Il documento che segue, è opera di ingegno dei Fratelli Apprendisti della Montesion Vincenzo G. e Danilo

I quali sintetizzano nella loro tavola il significato iniziatico e massonico delle fatiche di Ercole, attraverso la duplice lettura - astrologica ed alchemica - del Mito.

Scrivono i FF:. : "La statua di Ercole posta tra le colonne di Meridione costituisce monito ed incoraggiamento per gli Apprendisti che, sedendo a Settentrione, hanno appena intrapreso il cammino solare nel Tempio Massonico"...

© Vincenzo G. & Danilo

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"Il Canto dei Sorveglianti"

delle Costituzioni di Anderson

 

 

HORTI MAGICI INGRESSUM HESPERIUS CUSTODIT DRACO ET SINE ALCIDE COLCHICAS DELICIAS NON GUSTASSET IASON

[Porta Alchemica di Roma] 

Il drago esperio custodisce l'ingresso del magico giardino e, senza  Ercole, Giasone non potrebbe gustare le delizie della Colchide.

 

La statua di Ercole posta tra le colonne di Meridione costituisce monito ed incoraggiamento per gli Apprendisti che, sedendo a Settentrione, hanno appena intrapreso il cammino solare nel Tempio Massonico.

L’Eroe è chiamato dall’oracolo di Apollo al superamento delle dodici prove nelle quali affronterà mostri orrendi e ostacoli d’ogni genere.

Le dodici tappe percorse costituiscono la conquista delle dodici porte zodiacali mediante un costante processo di sublimazione del Sé. Istinti e passioni sono così trasmutati in valori e virtù mediante quelle che potremmo definire le nozze chimiche di perseveranza (Mercurio)  e  coraggio (Solfo), veri e propri strumenti Filosofici del mito di Ercole.

Le “dodici fatiche”, che si concludono con l’ “assunzione” in cielo del mortale figlio di Zeus, descrivono così l’itinerario iniziatico, sintesi dell’intera gamma delle possibilità dello stato umano.

Anche negli antichi misteri i candidati dovevano subire prove iniziatiche difficili, a volte dolorose e addirittura pericolose.

Ercole è qui il prototipo dell’Iniziato che respinge la vita facile e dolce sottoponendosi ad un lavoro incessante e faticoso.

Fra le colonne, l’Apprendista-Ercole inizia il suo combattimento per ammansire il Drago delle passioni, che non deve essere ucciso ma nobilitato attraverso la trasformazione del Sé, come il piombo che bisogna saper elevare alla dignità di Oro.

 

ERCOLE: L’AVVIO DI UN PERCORSO SOLARE

 “Le statue di Minerva, Ercole e Venere, rappresentanti la sapienza, la forza e la bellezza, devono vedersi nel massonico Tempio” (Statuti generali della massoneria scozzese, Oriente di Napoli, 1820).

Ercole, come l’eroina della trimurti indù Parvati, è eroe della forza, figura amorevole e guerriera allo stesso tempo, generosa e terrificante.

L’umanità, la generosità ed il coraggio furono infatti le doti-chiave di Ercole, maggiore eroe greco. Divinità olimpica dopo la morte, Ercole non fu simbolo della semplice forza bruta quanto piuttosto della forza di volontà. Godendo in vita della doppia natura terrena e celeste (in quanto figlio di Alcmena e Zeus), dopo la morte, per volontà degli dei, viene assunto nell'Olimpo e riceve in sposa Ebe, la dea dell'eterna giovinezza.

Connotato costante del mito di Ercole è l’acerrima opposizione di Era (Anima vs Corpo; Spirito vs Materia) che si riconciliò con lui solo dopo la sua ascesa all’Olimpo. Tra l’altro, Era lo costrinse in un accesso di pazzia, nel quale uccise i suoi figli, provocando in lui l'impurità morale che lo avrebbe costretto a sottomettersi all’espiazione.

Così, per volere della Pizia di Delfi, andò esule presso il re Euristeo di Tirinto, che gli impose la serie di prove da affrontare per purificarsi della sua colpa. Sono le dodici famose fatiche, che Ercole riuscì a portare a termine, ottenendone in premio l'immortalità.

Per questo motivo Alcide (da Alkè: Forza) passò alla storia con il nome di Ercole che significa “gloria di Era” (gloria raggiunta per mezzo di Era): è sotto la spinta della persecuzione di Era che Ercole, archetipo dell’iniziato, compie le sue imprese fino alla morte sacrificale e alla trasfigurazione, manifestando, così, col lavoro concreto sul piano fisico, la gloria e il potere della sua innata divinità.

Nel Tempio Massonico le fatiche rappresentano il cammino che l’Apprendista deve percorrere per raggiungere la pienezza della Luce. In questo cammino le difficoltà, le cadute, le fatiche temprano l’animo e innescano il pieno superamento della prova.

La crescita avviene così a “tappe forzate”; in un processo nel quale l’anima si schiude progressivamente.

Proprio perché il rito del Tempio Massonico è un rito Solare e quindi “attivo, secco, volitivo”, non si tratta di una lenta crescita evolutiva – di attesa mistica – ma di un impegno sistematico impiegando una salda disciplina.

Questo cammino è innanzitutto rigorosamente “Zodiacale”: come rammentano le dodici porte tra le Colonne. L’Eroe attraversa l’arco del cielo e sperimenta in prima persona le energie cosmiche, costituite TUTTE necessariamente da due polarità la cui parte ferina va trasmutata per apprezzarne appieno il connotato divino.

