Pirofilo

LA PANCHINA

 

( dalle “ Cronache di sedici meditazioni poco tradizionali”,

tratto da “Meditazioni ordinarie e straordinarie”, edizione fuori commercio 2009)

 

1.

 

Il Signor X (il vero nome non ha importanza) uscì di casa per una delle sue consuete passeggiate solitarie, di natura  meditativa. Di solito le passeggiate servivano a sincronizzare interiormente un po' tutto quello che era avvenuto al mattino. Gli oracoli captati al risveglio, le idee non ancora maturate, le cose lette, le vaghe ispirazioni, le intenzioni espresse, trovavano talvolta una tacita e piacevole risonanza nel passo. Camminare, in qualche occasione propizia, era come entrare nell'anticamera del "solve". O meglio, talvolta si proponevano le opportune attese  per un tal genere di azione.

 

Da qualche tempo il Signor X era in grande fermento. Non sapeva ancora decidere se felicemente oppure no, ma gli eventi avevano portato alla sua coscienza una serie di circostanze, quasi vertiginose nella loro accelerazione, nella quale continuamente si aprivano nuovi orizzonti di certezze per dare origine ad altri orizzonti di dubbio, e così via, in una sequenza mai fino ad allora sperimentata.

 

Era molto difficile per lui stabilire quando esattamente era cominciata tale sequenza. Di certo la lettura di Leibniz aveva costituito un punto chiave. Poi, sempre in una apparente indipendenza, le teorie sugli insiemi, in particolari quelli infiniti non numerabili, le letture di libri di Davies e Penrose, ed altre materie sfuggenti appartenenti alla propria interiorità, erano entrate prepotentemente nella sua vita, mescolate in forme spesso confuse ed incontrollabili.

 

Una parte del modo di sentire nel Signor X  pretendeva che le forme assumessero sempre un ordine particolare, magari solo alla fine di un lungo processo interiore. Il Signor X era in condizioni di accettare sempre un oracolo, anche con le sue oscurità apparentemente caotiche. Ma il flusso delle proprie percezioni doveva sempre cercare di tendere verso un ordine crescente. Per lui la mancanza di controllo della coscienza era qualcosa di assolutamente detestabile.

 

Da qualche tempo il passeggiare non bastava più a garantire un minimo accettabile di ordinato sincronismo. Perciò, come in altre occasioni, decise di affrontare il disordine ricorrendo alla panchina della meditazione, situata in una piazzetta li vicino. Strano, pensava, il luogo non è neanche particolarmente attraente, eppure va bene lo stesso.

 

La giornata era bella, la sua disposizione interiore verso il prossimo non troppo negativa, la presenza di profani disturbatori ridotta al minimo.  Condizioni propizie per una bella meditazione. Già, ma da che parte incominciare?

 

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Sedendosi, il Signor X si rese subito conto che al momento il suo modo di essere interiore era orientato all'azione. Cioè, era la sua mente che menava la danza. Altre volte, invece, sulla stessa panchina aveva sentito il bisogno di mettersi subito in sintonia con la Natura, abbandonandosi quasi passivamente alle risonanze esteriori. Questa volta, invece, si erano spontaneamente verificate le condizioni di una ricerca attiva, dettata dall'interno dalla necessità di raggiungere una chiarezza.

 

Subito, ratto come un folletto, si presentò il pensiero che forse poteva esistere anche una terza strada, nella quale azione  attiva e sintonia passiva arrivavano a raggiungere una convergenza assoluta. Ci risiamo, si disse : ecco il solito indisciplinato folletto interiore.

Il Signor X, ormai era abituato da una vita a simili interferenze. Guarda, si disse, non imparo mai. Come sono inetto e disordinato : ero in procinto di affrontare da un propizio punto di vista interiore cose assai importanti, ed ecco che il disordine compare sotto forma di tentazione. Via, ricominciamo da capo.

 

Con l'Arte ormai appresa per lunga esperienza, il Signor X si calò nel gerundio del verbo rettificare ed analogamente ad un Computer procedette al "reset" delle condizioni iniziali e di quelle che nel frattempo erano state generate.

 

Da dove incomincio, si disse ? Gli sembrò opportuno prendere in considerazione, visto che era già presente,  lo stato attivo del suo modo di essere. Cosa caratterizzava in primis tale modo ?

Gli sembrò evidente l'auto-coscienza dell'esistenza della sua stessa Monade.

 

Poi, introducendo con grande cautela, come si conviene ad un processo di "solve", l'idea che una Monade è un insieme identificabile ed unico, pensò di assimilare arbitrariamente il confine della Monade ad una bottiglia. Ecco, all'interno della mia bottiglia si trova il mio vino individuale, ma all'esterno si vede solo una bottiglia. L'idea della bottiglia gli parve buona.

