Formazione ed introduzione del Rituale


 

Su Hiram Abif è dedicata una sezione di approfondimento

Hiram Abif

 

Abbiamo già veduto come la Muratòria speculativa aveva sostituito l'Apprendistato - sempre conservandone la parola - con una iniziazione in più gradi. L'Apprendista diventato Compagno ha compiuto il suo noviziato in due momenti; sta per essere iniziato alla pienezza della vita Muratòria. Come ogni iniziazione, questa implicherà una ri-generazione; una morte apparente, dalla quale il neofita si rialzerà come uomo nuovo. Tuttavia, prestandosi a questa messa in scena, il recipiendario, conformemente a precedenti fondati sulle aspirazioni secolari della natura umana, simboleggerà il personaggio idealizzato che è diventato il tipo del perfetto Muratore.

É abbastanza curioso il constatare che la leggenda d'Hiram, quale è rappresentata nelle nostre Camere di Mezzo, sembra essere stata ignorata dalla Libera Muratòria professionale. Sicuramente, il personaggio d'Hiram Abi od Abif non è estraneo a quest'ultima; tuttavia la sua parte non è stata che molto secondaria. Si sa che le più antiche versioni dei manoscritti inglesi fanno risalire l'istituzione della Libera Muratòria, non già al tempio di Salomone, ma alla costruzione della torre di Babele ed anche dell'arca di Noè. Il manoscritto chiamato Regius o di Halliwel (circa 1390) non ricorda né Hiram Abif e nemmeno il tempio di Salomone. Il manoscritto Cooke (fine del XV sec.) fa’ di Hiram, figlio del re di Tiro, il Maestro Muratore di Salomone (The Kyngis sone of Tyri was his Master-Mason).

 

I Testi dei manoscritti Regius e Cooke, possono essere consultati nella sezione dedicata:

Manoscritto Regius

Manoscritto Cooke

 

Il manoscritto Dowland (principio del XVII sec.) non conosce altro Hiram che il re di Tiro «a Kinge of another region». Quanto al figlio di quest'ultimo, esso lo chiama Aynon (scritto in altre versioni: Aymon, Anon, Hyman, a Man, etc.).

In nessun caso, queste leggende vanno, per quel che concerne Hiram, al di là delle tradizioni consegnate nella Bibbia, dove dopo la descrizione dei materiali inviati a Salomone dal suo alleato Hiram di Tiro, si parla anche di due altri Hiram: un certo Adonhiram, preposto agli uomini di fatica che eseguivano i trasporti (I, Re, V. 4) ed un abile fonditore in metalli, Hiram, figlio di un padre Tirio e di una vedova della tribù di Nephtali. Quest'ultimo era venuto da Tiro, alla chiamata di Salomone, per eseguire le due colonne di rame e gli altri strumenti di metallo del culto (I, Re, VIII, 13-50). La Bibbia non ci dice niente di più sul compito né sulle avventure di questi diversi Hiram, di cui il terzo è evidentemente il prototipo del Maestro.

Di più, nel corso del XVII sec., il personaggio d'Hiram Abif passa interamente all'ultimo piano. Il F:. Gould giunge fino a dire che era ignoto ai Muratòri di quell'epoca: «Se, aggiunge, Hiram Abif avesse figurato, in quel periodo, nelle cerimonie o nelle tradizioni del mestiere, le Costituzioni manoscritte dell'epoca non conserverebbero, come fanno, un silenzio uniforme ed ininterrotto sull'esistenza reale o leggendaria d'un personaggio così eminente nella storia e nella leggenda posteriore dell'Ordine» (1).

I Figli di Maître Jacques, un ramo dei compagnonnages francesi, riallacciano la loro origine leggendaria all'architetto del tempio di Salomone; anch'essi raccontano che fu messo a morte da rivali sull'indicazione d'un traditore. Ma lo chiamano Maître Jacques, lo fanno nascere e morire in Francia; in fine non fanno alcuna allusione alla sua resurrezione.

