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I primi a mettere il computer al servizio della ricerca di dilouguim furono innanzitutto Armand Tannenbaum, alias Avraham Oren, poi il rav Chemouel Yaniv di Guiv’at Chemouel, autore di parecchi libri su questo argomento.
Per farci un’idea dell’originalità del lavoro del rav Yaniv, ci basteranno due esempi, scelti tra i numerosi di cui formicolano i suoi lavori: Innanzitutto, si sa che, nel racconto della creazione del mondo, all’inizio del Beréchith, è il nome di Élohïm che è impiegato per indicare il Creatore. Si sa anche che questo Nome si riferisce all’attributo divino del rigore, della giustizia e della severità. Il Tetragramma, hwhy, caratteristica dell’attributo della bontà e della generosità, si evidenzia, per la prima volta, nel versetto 4 del 2 capitolo del Beréchith, legato strettamente al Nome Élohïm: "Tali sono le origini del cielo e della terra, quando essi furono creati... all’epoca in cui Hachem-Élohïm [si traduce in genere - ed anche impropriamente - con "l’Eterno D."] fece una terra ed un cielo". Ma nel racconto precedente della stessa creazione, appare solamente l’attributo di rigore, Élohïm . Servendosi del computer del "Progetto Chouth" (abbreviazione di Cheéloth OuTechouvoth/Responsa) dell’università di Bar-Ilan, a RamatGan, il rav Yaniv scoprì il Tetragramma hwhy, nascosto nelle lettere stesse del passaggio che descrive la creazione degli animali e dell’uomo, dimostrando, quindi, come questa creazione riposa certamente sul rigore, ma anche sulla bontà.
Se si contano 26 lettere dallo youd di waya’ass ("ed egli fece", versetto 25 del 1 capitolo), si giunge all’ehi di habehéma ("gli animali che pascolano", stesso versetto), di dove un nuovo intervallo di 26 lettere ci condurrà al vav di wayar ("vive", fine del versetto 25), e finalmente, dopo avere contato ancora 26 lettere, all’ehi di na’assé ("facciamo", v. 26), questo computo ci dà yud-hé-vav-hé, il Nome ineffabile ed impronunziabile di Hachem, ad un intervallo regolare di valore 26, che non è altro, l’avevamo notato già, la gematria, il valore numerico del così detto Tetragramma (10 + 5 + 6 + 5)! L’aspetto più interessante, è che si ottiene lo stesso Nome, con lo stesso intervallo regolare, utilizzando quasi le stesse lettere ma contando al contrario a partire dallo youd di hayam ("il mare", stesso versetto 26).
Ed è ancora una coincidenza se questo versetto è, sempre per caso, il ventiseiesimo della Thorah?

Secondo esempio: nel passaggio di Bamidbar/Numeri (8, 1-4) dove è descritta la menorah (il candelabro a 7 bracci del santuario), la parola menorah appare in chiaro 4 volte nel testo, due volte sotto la sua forma grammaticale "piena" (con un vav), e due volte sotto la sua forma concisa senza vav). Ma se si cerca bene, come il rav Yaniv ha fatto, si scoprirà una quinta menorah "occulta", le cui le lettere appaiono ad intervalli perfettamente regolari: se si conta 39 lettere a partire dalla prima lettera della prima menorah (dunque, una Mêm), si arriverà alla noun della seconda menorah, poi contando ancora 39 lettere, al rech della terza menorah. Di dove un ultimo intervallo, sempre di 39 lettere, ci porterà all’ehi finale di héra ("ha mostrato"), ciò che forma in tutto la parola "M(e)N(o)R(ah), perché come è noto, in ebraico si scrivono soltanto le consonanti. Si può adeguatamente invocare il caso o la fortuna per spiegare questo fenomeno? Tanto più che il numero 39 non è neanche elusivo, poiché ci sono 39 specie di attività vietate durante lo Chabbath, che si deducono dalle 39 categorie di lavori che furono necessari alla fabbricazione ed all’edificazione del Michkan, il santuario del deserto (dove troneggiava proprio la menorah)!
