Il concetto di coscienza varia secondo la tradizione religiosa e l’esperienza filosofica che nel corso dei secoli ha prevalso nella storia di un popolo.
L’occidente è fortemente influenzato dal razionalismo cartesiano, che considera reale tutto ciò che è concreto e può essere indagato dalla mente razionale; esso ha una forte predisposizione per il sociale, per la politica e di conseguenza l’io egoico è ingigantito e anche chi sente in modo non chiaro il richiamo spirituale rischia di fare solo cultura, di concettualizzare nozioni restando totalmente profano....

Così principia la sua Opera d'Ingegno il carissimo Fratello Alberto Canfarini, il quale ha ha fraternamente concesso la propria autorizzazione per l'esposizione sul sito di Montesion; ogni diritto gli è riconosciuto.

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© Alberto Canfarini

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Stati di Coscienza

La Coscienza


 

Il concetto di coscienza varia secondo la tradizione religiosa e l’esperienza filosofica che nel corso dei secoli ha prevalso nella storia di un popolo.
L’occidente è fortemente influenzato dal razionalismo cartesiano, che considera reale tutto ciò che è concreto e può essere indagato dalla mente razionale; esso ha una forte predisposizione per il sociale, per la politica e di conseguenza l’io egoico è ingigantito e anche chi sente in modo non chiaro il richiamo spirituale rischia di fare solo cultura, di concettualizzare nozioni restando totalmente profano.
Le religioni, la filosofia metafisica e le vie iniziatiche, con le loro peculiari caratteristiche, si offrono ormai da millenni di condurre l’uomo oltre il freddo razionalismo alla riscoperta di una realtà perduta.
Un mistico come San Giovanni della Croce, ci parla dell’esperienza che chiama “La notte oscura dell’anima”.
In questa dimensione di sofferenza, di deserto, di solitudine e di completo distacco dalle cose terrene, nel silenzio, nella meditazione, la coscienza si eleva verso Dio, supera ogni egoismo umano e con la forza dell’amore riesce a sciogliere la propria anima dalle catene del mondo e finalmente si eleva verso la luce divina; questa condizione prelude al conseguimento della Santità, al ricongiungimento con Dio.
Anche Jung dice: “La visione della luce è un’esperienza comune a molti mistici ed è senza dubbio una delle più significative, poiché in tutti i tempi e luoghi appare come fatto incondizionato, che racchiude in se il più grande potere ed il significato più profondo”.
Nella stesura di questo scritto, sovente farò riferimento all’insegnamento dell’Advaida Vedanta, via metafisica orientale, ai massimi filosofi greci, all’Alchimia, a Gesù, a Dante, a Jung e ad Einstein, non certo per dare dimostrazione d’erudizione, ma perché il confronto e la scoperta che i maggiori filosofi, i maggiori iniziati e le vie esoteriche che nel corso dei secoli hanno illuminato l’umanità, si sono posti tutti il fine di condurre i loro adepti verso la ripresa di coscienza della loro Natura Divina.

La Filosofia Metafisica, quella insegnata in occidente da Pitagora, Parmenide, Platone e Plotino, è la scienza della Realtà Assoluta, ed occupa il vertice della gerarchia dello scibile umano; insegna l’inutilità dell’accostamento culturale, dialettico, se lo scopo è quello di realizzare il risveglio alla coscienza della propria Natura Divina.
Secondo Empedocle la filosofia è un’arte di vita e non un’oziosa esercitazione accademica, ed offre all’adepto la possibilità di sconfinare in una dimensione dove si arriva alla comprensione degli Archetipi Universali e alla verità sempre presente.
La parola “Metafisica” è la più fraintesa.
Erroneamente molti considerano metafisica tutto ciò che non rientra propriamente nella sfera materiale, tutto ciò che è invisibile all’occhio umano.
Nel libro “Fuoco di risveglio” della collana Vidya, Raphael dà una definizione esatta della parola Metafisica: “La Metafisica è la scienza dell’aseità (proprietà di un essere che ha in sé la ragione e il fine della propria esistenza), mentre la fisica e la scienza dell’abalietà (proprietà di un essere che trova in altro la ragione della propria esistenza) ……. L’incondizionato è il dominio della Metafisica pura. Il piano causale è il dominio ontologico o teologico. Fonte primordiale o principale del moto cosmico……. L’incondizionato è al di là d’ogni considerazione; è l’Assoluto nella sua indeterminatezza”.
