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Il Cavaliere Andrea Michele De Ramsay deve la sua notorietà ad un famoso “Discorso”, redatto nel 1737, che da allora è stato oggetto di varie interpretazioni e, talvolta, di gravi fraintendimenti. Si è venuto infatti a creare un mito durevole secondo il quale egli sarebbe stato il riformatore delle Istituzioni massoniche, soprattutto nel senso di aver ispirato, inventato o aver propagato per primo gli Alti Gradi della Massoneria e di aver dato avvio alla cosiddetta teoria “Crociato-Cavalleresca” sulle origini della Massoneria. Ma, ad una attenta disamina del Discorso, il mito non regge. É, questa, la tesi dello studioso di storia massonica Luigi Sessa, che emerge da un’approfondita analisi dell’attività massonica del Cavaliere De Ramsay da lui espletata.
Prima di entrare nel merito, giova ricordare che Andrea Michele de Ramsay era nato nel 1686. Nobile di Scozia e Cavaliere dell’Ordine di S. Lazzaro, studiò Teologia a Glasgow e si licenziò Maestro d’Arte a Edimburgo. Ottenne la laurea “honoris causa” in Diritto Civile presso l’Università di Oxford, fu precettore dei rampolli di Casa Stuart e fu anche letterato alla moda, in Francia. La sua opera più nota, “I Viaggi di Ciro”, fu pubblicata nel 1727. Fu molto amico del Vescovo Fenelon, di cui subì l’ascendente spirituale tanto da convertirsi al Cattolicesimo. Viaggiò molto in Europa e soggiornò a lungo in Francia. Iniziato Libero Muratore, a Londra nel 1730, svolse tuttavia a Parigi la sua più nota attività massonica. Morì a S. Germain en Laye nel 1743.

Vediamo, ora, in sintesi la tesi di Luigi Sessa.

In nessuna opera del Ramsay si riscontra alcun accenno a proposito di “riforma” della Massoneria. Con il suo Discorso, dunque, Ramsay non si riprometteva di modificare o di sviluppare i gradi massonici, ma solamente di dialogare con l’aristocrazia francese nel clima politico, confuso ed obiettivamente difficile, di quegli anni. Il Discorso, pertanto, era solo e semplicemente lo strumento, da lui escogitato, per aprire l’auspicato dialogo, ed è da rilevare, inoltre, che i riferimenti circa un’origine crociato-cavalleresca della Massoneria non sono da ritenersi originali in quanto essi erano già emersi in anni precedenti (cfr.: “Letter from the Grand Mistress etc.”, opera anonima del 1724, e “Defence of Masonry”, apparsa anonima nel 1730, e attribuita a Martin Clare). Il Ramsay quindi non può neanche essere ritenuto l’iniziatore della cosiddetta Teoria Crociato-Cavalleresca.
Questo famoso Discorso redatto nel 1737 non fu mai pronunciato e fu pubblicato soltanto nel 1741, a Parigi, nell’“Almanac de Cocus ou Amusement pour le beau sexe pour l’annee 1741, auquel on a joint un recueil de pieces sur les Franc Maçon... Par un Philosophe Garçon”. Questa data assume particolare significato ed importanza per capire la fragilità del mito: infatti, poiché gli Alti Gradi cominciarono a diffondersi nell’ambiente massonico francese a partire dal 1738, è evidente che il Discorso, a parte la sua estraneità all’argomento, non può essere ritenuto, in ogni caso, all’origine della loro invenzione e diffusione.
Un insieme di ipotesi e di credenze si sono accumulate negli anni sul Cavaliere De Ramsay e sulle vicende da lui tormentosamente vissute: ipotesi e credenze divenute sempre più incerte e confuse col passare del tempo, soprattutto recentemente, quando è stata rinvenuta nella Biblioteca Municipale di Epernay la copia manoscritta del Discorso del Sig. Cavaliere Ramsay dato alla Loggia di S. Giovanni il 26 dicembre 1736. Il Discorso rinvenuto a Epernay è quindi precedente a quello del 1737, che fino a pochi anni fa era ritenuto l’unico discorso di Ramsay.