Ci sarebbe anche un rapporto misterioso tra il settimo giorno ed i sette bracci della Menorah?
Dopo il rav Yaniv, fu il turno del Pr. Moché Katz.
Questo ultimo, professore al Tekhnion di ‘Haïfa (Istituto Politecnico di Israele). Assistito dal Dr. Menathem Wiener, professore di informatica medica allo stesso Tekhnion, riuscì a programmare il computer con l’intero testo del Beréchith, ed i risultati delle sue ricerche videro la luce, per la prima volta nella rivista israeliana di pensiero ebraico, Nitsotsoth ("Scintille"), nell’aprile del 1985 (Nissan 5745). Il Pr Katz ha pubblicato, recentemente, un lussuoso volume, generosamente illustrato intitolato "nithena Thorah Be-oticthéha" (che potrebbe tradursi con "è per il tramite delle sue lettere..." o "è in tutte le lettere... che la Thorah è stata rivelata"), un titolo un poco ermetico che non rende giustizia all’originalità del contenuto.
L’entrata in gioco di una nuova pedina sulla scacchiera, contribuì enormemente alla ricerca dei dilouguim nella Thorah: si tratta del Dr Eliahou Rips, della Facoltà di Matematica dell’università Ebraica a Gerusalemme. Il Dr Rips, un scienziato di origine sovietica, si era reso celebre anni prima, tentando di mettere fine ai suoi giorni alla maniera dei bonzi vietnamiti, in pieno centro di Leningrado, in segno di protesta e di sfiducia, ciò che gli valse il carcere nel goulag. Qualche cosa di buono comunque ne uscì, infatti durante il soggiorno nelle carceri sovietiche, la sua anima ebraica si risvegliò, e l’idea di techouva (ritorno al Giudaismo) cominciò a maturare nel suo spirito. Grazie all’intercessione di personalità diverse, riuscì a riconquistare la libertà e a "salire" in Erets-Israele, dove poco alla volta si mise a praticare la Thorah ed i mitswoth. I suoi lavori tutti improntati alla pura ricerca matematica lo portarono, in modo naturale, ad indagare sulle strutture codificate nel testo del Beréchith, quello strutture occulte che, come abbiamo già visto, non si percepiscono ad una lettura superficiale. I software originali che il Dr Rips fu costretto a realizzare per soddisfare questa finalità, determinarono un balzo enorme per questo tipo di ricerca, con risultati considerevoli ed impressionanti. Ne daremo solamente un esempio, ma convincente: Israele e lo Chabbath.
Il Dr Rips chiese al computer di ricercare tutte le volte in cui la parola Yisraël (Israele) compariva, ad intervalli regolari, nelle 10 000 prime lettere del Beréchith, provando tutti gli intervalli possibili da -100 a 100 (una parola codificata è scritta al contrario da un intervallo negativo). Risultato: la parola Yisraël è compitata soltanto due volte in tutto, ad intervalli rispettivamente di 7 lettere e -50 (vale a dire, tutte le 50 lettere, ma leggendo al contrario). Questo non è tutto, questi due "Yisraël" nascosti sono riuniti in un solo passaggio, quello dove è descritta la santificazione del primo Chabbath con Hachem, passaggio che leggiamo nel kiddouch tutti i venerdì sera!
Abbiamo quindi Yisraël, lo Chabbath, la terra, la cifra 7 ed il numero 50. I rapporti tra questi diversi elementi sono abbastanza evidenti, tuttavia, forse, non è superfluo precisarli. Su Yisraël e Chabbath, ecco quanto c’insegna il Midrach (Beréchith Rabba 11, 8), in una celebre parabola:
"Perché Hachem ha dovuto benedire lo Chabbath? Secondo rabbi Berakhia, perché lo Chabbath non ha "partner". Difatti, il primo giorno della settimana ha il secondo per compagno, il terzo il quarto, il quinto ha il sesto giorno per accolito, ma il povero Chabbath non ha compagnia. Secondo un’allegoria riportata da rabbi Chim’on bar Yohaï, lo Chabbath si lamentò con il Creatore: "Tutti hanno un partner, ed io non ne ho". E Hachem gli rispose: "Sarà la comunità d’Israele, Knesseth Yisraël che eserciterà questo ruolo". Anche quando gli israeliti giunsero ai piedi del Monte Sinai, Hachem disse loro: "Ricordatevi della Mia promessa fatta a Chabbath, ricordatevi anche del giorno dello Chabbath per santificarlo (Chemoth/Esodo 20, 8).