La Massoneria è una via iniziatica tradizionale, erede delle grandi scuole esoteriche del passato come i Rosacroce, i Templari, i Fedeli d’Amore. Essa è anche ricca di simboli e contenuti alchemici e negli alti gradi del Rito Scozzese contiene delle verità e dei profondi e formativi concetti di filosofia Metafisica.
Chi intraprende l’esperienza esoterica deve essere capace di dilatare la propria coscienza fino al punto di trascendere il tempo e lo spazio.
Questo livello trans-egoico rappresenta la caduta delle barriere tra mondo e universo, tra materia e Spirito, tra vita e morte.
Se vogliamo parlare di realizzazione iniziatica deve concretizzarsi uno stato di coscienza diverso da quello iniziale; se non vi è vera catarsi non vi è realizzazione iniziatica.
Molto spesso l’insegnamento viene solo concettualizzato e non si verifica l’espansione di coscienza o di consapevolezza.
Dobbiamo adeguarci al motto “Essere e non apparire”, deve determinarsi un nuovo corso della nostra vita, un mutamento reale, che come afferma l’Alchimia tramuta il piombo in Oro.
Per comprendere bene il messaggio alchemico è necessario capire che cosa rappresenta lo Zolfo, il Mercurio ed il sale, ossia lo Spirito, l’Anima ed il corpo.
Separerai il Mercurio dal sale e poi unirai il Mercurio con lo Zolfo realizzando le Nozze Chimiche o Alchemiche.
L’Alchimia è trasmutazione d’energie, è mutamento di stati di coscienza nell’Atanor umano.
Gli istinti si possono trasmutare in sentimenti, le emozioni e le passioni possono trasformarsi in nobili ideali.
Il procedimento alchemico è un continuo processo di trasformazione ed il risultato finale è un uomo migliore, un uomo che ha ripreso coscienza e possesso del suo nucleo aureo, della sua Fenice rigenerata dal fuoco.
Trasmutiamo gli istinti in sentimenti e quest’ultimi in una mente creativa ed unitaria; con altre parole riportiamo l’Anima (Mercurio) alla sua natura Divina (Zolfo).
Anche Cristo, in sintonia con questa filosofia, ci dà il suo insegnamento quando dice che non si possono servire due padroni “Dio e mammona”, ossia che non si può essere schiavi delle passioni se si vuole riprendere coscienza della natura divina dell’uomo.

L’iniziazione è riservata solo a chi possiede le giuste qualificazioni. La Massoneria dice che si devono iniziare uomini “Liberi e di buoni costumi”; chi non è pronto è meglio che desista perché può farsi del male e in un secondo tempo farà del male ad altri.
Per scavare in profondità in noi stessi ci vuole arte ed equilibrio, altrimenti togliendo i puntelli di un edificio già in equilibrio precario si rischia il crollo di tutta la casa.
Certamente la via iniziatica non è per le masse, non perché ci riteniamo una casta privilegiata, ma perché sono veramente pochi quelli che vogliono morire a se stessi; questo tipo di morte si può definire anche morte dei filosofi.
L’iniziazione si pone il compito ardito di restituire ai suoi adepti la consapevolezza di questa natura immortale, negletta e dimenticata dall’uomo.
L’iniziazione calma molte voci che si agitano e si contrappongono in noi risolvendole in Unità coscienziale.
È un po’ il lavoro dell’archeologo, che deve riportare alla luce, ossia alla consapevolezza della nostra coscienza, quel tesoro che era imprigionato e celato nelle profondità del nostro essere.
Il neofita durante l’iniziazione affronta una morte ed una rinascita, un mutamento da un livello di coscienza profana a quella iniziatica, dall’io egoico al Sé universale.
Il rito dell’iniziazione simbolicamente rappresenta il passaggio dalle tenebre alla luce, esso dà un grande apporto per entrare con consapevolezza in una coscienza che gradualmente sposta la sua attenzione dall’umano individuato al Divino universale.
L’iniziazione è un inizio, una vita nuova, ma se non vi è vero superamento dello stato individuale esistente per passare ad un altro d’ordine superiore, diviene un’utopia, un’illusione.
In termini geometrici diremmo che la vita umana vissuta dai più in linea orizzontale s’impenna in verticale, ascende verso la trascendenza abbandonando lo stato precedente.