 

Sembra che più tardi - probabilmente durante il primo quarto del XIX sec. - il nome e la storia d'Hiram si siano introdotti nei compagnonnages (2): ma l'origine esotica di questa tradizione ci è attestata da Perdiguier, che rimane la grande autorità per la storia interna dei compagnonnages francesi (3). Del resto, è nella Libera Muratòria pratica dell'Inghilterra - non bisogna dimenticarlo - che si trova il nodo del problema da risolvere qui.

Il F:. Rylands, il devoto segretario attuale dei Quator Coronati, ha suggerito che la leggenda d'Hiram e la sua rappresentazione potrebbero bene provenire da alcuni Misteri rappresentati, durante il medioevo, in talune gilde di muratori (4). Sappiamo, da ciò che accadeva nelle nostre accademie letterarie, che le gilde professionali rappresentavano dei drammi di tal genere. Ma fino ad oggi, nulla, né in Inghilterra, né sul continente, è venuto a giustificare l'ipotesi del F:. Rylands. La sola «resurrezione» che, oltre quella di Cristo, sembra essere stata rappresentata nei Misteri, è quella di Lazzaro (5).

Il F:. Gould si è chiesto se non si poteva riallacciare la messa in scena attuale della leggenda hiramica ad una cerimonia che sembra essere stata qualche volta praticata nell'iniziazione dei profani, verso il principio del XVIII sec.: the Master's Part (la Parte del Maestro). Quella formalità è ricordata, per la prima volta, nel Pseudo-Rituale del 1723, dove si fa’ dire al nuovo Compagno: «Io conosco ora Lite Master's Part». Da parte sua, Prichard scriveva nel 1730: «Non c'è un Muratore su cento che pagherà le spese pretese per the Master's Part, se non è per interesse» - ciò che prova per lo meno che la cerimonia non era a quell'epoca né generale, né obbligatoria.

L'ipotesi del F:. Gould mi sembra molto soggetta a cauzione. Tutto al più poteva trattarsi - data la brevità e la poca importanza della cerimonia - di far conoscere al nuovo iniziato le formule di riconoscimento e di saluto tra Maestri, alle quali fa’ allusione il manoscritto detto di Sloane, quando ricorda la presa (6) del Maestro, Master's grip, vicino a quella del Compagno.

 

Il testo del manoscritto Sloane può essere consultato nella sezione “Le nostre Origini la nostra Storia”

Manoscritto Sloane

 

Tuttavia è da rilevare che il catechismo pubblicato nel 1723 basato su documenti anteriori, come anche il manoscritto Sloane, qualunque sia la sua data esatta, sono echi dell'epoca in cui esisteva una sola iniziazione e dove l'elemento speculativo cominciava a rimaneggiare l'organizzazione delle Logge per adattarla alle sue esigenze.

Senza dubbio l'introduzione forse graduale della leggenda hiramica è dovuta ai muratòri speculativi. La Libera Muratòria speculativa, fin dai suoi inizi, pose in secondo piano le vecchie tradizioni del mestiere relative all'arca di Noè, alla torre di Babele a Lamech, Nemrod, Hermes, Euclide. etc. É alla costruzione del tempio di Salomone che essa ricollega tutto il suo simbolismo (7).

