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La Colonna d'Armonia

 

Opera di Ingegno di Piero Barbareschi

 

 

Il percorso iniziatico massonico, per sua stessa natura, procede per gradi e consente la progressiva scoperta di principi morali e comportamentali che regolano una fraterna convivenza fra gli esseri umani, con il dichiarato intento di migliorare l’umanità. Fondamentale In questo percorso è la capacità di concentrazione, di riflessione ed elaborazione delle informazioni che si acquisiscono, informazioni spesso velate da simbolismi ed allegorie. É necessario quindi decifrare, nel senso etimologico del termine, trovare in altre parole la cifra, la regola, la norma (che in latino significava squadra) che consente di ordinare logicamente le informazioni nella costruzione dell’edificio massonico, personale e di tutta la comunità.
In quest’opera di decifrazione sicuramente la musica può costituire un importante supporto per favorire la concentrazione ed aiutare il momento collettivo più spirituale e ricco di simboli di questo cammino: i lavori di loggia.
É accertato come sin dai tempi delle prime logge settecentesche la musica, intesa com’elemento aggregante dei fratelli, fosse largamente utilizzata. Esiste del resto un importante repertorio di composizioni vocali scritte espressamente per quest’uso, per lo più in lingua inglese, francese e tedesca, che ancora oggi è utilizzato nelle obbedienze delle rispettive nazioni. In Italia purtroppo non esiste una tradizione musicale vocale simile e questo sicuramente rappresenta un handicap perché non si può ovviamente pretendere la conoscenza e quindi l’esecuzione di canti, per esempio, in tedesco.
Ma che cos’è la musica massonica? Potrebbe esistere una musica più “massonica “ di un’altra? Una volta stabilita l’importanza della presenza della musica nei lavori di loggia, non potrebbe essere utilizzata qualsiasi composizione di qualsiasi autore ed epoca?
Prima di cercare di dare una risposta a queste domande, potrebbe essere interessante rilevare alcune caratteristiche della musica intesa come fenomeno fisico che coinvolge i sensi dell’uomo, cercando in seguito di darne una lettura in chiave simbolica e massonica.
La musica è per definizione un’arte che coinvolge in maniera profonda i sensi dell’uomo. Prima di tutto l’udito, per mezzo del quale immediatamente e senza alcun’intermediazione volontaria (sempre che l’ascoltatore non si rifiuti tappandosi le orecchie…) giunge al cervello e, per estensione, può coinvolgere altri sensi. É noto come si può associare un’immagine, un colore, addirittura un odore ad un’esperienza di tipo musicale. Per questi motivi, fra le arti, è sicuramente la più immediata ed apparentemente “facile”. Probabilmente per questa ragione in qualsiasi tipo di cerimonia sacra la musica, sin dai tempi più remoti, è utilizzata com’elemento fondamentale di una liturgia. Si può dare una spiegazione fisiologica di quest’utilizzo: il ritmo di una composizione musicale consente di far sintonizzare i presenti, in maniera più o meno consapevole, su una frequenza fisica comune che, di fatto, fa condividere in maniera più profonda l’evento religioso. La neurologia conosce bene questi meccanismi (anche se non sono chiaramente spiegati) che fanno sì che alcune frequenze che regolano le attività dell’organismo (cardiache, ghiandolari, addirittura cerebrali) possono essere, per così dire, “incanalate” e condizionate. La musica è uno dei mezzi più efficaci per farlo. Del resto, prima dell’invenzione del metronomo, all’inizio dell’ottocento, un criterio per stabilire l’unità di misura da utilizzare per stabilire la velocità di una composizione era il battito del polso (generalmente si consideravano 72 battiti, un multiplo di tre…). Questo criterio rendeva la musica ancora più in sintonia con i ritmi dell’organismo ed ancora oggi un buon esecutore riesce, in maniera solo apparentemente misteriosa, a rendersi istintivamente conto della velocità ideale per la quale è stato concepito e con cui va eseguito un brano.
Sintonia, frequenze comuni, ritmo, partecipazione collettiva, suddivisione in vari momenti: sono queste caratteristiche che accomunano la natura del fenomeno musicale con i principi fondamentali della fratellanza massonica.
I vari momenti dei lavori di loggia sono scanditi da ritmi e suddivisi in sezioni come una composizione musicale. Nel rituale in camera d’apprendista domina il numero tre (le volte che ci si pone all’ordine, la citazione dei principi di saggezza, forza e bellezza, le triplici batterie…) e durante le varie fasi si alternano momenti di dialogo a momenti di pausa che, come in musica, costituiscono un elemento espressivo e di riflessione e non certo di riposo. I partecipanti si trovano quindi a condividere un’esperienza che li coinvolge spiritualmente e fisicamente in maniera non casuale ma volutamente ritmata. Ad essere un unico organismo. Una “colonna d’armonia”.