Se tutto si realizza secondo l’Arte Regia, si concretizza un essere che, pur avendo un corpo fisico, ha una coscienza non è più schiava delle passioni del mondo.
Raphael, nell’Advaida Vedanta, testimonia questo stato di coscienza con la frase: “Pur essendo nel mondo non si è del mondo”.
L’Arte muratoria è idonea a realizzare un uomo che ha superato l’io egoico, l’uomo individuale, ma spesso in questo processo di trasformazione si frappongono delle interferenze profane che fanno fallire il progetto iniziale. Se ricerchiamo delle gratificazioni mentali, culturali, “gli orpelli” è meglio iscriversi ad un sodalizio culturale.
Si deve intraprendere una discesa agli inferi, ossia un’analisi nel profondo della nostra coscienza e poi, muniti di molta volontà, si deve compiere la purificazione o decantazione.
La scesa agli inferi è un tema comune un po’ a tutte la tradizioni; già l’Orfismo insegna che colui il quale arriva all’Ade senza essersi purificato ed iniziato giacerà in mezzo al fango, invece colui che si è iniziato e purificato, giungendo colà, abiterà con gli Dei.
Questa lotta alle passioni in Massoneria si inizia sotto il simbolo di Ercole.
Chiara è l’allusione alle fatiche dell’eroe e altrettanto chiaro è l’ammonimento; questa fase non sarà né facile né indolore.
La mente è il ponte fra il corpo e lo spirito; va da sé che si deve lavorare su di essa per realizzare il grande progetto.
Sino a quando la mente è al servizio dell’io egoico non potrà indagare con successo per giungere nella dimensione spirituale.
Riusciremo a dissertare, persino a sostenere una conferenza con l’aiuto della cultura su argomenti di carattere spirituale, ma non faremo un passo avanti nel conseguire realmente questo stato di coscienza senza aver praticato la purificazione.
Quando s’intraprende questo lavoro di risveglio del nostro Sé, può accadere che in noi si scatenino delle resistenze mentali.
Dobbiamo essere preparati ad affrontare la reazione quasi inevitabile della profanità che ancora alberga in noi e che può creare molti ostacoli.
Se avremo fede e costanza nel lavoro arduo che abbiamo iniziato e saremo capaci di cadere e rialzarci, prima o poi in noi avverrà una catarsi, una inversione di tendenza, dal vortice mentale creato dalle brame dell’io egoico passeremo alla serenità, al silenzio che emana il nostro Nucleo Aureo.
Ogni uomo ha la sua verità, osserva e accetta quella che la sua mente, la sua esperienza e l’evoluzione della sua coscienza gli consentono di vedere.
Nel libro “Fuoco dei Filosofi” della collana Vidya, Raphael parlando della mente ci ricorda che: “Si diventa ciò che si pensa nel cuore; se pensiamo di essere l’Essere Supremo saremo l’Essere, perché in potenza già lo siamo, se pensiamo di essere umani individuati saremo tali ……. La potenza del pensiero cuore ci offre le ali per volare negli svariati mondi grossolani o sottili; o ancora, per uscire e ascendere completamente verso Dio non qualificato e senza forma. E quest’ultimo evento rappresenta la vera autentica e ultima morte resurrezione”.
In un processo iniziatico operativo, ossia vero, è implicito e imprescindibile il concetto di libertà o liberazione.
Ci dobbiamo liberare dall’idea che il mondo fenomenico sia l’ultima realtà, dal concetto di morte come fine del nostro essere.
Mozart quando diceva “La morte, questa vera ottima amica nostra” era consapevole di questa verità.
Quando saremo liberi sarà come quando l’uggiosa nebbia lascia il posto ad uno splendido sole, allora si realizzerà la visione della vera unica Realtà Assoluta, quella del Sé.
La Coscienza può essere definita anche consapevolezza.
La Coscienza nell’Advaita Vedanta è vista come un osservatore tra il soggetto e l’oggetto o spettacolo.
A. Einstein diceva: “Un essere umano è parte di un intero chiamato universo.
Egli sperimenta i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualcosa di separato dal resto; una specie d’illusione ottica della coscienza. Questa illusione è una specie di prigione. Il nostro compito deve essere quello di liberare noi stessi da questa prigione attraverso l’allargamento del nostro circolo di conoscenza e comprensione, sino ad includere tutte le creature viventi e l’interezza della natura nella sua bellezza”.
