Le prove sostanziali della tesi del Frazer possono considerarsi racchiuse tutte nelle seguenti parole: «L’esame delle nozioni fondamentali della magia e della religione ci faculta supporre che la magia ha preceduto la religione nella storia dell’umanità. Noi abbiamo visto che da un lato la magia non é che la falsa applicazione dei procedimenti più semplici e più elementari dello spirito, cioè l’associazione delle idee su la rassomiglianza e la contiguità. Da un altro lato noi abbiamo visto che la religione suppone l’azione di agenti personali é coscienti superiori all’uomo, nascosti dietro il velo della natura visibile. Evidentemente, la concezione di agenti personali é più complessa che il semplice riconoscimento della similitudine e della connessione delle idee... Gli animali stessi associano le idee (rappresentazioni) delle cose che si rassomigliano o che essi hanno incontrato insieme nella loro vita; se essi cessassero di avere queste idee, essi non potrebbero vivere un giorno di più. Ma si attribuisca agli animali la credenza che i fenomeni della natura sono provocati da una moltitudine di piccoli animali invisibili, o da un animale enorme nascosto dietro la scena. Non è mostrarsi ingiusti verso gli animali dire che l’onore di una tale teoria deve essere riservato alla ragione umana. Dunque, se la magia deriva dai procedimenti elementari della ragione, se essa é, infatti, un errore nel quale lo spirito cade quasi spontaneamente, mentre la religione riposa su concezioni alle quali la semplice intelligenza animale non può elevarsi, è probabile che la magia abbia preceduto la religione nella evoluzione della nostra razza».

É doloroso dover riconoscere quanti errori di psicologia generale e genetica pullulino in questi periodi, e quanto azzardato sia questo metodo di dimostrazione.

È anzi tutto visibile che le prove del Frazer non sono che semplici raccostamenti e analogie con la psicologia animale. Ma pur ammesso che il confronto tra la psiche animale e la psiche umana possa avere in genere un peso decisivo nella determinazione della priorità storica di un fenomeno umano, peso decisivo che non ha [1]; che valore ha in particolare il parallelo qui stabilito dal Frazer?

 La magia, egli dice, si fonda essenzialmente su l’associazione delle idee. Ora è innegabilmente vero che il pro cesso associativo esiste anche negli animali; ma riscontrandosi esso costantemente anche nell’attività mentale umana, tanto che esso é immancabile dovunque esiste vita dello spirito, é del tutto evidente che la sua semplice presenza non può rappresentare, in nessun modo, una prova specifica di priorità, se essa non é suffragata da un complesso di circostanze - esso solo decisivo - dal quale risultasse la elementarità assoluta del fenomeno magia e la semplicità maggiore di esso rispetto alla concezione religiosa della natura: complesso di circostanze che, come vedremo più oltre, sorge per contro a favore proprio della tesi opposta. 

Ma il Frazer crede di poter rafforzare questo parallelo con la psiche animale di una prova, per così dire, negativa, desumibile dal fatto, che ciò che è costitutivo della religione della natura: il processo cioè della personificazione dei fenomeni, è proprio, secondo lui, dell’uomo ed è del tutto inesistente negli animali. 

Ora, lasciamo stare che questa prova avrebbe, a vero dire, un valore effettivo solo nel caso che si trattasse di stabilire la possibilità dell’esistenza di un impulso religioso negli animali [2]. Ma anche rifacendoci al punto di vista del Frazer, occorre osservare in via pregiudiziale, che egli si riferisce all’animale adulto, laddove, a rigore di metodo, i tratti caratteristici dell’infanzia umana: sia essa infanzia delle specie o infanzia degli individui (fasi biologiche e psichiche, come é stato dimostrato e come vedremo, molto similari), possono effettivamente mancare negli animali, per il ben noto abbreviarsi e sempre più restringersi, a mano a mano che si scende nella scala zoologica, di tal periodo in essi, sino al punto di scomparire quasi negli animali inferiori.  E questa pregiudiziale di metodo può valere soprattutto a proposito del processo di personificazione delle cose inanimate, che è proprio uno dei fenomeni psicologici più caratteristici dell’infanzia umana.