Questa definizione così affascinante appartiene anche al mondo profano: nel XVIII secolo, infatti, con questo nome erano indicati gruppi di strumenti a fiato (generalmente flauto, oboe, clarinetto, corno e fagotto) che, grazie soprattutto alla grande abilità dimostrata da esecutori boemi, diventarono molto popolari e per i quali tutti i più importanti compositori scrissero brani. Citare il secolo dei lumi vuol dire immediatamente ricordare il più grande musicista (e fratello) d’ogni tempo: Wolfgang Amadeus Mozart. Convinto massone ed appassionato di numerologia, trovò nel linguaggio musicale un modo ideale per rappresentare i simboli della fratellanza universale. Sulle sue composizioni specifiche chiaramente massoniche molto è stato scritto. In questa sede sarà sufficiente ricordare come anche Mozart, come tutti i fratelli compositori del suo tempo e dei secoli successivi, sfrutti le caratteristiche del linguaggio musicale che per chi è in grado di leggerne il significato simbolico, si prestano a tale scopo: il numero d’alterazioni (per es. tre bemolli) della tonalità utilizzata, numero dei personaggi di un’azione scenica, addirittura numero delle battute delle frasi musicali, numero dei movimenti. É possibile quindi costruire una composizione che contenga al suo interno riferimenti numerologici o simbolici o scansioni ritmiche che si ritrovano nei rituali massonici. Tutto ciò può avvenire in maniera velata e quindi avere una doppia chiave di lettura oppure, nelle composizioni vocali e strumentali con testi chiaramente massonici e pertanto concepiti per essere utilizzati durante i lavori di loggia, costituire un’integrazione simbolica a quanto già espresso dal testo.
Si potrebbe considerare anche un altro aspetto della musica, sul quale da qualche centinaio d’anni le discussioni sono ininterrotte: se si debba considerarlo o no un linguaggio.
In chiave massonica si potrebbe dare una risposta a questa domanda. Un grande studioso dell’estetica musicale del secolo XIX, Eduard Hanslick, pubblicò un saggio, “Il bello musicale”, nel quale stravolgeva le teorie del suo tempo e gettava le basi per la costruzione di un edificio estetico ancor oggi valido. In sintesi Hanslick confutava la teoria della musica come linguaggio che rappresentava i sentimenti. I sentimenti non erano la causa, ma l’effetto della composizione musicale. La musica non poteva rappresentarne il contenuto ma la dinamica. Ma se si parla di dinamica dei sentimenti, si suppone che si possa definire un percorso, quindi una nascita, un’evoluzione, un termine. La musica, con il suo divenire, si troverebbe quindi in sintonia con questo procedere e per questo motivo ognuno troverebbe in un brano piuttosto che in un altro un’affinità solo apparentemente inspiegabile.
Écasuale che si parli di cammino iniziatico? La vita del massone non è forse permeata dalla consapevolezza di percorrere un percorso non sempre lineare, ricco d’incognite e assetato di nuove, continue scoperte?
Nella natura stessa della musica e del suo divenire, non si possono trovare parallelismi con il divenire massonico?
Nonostante queste premesse, stabilire se esiste una musica “più massonica” di un’altra rimane in ogni caso impresa ardua. Continuando a ricordare quanto composto da Mozart, non si può, tuttavia, non pensare all’efficacia raggiunta dalla cosiddetta “musica funebre massonica” K477 (che, come i fratelli sanno, non celebra una morte ma la rinascita a maestro, ripercorrendo la leggenda dell’uccisione di Hiram): con un semplice accordo conclusivo in tonalità maggiore riesce, molto più di qualsiasi costruzione verbale, a rappresentare la luce della saggezza che giunge a rischiarare la mente del fratello elevato a tale grado. Certo il confronto con Mozart è perdente in partenza per qualsiasi compositore, ciò non esclude tuttavia che qualsiasi musica, non necessariamente scritta da fratelli per i fratelli, possa essere utilizzata nei lavori di loggia e, quindi, diventare “massonica” se ottiene lo scopo di sintonizzare le menti su frequenze comuni, favorendone la concentrazione. É anche vero che cantare insieme testi consapevoli del fatto che altri fratelli lo stanno facendo o lo hanno fatto cento o duecento anni prima in situazioni simili, è certamente affascinante e contribuisce ulteriormente ad abbattere frontiere e barriere geografiche o linguistiche.
A conclusione di queste brevi riflessioni, un auspicio: che la musica divenga in ogni caso un elemento usuale e non occasionale nei lavori di loggia e, per finire, alcuni versi che i fratelli della loggia “Zu den drei Balcken” di Munster cantavano alla fine del 1700: “…Solo in un cuore dove la verità ha eretto il suo tempio, dove la solare chiarezza della virtù illumina ogni angolo: solo in quel cuore abita l’amicizia che è ornamento del cielo; solo dove troneggia questa benevolenza, l’affanno si allontana da noi….” [C.Fursternau – 1772/1819: Zur Freundschaft (Per l’amicizia), per soli, coro maschile, flauto e chitarra