Possiamo in sintesi riassumere gli stati di coscienza in tre livelli, in rapporto fra loro ed organizzati in modo subordinato, essi sono il piano fisico, quello mentale e quello dello Spirito Divino.
Il piano fisico è quello più vicino alla natura animale dove nel complesso meccanismo dell’istinto imperano il piacere, l’emotività, gli impulsi sessuali, l’aggressività, l’attrazione e la repulsione. È la sede delle attività psichiche elementari che governano la vita fisica. Il soggetto segue la sua natura inferiore, ha poca libertà di scelta ed evita le responsabilità perché segue i suoi desideri, i sui bisogni fisiologici.
Il mentale si esprime e si divide in mentale elementare e mentale superiore o intuitivo.
Il piano elementare rivolge tutta la sua attenzione verso la manifestazione, verso ciò che i cinque sensi riescono ad indagare nell’universo.
La mente superiore o intuitiva (Buddhi) viceversa rivolge la sua indagine nel mondo intellegibile, verso la comprensione dei Princìpi universali, gli Archetipi. Essa è l’unico mezzo che ha l’uomo per sintonizzarsi consapevolmente con la propria Natura divina.
La mente superiore è un ponte fra il corpo e lo Spirito.
Nei rapporti gerarchici il piano razionale include quello degli istinti. Quando i due sistemi hanno raggiunto un’armonia, la mente razionale controlla gli istinti e le passioni.
La natura fisica e mentale s’integrano e le azioni sono determinate dalla mente che organizza, controlla e decide il comportamento, pianifica la vita in tutte le sue espressioni.
Quando si è determinata quest’autorealizzazione si è pervenuti ad un piano armonico superando molti conflitti interiori e si è determinato un’unità corpo-mente che rende l’uomo molto progredito.
Chi non è interessato a proseguire verso il superamento del suo livello di coscienza vive, opera per divenire un capo fra gli uomini ed indirizza tutta la sua energia nelle realizzazioni del mondo manifestato.
Chi invece avverte anche in modo non chiaro il richiamo del Sé, dello Spirito, deve mettersi nelle condizioni di poter usare la sua mente intuitiva e unitaria che consente di comprendere gradualmente la verità universale, facendo tacere le brame del mondo, pervenendo così in quello stato di coscienza che esprime l’Essere o Coscienza universale.
Su questa via di ritorno verso la comprensione della nostra Natura Divina deve verificarsi una radicale trasformazione coscienziale. In sintesi diremo che l’uomo deve sostituire i richiami dell’avere con quelli dell’Essere.
In questa fase l’uomo ha il controllo della sua natura istintuale, ma ancora deve risolvere la sua individualità.
Quando si arriva a questo stadio ci troviamo in una condizione di difficoltà. I richiami ancora non risolti dell’avere si contrappongono a quelli dell’Essere, la sofferenza contraddistingue questa fase della realizzazione, l’uomo è diviso fra il mondo materiale e quello Spirituale.
Questo è un periodo pericoloso per l’equilibrio interiore, possiamo essere assaliti da sentimenti di paura, di dubbio, d’illusione. In questa condizione è molto difficile procedere nella costruzione del proprio tempio interiore, ci sentiamo come in una barca sballottata fra due correnti contrarie, siamo afflitti da un sentimento d’incompiutezza.
Il vero problema consiste nel fatto che l’adepto, non essendo ancora completamente cosciente e stabilizzato nella coscienza spirituale, non ricorda che al di là del suo aspetto corporeo è “l’Essere”. Egli usa tutte le sue potenzialità per l’affermazione personale che lo conduce al contrasto, all’arroganza, alla contrapposizione dialettica, alla sopraffazione. Tutto questo lo allontana dal progetto di reintegrazione dell’Uno.
Alcuni rimangono perplessi quando sentono parlare di mente razionale e mente intuitiva, unitaria. Vedono il problema come una contrapposizione e nutrono il timore d’intraprendere questo percorso di ricerca, di cadere nell’irrazionale e nella fantasia, di perdere i contatti con quello che definiscono erroneamente la realtà della vita.
Questi timori sono infondati e sono frutto d’ignoranza perchè la mente unitaria include quella razionale, non l’annulla.