La cosa interessante è che, questi due crittogrammi coincidono nel centro della stessa parola, we-ha-arets ("e la terra"), esattamente alla lettera rech che si trova ad essere anche la lettera del centro, il "centro di gravità" se si vuole. Ed è sulla terra certamente e non nei paradisi artificiali, che si santifica lo Chabbath. Si santifica con degli atti concreti, forse anche di contenuto triviale, che innalzano il mondo materiale e terrestre, al livello spirituale per il quale è stato preparato. Non si santifica lo Chabbath dedicandosi alla meditazione, l’estasi mistica o la solitudine monastica. É interrompendo, per una giornata, le proprie attività mondane e professionali per riunirsi convivialmente in famiglia o per le preghiere in comune alla sinagoga, è indossando degli abiti di festa, è cantando il gioioso zemiroth, che si santifica lo Chabbath. Ecco perché we-ha-arets, "e la terra", è il punto di convergenza tra i nostri due dilouguim.
Per quanto concerne la cifra sette, il suo rapporto col Chabbath, che il popolo di Israele festeggia il settimo giorno, è talmente evidente che ogni commento sarebbe superfluo.
Invece, il numero 50 necessita di alcune spiegazioni (fornite dal rav Yaniv, in commento alla scoperta del Dr Rips): secondo la Qabalah, il mondo è stato creato affinché il popolo di Israele penetri finalmente nella cinquantesima "Porta dell’intelligenza" che è la più elevata dei "hamichim cha’aré bina", le cinquanta "porte" di Binâ (vasto concetto potendo tradursi con "intelligenza", "intendimento", "comprensione" ecc.). Lo strumento ed il mezzo per questa ascensione, è lo Chabbath che santifica ed eleva in modo retroattivo, la realtà profana e triviale dei 6 giorni della settimana, anche la parola Yisraël codificata ad intervalli regolari di 50 lettere, è al contrario, perché è dalle cime spirituali dello Chabbath che ridiscende fino al versetto del sesto giorno.
Ecco, dunque, quanto è nascosto in questi dilouguim della parola Yisraël.
Davanti a fatti, statisticamente ardui da attribuire al puro caso, sarebbe perfettamente legittimo per l’intelligenza onesta ed imparziale e lo spirito scientifico di postulare, in quanto ipotesi di lavoro verosimile, l’origine divina della Thorah. A meno che l’autore presunto "del Pentateuco" non abbia avuto a disposizione un computer preistorico, un gusto bizzarro per le sciarade ed i rebus, una pazienza infinita e postuma (poiché si è dovuto aspettare un bagattella di alcune migliaia di anni affinché questi "indovinelli" fossero scoperti, grazie al computer), e confessiamolo, anche di un senso dell’umorismo un poco particolare.
Ai nostri visitatori giudicare. La valutazione, per noi, ci sembra abbastanza obbligata.
Questa valutazione, il Pr Daniele Michelson la fece: agnostico, anche egli immigrato dall’Unione Sovietica come il Dr Rips e suo collega al dipartimento di matematica dell’università Ebraica.
Il Dr Rips lo mise a parte delle sue ricerche un poco "speciali", esso, inizialmente scettico ed anche sarcastico, esaminò tutti i risultati ottenuti dal Dr Rips ed i suoi colleghi, sottoponendoli al vaglio di una sperimentazione scientifica stretta e rigorosa e disorientato nel non avere trovato errori né nel ragionamento né nei calcoli, decise improvvisamente di fare il grande salto, diventò un ebreo praticante, e si unì con entusiasmo alla piccola squadra dei ricercatori.
Ma non sarà l’ultimo ad essere colpito dal "virus"!
 

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