 

Considerò anche con la dovuta attenzione gli astanti presenti nella piazzetta, tutti intenti a vivere la loro vita. Alla luce delle considerazioni espresse prima, erano visibili bottiglie a due e anche a quattro gambe. In realtà erano presenti anche bottiglie di alberi e piante, ma senza gambe.  Dopo accurata meditazione decise che le bottiglie a quattro gambe o senza gambe, non aggiungevano nulla di particolarmente interessante e di diverso alle considerazioni che si accingeva a compiere.

 

Ecco, si disse, la Vita manifestata è un insieme che in teoria è infinito, i cui elementi sono "bottiglie" identificabili, perciò numerabili. All'interno di tale insieme della Vita ogni elemento è un sottoinsieme, che si può unire o può essere raggruppato con altri sottoinsiemi, sempre per dar luogo a sottoinsiemi numerabili, che però  questa volta sono necessariamente insiemi finiti.

 

La sua "cardinalità" (della Vita manifestata) è uguale al numero di elementi in essa contenuti. Se l'insieme costituito dalle "bottiglie viventi" fosse infinito, allora avremmo una cardinalità infinita e numerabile. Ma non esistono supporti fisici infiniti (con i quali costruire le bottiglie). Perciò la cardinalità della vita manifestata è finita. Come un fulmine, il solito folletto suggerì una fuggente visione di una sterminata cantina, piena di bottiglie, ognuna simile eppur diversa dall'altra.

 

Trattandosi di cardinalità finita, pensò il Signor X ignorando volutamente il folletto, è perciò possibile dare un nome univoco a ciascuno degli elementi della Vita manifestata, non importa quanto lungo od astruso possa essere, indipendentemente dal linguaggio adottato. Ogni bottiglia è univocamente etichettabile.

 

Poi, sempre in termini di "solve", gli pervenne il pensiero che la "potenza" di un insieme è definita come l'insieme che contiene tutte le possibili combinazioni dei suoi elementi (nel caso dell'esempio erano bottiglie), prese a una, due, tre per volta e così via, estremi inclusi.

Perciò, si diceva il Signor X, la cardinalità della potenza della Vita manifestata è maggiore di quella della Vita stessa. Pur tuttavia, per le bottiglie manifestate, sempre di insieme finito numerabile si tratta.

 

Per un attimo lasciò via libera all'immaginazione : pensò deliberatamente alla cantina, al cui piano terra si trovano fisicamente le sterminate schiere di bottiglie. Poi, per ogni bottiglia, immaginò piani superiori, ovviamente non fisici, a ciascuno dei quali si trovava una delle sue possibili combinazioni con le altre bottiglie. Guarda che bel caso, si disse : piani immaginari della potenza !

 

Ma poi, pensandoci meglio, decise che era meglio parlare di iperspazio immaginario della potenza, nel quale ogni bottiglia era, rimanendo sul punto fisico del piano terra, in connessione con tutti gli altri quasi infiniti (in numero) spazi immaginari, uno per ogni combinazione, dati dalle combinazioni potenziali con le altre bottiglie.

 

Ecco, si diceva il Signor X, per quanto improbabile possa essere, esiste un piano immaginario nel quale io sono in combinazione contemporanea con tutte le "bottiglie" che individuano i cani bastardi presenti nell'universo, fra i quali quello che ho appena notato in fondo alla piazzetta.

Gli sembrò, perciò, del tutto giustificato che  una grande confusione regnasse nella testa di ogni bottiglia, compresa la sua.

 

Ecco, si diceva fra sé il Signor X, fin qui tutto bene, anzi quasi bene : ma, in termini di Vita vissuta, cosa diavolo significa "cardinalità" ? Per non parlare di "potenza". Non ho neppure scalfito la superficie della Vita manifestata, ed ecco che si verificano già problemi ardui da risolvere.

 

Inoltre, se considero anche  il contenuto delle singole bottiglie, allora le cose diventano quasi inconcepibili : l'insieme ( o Monade) che viene chiamato Signor X racchiude al suo "interno" un'infinità non numerabile di elementi, o sottoinsiemi, che costituiscono la sua Essenza.

In stretta analogia con i numeri reali. Salvo che ora si tratta di Forme, che per la stessa ragione non possono ricevere un nome o una definizione, tranne nei casi di quei sottoinsiemi di Forme del tutto particolari che sono infiniti ma numerabili. Come per i numeri interi, che costituiscono una parte dei numeri reali. Se l'analogia fra Forme e numeri è corretta, allora entro di me si trovano Forme "intere" e Forme "irrazionali o reali".