Nel processo d’inclusione, l’intuizione incorpora la razionalità e di conseguenza l’Essere che ha conquistato il piano superiore del suo edificio può vedere non solo il mondo materiale, il manifestato, ma può iniziare ad avere coscienza del Sé o Uno Metafisico.
La mente razionale dopo essere stata depurata, decantata e messa nelle condizioni di ricevere l’illuminazione può accogliere la visione del Sé.
Nella collana Vidya, Lacquaniti, nel libro “Autoconoscenza” dice: “Lo stadio dell’inclusione. Superato l’antagonismo di soggetto oggetto, di sé e non sé, d’intelletto ed emozione, d’individuo e società, viene a delinearsi questo terzo stadio che definiamo d’inclusione, di coscienza unitiva.
È la coscienza che include il tutto; è il non riconoscersi più come entità separata e in contrasto con se stesso, i propri simili e l’ambiente, ma come unità autocosciente includente la totalità o gli stadi molteplici dell’essere (L’uomo universale).
Chi dimora in questa compiutezza attua nella sua vita l’universale e realizza in sé la sintesi; senza spogliarsi della propria concretezza che anzi viene compenetrata d’universalità ed arricchita.
Egli diviene trasparente come un cristallo, perché porta in manifestazione una totalità sintetica d’esperienza e d’esistenza, un’Unità cosmica riflettente molte luci, una storicità compiuta”.
La via indicata dalle scuole iniziatiche è sicuramente una strada difficile che va affrontata con una guida che abbia già percorso realmente la via.
Nella Divina Commedia, Dante ci testimonia questa necessità assumendo Virgilio come guida nel percorso dall’Inferno al Purgatorio, per passare poi a Beatrice che lo condurrà nella beatitudine del Paradiso.
La mente deve cambiare padrone, se fino ad oggi ha ubbidito alle brame dell’io egoico ora dovrà essere al servizio del Sé.
Come spiegato in precedenza i piani dell’umana conoscenza sono connessi e gerarchicamente collegati.
Quando si sviluppa il piano razionale il mondo degli istinti e delle passioni rimane attivo, quello che cambia è che quelle potenti energie vengono controllate e convogliate ai fini stabiliti dalla mente razionale.
Allo stesso modo con il risveglio della mente intuitiva, la razionalità non viene annullata ma inglobata in un sistema più ampio e più elevato. Tutte queste componenti sono utilizzate al meglio per il programma superiore d’Unità universale.
Nelle collana Vidya, Lacquaniti, nel libro “Autoconoscenza” dice: “L’Intuizione intellettiva è una risultanza di fattori, leggi ed aspetti della verità noti al Sé superiore.
Tali fattori, leggi e aspetti sono sempre attivi ed operanti, ma solo la mente addestrata, sviluppata, ben indirizzata ed ampliata è in grado di comprenderli ed utilizzarli per i bisogni e la necessità di un ciclo storico. Quando l’individuo coglie frammenti di tale verità e li assorbe nella coscienza, giunge alla formulazione di un postulato, in altre parole alla scoperta di qualcuno dei vari processi della natura. Con lo sviluppo delle facoltà intuitive, gli uomini possono venire in contatto con sorgenti d’energia che trascendono il piano mentale concreto, sorgenti di carattere universale dalle quali quel piano può trarre sostentamento. L’intuizione intellettiva presuppone dunque una mente capace, sviluppata, plastica ed una concentrazione stabile ed abituale. Come le varie sensazioni stanno al sentimento, così l’intuizione sta al pensiero in quanto gli fornisce i materiali necessari. L’intuizione non abbisogna né di ragionamento induttivo né deduttivo, poiché è conoscenza diretta; esclude addirittura, sotto alcuni aspetti, ogni interferenza di discussione mentale e come abbiamo visto, si realizza massimamente di fronte ad una sostanza mentale in completa tranquillità ed equità”.
I Saggi, i grandi Iniziati che hanno dato vita alle Scuole esoteriche non hanno mai voluto condurre gli adepti verso la disarmonia, lo squilibrio.
Sia pure con caratteristiche diverse, che risentono del periodo storico, del punto geografico e della tradizione dalla quale provengono, hanno espresso le stesse qualità di saggezza, d’amore e distacco dalle brame del mondo, ma quello che più conta è che tutti hanno affermato l’esistenza di una componente divina nell’uomo, che secondo le diverse tradizioni vieni chiamata Anima immortale, Nucleo aureo, Aziz, Atman, Pietra filosofale, Pietra occulta, Sé.