Questo cambiamento di visuale doveva naturalmente far aumentare d'importanza Salomone ed Hiram stesso. Al tempo dell'installazione di Lord Montagu nel 1721, Anderson ci fa’ sapere che lo stallo del Gran Maestro era chiamato: «Cattedra d'Hiram Abif». Nelle prime Costituzioni d'Anderson (1723), Hiram Abif è chiamato «il Muratore più perfetto della terra» (8). Il libello del 1725, The Grand Mystery descovered, è un po' più esplicito, quantunque testimoni che la leggenda non aveva ancor raggiunto il suo completo sviluppo. Si legge in una delle lettere che vi sono pubblicate insieme: «Essi raccontano delle strane e sciocche storie a proposito d'un albero che sarebbe spuntato dalla tomba d'Hiram con delle foglie meravigliose ed un frutto di qualità mostruosa, quantunque nello stesso tempo non sappiano né quando, né dove morì, e non ne sappiamo più sulla sua tomba  che su quella di Pompeo!»  (9). In fine, nelle Costituzioni del 1738, dopo la descrizione del tempio di Salomone, si trova intercalato questo passo che manca nelle edizioni precedenti: «Dopo che il collocamento dell'ultima pietra era stato celebrato dalla Fratellanza, la sua gioia fu bentosto interrotta dalla morte del suo caro Maestro Hiram Abif, che essi seppellirono decentemente nella Loggia vicino al tempio, secondo l'antica usanza».

Il testo non contiene alcuna allusione alle circostanze di questa morte, né agli avvenimenti che seguirono. Tuttavia è fuor di dubbio che, nel 1738, la leggenda completa era già conosciuta ed anche rappresentata in talune Logge. In realtà, se è stabilito che il terzo grado non è l'opera premeditata della Grande Loggia, ma che, introdotto dapprima in una o più Logge, s'è gradualmente propagato tra le Officine dell'Obbedienza, la stessa conclusione s'impone pel suo rituale, nella forma in cui ci è pervenuto (10).

Bisogna bene rendersi conto che, tra il momento in cui talune Logge lasciarono cadere la loro vecchia organizzazione professionale nella prima parte del XVII sec., e quello in cui esse costituirono o riconobbero la prima Grande Loggia, vi fu un intervallo in cui si poterono prendere col rituale delle importanti libertà. Abbiamo la prova che nel 1720 vi era, nei seno od a lato delle Logge, un gruppo di Muratòri che pretendevano sovrapporre un insegnamento esoterico ai due gradi allora esistenti. Infatti, è a questa data che un familiare di Lord Montagu, Robert Chamber, pubblicò, sotto il titolo di Long Livers (i « Lungo Viventi») la traduzione di una opera ermetica francese, dedicata ai «Gran Maestro, Maestri, Sorveglianti e Fratelli della Antichissima ed Onorabilissima Fratellanza dei Liberi Muratòri». Nella prefazione, Chamber dichiara di rivolgersi «ai Fratelli del grado superiore che stanno dietro il velo». Egli impiegherà, di conseguenza, «il linguaggio ermetico» che possono soli comprendere i «Figli della Sapienza e quelli ché sono stati illuminati nei più sublimi Misteri e nei più profondi segreti della Muratòria».

Quali erano questi Misteri, «i più profondi della Muratòria»? É possibile che si tratti di uno di quei gradi ermetici e cabalistici che si introdussero più tardi nella Libera Muratòria. Ma è egualmente ammissibile che essi abbiano racchiusa una leggenda od anche una rappresentazione che avrebbe formato il nucleo del rituale adattato al terzo grado.

Quantunque Chamber non pronunci il nome dei Rosa-Croce, il suo linguaggio ermetico, non meno che talune allusioni del suo libro attestano che si tratta di Misteri organizzati da adepti del Rosicrucianesimo.

I rapporti della Libera Muratòria con i Rosa-Croce formano uno dei problemi più oscuri e più attraenti della storia Muratòria. Senza volerlo qui discutere a fondo, debbo tuttavia dirne qualche parola, per non sembrare di aver trascurato uno dei lati più controversi dell'argomento che ci interessa. Anche uno storico così poco favorevole agli alti gradi come il F:. Gould non esita a scrivere, dopo aver imparzialmente riassunti i magri documenti in suo possesso: «Mi sembra per lo meno ragionevole il supporre che nel corso della sua evoluzione, la Libera Muratòria abbia aggiunto al suo simbolismo degli elementi tratti dai princìpi fondamentali di altre società segrete e specialmente dai seguaci dell'ermetismo» (11).