In questo contesto, la lotta con la propria materia grezza e il processo di sublimazione da innescare è Arte tipicamente alchemica (anche in questo caso dodici fasi, dodici prove da superare su una mappa zodiacale).

L’Eroe, attraversando il cammino delle dodici fatiche, consegue la percezione del carattere nascosto divino dell’Essere e dei suoi connotati immanenti nelle cose, combattendo aspramente contro le tendenze innate ed istintuali, che poi si esprimono attraverso le tendenze proprie del segno zodiacale e della fase alchemica  nel quale compie la sua fatica.

 

[Fonti: R. Guénon, L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta, Adelphi; R.Guenon, Simboli della Scienza Sacra; A.Bailey, Astrologia Esoterica, Nuova Era ed; C.G.Jung, Mysterium Coniunctionis vol 14, Bollati Boringhieri ]

 

IL SAGITTARIO ED IL 2° SORVEGLIANTE: IL VALORE DELLA GUIDA

La formazione del giovane Eroe fu affidata al centauro Chirone, che a scapito della nomea dei centauri di esseri violenti e litigiosi, incarnava perfettamente il Saggio e Sapiente: naturopata e chirurgo, spiccava per profondità d’animo e cultura, per coraggio e introspezione, diplomazia e razionalità; ed è lui rappresentato nella costellazione del Centauro. La sua grotta sul monte Pelio divenne una vera e propria accademia per giovani principi ed Eroi alla ricerca di una buona istruzione.

 

Chirone è IL SAGITTARIO.

Una figura “doppia” il cui corpo inferiore è quello di un cavallo (o di un toro), con le quattro zampe ben piantate per terra, e nella parte superiore quello di un uomo che leva la testa in alto, puntando una freccia verso le stelle…

La sua duplice natura, lo sguardo alla volta celeste, la freccia pronta a scoccare verso l’altro indicano che la natura istintuale può essere sconfitta. C’è una forza che nasce e si fortifica nella parte inferiore del corpo che il Centauro istruisce come indirizzare.

La giusta direzione è data dall’angolazione con cui scaglia le sue frecce… ma sempre con i piedi ben piantati per terra – razionalmente, dunque – perché la terra è la fonte del suo potere.

“Con il Sagittario – scrive Maria Maitan – si conclude la trilogia di Fuoco. Non è più la fiamma rossa, indomabile, irresistibile dell’Ariete, né la fiamma gialla del Leone, incanalata dalla volontà e consacrata alla grandezza dell’Io; questa del Sagittario è la fiamma azzurra che s’innalza verso le illuminazioni dello spirito. […] L’energia sagittariana proietta verso uno scopo ciò che lo Scorpione ha saputo ammassare… il Sagittario è il segno della fusione, della riunione, della coordinazione, della sintesi”.

Il Sagittario (Chirone) accompagna il Sole (Ercole) alla rinascita del Solstizio d’inverno, e ricorda così che bisogna “discendere” materialmente per “salire” spiritualmente. Il Fuoco del Sagittario non brucia niente mentre si espande nell’atmosfera… ma vivifica e rigenera: come sanno i saggi e i filosofi di tutte le epoche.

Così il tempo del sagittario è il tempo delle grandi avventure nei regni inesplorati delle grandi generalizzazioni, della religione e della metafisica, della filosofia e dell’astrazione.

Il sagittario cerca connessioni “lontane”, che lo aiutino a superare il momento presente (il solstizio d’inverno) dove regna il buio e la forza della luce è flebilissima nella sua manifestazione immediata. Non a caso la IX casa è la casa dei viaggi e delle scoperte.

 

La rinascita del Sol-Invictus (sperata o, meglio, annunciata) non poteva che essere monito diretto all’Apprendista, che nel Tempio siede di fronte al Sagittario e contemporaneamente alla statua di Ercole.

Il seme [Apprendista] comincia ad adattarsi all’ambiente circostante, le zolle che lo ricoprono non sono più una tomba, ma diventano grembo materno, rifugio confortevole e protettivo, mondo stimolante che attende il miracolo della metamorfosi.

Per questo motivo, Ercole nel Tempio Massonico è posto sotto il presidio del Sagittario e perciò associato al 2° Sorvegliante.

Prendendo come riferimento il percorso del Sole, la collocazione fisica in Loggia del 2° Sorvegliante è tra le Colonne di Meridione. Questi è il tutore della Colonna di Settentrione, ovvero della metà notturna, sempre nelle tenebre, della Loggia, dove risiedono i Fratelli Apprendisti della cui istruzione è responsabile.

Ha il compito di far “compiere” all’Apprendista il Silenzio Superiore, che costituisce la prima disciplina iniziatica del Tempio Massonico: i discepoli di Pitagora osservavano sette anni di silenzio; e il primo insegnamento del Buddha è “fai silenzio in te stesso, e ascolta…”

 

Come il Sole al solstizio d’inverno, l’Apprendista vive nel buio del Silenzio (“non sa né leggere né scrivere”), non gli è permesso né di camminare né di parlare, deve esclusivamente OSSERVARE, essere e lavorare.