Essi hanno insegnato la via per riprendere coscienza della nostra Natura Divina che è in noi da sempre, ma che è così ben occultata che si può trascorrere tutta un’esistenza senza mai averne coscienza.
Il risveglio alla nostra reale identità è metaforicamente paragonabile al Re che riesce a rompere le catene che gli avevano imposto i suoi oppressori, in questo caso l’ignoranza, la superstizione, le passioni, i vizi, gli integralismi religiosi e politici. Egli si rimpadronisce del suo trono e con saggezza ripristina nel suo regno ordine, giustizia, concordia, armonia, libertà ed Amore.
Nella collana Vidya, nel libro “Autorealizzazione”, Raphael ci ricorda che per ottenere questa liberazione si devono praticare quattro qualità cardinali, senza le quali la realizzazione può fallire.
1) La prima è la discriminazione tra reale e irreale.
2) La seconda è il distacco da ogni frutto dell’azione sia in questo mondo che in altri.
3) La terza è costituita dal gruppo di sei qualità:
 La calma della mente.
 L’autodominio.
 Il raccoglimento interiore.
 Coraggio morale che si accompagna ad un Ideale spirituale. Pazienza perseveranza.
 La fede.
 Stabilità mentale, fermezza, costanza decisa e risoluta.
4)La quarta, che è la qualità essenziale, l’intensa aspirazione di affrancarsi da tutte le schiavitù.
La meditazione ferma e costante sul Reale Assoluto rappresenta Samadhana.
Questa costante pratica, svela la realtà nascosta o ultima delle cose.


Trasmutazione o purificazione

Sulla porta d’ingresso dei nostri templi si trova la scritta “Nosce te ipsum” (Conosci te stesso) e nel gabinetto di riflessione, dove tutti siamo transitati, vi è affissa la scritta V.I.T.R.I.O.L. “Visita interiora terrae rectificandoque invenies occultum lapidem” (Visita l’interno della terra e rettificando troverai la pietra occulta).
In queste due frasi è sintetizzato tutto il lavoro che dobbiamo compiere e che probabilmente c’impegnerà per tutta la vita.
Ci vengono indicati dei silenzi. Il primo è fisico e inizialmente nel tempio non possiamo parlare. In seguito proseguendo sulla via ci viene indicato il silenzio interiore.
Questo silenzio consiste nel fermare il movimento della psiche, il vortice della mente che occupa la nostra spazialità interiore da quando apriamo gli occhi al mattino a quando ci addormentiamo la sera.
Solo una coscienza ben addestrata e motivata può riuscire in questo intento.
Chi ha raggiunto il silenzio interiore si trova in una condizione d’isolamento dal manifestato; in questa condizione di pace interiore l’adepto può guardarsi dentro e decidere cosa rettificare, cosa decantare e purificare.
Se non siamo capaci di calmare i pensieri incontrollati e involontari, quelli che invadono la nostra mente all’improvviso e fanno da padroni in noi, non riusciremo mai a penetrare gli stati più profondi del nostro inconscio.
L’Advaida Vedanta insegna la tecnica dell’Osservatore che consiste nel porre in noi una sentinella, un osservatore che osservi tutti i moti della nostra psiche, i nostri sentimenti, i nostri pensieri volontari e involontari, senza giudicare restando in una posizione di completo distacco dallo spettacolo che si presenta.
L’Osservatore ci aiuta a calmare la mente, a fare pulizia della nostra spazialità interiore in modo che rimanga un Atanor tranquillo e idoneo per accogliere degnamente “l’Ospite” di riguardo, che possiamo chiamare Pietra Occulta, Sé o Atman.
Può essere di conforto constatare che la Massoneria ci indica un piano di lavoro operativo di purificazione già praticato nel passato da altre vie iniziatiche.
Ricordiamo il messaggio alchemico scolpito sulla porta Ermetica di Villa Palombara in Roma, dove fra le tante epigrafi figura la frase: “Quando in tua domo nigri corvi parturient albas columbas tunc vocaberis sapiens” (Quando nella tua casa i neri corvi partoriranno bianche colombe allora sarai chiamato sapiente).