Ma é consentito di poter dare una smentita specifica ed assoluta all’argomento del Frazer. Il Groos, nella sua eccellente opera I giuochi degli animali, dimostra precisamente come in essi la prima forma di giuoco é quella con «preda inanimata immaginaria [3]» la qual forma si spiega solo con l’intervento dell’immaginazione, che é l’elemento centrale del giuoco e che é definita a questo proposito dal Groos medesimo come «la facoltà di tenere per reali delle semplici rappresentazioni». Ora, è bensì vero che l’animale divenuto adulto, per virtù di uno sdoppiamento della coscienza, giunge a comprendere trattarsi qui di una illusione volontaria, che egli poi liberamente crea per la sua attività ludica; ma all’inizio questo sdoppiamento di coscienza non è possibile, e noi dobbiamo concludere di trovarci di fronte ad una reale capacità di vivificazione, ossia, di personificazione delle cose inanimate. 

Come si vede, anche l’animale precisamente animalizza le cose, e nella sua infanzia noi troviamo delle tracce che hanno il loro parallelo più sviluppato e più complesso nell’infanzia dell’umanità.

Ma non basta. La psicologia genetica ci pone in grado di andare anche oltre, e giungere nella vita animale sin quasi alle porte del mondo religioso, riscontrandovi un altro elemento essenziale ad esso. E precisamente l’insigne naturalista Romanes, autore di libri celebri su l’evoluzione mentale [4], che, osservando la condotta di animali superiori di fronte a movimenti improvvisi e imprevedibili di oggetti ordinari, oppure di fronte a fenomeni inesplicabili, si è creduto autorizzato di poter affermare, con tutta sicurezza, l’esistenza presso di essi di un senso del misterioso, fonte di timore, di meraviglia, e spesso addirittura di terrore invincibile [5]. Ognuno vede come, accoppiando l’accertata capacità di personificazione con questo possesso del senso del misterioso, noi veniamo proprio a rasentare le condizioni fondamentali da cui si genererà nell’uomo la religione. Talché il Comte poté esprimere l’opinione che gli animali manifestino delle idee di feticismo, convinzione non accettata dallo Spencer unicamente perché egli giustamente ritiene che il feticismo sia nell’uomo non originale, ma derivato, pur ammettendo però che un certo riscontro possa trovarsi negli animali [6]. Per cui l’asserzione del Frazer, al lume della psicologia genetica, non potrebbe essere più inesatta e risulta evidente che così la prova positiva, come quella negativa da lui addotte, appaiono a vero dire destituite di fondamento.

È bensì vero che egli non si limita a queste argomentazioni di carattere teoretico (deduttive), aggiungendone altre di natura geografica, storica e sociale, che chiama induttive, e che possono ridursi essenzialmente alle seguenti:

1° la identificazione del selvaggio attuale con il primitivo;

2° la dimostrazione, posta a suffragio della prova precedente, che l’Australia rappresenta zoologicamente, botanicamente, ecc., il tipo di ambiente naturale più arretrato e più originario, per cui gli abitanti di essa, presso dei quali la magia é universalmente diffusa devono rappresentare proprio l’uomo delle origini;

3° «che nelle classi ignoranti o superstiziose dell’Europa moderna, la magia è ora ciò che essa era migliaia di anni fa in Egitto e nell’India, e ciò che è ancora presso i selvaggi più arretrati degli angoli più remoti della terra» .