Già, durante la prima metà del XVII sec., un Dottore in lettere e filosofia di Perth, nella Scozia, Henry Adamson, in un poema, Muses Threnodie, dove canta la sua città natale, si proclama nello stesso tempo Rosa-Croce e Libero Muratore.

 

For we, Brethren of the Rosie Cross,

We have the Mason's word and Second Sight (12).

 

Tra i primi speculativi inglesi i cui nomi sono giunti fino a noi si trovano quelli di due Rosa-Croce accertati, Sir Robert Moray, iniziato nel 1641 a Newcastle, ed Elias Ashmole, nel 1646, a Warrington. É difficilissimo - per ovvie ragioni - fare la lista dei Rosa-Croce che s'erano introdotti nelle Logge al principio del XVIII sec. Ma amici e nemici s'accordano nello scorgere la loro mano negli avvenimenti che segnarono la rivoluzione Muratòria di quell'epoca.

In una versione stampata delle vecchie Costituzioni che fu pubblicata nel 1724 col titolo di Secret history of the Free-Masons, l'autore anonimo della prefazione dichiara che i Liberi Muratòri ed i Rosa-Croce erano membri della «stessa Fratellanza». Sei anni più tardi il Daily News del 24 settembre 1730 stampava la lettera di un avversario dei Liberi Muratòri, che rimproverava loro d'aver copiate le cerimonie dei Rosa-Croce, particolarmente i loro segni e le loro prove, «quantunque ignorassero i princìpi costituitivi più elementari (the most material Constitutions) di questa società».

I Rosa-Croce, che fiorirono dal XVI al XVIII sec., non erano solamente degli alchimisti e degli astrologi, adepti delle arti magiche, ma anche degli eruditi e dei filosofi che professavano sulla natura e sull'origine dell'universo delle dottrine quasi panteiste, riallacciandosi da una parte a talune sette mistiche del medio evo, dall'altra ai Cabalisti ed anche ai Neoplatonici del primi secoli della nostra era. Riconducendo tutti i fenomeni all'azione d'un agente unico le cui manifestazioni principali erano il fuoco o la luce, pensavano che la scoperta ed il possesso di questo elemento primordiale avrebbe permesso loro di riprodurre tutte le trasformazioni della natura, dando così loro i mezzi per dominare l'universo e sospendere l'opera del tempo. Questa teoria li condusse a perdersi nella ricerca della pietra filosofale e dell'elixir di lunga vita. Ma essa li portò nello stesso tempo ad adottare una specie di monismo o di panteismo filosofico, che permette di considerarli come precursori dell'evoluzionismo contemporaneo e che si univa, inoltre, a vedute largamente umanitarie, nonché ad uno spirito di tolleranza e di fratellanza, tal quale ne ritroviamo le tracce nella Libera Muratòria speculativa.

Si può discutere l'esistenza del Rosicrucianesimo nel XVI e nel XVII sec., in quanto società chiusa, dalle forme quasi muratòrie, che professava una filosofia segreta sotto simboli la cui conoscenza era riservata agli adepti. Ma quello che è fuori ogni contestazione, è l'esistenza, durante il medio evo ed il rinascimento, di gruppi ermetici e cabalistici che si trasmettevano con un gergo, intelligibile soltanto ai loro iniziati, delle dottrine, dei simboli e delle pratiche che risalivano ai primi secoli della nostra era. Non è meno certo che ad un dato momento, questi gruppi passarono nella Libera Muratòria con armi e bagagli. Tutto il problema è di sapere se la loro azione si è limitata all'introduzione degli alti gradi che portano il segno di una origine ermetica o se questa s'è già fatta sentire nell'evoluzione della Libera Muratòria speculativa. É da notare che, in una delle lettere del 1730, nella quale un transfuga rimprovera a dei Liberi Muratòri di raccontare delle storie assurde sulla tomba d'Hiram, aggiunge che «sulla fede di queste ciance straordinarie, assumono l'augusto titolo di Kabbalisti» (13).