La versione del 1737 fu scritta per essere letta in una Assemblea Generale di Logge o di Maestri Venerabili della città di Parigi, ma il famoso discorso, come si è detto, non fu mai pronunciato. Il 20 marzo, il giorno precedente la prevista assemblea, il Ramsay scrisse al Cardinale André Hercule De Fleury, ministro degli Interni e Primo ministro di Francia, per sottoporre alla sua approvazione ed eventuale correzione il testo del Discorso:
“Crederei di mancare alla bontà di cui Vostra eminenza mi onora se dessi questo discorso alla stampa senza comunicarglielo prima. Non occorre che un quarto d’ora per leggerlo. Se osassi, la supplicherei di correggerlo non solo per la maniera ma per la dizione. Vorrei che tutti i discorsi che pronuncio nelle nostre assemblee alla giovane nobiltà di Francia, ed anche a molti altri, fossero ripieni del Vostro spirito, dei Vostri sentimenti, del Vostro stile. Degnatevi, Monsignore, di sostenere la società dei Freemassons nelle grandi prospettive che essi si propongono e Vostra Eminenza renderà il suo nome ben più glorioso con questa protezione di quanto Richelieu non rese il suo con la fondazione dell’Accademia Francese. L’oggetto dell’una è ben più vasto di quello dell’altra. Lo so che il tramandare il proprio nome con fulgore alla posterità è un tenuissimo obiettivo per un prelato che crede, che spera e che ama Colui che solo può rendere immortale. Ma coronare i suoi nobili lavori e la pacificazione dell’Europa incoraggiando una società che tende a riunire tutte le Nazioni con l’amore della virtù e delle arti belle è azione degna di un grande ministro, di un padre della Chiesa, di un santo pontefice.
Siccome devo leggere il mio discorso domani in una assemblea generale dell’Ordine e darlo lunedì mattina agli Esaminatori della Cancelleria (cioè ai Censori della Stampa), supplico Vostra eminenza di rimandarmelo domani prima di mezzogiorno per un espresso. Ella obbligherà infinitamente un uomo che gli è devoto col cuore e che ha l’onore di essere, con un profondissimo rispetto, Monsignore, di Vostra Eminenza l’umilissimo e obbedientissimo servitore”.
Prevista per il 21 marzo, l’Assemblea venne però rinviata al 24. Non avendo ricevuto risposta dal Cardinale De Fleury, il 22 marzo Ramsay scrisse nuovamente all’alto prelato che nel frattempo aveva manifestato l’intenzione di proibire le riunioni massoniche in Francia (cosa che farà proprio in quei giorni)
“Monsignore, ritorno dalla campagna ed apprendo che le assemblee dei Freemassons dispiacciono a Vostra Eminenza. Io non le ho mai frequentate che allo scopo di spandervi delle massime che avrebbero poco a poco reso ridicola l’incredulità, odioso il vizio e vergognosa l’ignoranza. Sono persuaso che se si introducessero alla testa di queste assemblee delle persone sagge e scelte da Vostra Eminenza, esse potrebbero diventare utili alla Religione, allo Stato e alle lettere. É quello di cui credo di poter convincere Vostra Eminenza se Ella si degna di accordarmi una breve udienza a Issy”.
Verosimilmente, Ramsay avvertiva la crescente ostilità del potere politico verso la Massoneria francese e cercava di trovare protezione nel rappresentante della Chiesa alla quale apparteneva e si sentiva vicino. Il suo tentativo però fallì: il Cardinale si attenne alla ragione di Stato e non rispose, ufficialmente, all’appello di Ramsay (una risposta dovette pur esserci dato che lo stesso Ramsay, in una lettera indirizzata al giacobita inglese Mr. Carte, afferma: “Io ero l’Oratore e avevo grandi vedute se il Cardinale non mi avesse scritto per darmi la sua proibizione”).