Come il Sagittario,  il 2° sorvegliante indica una strada “ardua”: quella della formazione completa e del superamento delle prove interiori; quella del prossimo solstizio, in cui la forza del Giorno sarà al massimo splendore.

Il 2° sorvegliante guida l’iniziando nell’apprendimento dell’Arte dell’Ascolto, accompagnandolo nell’abbandono progressivo dei pregiudizi e degli ‘a priori’.

 

In questo contesto la presenza nel Tempio della statua di Ercole ha una doppia valenza:

-    - quella delle prove che ciascun Apprendista deve compiere nel corso del suo cammino (12 come le fatiche, come le inclinazioni oscure in ogni segno zodiacale e le fasi alchemiche dalla Materia Prima all’Oro)

- quella della modalità di affrontare le prove. Chirone raccomandava di far leva sulla parte divina di sé, non indulgendo all’orgoglio, ma unendo volontà ed umiltà (il Maestro ricordava ad Ercole: "Ci eleviamo inginocchiandoci, conquistiamo arrendendoci, guadagniamo donando").

 

Il lavoro richiesto è quello di una scoperta personale e progressiva, di un “risveglio” attivo e della verità che è in noi stessi, per mezzo di un lavoro metodico e personale: tutto ciò fornirà il risveglio progressivo della coscienza.

 

Tradizionalmente la fatica erculea corrispondente al segno del Sagittario è la nona: “L’uccisione degli uccelli di Stinfalo”.

Il mito vuole che le paludi d’Arcadia fossero infestate da uccelli antropofagi. Questi uccelli devastavano il paese ma non si facevano vedere, nascondendosi nella boscaglia, facevano danni senza che si potesse stanarli.

Dopo aver tentano inutilmente di colpirli con una pioggia di frecce e di catturarli con delle trappole, sbattendo l’uno contro l’altro i cembali d’ottone donatigli da Atena, produsse un fragore tale che gli uccelli si dispersero in volo.

L’Apprendista-Ercole, valutando le sue emozioni e reazioni, scopre che egli stesso può essere Forza e che i suoi pensieri e le sue parole possono arrecare danno.

Quindi l’Apprendista, operando su sé stesso, deve scavare ed allontanare i cattivi pensieri, dominare le proprie emozioni, smettere di pensare eccessivamente ed imparare semplicemente ad Essere.

L’Eroe dimostrò perfetta padronanza di ciò che è la prima cosa che un aspirante all’iniziazione deve fare: controllare i propri pensieri e di conseguenza le proprie parole.

Nel momento in cui ci liberiamo dall’illusione, in quel preciso momento noi entriamo in sagittario e vediamo la meta. Non l’avevamo mai veduta pienamente prima, perché tra noi e la meta vi è sempre stata una forma-pensiero, perché [come dice l’ESPERTO TERRIBILE] “pensiamo e, pensando, costruiamo”.

 

Tradizionalmente il Sagittario è il SEGNO DEL SILENZIO.

Bisogna imparare cosa non dire; dal momento in cui smettiamo di stabilire rapporti errati con le persone a causa di quello che diciamo, non appena cessiamo di pensare cose che non dovremmo pensare, a poco a poco questi legami vengono recisi, allora siamo liberi di scalare la montagna dello Spirito, come il capro in Capricorno.

 

[Fonti: M. Maitan, Fatevi il vostro oroscopo, Feltrinelli; D.Rudyard, Tipi astrologici, Astrolabio; I.Mainguy, Simbolica massonica, Mediterranee; O.Wirth, Simbolismo astrologico, Mediterranee; A.Morelli, Dei e Miti, FME; www.montesion.it, Forum; I.Mosca, Quaderni di simbologia muratoria]

 

 

IL COMPIMENTO DEL VIAGGIO: LA SUBLIMAZIONE DEL SÉ

Ercole rivestito dalla pelle del Leone Nemeo, armato della clava e munito del ramo che reca le mele d’oro del giardino delle Esperidi è una delle rappresentazioni tradizionali dell’Arcano IV: l’Imperatore. La strada è stata percorsa, le prove superate e la ricompensa conseguita.

Le mele d’Oro rappresentano il sapere iniziatico; vengono conquistate dopo un’aspra lotta e ricompensano l’Eroe che ha compiuto le dodici fatiche…o l’Adepto votato alla Grande Opera.

Ercole rappresenta il figlio di Dio incarnato ma non ancora perfetto. Nelle dodici fatiche, svolge il ruolo del discepolo sul Sentiero che, attraverso alcuni compiti di natura simbolica, prende tra le sue mani la natura inferiore e con la volontà l’assoggetta alla disciplina per far emergere la Divinità in lui.

 

Ogni uomo “in incarnazione” è sottoposto alle leggi della materia rappresentate dalla paura, l’individualismo, la competizione e l’avidità. Queste devono essere sostituite dalla fiducia spirituale, dalla cooperazione, dalla consapevolezza di gruppo e dall’altruismo.