I Rosa-Croce rappresentavano soprattutto il ramo filosofico ed umanitario dell'ermetismo. Il principale storico moderno dei Rosa-Croce inglesi, il dottor W. Wynn-Wescott, ha comunicato poco tempo fa’ ai Quatuor Coronati, sotto il titolo di: Rosicrucians, their History and Aims, una interessante memoria dove così si esprime: «Considero che la nostra Muratòria speculativa derivi da due generatori e che si sia gradualmente perfezionata con dei materiali tratti da questa doppia sorgente. Dalla gilda di mestiere ha ricevuto la sua organizzazione ed i suoi dirigenti; le tradizioni storiche che la fanno risalire alla costruzione di celebri edifici; il simbolismo professionale dei suoi rituali. Dai Rosicruciani, la cui filosofia, a quest'epoca (1650-1100%), era divenuta più popolare e meno esoterica, ha tratto tutta la sua filosofia morale, il suo ideale dell'assistenza e della protezione mutua che predominavano necessariamente in una associazione professionale, lo stesso elemento rosicruciano è venuto ad innestare l'ideale, nuovamente formulato, quantunque esistesse da lungo tempo, della simpatia universale e della ricerca di quelle verità reali che costituiscono il fondo della nostra natura e che sono siate tanto spesso nascoste sotto le nostre forme di religione e di civiltà» (14).

Tale è anche la conclusione del F:. Woodford: «Vi sono molti punti di contatto, scrive, dove la Libera Muratòria e l'ermetismo si sono aiutati, coperti e protetti reciprocamente» (15).

Egli aggiunge che i Rosicruciani sono forse stati attirati originariamente verso le Logge di mestiere da una certa conformità di simbolismo, attinto nelle applicazioni mistiche della scienza dei numeri e delle linee. Segnala a questo riguardo tutta una serie di simboli comuni ai Liberi Muratòri ed ai Rosa-Croce, specialmente: la pietra cubica, il cerchio tra due parallele, il punto nel cerchio; il Delta, il Pentalfa o stella a cinque punte, chiamato nei due gruppi: Sigillo di Salomone (16) e Scudo di Davide, etc.

Aggiungerò che i Rosa-Croce possedevano nelle loro tradizioni, come lo attesta la Fama Fraternitatis di Andrea, pubblicata nel 1615, la storia d'una tomba misteriosa dove avrebbero ritrovato, dopo cent'anni, il corpo del loro fondatore eponimo, Christian Rosenkreutz, illuminato da una luce soprannaturale e circondato dai simboli che davano la chiave della sua dottrina.

 

La Fama Fraternitatis (1614) e la Confessio Fraternitatis (1616) sono presenti nella sezione

I Manifesti Rosicruciani

 

Questa leggenda non parla di resurrezione; si limita ad affermare che il corpo presentava tutte le apparenze della vita. Ma cosa non potevano, rispetto a ciò, delle persone che pretendevano di aver scoperto l'elixir di lunga vita?

Si farà forse osservare che il rituale del grado di Maestro sembra estraneo alle preoccupazioni favorite dei Rosa-Croce, vale a dire al linguaggio come alle operazioni dell'alchimia. L'argomento prova tutto al più che gli autori - nello stesso tempo Rosa-Croce e Liberi Muratòri - del rituale di Maestro vi hanno momentaneamente lasciato da parte e forse riservate per altre riunioni più ristrette le pratiche e le tradizioni dell'ermetismo propriamente detto. É abbastanza suggestivo che l'anno 1733, in cui si segnalano a Londra delle Logge esclusivamente composte di Maestri (Master Mason's Lodges) è anche l'anno in cui sono ricordate, per la prima volta, delle Logge di Maestri scozzesi: Scots Mason's Lodges. La Grande Loggia assorbì i primi e respinse i secondi, che divennero senza alcun dubbio la fonte prima dei differenti sistemi scozzesi organizzati in Inghilterra e sul continente.