 

Così è anche per quel vecchietto che vedo passare laggiù, che si presenta sotto forma di una bottiglia estremamente improbabile, ma del tutto insignificante. La cardinalità del vecchietto, che mi piaccia o no, è uguale alla mia ed uguale a quella di quell'altra bottiglia a quattro zampe in fondo alla piazzetta, che si presenta sotto forma di un bastardaccio all'ennesima potenza. (a proposito - solito folletto dispettoso - per quest'ultima ennesima potenza vale la stessa definizione di potenza di un insieme, oppure si tratta di una semplice coincidenza di parole ?)

 

Il Signor X allontanò con stizza quest'ultimo tiro maligno del folletto, ma fu costretto a  constatare che la sua seduta sulla panchina della meditazione, lungi dall'essere chiarificatrice, aveva proposto ancora più dubbi alla sua coscienza. Poi, il solito folletto dispettoso fece in maniera di insinuare un ulteriore dubbio : il dubbio conduce fatalmente all'entropia (o disordine), oppure, avendo in se i semi di una superiore visione piena di ordine, ci porta a forme più elevate di coscienza ?

 

Il Signor X, di fronte ad un così massiccio attacco di Forme-pensiero e di folletti peregrini  pensò bene di battere in ritirata, imponendosi sette minuti e più di ricreazione nei riguardi delle Forme. Si dedicò perciò ad una Forma suprema di concentrazione sulla sua stessa Essenza.

 

Con profondo sollievo interiore si trovò nuovamente calato nel punto di partenza.

 

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Al termine della ricreazione, il Signor X riprese con forza e vigore il lavoro meditativo. Debbo mettere un po' di ordine : ma da dove incomincio ?

 

Forse è meglio partire dal semplice. Osserviamo le bottiglie : non sono infinite, perché è stato detto che non ci potrebbe essere un corrispondente supporto fisico. Sono identificabili, magari con qualche sforzo organizzativo, perché anche se non sono infinite sono sempre tante. Ma in teoria sarebbe del tutto possibile farlo. Le bottiglie hanno la particolarità di raggrupparsi o di essere raggruppate, in quanto bottiglie. I possibili raggruppamenti sono molti di più delle bottiglie stesse, ma non sono infiniti. Anche i raggruppamenti possono ricevere un nome o una identificazione, dato che sono finiti e numerabili. I raggruppamenti sono di natura potenziale, perciò sembrerebbe che possano costituire un'antecedenza, rispetto ad una realtà fisica manifestata.

 

Poi vengono i contenuti delle bottiglie. Sembrano a prima vista essere Forme. Hanno la particolarità, a pensarci bene, di non avere confini definibili. Perciò non hanno una individualità che le possa distinguere, come nel caso delle bottiglie.

 

Il Signor X utilizzò tutte le sue risorse interiori per non perdere la sintonia. Guarda un po', come è strana la logica del mondo che percepiamo. Qual'è il valore vero, al quale possiamo ragionevolmente appoggiarci : l'individualità della bottiglia, che è un contenitore, oppure il contenuto che rappresenta in un certo modo la qualità del vino ?

 

A questo punto, per rimettere in crisi il Signor X, il solito folletto intervenne per insinuare qualche ulteriore dubbio. Come mai si verifica che ognuno oscilli perennemente fra bottiglia e contenuto ?

 

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Forse proprio qui sta il punto critico, pensò il Signor X. Noi siamo bottiglie, non c'è dubbio in proposito. Ma anche contenuto. Ma anche azione vivente, cioè quella che produce le oscillazioni.

 

Le Forme del nostro "vino" sono gli elementi dell'insieme infinito non numerabile rappresentato dalla nostra Essenza. Anche la nostra stessa bottiglia ha la sua "potenza", data dalle infinite combinazioni dei "sapori" delle Forme del nostro vino. Ma questa volta (sorpresa !!!) la nostra cardinalità non solo è infinita, ma cresce a dismisura, ogni volta che ci si inoltri nelle successive potenze.

 

Perché un'altra cosa è certa, considerò con grande Sacralità interiore il Signor X. Ogni volta che prendiamo in considerazione la "potenza" della bottiglia, si presentano le condizioni per una cardinalità superiore. In noi si presenta la tentazione di  cercare di continuare, prendendo in considerazione la potenza della potenza, e così via. Ma è veramente possibile farlo ?

 

Caro folletto : per oggi ti ho messo a tacere, asserì perentoriamente il Signor X. E' pur vero che non so quasi niente di "potenze" superiori, per non parlare del significato di cardinalità e di potenza prima di una semplice bottiglia.. Ma sono riuscito a riprendere il controllo dell'azione interiore. Perciò, almeno per oggi, non ti permetterò più di interrompere il flusso della mia azione di "solve" con atti di alta impertinenza esoterica, che si avvalgono di eventi potenziali da me non sollecitati.

 

Ora lasciami con la mia coscienza. Domani vedremo.

 

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