Noi non ripeteremo qui, contro la grossolana identificazione del selvaggio attuale col primitivo, le obiezioni sempre più stringenti e vittoriose, che hanno costretto i sostenitori di una tale teoria - accettata, come si vede, dal Frazer - ad abbandonare le antiche posizioni, quali erano sostenute per esempio da un John Lubbock. Già il Réville era costretto a riconoscere: «una cosa certa é, che non vi sono attualmente su la terra selvaggi nella vera accezione della parola, e così lontano che é permesso alle nostre congetture di risalire nei periodi preistorici, appoggiandoci su dei fatti positivamente stabiliti, non ne troviamo egualmente. L’uomo veramente selvaggio... sono migliaia di secoli che non è più un essere reale» . E Andrea Lang, di fronte alle obiezioni di Max Muller e del dottor Fairbairn, che diceva: «le razze selvagge sono antiche quanto le razze civili e meritano altrettanto poco il nome di primitive», non poteva esimersi dal dire: «il più grossolano dei selvaggi non può essere a colpo sicuro considerato come un primitivo. Ma la nostra argomentazione non suppone in nessun luogo che i selvaggi siano degli esseri primitivi... Come la storia non ci fornisce alcuna indicazione su ciò che é realmente primitivo, noi ci asteniamo di esprimere su questo soggetto qualsiasi opinione». Però così il Réville come il Lang si servono di queste ammissioni per sostenere che il primitivo é innanzi tutto un selvaggio ancora più selvaggio; e in secondo luogo che «gli incivili di oggi rappresentano sotto i nostri occhi ciò che l’umanità tutta intera ha dovuto essere nel periodo intermediario tra quello della selvatichezza assoluta e quello dello sforzo definitivo verso la civiltà»; e che quindi lo stato selvaggio attuale «è uno stadio che tutte le società hanno attraversato». Ma ciò sostenendo essi mostrano di presupporre come accertate due cose, che sono tutt’altro che dimostrate:

1° che il processo evolutivo in generale, e quello quindi anche dell’umanità, sia stato unilineare e identico nella sua universalità, e non già plurilineare e radiante come ha dimostrato il Bergson, e come tende sempre più a credere l’indagine recente, per cui lo stato selvaggio attuale, coetaneo come é stato riconosciuto e altrettanto millenario di quello civile, é verosimile che sia null’altro che il punto di arrivo di una diversa e anormale linea di sviluppo;

2° che, pur ammettendo la presunta unicità del processo evolutivo, le manifestazioni dello stato selvaggio, che rappresenterebbe quindi, in ogni caso, uno stato di arresto, abbiano potuto mantenersi, attraverso tanti millenni di stasi spirituale, nella loro originaria perfetta normalità e sanità. Il che, chiunque abbia la minima nozione della vita dello spirito, sa che é una pretensione assurda. Tutto induce a credere che lo stato selvaggio sia precisamente il punto di arrivo della più breve, più lenta e più sterile delle diverse branche dell’evoluzione umana; ma la quale, appunto per questo, é quella che più si approssima, denudata delle sue deformità, allo stato primordiale normale: punto comune di partenza del selvaggio e del civile [7]. Per cui non escludiamo affatto l’utilità dello studio della psiche selvaggia o quasi selvaggia per la ricostruzione della normale linea di sviluppo percorsa dai popoli civili; diciamo solo che prendere tal quali i fenomeni che lo stato incolto presenta come gli antecedenti veri delle vittoriose ascensioni umane, e peggio ancora come le forme primitive e primogenie, denota una mancanza di senso critico e di finezza di pensiero.

Ma noi concediamo anche che il selvaggio - essere vivente - dopo millenni di esistenza, in contraddizione con le leggi fondamentali della vita, abbia potuto e saputo restare biologicamente e moralmente del tutto immobile, immutabile, in uno stato quasi di pietrificazione vitale e psicologica. Con tutto ciò non vediamo quale vantaggio possa averne la tesi del Frazer, se é precisamente in Australia che i sostenitori del totemismo, considerato come la forma originaria del vivere umano, volgono la loro più acuta attenzione, e ciò in opposizione proprio della teoria del Frazer. Noi qui lasciamo ad altri il compito, di già ottimamente assolto, di combattere la priorità della magia con prove tratte dallo studio analitico della stessa religione dei selvaggi; osserviamo solo che se l’Australia può rappresentare il campo ideale di ricerca per teorie opposte, l’addurre la presenza della magia in essa non può costituire certo una prova specifica e decisiva.

