luoghi di tanti varj Oracoli ? e particolarmente de' Pitoni, che facevano la loro residenza e che rendevano le loro risposte nelle parti destinate alla moltiplicazione.-

- Parlai (replicai) di questi ventri parlatori, e feci notare che Saule li aveva banditi dal suo Regno, dove ne trovo' pero' ancora uno la vigilia della sua morte, la cui voce ebbe l'ammirabil potere di resuscitar Samuele, a' suo priego, ed alla sua rovina. Ma questi sapienti non lasciarono di decidere, che non vi furono mai Oracoli.-

- Se la Scrittura non faceva loro impressione (disse egli) bisognava convincerli coll'antichita', nella quale era agevole di far loro vedere mille bellissime pruove. Tante Vergini gravide del destino de' mortali, che partorivano la buona o la cattiva fortuna di quegli che le consultavano. Perche' non adduceva V.S. Crisostomo, Origene ed Ecumenio ? Che rammentano que' indovini chiamati da Greci Engastrimandes , i cui ventri profetici articolavano Oracoli tanto famosi. E se non volevano la Scrittura e i Padri, bisognava addurre quelle zitelle miracolose menzionate da Pausania, che si mutavano i colombe, e rendevano li celebri Oracoli delle Colombe di Dodona ; o' quelle zitelle illustri della Francia, che si mutavano in ogni figura, al piacere de' Consultanti, e che oltre gli Oracoli celebri che rendevano, avevano l'imperio sovra li fiotti, ed una autorita' salutare sulle malattie piu' incurabili.-

- Oh (risposi) sarebbero state trattate queste cose di falsita'.-

- Perche' (ripiglio' egli), l'Antichita' forsi le faceva sospette ? Doveva allegar loro gli Oracoli che si rendono ancora ogni giorno.

- Ed in qual luogo del mondo (gli dissi)

- Per tutto (rispose) V. S. e' maestro in Israele e non lo sa ? Non si consultano forse ogni giorno gli oracoli acquatici dentro bicchieri d'acque o' dentro bacini, e gli aerej negli specchi, co' crivelli e sulle mani delle Vergini ? Non si recuperano cosi' gli orologi rubati e cose perdute ? Non si sanno cosi' le nuove de' paesi lontani ?-

- Ah, che mi dice V. S. (gli dissi)-

- Gli dico (ripiglio' egli) quanto son sicuro che arriva ogni giorno. -

- Mi scusi Padrone (replicai) io non lo credo. I magistrati farebbero giustizia e darebbero qualche esempio d'un'azione tanto abominevole e non tolerarebbero che l'idolatria.......-

- Oh, come V. S. e' pronto ! (interruppe) non vi e' tanto male come pensa in questo, e la provvidenza non lasciera' che si estirpi questo rimasuglio di filosofia che si e' salvato dal miserando naufragio della povera verita'. Se rimane ancora qualche vestigio del formidabile potere de' nomi divini fra' i popoli, perche' scancellarlo ? e perder cosi' il rispetto a' quegli che operano soli tante meraviglie, anche invocato dagli ignoranti e peccatori, e che farebbero bene altri miracoli, e piu' stupendi in una bocca cabalistica. Se S.V. voleva convincerli della verita' degli Oracoli non aveva che da esaltare la sua imaginazione, e la sua fede, e volgendosi verso l'Oriente gridare ad altra voce A. G........-

- Signore (interruppi) avrei ben badato di far un simile argomento a' persone si onorate come quello colle quali ero ; m'avrebbero pigliato per pazzo, perche al certo non vi prestano fede, e quando anche avessero saputo l'operazione gabalistica, che V. S. dice, non sarebbe riuscita per mia bocca, perche io vi ho' ancora minor fede d'essi.-

- Se V. S. non ne ha (disse egli) ce ne faro' bene venire. Fratanto se avesse V. S. stimato che non avessero prestato fede a quanto si vede ogni giorno, dovea addur loro l'Oracolo che dice Celio Rodigino aver veduto egli stesso render nel fine del secolo passato da quell'uomo straordinario che prediceva il futuro collo stesso organo di Euricle di Plutarco -

- Non avrei voluto (risposi) citar Rodigino, perche' sarebbe stata la citazione assai pedantesca, e non avrebbero mancato di dirmi che quest'uomo era un' indemoniato.