Il comportamento del Cardinale De Fleury indusse quindi Ramsay a rinunciare alla lettura del Discorso, che come rileva il Sessa può essere considerato un compendio sui generis, redatto all’evidente scopo di illustrare le caratteristiche e le finalità istituzionali liberomuratorie, nella prospettiva di instaurare buoni rapporti con l’autorità politica ed ecclesiastica.
Infatti, il Discorso del 1737 inizia con la descrizione generale dell’Ordine, delle sue caratteristiche e dei suoi fini pratici. L’autore dice che le sue basi sono la Saggezza, la Bellezza e la Forza e indica come necessarie per farne parte quattro qualità: la filantropia o umanità, la sana morale, la segretezza e, infine, il gusto per le Scienze e le Arti Liberali. Ramsay allude al grande debito che la moderna Fratellanza ha verso i propri Antenati, i Crociati che hanno immaginato l’Ordine, di cui l’unico scopo è la fraterna riunione degli spiriti e dei cuori per renderli migliori, in una Nazione tutta spirituale, cementata col legame della virtù e della scienza. Egli fa presente che nell’Ordine vi sono tre specie di Fratelli: Apprendisti, Compagni e Maestri; informa che tutti i vizi del cuore e dello spirito sono banditi; ricorda le obbligazioni imposte dall’Ordine: proteggere, illuminare, sorreggere e soccorrere i Fratelli, di sacrificare ogni risentimento personale e contribuire a perseguire la pace e l’unione della società.
Secondo il Ramsay le feste di Cerere ad Eleusi, di Osiride in Egitto, di Minerva ad Atene, di Urania preso i Fenici e di Diana in Scizia, avevano rapporto con le feste massoniche, dove si celebrano dei misteri in cui si trovano molte vestigia dell’antica religione di Noè e dei Patriarchi.
Con il presumibile riferimento alla “Cyclopaedia” di Ephraim Chalmer (pubblicata a Londra nel 1728), Ramsay afferma che tutti i Grandi Maestri in Germania, in Inghilterra, in Italia e altrove esortano tutti gli scienziati e tutti gli Artefici della Fratellanza ad unirsi per fornire i materiali di un Dizionario Universale delle Arti Liberali e delle Scienze utili; “la Teologia e la Politica soltanto eccettuate”.
Nel Discorso, Ramsay prosegue dicendo che il nome di Libero Muratore non deve essere preso alla lettera, dato che i fondatori dell’Ordine non erano semplici operai della pietra. Essi erano non soltanto abili architetti che volevano consacrare i loro talenti e i loro beni alla costruzione di Templi esteriori, ma altresì dei Principi religiosi e guerrieri che volevano illuminare, edificare e proteggere i templi viventi dell’Altissimo.
Rispetto alle origini della Massoneria, Ramsay nel Discorso del 1737 dice:
“Dal tempo delle Crociate in Palestina molti Principi, Signori e Cittadini si associarono e fecero voto di ristabilire i Templi dei Cristiani in Terra Santa e di impegnarsi a ricondurre la loro Architettura ai suoi primi fondamenti. Essi convennero molti antichi segni e parole simboliche tratti dal fondo della Religione, per riconoscersi tra di loro dagli Infedeli e dai Saraceni. Qualche tempo dopo, il nostro Ordine si unì intimamente coi Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme. Da allora le nostre Logge portano tutte il nome di Logge di S. Giovanni. Il nostro Ordine di conseguenza non deve essere considerato come il rinnovamento dei Baccanali, ma come un Ordine fondato in remota antichità e rinnovato in Terra Santa dai nostri Antenati. I Re, i Principi, e i Signori, al ritorno dalla Palestina nei loro Stati vi fondarono diverse Logge, ma nella maggior parte dei luoghi esse furono neglette. L’Ordine si conservò nel suo splendore tra gli scozzesi.
Dopo le traversie delle Crociate, Edoardo I Re d’Inghilterra (1272-1307) accolse i reduci, si dichiarò protettore dell’Ordine, cui accordò nuovi privilegi, e da allora i membri di questa Fratellanza assunsero il titolo di Liberi Muratori”.
