Qual’è l’oggetto della cultura massonica? Procedendo dall’educazione dell’intelletto, essa é ISTRUZIONE


 

Il perseguimento di questi scopi, o meglio, di quest’unico fine totale dell’umanità é poi diviso nella maggiore società umana fra parecchie singole classi, in modo che i membri di queste si educano esclusivamente, o almeno in grado eminente, soltanto per la loro classe e, più tardi, mediante la loro classe. Voi vedete, com’é conseguenza necessaria di questo indirizzo che i membri di una classe ricevano di regola solo una parte della cultura umana, ma in nessun modo [questa cultura] nella sua integrità, e che una maggiore o minore unilateralità di spirito e di cultura costituisca il distacco dei singoli. Secondo questo necessario indirizzo e sotto queste circostanze difficilmente si potrà trovare da qualunque parte un uomo intero e perfetto: bisognerebbe comporselo riunendo più persone di condizioni diverse e opposte: a gran stento si potrebbe trovarlo in una singola persona, nel vasto campo dell’universa società umana e delle sue consuete istituzioni di cultura.

Ora importa di trarre a un sol centro questa unilaterale cultura di classe e mescolarla a una cultura universale e puramente umana; nello stesso tempo (per attenermi all’immagine teste introdotta) realizzare effettivamente la suddetta composizione di un uomo intero e perfetto fuor da parecchie persone, ciascuna delle quali ha qualche altra cosa, che pure appartiene a un uomo intero, e ciò non soltanto nel pensiero, ma in modo che, per un’accorta mescolanza, ciascun individuo per sé sia di fatto, in quanto é possibile, quell’uomo intero e perfetto. Questo problema non é mai risolto nella grande società: ma io mostrai, essere l’unico scopo possibile e ammesso di una minor società, sorta per segregazione dalla società maggiore, e composta di tutti i ceti e di tutte le popolazioni civili: la quale si chiama, appunto, Frammassoneria . Di qui ricaviamo inoltre l’importante e affatto luminosa conseguenza, che ogni oggetto della cultura umana il quale possa venir conseguito nella vita sociale ma in altra maniera che nella maggiore società, é ad un tempo oggetto della cultura massonica, - e che é bene ed é necessario, che il Massone si sia appropriata la maggior parte possibile della cultura, sia con le scienze, o con l’arte, o con le occupazioni e l’esperienza. Sennonché ogni unilateralità, ossia ciò che nella maggiore società, per la separazione di un ramo della cultura del suo complesso totale, tocca a questo singolo ramo e ne dipende: e inoltre ogni accidentalità, che si sia radicata in un aspetto di questa cultura per condizioni [speciali  di tempo e di luogo, - tutto questo viene nella Massoneria staccato dal resto, e nella fusione [delle colture] rimane indietro quai caput mortuum. Così la cultura religiosa, tanto per dare un esempio, é senza dubbio parte dell’educazione massonica; ma la religione del Massone e qualche cosa di affatto diverso da quella di una Chiesa comunque costituita, o pur anco di una setta particolare, o infine dei deisti e « illuminatori » della bibbia, che superficialmente filosofeggiano o interpretano disonestamente.

Ma prima che facciamo ora un passo più in là, debbo premettere la trattazione di un importante verità, e contraddire a un comune pregiudizio, la cui sussistenza nell’animo vostro turberebbe potentemente l’impressione di ciò che ancora ho da dire. E se questa verità dovesse sembrarvi non pertinente a questo punto e conforme [piuttosto] alla serie dell’altre finora proposte: attendete solo alla susseguente proposizione, e troverete con quanta esattezza essa la prepara e introduce.

Espongo in chiari termini il mio principio: ogni forma volontaria di educazione nella società procede dalla cultura dell’intelletto. É vero che (così io affronto fin dall’inizio la possibile obiezione) esso non é, di gran lunga, sufficiente a conoscere la verità: bisogna avere anche la potente volontà di obbedirla; e questa decisione volitiva non scaturisce a nessun costo dalla mera conoscenza, né alcuno può dimostrarne a sé o ad altri la necessità per mezzo di principi: essa é qualche cosa di affatto diverso, di indipendente dalla semplice perspicacia, e non vi é alcuna conseguenza nell’espressione egli deve scorgere questo, e dunque deve anche volerlo.