 

La caratteristica principale delle gesta di Ercole è superare la prova partendo da un gesto di umiltà o da un rimorso iniziale: si inginocchia per sollevare il mostro immondo (l’Idra); deve affrontare l’umiliazione dell’errore di valutazione per la morte di Abderis (le Giovenche); la richiesta umilissima di aiuto ad Atlante (i pomi delle Esperidi), il primo fallimento della caccia al leone con arco e frecce (Leone Nemeo); l’obbligo divino a restituire la cerva (cattura della Daina); il rimorso per l’errore della morte di Ippolita (il cinto di Ippolita), …

Il percorso intrapreso da Ercole è un progressivo sollevarsi dagli istinti (diretti o indiretti) mediante la conquista vittoriosa di un “cambio di prospettiva” attraverso il percorso Zodiacale, il superamento di ciascuna fatica diviene metafora della ricerca di un significato che vada ad ampliare il “SE’”, e che appare come un tesoro, allorché viene strappato dalle oscure “regioni psichiche” in cui si trova.

 

Un problema riceve piena attenzione e viene ridotto alla sua essenza. Ciò non viene fatto in maniera esclusivamente mentale o intellettuale, ma soprattutto usando le emozioni. Con la vera immersione si causa la putrefazione, la decomposizione di ciò in cui si era incastrati: la fase della Nigredo.

Il confronto con la realtà interna è spesso doloroso. Ma una volta entrati nella profondità del buio, con la scoperta del seme del problema - il seme nella materia prima - nasce la luce bianca: Albedo, bianchezza, la fase successiva...

 

“La Natura esprime energie invisibili tramite forme visibili” e, pertanto, dietro il mondo fenomenico oggettivo sta un mondo di forze responsabile delle forme visibili.

Il guscio materiale esterno nasconde l’ESSERE. E’ con questa interazione di forme esterne e vita interiore che Ercole lotta.

I risultati materiali non sono che le premesse del risultato finale, che è spirituale. Tutto è diretto verso la trasformazione dell’uomo stesso, verso la sua divinizzazione, la sua fusione nell’energia divina fissa, da cui si irradiano tutte le energie della materia.

Questo processo di trasmutazione del sé è zodiacale e, al contempo, alchemico ripercorrendo le fasi di lavoro al forno delle proprie emozioni e della propria personalità.

  

ERCOLE “ZODIACALE”

Ercole può quindi assimilarsi al Sole, che nel percorre il suo ciclo annuale nello zodiaco, esprime, per la nostra manifestazione,  le sue qualità di coraggio, intelletto,  creatività, immortalità.

I 12 mesi dell’anno, in questa visione, rappresentano altrettante tappe da percorre tra le costellazioni dello zodiaco, dall’Ariete ai Pesci, “prove” da superare per completare il cammino. Ed Ercole-Sole che supera le 12 prove dello Zodiaco diviene un Eroe (solare, appunto) e conquista l’immortalità, avendo superato vittoriosamente la via dell’Ombra.

Nei primi quattro segni l’Eroe si prepara, avviando il SÉ dal piano umano verso il piano spirituale:

-    - In Ariete (le Giovenche) fortifica la sua mente e cerca di piegarla ai suoi bisogni, imparando così il controllo del mentale. L’Uomo diventa “anima pensante”.

-    - In Toro (il Toro di Creta), la conquista dell’illuminazione e l’uso dell’intuizione è una piccola luce che si fortificherà nelle fatiche successive. L’Uomo diventa “anima senziente”.

-    - In Gemelli (I Pomi) il piano spirituale delle intenzioni e della meditazione si trasforma in atto, la “visione” in “azione”: sono stati colti i pomo della Saggezza. L’Uomo diventa “anima vivente”.

-    - In Cancro (la Cerva) occorrerà bilanciare razionalità e intuizione, mettendo l’istinto al servizio dell’intelletto. L’Uomo diventa “attore vivente sul piano fisico”.

 

Nei secondi quattro segni Ercole, mediante la lotta e lo scontro diretto sul piano fisico, acquisisce progressivamente autocoscienza:

-    - In Leone (Nemea) riduce all’impotenza ciò che è stato il suo meccanismo di difesa: uccide il leone della propria personalità e del proprio egoismo. L’Uomo subordina il SÉ al Tutto.

-    - In Vergine (Ippolita), l’Eroe diviene cosciente non più dell’Anima e del Corpo in reciproca relazione, ma della sua natura Unica Spirituale. La Materia ascende al cielo. L’Uomo acquisisca consapevolezza del suo ruolo superiore.

-    - In Bilancia (cinghiale di Erimanto), l’Eroe non usa la forza bruta ma organizza una trappola: fermezza ed equilibrio sono la chiave del successo. L’Uomo raggiunge l’equilibrio tra spirito e materia.

-    - In Scorpione (l’Idra), Ercole estirpa dalla sua natura ciò che avrebbe impedito di continuare nelle sue imprese: gli impulsi bassi e subliminali. L’Uomo fa funzionare come un’unità la Mente, la Natura Emotiva e quella Fisica.

 

Negli ultimi quattro segni Ercole consegue la definitiva sublimazione del sé:

-    - In Sagittario (Uccelli di Stinfalo) mediante un uso corretto di pensiero e parola si persegue la libertà orientato in un'unica direzione. L’Uomo individua la meta non più distratto dalla personalità.

-    - In Capricorno (Cerbero), vince l’illusione e percorre la Via dello Spirito, è così capace di attraversare gli inferi, la terra e i cieli. L’Uomo diventa “iniziato”.

-    - In Acquario (le Stalle d’Augia), mette l’intuizione e l’illuminazione spirituale al servizio dell’umanità. L’Uomo “discepolo” diventa “maestro”.

-    - In Pesci (li Buoi di Gerione), Ercole è il pieno e definitivo dominatore della Materia. L’Uomo è il “Salvatore”.

