Davanti alla prima sezione della corte di giustizia della Senna, il 25 novembre 1946 cominciò il processo dei «Services des Sociétés Secrètes».
Gli accusati erano il professor Bernard Fay, amministratore della Biblioteca nazionale, il capitano di fregata Robert Labat, il tenente colonnello di aviazione Jean de Verchère, l'architetto Charles Berdet, l'organizzatore delle mostre antimassoniche Jacques de Boistel, il quale nell'aprile del 1943 curò anche la produzione di un film:
"Le Forze Occulte", e l'archivista degli affari ebraici François Lecerf. Salvo Bernard Fay, nemico giurato della massoneria, gli altri erano forse soltanto dei patrioti che servivano la Francia per il caso che avesse vinto la Germania e la corte ne tenne ampio conto.
Il tremendo Platon aveva scritto a de Verchère: «Il Servizio delle Società Segrete è proprio nel cuore della politica, ma esso deve agire sotto l'angolazione della Massoneria. Il vostro dovere è di essere partigiano. Vi occorre agire con freddezza, senza vigilanza apparente, perfino con cattiveria, perché è un'opera latente».
Il Service des Sociétés Secrètes aveva curato 60.000 schede, perseguitato 6.000 Fratelli dei quali 549 furono fucilati e 989 deportati, di cui soltanto 15 tornarono alla fine della guerra.
Bernard Fay lavorava col tenente della S.D. Moritz il quale si era insediato al Grande Oriente ed aveva fatto man bassa degli archivi affidandoli a Fay, che nel controspionaggio tedesco si chiamava V.M.R.F.I.
Malgrado ciò Bernard Fay respinge la qualifica di delatore e si dichiara uno storico che agisce per «souci intellectuel» mentre il commissario Buthiau gli contesta di essere divenuto l'aiutante del generale tedesco Oberg, il macellaio di Parigi.
Il G.M. della G.L. di Francia, Dumesnil de Grammont comparve per rettificare le affermazioni di Bernard Fay relativamente ad una Massoneria collaborazionista ed il Fr. Villard per denunciarlo quale responsabile della morte dei dottori Voronoff e Goldzeiguer, rispettivamente presidente e membro del Consiglio dell'Ordine del G.O. di Francia.
La pubblica accusa chiese la pena di morte per Bernard Fay ed accoliti.
II difensore sostenne che Fay era soltanto un esecutore scelto da Pétain e che d'altra parte i giudici dell'ex capo dello Stato non avevano accolto contro di lui il gravame delle leggi emanate contro le società segrete!
Argomento che, a quanto pare, impressionò i giudici. Emisero una sentenza - dati i tempi e la gravità delle accuse - straordinariamente benevola: lavori forzati a vita per Bernard Fay e per Robert Labat. Venti anni di lavori forzati per Charles Berdet, quindici per Verchère d'Avally e Jacques de Boistel e cinque anni di prigione per François Lecerf.
Dei beni dei primi cinque fu deliberata la confisca e tutti i condannati colpiti dalla «dégradation nationale».


George Moerschell, che collaborò, durante l'occupazione tedesca, con la rivista "Documents maçonniques" fu processato, il 22 maggio 1947, dalla corte di giustizia della Senna per avere collaborato strettamente coi servizi di Bernard Fay e con quelli della Gestapo dell'avenue Foch.
Moerschell si era installato nella sede della Società Teosofica e di là si occupava delle «Sociétés Dissoutes» facendo arrestare e fucilare i Massoni, nella loro qualità di «enjuivées»!
Inoltre rubava i beni delle vittime: oggetti d'arte, libri antichi, merci di ogni sorta. Li mandava al proprio padre che li faceva rivendere da dei «bouquinistes».
La Corte della Senna, col precedente del processo Fay, non andò oltre i lavori forzati a vita, non incriminò per complicità il di lui padre e neppure l'ispettore di polizia Tousson, che era stato il suo collaboratore ma che fu udito semplicemente come teste.