Ma la stessa migliore volontà, se una [volontà] siffatta fosse possibile dentro a un grande oscuramento dell’intelletto, non sarebbe di alcuna utilità né di valore alcuno, qualora non si potesse altresì concepire ciò che poi si dovesse volere con la propria volontà. Coloro adunque che al non desiderato maestro, recante loro dell’istruzione, gridano: « niente scienza! ciò riguarda la scuola; agire, agire - questo é quel che importa! » - senza dubbio non sanno, a giudicarli con la massima indulgenza, quello che si dicono.

Agire, é certamente ciò che conta, la perfezione della cosa! ma come volete mai agire, senza indagare ampiamente, e conoscere, che cosa fate? Volete operare ciecamente, come l’animale? - Questo non é veramente il punto! - chi dicesse così e respingesse da sé ogni conoscere per amor del fare, mi parrebbe simile a un cieco, che al medico, il quale promette di restituirgli la vista, gridi ribelle: « Che mi giova poi il semplice vedere, questo sguardo, che soltanto mi potresti dare! la mia conoscenza non acquista con esso alcun vantaggio. Volgere gli occhi a un oggetto, posarveli sopra, contemplarlo e penetrarlo e considerarlo persistentemente, - questo importa, qui sta il punto! » - Pazzo! nessuno nega che il punto stia qui. Getterai dunque l’occhio tuo riaperto, torbido e opaco sugli oggetti, come un torello, e lascerai ondeggiare innanzi ad esso le figure in mutuo riflusso? Certamente, in questo modo, con il tuo sguardo non guarderai nulla. Ma tu aspetti invano questo indirizzarsi e affiggersi e soffermarsi del tuo sguardo da un qualche medico, o da un collirio qualsiasi: da te medesimo, dalla tua propria forza l’hai a trarre. Bensì nessuno sguardo puoi volgere e affiggere, se tu prima non hai uno sguardo, che io ti darò facilmente. Sarà poi affar tuo il retto uso di esso.

Vedete che il volere non é per il conoscere, ma il conoscere per il volere.

Che cosa si deve dire, pertanto, a coloro che, quando osservano come taluno soprattutto lavori in pro della conoscenza chiara e distinta, gli gridano: Ma l’uomo non é già puro e semplice intelletto! - Certo che non é soltanto questo; egli é per sé stesso, - per sé stesso, dico - anche volere; ma nessuno può influire immediatamente sul volere dell’altro, nemmeno anzi insinuargli una volontà, o eccitare e commuovere il suo volere. Questo scaturisce sempre e soltanto da un’intima fonte, non mai dall’esterno.

Conosco, per mio proprio conto, solo due maniere di influsso sopra gli uomini. La prima, e di gran lunga la più importante, avviene per mezzo dell’insegnamento. Ma sapere non é ancora agire: a questo deve ciascuno decidersi da sé medesimo. Per sospingerlo anche a ciò, nulla ci resta che (secondo mezzo) il buon esempio, mediante il quale gli si mostra in parte l’attuabilità della prescrizione, e in parte la amabilità dell’esecuzione.

Per mio proprio conto, ripeto, non conosco se non queste due maniere. Pure rammento che voi ne conosciate e difendiate anche una terza: volete migliorare l’uomo servendovi ancora della commozione e del turbamento, di quel che voi chiamate cuore: opinione a cui sono inclini tutti i pubblici oratori. Ma credetemi! di quanto é certo che solo il durevole miglioramento della volontà merita di esser chiamato miglioramento, di tanto é sicuro che nulla devesi. Perseguire col mezzo suddetto, anzi che il suo frequente uso é proprio dannoso. Commovendo un individuo e facendogli versare un fiotto di lagrime, o trascinandolo via in sublimi sentimenti, si può benissimo, sì, condurlo a un’effimera buona azione, trattenerlo da un misfatto: ma quando é passato il rapimento dello spirito, egli è nuovamente lo stesso uomo di prima, e non abbiamo ottenuto nessun altro vantaggio che l’azione esteriore, di cui non ci deve importare mai nulla, se miriamo al vero scopo. Ma ben può accadere assai facilmente che ciascuno, il quale spesso pianga e di leggeri, si creda per questo un uomo buono, e tralasci quello sforzo e travaglio personale, che solo lo avrebbe, potuto salvare.

Così adunque l’istruzione é anche nella Massoneria, come in ogni istituzione di cultura, la cosa più essenziale. Secondo questi presupposti io proseguirò tosto a indicare i rapporti che passano tra gli oggetti della cultura massonica già indicati e l’istruzione, - e risponderò a questa domanda: se le cose stanno come ho esposto più sopra, qual é, in conseguenza di ciò, l’oggetto dell’istruzione massonica, e come e perché, per quali caratteri essenziali, questa istruzione diventa massonica?