C'è tuttavia un'altra ipotesi ancora che non possiamo scartare completamente allo stato attuale delle nostre conoscenze. Che i creatori del rituale, nutriti di autori classici, avrebbero semplicemente fatto rivivere, per adattarlo al personaggio d'Hiram, uno dei riti più impressionanti dei Misteri antichi. Ma bisognava anche che questo simbolismo rispondesse alle preoccupazioni intellettuali e morali che essi cercavano di incorporare in una liturgia adattabile alla tradizione Muratòria.

 

 


 

 

1. - Concise History, p. 219.

2. - Vedere  Martin saint-Léon, Les Compagnonnages, Parigi, 1901.

3. – Perdiguier, Le Livre des compagnonnages, Parigi, 1857, t. II, p. 75.

4. - Ars Quatuor Coronatorum, vol. XII, p- 145.

5. - Ars Quatuor Coronatorum, vol. XIV, pp. 60 sqq. - Il F:. Hayter Lewis ha sostenuto d'aver trovato in un manoscritto arabo delle allusioni alla leggenda d'Hiram; purtroppo il manoscritto è perduto (cfr. Ars Quatuor Coronat., vol. I, pp. 34-36).

6. - Il sostantivo inglese grip = presa, stretta, modo di afferrare, è il vocabolo tradizionale per indicare la stretta di mano dei Liberi Muratori, caratteristicamente differente dallo shake hand profano. Il vocabolo francese corrispondente nell'uso muratòrio è griffe = artiglio; ed appare probabile che l'uso possa essere stato determinato più da una somiglianza fonetica tra grip e griffe, che non da un'idea suggerita dal mode particolare di stringere la mano. La lingua Italiana non ha un termine adatto a rendere il senso muratòrio di grip; si nota, anzi, una tal quale incertezza nell'uso di parole come presa, toccamento, artiglio, ed è forse preferibile la prima che usiamo nella nostra traduzione. Altra cosa interessante sarebbe il ricercare quale fosse l'originale grip degli antichi Liberi Muratòri, che, per molti indizi, è possibile identificare in quella tradizionale del Maestro; ma ciò richiederebbe uno studio esorbitante dal nostro compito, quindi ci limitiamo a questo breve cenno.

7. - S'è anche voluto rintracciare qui l'influenza della Nova Atlantis di Bacone. Ma, se è vero che il celebre utopista del regno di Carlo I intitola Societas Salomonis l'associazione scientifica ideale che pone nella sua Nuova Atlantide, la descrizione ha maggiori riferimenti col piano della futura Royal Society che con quello delle Logge speculative.

8. - Nel Grand Mystery, i Liberi Muratòri sono chiamati «Hiramiti europei».

9. - Questa lettera è integralmente riprodotta nella grande edizione della storia del Gould, t. VI, p. 480.

10. - Bisogna assolutamente respingere in pieno l'asserzione dell'Oliver che la leggenda d'Hiram sarebbe stata fabbricata da Anderson e Desagulier (Cfr. Mackay, History, IV, p. 999).

11. - Ars Quatuor Coronat., t. I, p. 33.

12. - Per noi, Fratelli della Rosa Croce, noi abbiano la parola del Maestro e la Seconda Vista.

13. - Gould, 1a edizione, t. VI, (1894 p. 480).

14. - Ars Quatuor Coronat., t. VII, p. 41

15. - Woordford, Free Masonry and Hermticism, ap. Ars Quatuor Cor., t. I (1888).

16. - Veramente il Sigillo di Salomone è la stella a sei punte, formata da due triangoli intrecciati. Non sappiamo se, ed eventualmente per quali motivi, si possa imputare quest'errore al Woodford, non avendo potuto consultare l'opera citata.