- Si l'avrebbero detto, ma frateschissimamente (ripiglio' egli)-

- Signore (interruppi) nonostante la di lei avversione cabalistica che vedo che ha per gli Ecclesiastici, non posso far di meno in tal'occasione di prendere il loro partito. Stimo che non vi sarebbe tanto male di dire che non vi sono mai stati Oracoli, quanto vi sarebbe nel dire che non era il demonio che parlava. Poiche' in fine i Padri ed i Teologi......-

-Poiche' infine (interruppe egli) i Teologi non concedono eglino che la sapiente Sambetea, la piu' antica delle Sibille era figlia di Noe' ?

- Che importa ?(ripigliai)

- Plutarco (ripiglio' egli) non dice egli che la piu' antica delle Sibille fu' la prima, che rese gli oracoli a Delfo ? Questo spirito, che teneva Sambetea nel suo seno, non era dunque un Demonio, ned il suo Apollo era un Dio falso ; poiche' l'idolatria non comincio' che un pezzo doppo la divisione de' linguaggi, e sarebbe poco verisimile d'attribuire al padre delle menzogne i libri delle Sibille e tutte le pruove della vera Religione che ne a'nno tratte i Padri : e poi non tocca a V. S. di rompere il matrimonio fatto da un cardinale di Autorita' tra Davide e la Sibilla, ne' di accusare questo personaggio d'aver comparato un si' gran profeta ed un sfortunata Energumena. Posciache' o Davide fortifica la testimonianza della Sibilla, o' la Sibilla affievolisce l'autorita' di Davide. In oltre il Demonio e' mai egli stato diviso da se stesso ? ed egli alle fiate contrario a' suoi proprj interessi ?

- Perche' no ? (gli risposi)

- Perche' no ? (disse egli) Perche' quello che Tertulliano ha' chiamato la ragione di Dio, non lo trova a proposito. Il Demonio non e' mai diviso da se stesso. Ne siegue dunque o' che il demonio non ha' mai parlato contro i suoi proprj interessi ; quinci se gli oracoli a'nno parlato contro gl'interessi del demonio, non era il Demonio che parlava negli Oracoli.

- Ma Dio non ha' egli potuto sforzar il Demonio (gli dissi) di dar luogo alla verita' e di parlar contro se stesso ?

- Ma (replico' egli) se Dio non l'ha' sforzato ?

- Ah ! in questo caso (ripigliai) V. S. avra' maggior ragione che li Ecclesiastici.

- Vediamolo dunque (segui' egli) e per procedere invincibilmente non voglio addurre gli Oracoli addotti da' Padri perche' com'eran uomini potevano ingannarsi, ma' voglio addurre un'Uomo che non puo' essere sospetto in cio' : Pagano, e Pagano d'altra sorte che Lucrezio, Luciano o' gli Epicurei, un Pagano infatuato de' suoi Dij e de' demoni senza numero, superstizioso fuor di modo, Mago e per conseguenza gran partigiano del Diavolo, Porfirio io dico. Ecco alcuni oracoli ch'egli riferisce, eccoli, parola per parola.

 

Oracolo

Vi e' sovra il fuoco celeste una fiamma incorruttibile, sempre risplendente, scaturigine dell vita, fonte d'ogni essere e principio d'ogni cosa. Questa fiamma produce tutto, e non perisce che quanto questa consuma, si fa conoscere da se stessa e non puol'esser contenuta da alcun luogo.
Ella e' senza corpo, senza materia, circonda i Cieli ed esce da essa una scintilluccia che fa tutto lo splendore del Sole, della Luna e delle Stelle. Ecco quanto so d'Iddio : non cerca a' saperne di piu', perche' eccede la tua capacita' per sapiente che tu sij. Del resto sappi che l'uomo ingiusto e cattivo
no puo' celarsi da Dio. Ne' scaltrezza, ne' senza puo' coprire niente a' suoi occhi penetranti. Tutto e' pieno di Dio. Dio e' per tutto.

- Questo Oracolo non mi pare procedente dal Demonio. Almeno (dissi) esce assai dal suo carattere.

- Eccone un altro (disse egli) che dice meglio.

