"La Gamba"

Anonimo francese secolo XIII

 

 

 

 
 

  La carissima nostra Ospite, Anna B. di Pistoia ci scrive: Ho scoperto per caso il Vostro splendido sito, sono settimane che vi navigo e ancora non sono riuscita a vederne la fine.
La frequenza e la cura con cui lo aggiornate testimonia il Vostro amore per la Conoscenza, conoscenza che così generosamente condividete con noi profani. Non sapevo che in Massoneria si discettasse di così profondi soggetti. La mia domanda ha però le caratteristiche della banalità di una profana, Vi prego quindi di considerarla con benevola “Tolleranza”.
La “tonsura” non più in uso nella Chiesa, aveva delle logiche esoteriche? Per quale motivo è stata tolta? Saluti cari. Anna B.

 


 

Il provvedimento con cui l'autorità ecclesiastica ha decretato l'abolizione della tonsura sacerdotale, ossia di quella rasatura circolare dei capelli che dopo varie vicende era stata prescritta dal Concilio di Toledo nel 633 («Omnes clerici, detonso superius capite toto, inferius solam circuli coronam relinquant»), credo, ma posso sbagliare, sia un decreto datato 1970.


Il Concilio di Toledo, descriveva così, assai efficacemente, quella tonsura più vasta che divenne caratteristica specialmente di monaci e di frati, mentre fu «attenuata», come è noto, nei riguardi dei preti, specialmente nella Chiesa d'Occidente. Questi ultimi, in diversi Paesi, adottarono quella sorta di rasatura limitata e circolare a sommo del capo che tutti ben ricordano e che fu altresì chiamata «chierica» (dal latino ecclesiastico clerica, ossia «propria del clero»).
 

Evidentemente l'abolizione della tonsura è sembrata alle superiori autorità un mutamento salutare, un progresso rispetto ad un uso considerato antiquato e magari - avranno forse pensato alcuni - un tantino ridicolo. Con tutto il rispetto dovuto a chi opini in tal modo, vorremmo manifestare il nostro modesto avviso, che è notevolmente diverso.
 

La tonsura non fu certo adottata a caso. Nella forma indicata dalle parole del Concilio di Toledo, essa fu in genere interpretata come rievocativa del martirio di Cristo. La frangia di capelli intorno al cranio depilato rappresentava infatti secondo tale versione - la corona di spine che fu posta per dileggio sul capo di Gesù (Cf. Marco, XV, 17; Giovanni, XIX, 2). «Circuli coronam», la chiamò appunto il Concilio.
Ma a sua volta, la corona di spine non era che una versione negativa della corona regale - per cui, sempre con intendimento beffardo, fu rivolto a Gesù l'appellativo di «Re dei Giudei» (V. in particolare Luca, XXIII, 37-38).
Quello che era stato dileggio e tormento divenne, come è noto, emblema sacro e pertanto, infinite volte, Cristo è stato effigiato, scolpito, dipinto con in testa la Corona del Suo martirio.
 

Anche se soltanto questo fosse il significato allusivo della tonsura, ci sarebbe da chiedersi se l'averla abolita sia davvero un atto così indifferente (o addirittura, secondo qualcuno, apprezzabile), come fu presentato, all’epoca, alla pubblica opinione. Francamente, non si può senza difficoltà immaginare un sacerdote che avendo recato sino a ieri, impresso sul proprio capo, un simile «segno», possa essersene liberato sic et simpliciter, come se si trattasse di un ornamento antiquato purchessia, o di un distintivo anacronistico.
Ma c'è di più. Come abbiamo accennato, la corona di spine applicata al capo di Gesù era l'imitazione di un emblema sovrano, quello della corona regale: emblema che da tempo immemorabile ha costituito segno supremo di potere e di regalità sia al livello sacro, sia a quello profano.
 

Nelle epoche più antiche, la corona era attributo della maestà divina effigiata in guisa antropomorfica; ed erano coronati in vario modo (d'ulivo, di spighe, di alloro) gli dèi del mondo pagano.
Sino ai nostri giorni, imperatori e re hanno portato la corona nelle occasioni solenni; e al Papa è conferita la triplice corona - il triregno - che secondo il Pontificale Romano del 1596 lo qualifica come padre dei principi e re, rettore dell'orbe, vicario di Cristo (secondo altri, il triregno indica la triplice potestà sul cielo, sulla terra e sugli inferi, o quella sui tre «regni» della natura).
Ciò che la corona simbolicamente significa, ha dato luogo a molti scritti. Non c'è dubbio che fra l'altro, essa rappresenti una «irradiazione dall'alto», come la si può ravvisare nel disco solare e nei suoi raggi, dai quali derivano luce, calore e vita. In alcuni testi alchemici, diversi personaggi raffiguranti i pianeti ricevono le loro corone dal Re, ossia dal sole.
In un senso più alto, la corona è simbolo di raggiungimento e d'integrazione - per cui si dice «coronare le proprie aspirazioni» - e per cui è stato scritto che chi conquista se stesso ottiene la «corona» della vita eterna.
 

L'aureo cerchio, l'«aureola», che circonda il capo di santi e di beati, indica appunto tale raggiungimento, tale «coronamento» supremo.
Vale la pena di ricordare che nel mistico «Albero di Vita» della Qabalah, composto di dieci «Sephiroth» (emanazioni, sfere o concentrazioni cosmiche), la Sephirâ più alta (Kethèr, il vertice della Triade somma) è altresì detta «la Corona».
Secondo le tradizioni indiane, esistono lungo il corpo umano dei centri occulti di potere, raffigurati simbolicamente come provvisti di petali, ai quali è stato dato il nome di cakra. A sommo del capo - insegnano tali tradizioni - è il sahasraracakra, o «loto dai mille petali», la cui attivazione-illuminazione costituisce il punto culminante dello Yoga, l'esperienza cosmica che fonde Atman e Brahman, il «Sé» umano con l'Essenza universale (i mistici cristiani hanno dato a questa esperienza il nome di «nozze spirituali»).

Qualche elemento di tali nozioni tradizionali (e che, come tali, teoricamente non possono riferirsi a una civiltà piuttosto che a un'altra), è trapelato in Occidente certo assai prima che gli orientalisti del passato, e di quello attuale, le avessero diffuse nelle nostre aree di cultura.
Vien fatto perciò di chiedersi se la tonsura non fosse - anche a prescindere dai vari e diversi riferimenti prima esposti - un'allusiva e puramente simbolica «apertura verso l'alto», intesa a significare, quanto meno, la disponibilità, per chi avesse ricevuto l'investitura sacerdotale, all'illuminarsi del «loto dai mille petali», alla comunicazione col superno, e finalmente all'«immersione» dell'anima nel divino...
Che tutto ciò possa essere stato trascurato o ignorato, e che il problema della tonsura sia stato ridotto, da molti, a una questione di... parrucchiere, ci sembra un altro segno dell'epoca, e del quasi completo oblio in cui sono caduti certi insegnamenti, il cui assieme costituiva, un tempo, quelle che sono state chiamate - per contrapporle al sapere dei più – le «scienze sacre» degli iniziati e degli adepti.

Grazie per gli apprezzamenti.

Il WebMaestro

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