La versione precedente del Discorso, quella della biblioteca di Epernay, fa invece risalire le origini della Massoneria a tempi molto remoti. La Scienza Arcana fu trasmessa per tradizione orale fino ad Abramo e ai Patriarchi, l’ultimo dei quali portò in Egitto l’Arte Sublime. Giuseppe insegnò agli egizi le prime nozioni dei labirinti, delle piramidi e degli obelischi. Con questa tradizione patriarcale le leggi dell’Arte si diffusero in Asia, in Egitto, in Grecia e presso tutta la Gentilità. Ma i misteri furono presto alterati dalla superstizione e così la Scienza Segreta fu conservata solo presso il Popolo di Dio. Mosè fece elevare nel deserto un tempio mobile, il Tabernacolo, conforme al modello celestiale da lui intravisto sulla Montagna Santa.
Il Tabernacolo mobile, copia del palazzo invisibile dell’Altissimo che è il Mondo superiore, divenne in seguito il modello del famoso Tempio di Salomone, costruito sette anni più tardi da più di 3000 Principi o Massoni che avevano per capo Hiram Abif, Gran Maestro di Tiro, al quale Salomone aveva confidato tutti i Misteri. Questo fu il primo martire. Dopo la sua morte, Salomone scrisse in caratteri geroglifici gli statuti, le massime e i misteri e questo antico Libro è il codice originale dell’Ordine.
Dopo la distruzione del Tempio e la cattività dei Popolo Eletto, l’Unto del Signore, Ciro il grande, nominò Zorobabele Gran Maestro della Loggia di Gerusalemme e gli ordinò di costruire il secondo Tempio, in cui il Libro di Salomone fu deposto. Questo Libro fu conservato nel Tempio degli Israeliti, andò perduto all’epoca della distruzione del secondo Tempio e della dispersione di quel Popolo e fu ritrovato in parte 12 secoli dopo, con la presa di Gerusalemme, al tempo delle Crociate. Questo Codice Sacro fu decifrato e, senza che si penetrasse lo spirito di tutte le figure geroglifiche che vi si trovavano, si rinnovò l’antico Ordine di Noè; Abramo, i Patriarchi, Mosè, Salomone e Ciro erano stati i primi Grandi Maestri.
Nella versione del 1736, inoltre, non figurano alcune citazioni in latino presenti nel Discorso successivo, così come non compaiono alcuni versi in francese di Louis Elisabeth de la Vergne, Conte di Tressan, che poco più tardi sarebbe diventato Libero Muratore (febbraio marzo 1737). Sempre nella versione di Epernay, le qualità indispensabili per diventare membri dell’Ordine sono tre anziché quattro: filantropia, segretezza, gusto per le Arti Liberali. Non vi è poi alcun accenno al Dizionario Universale, e manca ogni riferimento sia al Re che al Cardinale de Fleury, ed infine sono diverse alcune locuzioni e singole terminologie.
Come puntualizza il Sessa, le differenze sostanziali tra le due versioni sono da imputare al fatto che esse avevano scopi ed utilizzazioni diverse. Come risulta dalla lettera scritta da Ramsay a Mr. Carte, posteriormente rispetto al primo Discorso, la versione di Epernay fu letta ripetutamente (al contrario di quella del 1737), in occasione di Iniziazioni (Otto Duchi e Pari, duecento Ufficiali di primo rango e di altissima nobiltà). Si trattava quindi di un Discorso da leggersi in occasioni particolari, cioè di uno strumento interno di Loggia. La versione 1737 era invece destinata alla pubblicazione, dopo essere stata esaminata dalla censura.
Il Sessa sottolinea peraltro che nel giro di pochi mesi l’Autore cambiò radicalmente le sue tesi sulle origini della Massoneria: nel 1736 sostiene che la Massoneria ha origini antichissime; successivamente egli modifica tali origini e le smentisce parzialmente. Probabilmente Ramsay subì in un primo tempo l’influenza di Clare, relativa ai Misteri di Grecia ed Egitto, unitamente all’influenza della Tradizione Patriarcale (patrocinata da Anderson), e, solo in seguito egli tentò di armonizzare tali tesi con le sue convinzioni di cattolico, mediante l’introduzione di riferimenti crociato cavallereschi.