 

Il cammino ascensionale, di purificazione progressiva è così praticato attraverso le porte zodiacali, tutte caratterizzate da un aspetto oscuro da trasmutare per ottenerne il lato luminoso, che a sua volta farà da carburante per andare “oltre”.

 

[Fonti: O.Wirth, Il Simbolismo Astrologico, Atanòr; D.Rudyard, Doni dello Spirito; A.Bailey, Astrologia Esoterica, Nuova Era ed.; A.Bailey, Fatiche di Ercole e Zodiaco, Nuova Era ed.; O.M.Aivanhov, Zodiaco chiave dell’Uomo e dell’Universo, Prosveta ed; cfr inoltre: http://www.esonet.it/News-file-article-sid-264.html ]

 

ERCOLE “ALCHEMICO”

Nella tradizione alchemica occidentale le dodici stazioni del Sole sono altrettante porte che l’alchimista deve superare per conseguire la Grande Opera, altrettante trasformazioni che la Materia Prima dovrà subire prima di poter diventare Pietra Filosofale.

La statua di Ercole-Alchimista ricorda all’Apprendista il percorso dell’Anima nella dualità e il suo affrancamento per potersi elevare al di sopra della sua Materia, ascendendola progressivamente.

Il suo carattere e la sua natura saranno ripetutamente messi alla prova finché l’Anima non si rileverà libera dai lacci delle passioni.

Su questo sentiero l’alchimista impara a sue spese la tecnica di trasmutazione del Mercurio (la percezione), di trasformazione del Solfo (la pulsione psichica) e di sedimentazione del Sale (la conoscenza) indispensabili per arrivare ad un superiore livello di comprensione, di esperienza e di conoscenza di sé e del mondo.

Le dodici chiavi di Basilio Valentino o le Dodici Porte del Ripley o l’associazione zodiaco-fasi dell’Opera nelle Meraviglie della Natura di Zolla sono alcune delle numerosissime descrizione dei dodici passaggi che occorrono alla Materia prima per arrivare a compimento. Tuttavia è il Pernety che nel 1758 ha fornito la più chiara chiave di lettura alchemico-operativa delle Fatiche di Ercole, di seguito sintetizzate (al quale si rimanda per la trattazione operativa di dettaglio).

-    - Putrefazione, per l’uccisione del Drago guardiano delle Esperidi;

-    - Fermentazione, per l’episodio delle Figlie di Tespio;

-    - Separazione, nella lotta contro i Centauri;

-    - Fissazione, l’uccisione dell’Idra;

-    - Purificazione, per l’uccisione del Leone Nemeo;

-    - Liberazione del Rebis, nell’episodio del cinghilae d’Erimanto;

-    - Elisir al Rosso, nell’episodio dei buoi di Gerione;

-    - Volatilizzazione del Fisso, nella lotta con Anteo;

-    - Seconda dissoluzione, nell’episodio delle stalle d’Augia;

-    - Acqua mercuriale, cattura del Toro Cretese;

-    - Mercurio al Rosso Porpora, nell’uccisione di Nesso;

-    - Incinerazione, uccisione degli uccelli Stinfalidi;

-    - Occhi di pesce (o diamanti), nell’episodio di Alceste;

-    - Opera al Bianco, nella vicenda delle Amazzoni e del cinto di Ippolita

 

In particolare, il Pernety segnala il ruolo iniziatico del mito di Ercole, che costituirebbe un vademecum operativo per l’Adepto; e ciò sin dalla prima impresa dell’Eroe quando, in fasce, “strozzò” i due serpenti mandati da Era ad ucciderlo.  I due serpenti rappresenterebbero i due principi dell’Opera (Solfo e Mercurio), assoggettati da Ercole così come nel caduceo mercuriale (Fiabe Egizie e Greche, pag 288 e ssgg).

D’altro canto, molto più di recente, Elemire Zolla, Meraviglie della Natura (1991, Marsilio, cap.V), associa li segni zodiacali alle fasi dell’Opera così come descritte nel XX° secolo dalla scuola Francese. Tale associazione costituisce il collegamento diretto tra le Fatiche d’Ercole, i Momenti Zodiacali e le Fasi dell’Opera.

-    - Ariete: calcinazione

-    - Toro: congelazione

-    - Gemelli: separazione

-    - Cancro: dissoluzione

-    - Leone: digestione

-    - Vergine: distillazione

-    - Bilancia:  sublimazione

-    - Scorpione: separazione

-    - Sagittario: incenerimento

-    - Capricorno: fermentazione

-    - Acquario: moltiplicazione

-    - Pesci: proiezione 

 

Nei compiti quasi impossibili di Ercole-Alchimista la costante è il combattimento Drago (reale o metaforico): la Nigredo. Dalla Nigredo si dipanano le ‘Moltiplicazioni’: che sono interpretabili anche come “fasi dei processi purificatori”.

Ma la Nigredo simboleggia anche le difficoltà che l’uomo deve superare durante il suo viaggio negli inferi, e cioè in se stesso. E’ dunque il processo in cui ci si dirige verso il ritrovamento dell’auto-conoscenza.

Oltre alla testa di corvo (“caput corvi”), uno dei simboli della Nigredo in alchimia è la “decapitazione”. Questi simboli fanno riferimento alla morte dell’uomo comune, intesa come morte del suo caos interiore e dei suoi dubbi.