Oracolo

Vi e' in Dio una profondita' immensa di fiamma il cui calore tranquillo e quieto fa l'armonia e la durata del mondo. Cosa veruna non esiste che da questo fuoco, che e' lo stesso di Dio. Non e' stato generato da alcuno, e' senza madre, sa tutto, e non gli ci puol'insegnar niente ; e' invacillabile ne' suoi disegni, ed il suo nome e' ineffabile. Ecco cosa e' Iddio, posciache per noi, che siamo suoi Messaggieri, non siamo che una particella di Dio.

- E bene che dice V. S. di questo ?

- Diro' di tutti due (replicai) che Dio puo' sforzar il Padre delle menzogne a' dar luogo alla verita'.

- Eccone un altro (ripiglio' egli) che levara' questo scrupolo

Oracolo

Ahi Tre'piedi ! Piagnete e fate l'Orazione funebre del vostro Apollo. Egli e' mortale, si spegne perche' la luce della fiamma celeste lo fa spegnere.

- V. S. vede bene che, chiunque sia che parla in questi Oracoli, che spiega cotanto bene a' pagani l'essenza, l'Unita', l'immensita' e l'Eternita' di Dio, confessa che e' mortale e che non e' una scintilluccia di Dio. Non e' dunque il demonio che parla, poiche' e' immortale, e che Dio non lo sforzarebbe a dirlo, che non lo e'. É costante che il Demonio non si divide contro se stesso. E egli questo il modo di farsi adorare, di dire che non vi e' che un Dio solo ? dice che e' mortale, e da quando in qua il Demonio e' si' umile di levarsi le sue qualita' naturali ? V. S vede dunque, che, se il principio di quello che si chiama per eccellenza il Dio delle scienze sossiste, non pol'essere il Demonio che ha' parlato negli Oracoli.

- Ma se non e' il demonio (gli dissi) o' con mentire quando si dice mortale, o' dicendo la verita' per forza quando parla di Dio, a' chi attribuire dunque questi oracoli che V. S. sostiene esser veramente stati resi ? Forsi all'esalazione della Terra, come Aristotele, Cicerone e Plutarco ?

- Oh questo no (disse egli) non sono cosi' pazzo.

- Come (replicai) tiene V. S. questa opinione per pazza ? i suoi partigiani sono pero' persone di giudizio.

- Non lo sono in questo (ripiglio' egli) ed e' impossibile di attribuire all'esalazione quanto si e' fatto negli Oracoli. Per esempio, quell'uomo appo Tacito, che compariva in sogno a' Sacerdoti d'un tempio d' Ercole, nell'Armenia, e che comandava loro di tenergli pronti corsieri bardati per la caccia. Sin qui potrebb' essere l'esalazione : ma quando i corsieri venivano alla sera stanchi, ed il carcasso vuoto di frecce, e che il giorno seguente si trovavano tante bestie morte ne' boschi quante frecce nel carcasso, cio' non puo' derivare dall'esalazione. E non era il Diavolo, perche' non si puo'l'attribuire all'inimico di Dio senza pazzia, che gli sia permesso di pigliarsi tale spasso.

-A' che dunque (gli dissi) attribuisce la Gabala tutto cio' ?

- Aspetti V. S. (replico') e mi lasci levargli dal capo quest'esalazione, perche' ha citato con tant' Emfasi Aristotele, Cicerone e Plutarco che V. S. potrebbe ancora citare Giamblico, che, per dotto che fosse, stette in tal'errore qualche tempo, che lascio' pero' quando ebbe squitinata la cosa nel libro de' misterj.

Pietro d'Aponio, Ponponaccio, Levinio, Sisenio e LucinioVanino ancor'eglino, a'nno piacere d'aver trovato questo in alcuni antichi. Tutti questi dotti, quali, quando parlano delle cose divine dicono piu' tosto quanto bramano, che quanto conoscono, non ammettono cosa alcuna di sovra umano negli Oracoli, per riconoscere qualche cosa di superiore all'uomo. Temono di fare una scala per arrivare sino a' Dio, che temono di conoscere co' gradi delle Creature Spirituali, e vogliono piu' tosto farsene una per iscendere nel niente. Non vogliono assoggettare l'uomo alle sostanze meno materiali, e l'assoggettiscono ad un'esalazione, e senza considerare che non vi e' alcun rispetto tra' questo fumo chimerico e l'anima dell'Uomo tra' questo vapore e le cose future, tra' questa causa fievole e questi effetti miracolosi, basta loro d'essere singolari per credere che sono ragionevoli, e di niegare gli spiriti per sembrare dotti e giudiziosi..