Anche Dante, iniziato ai misteri dei Fedeli d’Amore, indica nella Divina Commedia un percorso iniziatico che ha inizio con una scesa all’Inferno e poi attraverso il Purgatorio finalmente perviene al Paradiso.
Quando Dante è al termine del percorso nel Purgatorio, gli vengono cancellate le sette lettere “P” che aveva disegnate sulla fronte.
È facile comprendere che quelle lettere rappresentano simbolicamente i sette peccati capitali e la loro cancellazione rappresenta la liberazione, la purificazione da quelle catene.
Infine il poeta per transitare dal Purgatorio al Paradiso deve passare attraverso una porta invasa dal fuoco. Egli ha un’esitazione e la sua guida lo rassicura dicendogli di non temere perché “Quel fuoco non lo farà di un sol capello calvo”.
Anche in questo caso è facile assimilare il fuoco della porta del Purgatorio a quello alchemico che viene descritto come un fuoco che lava e non brucia e di conseguenza a quello usato nell’iniziazione muratoria.
Pervenuto sulla soglia del Paradiso, Dante viene preso in consegna da Beatrice. Appena il poeta con meraviglia si accorge di volare e chiede spiegazioni alla sua guida, ella gli risponde che “Sarebbe strano che nettati degli errori che ci tengono a terra restassimo ad essa vincolati senza poter accedere all’Empireo”.
Questi ammaestramenti iniziatici, il primo alchemico, gli altri che derivano dalla scuola dei Fedeli d’Amore, testimoniano la necessità di essere purificati per procede sulla via.
Questa è una costante che viene ribadita in occidente come in oriente. Quando la Massoneria ci pone di fronte al “V.I.T.R.I.O.L.” o ci incita “a scavare oscure prigioni ai vizi” non prendiamole come delle indicazioni morali, ma comprendiamole quali insegnamenti realizzativi che vanno attuati nella nostra coscienza.
Nei nostri templi ci sono molti simboli.
Abbiamo due colonne, una bianca e l’altra nera.
C’è anche un pavimento a scacchi bianchi e neri; è utile ricordare l’analogia dei due cavalli descritti da Socrate: uno bianco e l’altro nero, uno rivolto al cielo, l’altro alla terra.
La comprensione e la lettura di questi simboli può avvenire solo in chiave metafisica.
Quando saremo capaci di camminare su quel sottile filo che unisce il bianco e il nero, quando saremo in equilibrio fra le due grandi forze contrastanti, fra le due polarità contrarie, solo allora avremo superato la dualità trovandoci nella condizione di godere in pieno l’illuminazione iniziatica e saremo rientrati in possesso della coscienza del Sé.
Questa è l’ultima verità, la più difficile a comprendersi, perché siamo chiusi in un corpo che è soggetto alle leggi della dualità.
Il modo migliore è di vivere con distacco il mondo manifestato ed avere la forza e la saggezza, che si può acquisire solo con una mente intuitiva e unitaria, di non considerare il manifestato come Realtà Assoluta.
Comprendere questo concetto di superamento della dualità con la mente è già per l’uomo un grande risultato che lo pone in una posizione di privilegio rispetto a gran parte dell’umanità. Questo livello di conoscenza porta i frutti della calma interiore e del distacco, consente di non correre più dietro le chimere e i balocchi che la società ci sbandiera sotto gli occhi e che l’individualità c’indica come traguardi importanti da raggiungere ma che appena posseduti hanno già perso d’interesse.
Chi si trova in questo stato di superamento mentale della dualità, avrà acquisito quella lucidità e quella saggezza che qualora decidesse d’impegnarsi in società per la realizzazione di un progetto, lo attuerebbe per migliorare l’esistenza di qualcuno e sarebbe animato da altruismo, d’amore per i suoi simili e non più mosso da forze conflittuali e da spirito di parte.
Realizzare l’Uno, superare la dualità nel proprio stato di coscienza a causa del Risveglio è ben altra cosa, significa aver raggiunto l’illuminazione di Pitagora, Parmenide, Platone e Plotino in Occidente o Sankara e Guadapade in Oriente.
È difficile parlare dell’ultimo stato di Coscienza metafisica perché non ci sono parole idonee a spiegare questo stato dell’Essere.
Ricordo soltanto che il Rito Scozzese nei suoi ultimi gradi parla di “Visione” come intuizione della “Verità”, come conseguimento del “Real Segreto”; è implicita la sua incomunicabilità perché a questo altissimo livello nessuno può regalare niente ad altri, si può solo indicare la via, la tecnica di lavoro.