Il Drago risiede sempre nelle grotte, e quindi nella terra, negli inferi, e nell’inconscio. È il nostro emotivo Drago interiore che distrugge la nostra coscienza, quando appare nel conscio esprimendo negatività quali l’invidia, la gelosia, l’odio.

Ecco perché il Drago va sconfitto: la morte del Drago non è una fine, ma l’inizio della Grande Opera.

 

[Fonti: J.Hillmann, Anima, Adelphi; O.Wirth, Il Simbolismo Alchemico, Atanòr; E.Zolla, Le Meraviglie della Natura, Marsilio; Santillana, Dechend, il Mulino d’Ampleto, Adelphi; A.Schwarz, Cabbalà e Alchimia, Garzanti; Antonio G.Pernety, Fiabe Egizie e Greche, Orion; P.Lucarelli, Lettere Musulmane, Adelphi; Basilio Valentino, Le dodici chiavi della Filosofia, Mediterranee]

 

CONCLUSIONI: IL DRAGO NON VA UCCISO

Nel cammino solare di Ercole è tutto un continuo combattere con Draghi, concreti o allegorici.

Il Drago è tradizionalmente raffigurato come un rettile nato dalle acque primordiali. Considerato per la sua ferocia e la sua forza un temibile avversario, appare spesso nel ruolo di guardiano di qualche tesoro, tesoro che “l’Eroe” di turno dovrà conquistare combattendo.

 “il Drago, incaricato di sorvegliare il meraviglioso recinto nel quale i filosofi vanno a cercare i loro tesori, è noto per il fatto che non dorme mai; i suoi occhi infuocati sono ininterrottamente aperti; non conosce stanchezza né riposo” [Fulcanelli, Le dimore filosofali].

 

Bisogna combattere contro di lui per vincere la barriera che abbiamo noi stessi posto sulla nostra ascesi: il motore doloroso del proprio egoismo; l’Io dannato e roccioso che si occupa del Tu.

Ecco perché il Drago va vinto, domato, umiliato, ma mai ucciso; l’uccisione del Drago comporterebbe l’impossibilità di proseguire il cammino.

Il saggio rispetta tutte le energie, anche pericolose perché sa che esistono per essere captate e quindi utilizzate giudiziosamente. Ciò che è vile non deve essere distrutto, ma nobilitato attraverso la trasformazione, come il piombo che bisogna saper elevare alla dignità di Oro.

 

Come la lotta di Ercole contro l’Idra di Lerna raffigura la costante battaglia dell’iniziato contro gli istinti primari delle passioni, delle brame e dei desideri, ogni battaglia con il drago diviene allora metafora della ricerca di un significato che vada ad ampliare il “SÉ”, e che appare come un tesoro, allorché viene strappato dalle oscure “regioni psichiche” in cui si trova.

Il Drago, autentico emblema Saturniano, con la sua pelle verrucosa, via-via pesce-rettile-anfibio, guarda l’Eroe con occhio d’oro e contiene l’intero cosmo: il Principe delle Fiabe…

La vittoria sul drago è il trionfo dell’IO sulle forze regressive dell’inconscio, che si traduce nelle capacità di affrontare e superare i cambiamenti che la vita presenta.

La vittoria sul drago diviene quindi un “RITO” iniziatico che consente all’uomo di affrontare il proprio “Drago Interiore” per integrarne la forza (il  tesoro) e realizzerà ed amplierà la propria coscienza.

Il percorso di crescita e di conoscenza, che al termine approda  al compimento ed al trionfo dell’”IO”, non è altro che la “GRANDE OPERA” indicata dal Sagittario-Chirone; istruita dal Secondo Sorvegliante e compiuta da Ercole-Apprendista.

 

[Fonti: Fulcanelli, Le dimore filosofali, Mediterranee; O.Wirth, I Tarocchi, Mediterranee; O.Wirth, Simbologia Alchemica, Mediterranee; P.Lucarelli, Lettere Musulmane, Adelphi;]

 

 

SI SEDES NON IS

[Porta Alchemica di Roma]

 

ALLEGATO:

LE DODICI FATICHE IN DETTAGLIO

[nell’ordine e nell’esposizione di Apollonio Rodio]

  

Fu così che per volontà della Pizia, sacerdotessa di Apollo, Ercole dovette andare esule presso il re Euristeo di Tirinto, che gli impose una serie di prove da affrontare per espiare la sua colpa. Sono le dodici famose fatiche, che Ercole riuscì a portare a termine, ottenendone in premio l'immortalità.
Tali imprese sono:


1) L'uccisione del leone di Nemea, mostro dalla pelle invulnerabile, che devastava il paese e divorava gli abitanti e i loro armenti. Eracle lo strozzò con le mani e dopo averlo scuoiato si rivestì della sua pelle come di un impenetrabile corazza, usandone la testa come elmo (questa, insieme alla grande, nodosa clava, che egli stesso si era fabbricata, fu poi la sua "divisa" nell'iconografia greca e romana).
 

2) L'uccisione dell'Idra di Lerna, un drago mostruoso con cinque o sette o più teste esalanti alito mortale, che distruggeva i raccolti e le greggi. Quando Eracle cominciò a tagliare le teste con la spada si accorse che da ognuna ne ricrescevano due, per cui, con l'aiuto dell'auriga Iolao, che fu suo compagno e aiutante, le bruciò con tronchi infuocati; la testa centrale, che era immortale, la schiacciò con un masso; infine intinse nel sangue del mostro le sue frecce, che da quel momento, quando andavano a segno, provocavano ferite che non si rimarginavano mai.
 