- La singolarita' dunque spiace molto a V. S. (interruppi)

- Ah (mi disse egli) e' la peste del giudizio, e la pietra d'inciampo de' giudiziosi. Aristotele, per gran logico che fosse, non ha' potuto evitare il laccio, nel quale la fantasia ed il ghiribizzo della singolarita' induce tutti, non ha' potuto, dico, evitare d'imbrogliarsi e di contraddirsi. Dice nel libro della generazione degli animali, e nella sua morale, che l'intelletto umano viene dall'uomo esteriormente, e che non puo' procedere dal Padre : e per la spiritualita' delle operazioni dell'anima conchiude esser'essa d'un altra natura che il composto materiale che anima, e la cui materialita' non fa che offuscare le speculazioni invece di contribuire alla loro produzione. Cieco Aristotele ! poiche' secondo esso il composto materiale non puol'essere l'origine de' pensieri spirituali, e vuole poi che un'esalazione fievole possa essere la causa de' pensieri sublimi, e dello scopo pio de' Pitoni che oracolizzano. Ecco come si contradice, e come la singolarita' lo fa traviare.

- V. S. parla benissimo (gli dissi) - sperando di sanarlo dalla sua demenza, gia' che vedevo che parlava bene, dio voglia che.....

- Plutarco (interruppe egli) tanto sodo, muove a compassione ne' suoi dialoghi, perche' gli oracoli a'nno cessato. Si oppone varie cose convincenti che non risolve punto. Perche' non si risponde degli, quando gli si dice che se e' l'esalazione che sia la causa di questi trasporti ed entusiasmi, tutti quegli che si avicinano al trepiede fatidico sarebbero pieni d'entusiasmi, e non una zitella sola, ed ancora e' d'uopo ch'essa sia vergine ? Ma' come puo' questo vapore articolar voci nel ventre ? Di piu' questa esalazione e' una causa naturale, necessaria, che deve fare il suo effetto regolarmente e sempre : e perche' questa zitella e' agitata solo quando vien consultata ? E perche' la terra ha' cessato ella di tramandare simili vapori ? É essa meno terra di prima ? riceve ella altri influssi ? ha essa altri mari, e fiumi ? Chi ha' dunque otturato i suoi pori, o' mutata la sua natura ? Ammiro Ponponaccio, Lucillo ed altri d'aver pigliato l'idea di Plutarco, e d'aver lasciato il modo con che si spiega. Egli aveva parlato piu' giudiziosamente d'Aristotele e di Cicerone. Com'egli era uomo giudizioso, e non sapendo che conchiudere degli Oracoli, doppo un'irresoluzione tediosa, si era prefisso che tal'esaltazione era uno Spirito Divino ; cosi' attribuisce alla divinita' que' moti e chiarezze straordinarie delle sacerdotesse d'Apollo (Questo vapore indovino- dic'egli - e' un soffio ed uno spirito divino e santo). Ponponaccio, Lucillo e gli Atei moderni non tengono simili discorsi, che suppongono la divinita' . Tai esalazioni (dicono eglino) erano della natura de' vapori che infettano gli Atribilarj, che parlano linguaggio che non sanno. Ma Fernello refuta questi empj, provando che la bile, che e' un'umor peccante non puo' cagionare questa diversita' di linguaggi, che e' un effetto miracoloso della considerazione, ed un espressione artifiziale de' nostri pensieri. Egli ha' pero' deciso la cosa imperfettamente quando si e' soscritto a Psellio ed altri che non a'nno capito la nostra filosofia. Non sapendo d'onde pigliare le cause di tanti effetti, ha' fatto come le Donne ed i Frati e li ha' attribuiti al Demonio. -

- A chi dunque attribuirli (gli dissi) e' un pezzo che aspetto tal segreto.