È altrettanto certo che il risveglio alla nostra Identità reale avverrà solo per conquista personale se riusciremo a rientrare in possesso di tutti i requisiti del Divino in noi, che può essere definito anche processo d’Indiamento.
A questo punto è chiaro che gli estensori dei rituali massonici erano in possesso di questa verità metafisica, dove pochi uomini sono riusciti ad elevarsi. Questa realizzazione rappresenta l’ultimo livello di conoscenza sia in occidente che in oriente, il vertice della Piramide dove, fuori dal tempo-spazio, ci si riconosce tutti illuminati dalla “Luce interiore”, dall’Aziz, dall’Atman, dalla Pietra Filosofale, tutti risorti nella mitica Fenice.
Raphael nel libro “Tu sei quello” ci dice: “Abbiamo tre tipi di conoscenza:
1° quella che è l’effetto della realizzazione soggetto-oggetto (conoscenza empirica o ragion pratica, conoscenza dei particolari, cioè indicativa).
2° quella che è l’effetto d’intuizione superconscia (coscienza sintetica o ragion pura).
3° quella trascendentale, frutto d’Identità (coscienza suprema o d’Identità – Paravidia).
Questi tipi d’apprendimento danno tre gradi di verità.
Quando il neofita progredisce, supera ed abbandona un certo grado conoscitivo perché questo ha adempiuto il suo scopo.
La Realtà ultima può essere conosciuta mediante un conoscere per identità, che prescinde dai primi due gradi di conoscenza.
L’Essere si conosce da se stesso e per se stesso.
La Realtà ultima non si conosce ma si realizza e si svela con identità …….
Chi segue questo grado di realizzazione è un ricercatore della Libertà ultima, della Costante universale, del Polo senza causa effetto tempo-spazio.
Mediante il discernimento tra Reale e non reale, si perviene alla folgorante conoscenza dell’Identità, fino a realizzare “Io sono quello””.
L’Essere che ha realizzato l’ultimo livello di conoscenza, fino a quando rimane in vita, conserva in sé la qualità dell’Equanimità o Equilibrio ossia non può più essere posto in disarmonia da niente, come è affermato in uno dei più alti gradi del Rito Scozzese.
Un uomo equanime è quell’Essere che ha superato i dualismi e con le qualità del distacco e dell’imperturbabilità vive in perfetto equilibrio; ha in sé un senso della Giustizia in sintonia con le grandi Leggi universali, con il Divino ed è pronto a fare il proprio dovere fino in fondo, fino alla morte.
La conoscenza che si svela una volta che ci siamo liberati dalle catene dell’individualità è illuminata dal nostro Nucleo Aureo e quella luce si riverbera nella nostra esistenza in Beatitudine ed Amore; vengono a cadere sofferenza e conflitto e si vive in perfetta armonia “Pax Profonda”.
Colui che riprende coscienza della sua reale identità, diviene un liberato, per lui non esiste più né nascita né morte, egli vive in una costante d’Amore.
Lo stesso Gesù ci propone la chiave dell’amore per ricongiungerci al Padre, dai più compreso solo in chiave mistica.
Nella sua frase: “Vi do la chiave per aprire il Regno dei Cieli” dobbiamo cogliere il senso e comprendere che è correlata di tappe iniziatiche che portano all’identità con il Padre: “Io ed il Padre siamo uno……., chi vede Me vede il Padre”.
Anche Dante arriva a questa sublime identità con il Divino quando finalmente a confronto con la “Visione” della Centralità Cosmica ha appena le forze di bisbigliare: “Mi parve pinta della nostra effige”.
Plotino ci dice: “E’ necessario che il veggente si faccia prima simile e affine a ciò che deve essere visto e poi si applichi alla visione. Come l’occhio non riuscirebbe mai a vedere il sole, se non divenisse solare, così l’anima non può contemplare la Bellezza se non diviene essa stessa Bella”.
Termino questa trattazione con un passo di Raphael presente nel libro “Il fuoco dei Filosofi”, l’autore dice: “Raggiungi la Dimora di Coloro che sono e non più divengono, la Cittadella degli Svegliati, il luogo senza confini. Solo la potenza del Fuoco può trascendere il fascino dispersivo del fuoco”.

 


 

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