3) La cattura della cerva di Cerinea (monte tra l'Arcadia e l'Acaia), che aveva le corna e gli zoccoli d'oro ed era sacra ad Artemide; per questo doveva essere catturata viva. Eracle le diede la caccia per un anno, inseguendola fino alla terra degli Iperborei, e alla fine riuscì a catturarla.
 

4) La cattura del cinghiale di Erimanto, che infestava e recava gravi danni nelle regioni vicine: Euristeo gli aveva comandato di catturarlo e portarglielo vivo. Eracle riuscì ad afferrarlo e immobilizzarlo, poi lo legò per bene e se lo caricò sulle spalle. Mentre l'eroe si trovava sulla via per il compimento di questa impresa, era stato ospitato dal centauro Folo, che gli aveva offerto del vino, il cui odore aveva attirato altri Centauri; ne era nata una zuffa durante la quale Eracle ne aveva uccisi alcuni e altri li aveva ricacciati a Malea, presso il centauro Chirone, ridotto in fin di vita perché ferito per errore da Ercole durante la colluttazione.

 

5) La pulizia delle stalle di Augia, re degli Epei nell'Elide: erano piene del letame accumulatosi da anni dagli immensi armenti del re. In un solo giorno Eracle riuscì a ripulirle, immettendovi la corrente di due fiumi, che portarono via tutta la sporcizia con l'impeto dell'acqua.
 

6) L'annientamento degli uccelli di Stinfalo (lago dell'Arcadia), che avevano artigli, becco e anche penne di bronzo, che scagliavano come frecce, e si nutrivano di carne umana. Eracle ne uccise alcuni con le armi di cui disponeva: frecce, clava e pietre, e gli altri li cacciò spaventandoli con alcuni sonagli di bronzo, opera di Efesto, che gli erano stati donati da Atena.

 

7) La cattura del Toro di Creta (da non confondersi con il Minotauro), che era stato mandato da Poseidone al re Minosse, e poi, reso furioso dal dio perché Minosse non gliel'aveva sacrificato secondo la promessa, seminava il terrore nell'isola distruggendo le campagne. Eracle riuscì a catturarlo e a riportarlo vivo a Micene.
 

8) La cattura delle cavalle di Diomede, re dei Bistoni in Tracia, che si nutrivano di carne umana, fornita loro dal re attraverso l'uccisione di tutti gli stranieri che passavano per la sua terra. Eracle le legò, diede loro in pasto lo stesso Diomede, e le portò vive al re Euristeo, come egli aveva richiesto.

 

9) La conquista della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni, che era stata un dono di Ares per simboleggiare il potere; ma era desiderata da Admeta, figlia di Euristeo la desiderava e ad Eracle fu comandato di impadronirsene. Egli si recò quindi a Temiscira, la città delle Amazzoni, accompagnato da altri eroi come Teseo, Peleo, Telamone. Le Amazzoni presero subito le armi e ne nacque una zuffa in cui Ippolita fu uccisa ed Eracle portò via la cintura. Secondo un'altra tradizione, ottenne la cintura, ma non uccise Ippolita, bensì la dette in sposa a Teseo.
 

10) I buoi di Gerione, mostro orrendo che dalla cintura in su aveva tre corpi, erano custoditi in grandi armenti nell'isola di Eritea (collocabile in qualche punto del Marocco) da un gigantesco pastore e da un cane bicipite. Per prenderli Eracle si recò nell'estremo Occidente sul carro del Sole, ammazzò i guardiani e portò via i buoi; trafisse con le frecce anche Gerione, che l'aveva inseguito, e riuscì a guidare le bestie fino alla reggia di Euristeo, facendo fronte a vari imprevisti, tra cui un assalto dei briganti liguri Alchione e Dercino, figli di Poseidone, che gli volevano rubare i buoi, e un tafano inviato dalla solita Era, che innervosì e disperse parte dell'armento.

 

11) I pomi d'oro delle Esperidi erano stati regalati da Gea ad Era per le sue nozze con Zeus; erano custoditi dalle Esperidi in un giardino nell'estremo Occidente presso il monte Atlante, e guardati dal drago Ladone. Eracle si recò in quell'estremo paese, uccise Ladone, prese tre pomi e li portò a Euristeo. Tale racconto si arricchì poi di molti particolari: l'uccisione del gigante Anteo che l'aveva sfidato a combattimento, la cui caratteristica era di essere invincibile finché teneva i piedi ben saldi sulla terra; Eracle lo afferrò, lo sollevò in aria e infine lo soffocò.
Poi, giunto al Caucaso, trovò Prometeo incatenato ad una rupe per la condanna di Zeus, avendo egli osato donare agli uomini il fuoco divino, e lo liberò. Nel prosieguo del viaggio incontrò Atlante, condannato da Zeus a reggere sulle spalle la volta del cielo; Eracle si offrì di sostituirsi a lui purché Atlante lo aiutasse a rubare le mele e uccidere il drago; ma dopo dovette giocare di astuzia per ristabilire i ruoli - perché Atlante non voleva riprendersi il proprio carico - e fuggire con i pomi. Questi ultimi, però, dopo poco tempo furono riportati da Atena al loro posto, dove sarebbero rimasti per sempre, perché a nessun mortale era concesso il possesso di quei frutti che davano al loro proprietario la conoscenza degli arcani e la percezione del bene e del male.