- Plutarco stesso l'ha' notato (mi disse egli) ed avrebbe fatto bene di tenervisi. Questo modo irregolare di spiegarsi per un organo indecente, non essendo assai grave e degno della maesta' de' Dij (dice questo pagano) e superando quanto dicevano gli Oracoli le forze dell'anima dell'Uomo, quegli a'nno reso un buon servizio alla Filosofia che a'nno stabilito alcune creature mortali tra' gli Dij e gli uomini, a' quali si puo' riferire quanto supera la fievolezza umana, e che non si avvicina alla grandezza divina. Quest'opinione e' di tutta la filosofia antica. I Platonici, e Pitagorici lo''avevano pigliata dagli Egizj, e questi da Gioseppe e dagli ebrei che abitarono l'Egitto prima del passaggio del mar Rosso. Gli Ebrei chiamano queste sostanze che sono tra gli Angeli e l'uomo Sadaim ed i Greci trasportando le sillabe e non aggiungendovi che una lettera, Daimonos. Questi Demonj sono appo gli antichi Filosofi un popolo aereo dominante gli elementi, mortale, generante, incognito in quel secolo a' quegli che tracciavano poco la verita' nella sua antica stanza, cioe' la nella Gabala, e nella teologia degli Ebrei che avevano appo d'essi l'arte particolare di trattenere questa nazione aerea, e di conversar con essa.

- Eccola ancora, per quanto io credo (interruppi) alli suoi Silfi.

- Si' (continuo' egli). Il Terafim de' Giudei non era che la cerimonia che bisognava osservare per tal comercio ; e quel Micas ebreo che si lagna nel libro de' Giudici che sono stati levati li suoi Dij, non piagne che la perdita della statua nella quale i Silfi lo trattenevano. I Dij che Rachele rubbo' a suo Padre, erano un Terafim. Micas, ne' Labano non sono ripresi d'idolatria : e Giacobbe non avrebbe vissuto quatordici anni con un'Idolatra, ne' sposato la sua figlia. Cio' non era che un comercio de' Sifi : e noi sappiamo per tradizione che la Sinagoga teneva tal comercio lecito, e che ‘Idolo della moglie di Davide non era che il Terafim col quale teneva comercio co' popoli elementarj : poiche' V. S. puo' ben credere che un simile Profeta non avrebbe tolerato l'Idolatria in casa sua. Questi Elementarj prima della venuta del Messia pigliavano piacere a' spiegar'agli uomini negli oracoli quanto sapevano di Dio ; ed a' mostrar loro a' vivere moralmente, a' dar loro consigli prudenti ed utilissimi, come se ne vedono molti appo Plutarco ed altri Storici. Ma quando Dio ebbe pieta' del mondo, e volle divenir'egli stesso Dottore, questi Dottorelli si ritirarono, e quinci il silenzio degli Oracoli.

- Risulta dunque (replicai) da tutto il discorso, che vi sono stati Oracoli, e che i Silfi li rendevano ; e che sono dessi che li rendono ogni giorno ne' bicchieri, negli specchi e crivelli.

- Li Silfi,o' Salamandri, i Gnomi o' li Ondini (ripiglio' egli)

- Se cio' e' (replicai) i di lei Elementarj sono bene poco onesti.

- Perche' ? (disse egli)

- Eh, puossi vedere cosa piu' brutta (seguitai) che tutte queste risposte equivoche che davano sempre.

- Sempre ? (ripiglio' egli). Ah non sempre. Quella Silfide che apparve a quel romano in Asia e che gli predisse che vi riverrebbe una fiata in qualita' di Proconsole, parlava forsi essa con oscurita' ? E Tacito non dice egli che la cosa successe com'era stata predetta ? Quell'iscrizione, e quelle statue famose nelle Storie di Spagna, che predissero allo sfortunato Re' Rodrigo che la sua curiosita' e la sua incontinenza sarebbero castigate da persone vestite ed armate come loro, e che questi uomini neri s'apponderarebbero della Spagna, e vi regnarebbero lungo tempo. Cio' non poteva essere piu' chiaro, e se ne vidde l'effetto lo stesso anno, perche' i Mori stronarono questo Re' effeminato, e V. S. ne sa la storia ; e V. S. vede bene che il Demonio, che doppo la venuta del Messia non dispone degl'Imperi, non ha' potuto esser'autore di questo Oracolo, e che sicuramente e' stato qualche Gran Gabalista che l'aveva saputo da qualche Salamandra delle piu' dotte : poiche come queste cose amano molto la castita', ci dicono volentieri li disastri che devono arrivare al mondo per la mancanza od intaccamento di tal virtu'.-

- Ma Signore (gli dissi) trova V. S. casto e degno del pudore Cabalistico quell'organo eteroclito di cui si servivano per predicare la loro Morale ?