Questa innovazione fu determinata certamente dalle esigenze esterne e dal fine politico preciso che Ramsay si prefiggeva, ma è anche probabile che ad esse si siano sovrapposti motivi di ordine personale che hanno rafforzato la sua convinzione di poter recuperare l’epopea delle Crociate per nobilitare l’ascendenza della Libera Muratoria in modo da darle un blasone che ne autenticasse la sua immagine globale. É probabile che egli sia stato affascinato dagli Ordini medioevali fin dall’epoca della sua investitura a Cavaliere di S. Lazzaro o che abbia voluto anche rendere omaggio ai Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, tenuto conto dei collegamenti storicamente intercorsi tra questi due Ordini, allorché essi furono riuniti sotto un unico Gran Maestro, a Gerusalemme. Comunque Ramsay non offrì nessuna documentazione, né si appoggiò su alcuna autorità storica per sostenere le sue asserzioni, ma le dette come fatti già acquisiti.
Secondo il Sessa, il fine politico che Ramsay si prefiggeva era chiaro: far patrocinare l’Ordine Massonico dallo Stato e dalla Chiesa. Tale patrocinio appariva allora quanto mai opportuno, essendosi Ramsay reso conto che le Istituzioni massoniche dell’epoca, senza le innovazioni da lui concepite, non sarebbero state in grado, nonostante i pregevoli ideali, di suscitare il benché minimo interesse e, quindi, di non possedere i requisiti per la loro auspicata affermazione nell’alta società francese.
La proposta di Ramsay era quella di sostituire l’originario contesto geometrico architettonico corporativo della Libera Muratoria poggiante sull’umile lavoro della pietra, con più appaganti e affascinanti immagini, compatibili con le presumibili attese psicologiche dei nobili destinatari.
Si può quindi concludere che Ramsay ha svolto nella storia della Massoneria un ruolo ben diverso da quello che da più parti gli viene attribuito. Egli non si propose affatto di riformare né gli Alti Gradi, né gli Istituti massonici, e non avrebbe, comunque, potuto utilizzare il famoso Discorso a tale scopo, dato che questo non fu mai pronunciato e per giunta restò inedito almeno fino al 1738, e comunque sconosciuto fino al 1741.
Questo Discorso, come ha messo in evidenza il Sessa, ha sottinteso e mimetizzato una sottile intenzione politica che avrebbe dovuto, nelle intenzioni di Ramsay, diventare l’architrave portante di un nuovo edificio, adatto a sostenere una brillante operazione, arditamente concepita, per far proteggere la Massoneria dalla Chiesa di Roma e dallo Stato francese. In tal senso egli adottò e strumentalizzò una teoria in voga da qualche tempo: quella relativa alle origini cavalleresche della Libera Muratoria, intimamente connessa con la fioritura degli Alti Gradi. Alla luce della documentazione esistente è molto più probabile che la teoria abbia suggerito a Ramsay il tema utilizzato nel Discorso del 1737 piuttosto che il contrario, e cioè che il Discorso abbia dato origine alla teoria.
Va ribadito, comunque, che l’assunto di tale teoria Cavalleresca o dei Crociati , come viene affermato dalla moderna storiografia, non ha nessun rapporto con la Libera Muratoria e, pertanto, le presunte origini crociato-cavalleresche della Massoneria devono ritenersi destituite di ogni fondamento storico. In ogni caso conclude Luigi Sessa la responsabilità di questa credenza non può essere fatta risalire al Cavaliere Andrea Michele de Ramsay e al suo “Discorso Versione 1737”, che come ormai è chiaro, non fu mai pronunciato. Quando l’interdizione dei lavori massonici comminata dal Cardinale de Fleury fu ritirata, Ramsay non frequentò più le adunanze massoniche. Durante i rimanenti sei anni della sua vita, non si sentì più parlare di lui, né di alcuna sua attività massonica. Egli morì a St. Germain en Laye nel 1743.

 

 

Indice

Introduzione Le Discours 1736 Le Discours 1737