 

12) La cattura di Cerbero, il mostruoso cane tricipite che stava a guardia dell'Ade, fu l'ultima fatica di Eracle, quella che l'avrebbe finalmente liberato dalla servitù di Euristeo. L'eroe fu per ordine di Zeus aiutato da Ermes e da Atena, che gli permisero di giungere alle porte degli Inferi dove ebbe molti incontri e avventure: l'incontro con la gorgone Medusa, l'incontro con Meleagro, la liberazione di Teseo, la zuffa col pastore di Ade. Ade gliimpose di catturare Cerbero senza fare uso delle armi: permetteva all'eroe di portare il mostruoso animale verso la luce, con l'impegno che lo restituisse subito al regno al quale per sempre doveva appartenere. Eracle dette la sua parola: strinse alla gola Cerbero, lo condusse da Euristeo ma poi lo riportò indietro.

 

DODICI FATICHE IN SENSO ZODIACALE

[secondo gli studi di Alice Bailey]

 

ARIETE        = cattura delle giumente                   = controllo della mente

TORO           = cattura del toro di Creta                = controllo dell’istinto

GEMELLI       = raccolta dei pomi delle Esperidi        = unione di fisico e mentale

CANCRO       = cattura della Cerva                        = sviluppo dell’intuizione

LEONE         = uccisione del leone di Nemea           = uso proprio del coraggio

VERGINE      = il cinto di Ippolita                           = unione di Spirito e Materia

BILANCIA     = cattura del cinghiale di Erimanto       = realizzare stabilità ed equilibrio

SCORPIONE    = uccisione dell’idra di Lerna               = emancipazione dall’illusione

SAGITTARIO  = uccisione degli uccelli di Stinfalo      = controllo del pensiero

CAPRICORNO = uccisione di Cerbero                       = elevazione della personalità

ACQUARIO    = ripulimento delle stalle di Augia         = sviluppo e uso dell’umiltà

PESCI          = cattura dei buoi di Gerione              = superamento definitivo della ferinità

 

DODICI PORTE ALCHEMICHE

[secondo il Libro delle 12 Porte di J. Ripley]

 

PRIMA PORTA = Calcinazione, cioè la purgazione della nostra Pietra, che così si purifica con il suo stesso caldo naturale, in modo da non perdere niente del suo umore radicale

SECONDA PORTA = Dissoluzione. La nostra Soluzione è causa del nostro Congelamento: la Dissoluzione di una parte corporale è causa del congelamento dell'altra parte, che è spirituale.

TERZA PORTA = Separazione. La Separazione divide una cosa dall'altra, il sottile dallo spesso, lo spesso dal sottile; ma attento ad eliminare il superfluo non con la Separazione manuale, perchè chi opera in questo modo per ottenere la nostra Separazione è un pazzo e non ne trae nessun profitto.        

QUARTA PORTA = Congiunzione. Trattato della segreta Congiunzione che unisce le nature ripugnanti trasformandole in una Unità perfetta, che le armonizza totalmente e le lega l'un l'altra, in modo che una non possa sfuggire all'altra quando saranno pressate dal Fuoco

QUINTA PORTA = Putrefazione. uccisione dei Corpi e della divisione di tre cose nel nostro composto che porta alla corruzione dei Corpi uccisi, rendendoli poi atti alla generazione, perché tutte le cose che sono in terra, sono generate dalla continua rotazione o movimento dei Cieli.

SESTA PORTA = Coagulazione. Indurimento delle cose molli di colore bianco e fissaggio degli Spiriti volatili

SETTIMA PORTA = Cibazione. Avviene prima col latte e poi con la carne. Questa nutrizione va fatta moderatamente con ambedue gli elementi, finché si riduce al terzo ordine.

OTTAVA PORTA = Sublimazione. Facciamo la Sublimazione per tre cause; la prima per fare il Corpo spirituale, la seconda affinché lo spirito possa essere corporale e rimanga fisso con lui, e della stessa sostanza, la terza è che la Salsedine solforosa diminuisca, perchè è infruttuosa.

NONA PORTA = Fermentazione. In pratica li devi prima corrompere, distruggendo tutte le loro qualità. Questo modo è quello che noi adottiamo, vale a dire che li altera prima di Fermentarli.

DECIMA PORTA = Esaltazione. Se vuoi esaltare il Corpo aumentalo prima con lo spirito di vita, affinché la Terra sia ben sublimata con la naturale rettifica di ogni Elemento, fino all'alto del firmamento, vale a dire fino alla parte alta del Vaso nel quale si trova. Sarà allora molto più prezioso dell'oro, a causa della Quintessenza della quale ha le qualità.

UNDICESIMA PORTA = Moltiplicazione. La Moltiplicazione è un aumento del perfetto Elisir, in virtù e quantità, sia al bianco che al rosso ed è la cosa che fa aumentare la Medicina in ogni grado, colore, odore, quantità e virtù.

DODICESIMA PORTA = Proiezione. La Proiezione è la prova che la nostra pratica è vera, facendoci riconoscere se la tintura della nostra Arte o Segreto è permanente

 

 
 
 

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