- Ah questa volta (disse ridendo) V. S. e' pazzo, non vede ella la ragione fisica che fa che il Salamandra infiammato si piace nei luoghi piu' ignei, ed e' attratto dal....

- Intendo, intendo (interruppi) senza che si spieghi piu' avanti

- Quanto all'oscurita' d'alcuni Oracoli (segui' egli gravemente) che V. S. chiama bruttezza e sporchezze, le tenebre non sono elleno l'abito ordinario della verita' ? L'oracolo continuo lasciato da Dio, la Scrittura dico,, non e' ella ingombrata d'una oscurita' santa che confonde i superbi come conduce gli umili ? Se V.S. non ha' che questa difficolta', la conseglio a' non differire d'entrare in comercio co' questi Elementarj. V. S. li trovera' onesti, sapienti, benefici e timorosi di Dio. Son di parere che V. S. cominci da' Salamandri, perche il suo Marte denoti molto ardore nelle sue azioni ; E per il matrimonio son di parere che si pigli una Silfide. V. S. sara' piu' felice con ella che con altre, perche' il suo Giove in sestile di Venere presiede all'aere e popoli aerei. Pero' squitini il suo interiore, perche' come sapra' un giorno, e' per gli astri interiori che il Savio si governa, e gli astri del cielo esteriore non servono che a fargli conoscere piu' certi gli aspetti degli astri del Cielo interiore, che e' in ogni creatura. Cosi' tocca a'V. S. a dir la sua inclinazione per procedere all'alleanza cogli Elementarj che gli saranno piu' a' grado.-

- Cio' (risposi) richiede tempo per deliberarmi - e sovra questo ritornassimo a Coppenaga, ed in istrada lo feci discorrere degli Atei e non ho' mai udito parlare cotanto bene, ne' dire cose si' sode per l'esistenza di Dio e contro l'accecamento di quegli, che passano la loro vita senza darsi ad un culto continuo di quello dal quale teniamo l'essere e che ci conserva. Ed assicuro V. E. ch'ero attonito dal carattere di questo signore, e non potevo capire come poteva essere in uno stesso tempo tanto forte e tanto fievole, si mirabile quanto ridicolo.

Fra' tanto in me stesso ruminavo tutte queste cose, ed avrei volentieri desiderato che quanto m'aveva detto fosse vero, perche volentieri avrei voluto aver comercio co' Gnomi per aver da essi Tesori e segreti proprj per accumular danari per potermi astenere dalle fatiche continue alle quali m'ero dedicato per tracciare la Pietra Filsosfale, ma' quando squitinavo tutto, trovavo che era chimerico, e cosi' lasciando tutti questi Elementarj chimerici nel loro niente, continuai le principali fatiche per questo Re', ne' mi sono piu' curato di vedere questo Signore per qualche tempo. Egli mi e' stato a' cercare gia' due volte, ma' non avevo tempo di parlargli. Se lo vedro' di nuovo non mancaro' di dar parte a' V. E. della continuazione di questo trattenimento bizzarro, che dal detto si puo' dedurre che sara' bello.

Fra' tanto V. E. puo' spassarsi di questo fin ad altro tempo, che mi verra' fatto di trattenerla d'altre cose, e la supplico di credere che in ogni occasione mi gloriaro' d'essere con rispetto e riverenza

D. V. E.

da Coppenaga li 16 Maggio 1666

Umilissimo, ed Ubb.mo Serv.re

Francesco Borri

Tra fornelli e Salamandre Amstelodamo 15.02.1662 Turino 22.08.1662 Amstelodamo 09.03.1665

  Coppenaga 15.05.1666 Coppenaga 11.07.1666 Copenage  09.08.1667