Noi veniamo alla terza ed ultima prova, e che forse é la più sintomatica per rivelare il vizio mentale che domina questo indirizzo di ricerca: la presenza della magia nei bassi fondi sociali. E invero questa invocazione, a sostegno della priorità della magia, di quell’ambiente dove tutte le degenerazioni trovano il loro asilo e il loro terreno fecondo, dove i depravati mentalmente e moralmente, i criminali, pullulano e sono legione, a chiunque non sappia che accanto al processo di evoluzione nella storia umana ha operato ed opera costantemente un parallelo processo di involuzione nella specie e nell’individuo - involuzione la quale non é un puro e semplice ritorno indietro, poiché il processo vitale non ha ritorni, come l’uomo che rimbambisce non é il gioioso e sacro bambino - dovrebbe apparire come la prova non già davvero di una identità del selvaggio col primitivo, bensì proprio del selvaggio con il degenerato, del basso fondo etnico e della razza col basso fondo sociale. E certo lo studio della psicologia e dell’antropologia del criminale ha condotto a poter stabilire punti numerosi di confronto tra il delinquente e il selvaggio [8]. Ora non si venga a dire che il delinquente, che nasce e prospera di preferenza nei bassi fondi delle grandi culle della civiltà, nelle metropoli, è un primitivo: esso é senza alcun dubbio un degenerato.

 

 

[1] È da osservare infatti che qui il Frazer, che segue, come si vede, l’ipotesi della derivazione della specie umana dalle specie animali pensa, secondo la vecchia e confutata maniera, che lo spirito umano si sia svolto dalla psiche animale con un processo di lenta, graduale e ultramillenaria evoluzione, talmente insensibile nei successivi passaggi, da aver potuto la specie nuova conservare ancora, nelle prime fasi, una psiche quasi bestiale. Ora sono note le difficoltà insormontabili contro di cui si è arenato un tal concetto dell’evoluzione, e come per contro la più recente e più fondata teoria sia quella posta avanti dal De Vries, che sostiene il comparire ex abrupto delle nuove specie elementari, con radicali mutazioni in ogni senso, le quali mutazioni saranno poi i caratteri specifici permanenti delle specie nuove. Per cui il processo evolutivo di transizione avverrebbe tutto in un periodo di premutazione, nel mistero del plasma germinativo, ossia nelle cellule sessuali. Ciò porta a dover credere che, anche ammesso che l’uomo derivi dalla scimmia, il primitivo compare nel mondo in possesso di tutti i tratti somatici e psichici fondamentali per l’uomo; per cui nella ricostruzione della psiche primitiva è inutile rivolgersi all’animale, ma occorre cercarne le caratteristiche, come vedremo più oltre, nel fanciullo, seguendo la legge ontobiogenetica. Cfr.  H. De Vries, Die Mutationstheorie, Leipzig, 1901-02; Arten u. Varietaten und ihren Entstehung durch Mutation, Berlin, 1906. [Torna al Testo]

[2] Questo problema è stato trattato molto bene specialmente da Ed.Von Hartmann, al principio della sua opera: Das religiöse Bewusstsein der Menschheit, Bad Sachsa, 1906. [Torna al Testo]

[3] «Il giuoco con preda inanimata immaginaria (un pezzo di legno, una palla o un oggetto analogo) è, in molti casi, il primo nel tempo, cioè esso precede, quando esiste, le due categorie di giuochi con preda reale e preda animata immaginaria... I piccoli gatti abbandonano il loro nido ancora ciechi, ma appena essi hanno aperto gli occhi, cominciano immediatamente a giocare con tutto ciò che rotola, corre, striscia o vola. Non è che quando essi sono preparati da questi giuochi alla attività seria di un animale da preda, che la madre apporta ad essi una preda vivente »: K. Grogs Les jeux des animaux, trad. franc. Paris, 1902, p. 128. [Torna al Testo]

[4] Noi rimandiamo principalmente ai suoi lavori: L’intelligence des animaux, Paris, 2 vol., 1889; Mental evolution in animals, London, 1883; Mental evolution in man, London, 1888; Origine des facultés humaines, Paris, 1897. [Torna al Testo]

[5] Il Romanes si riferisce alla condotta di alcuni cani, molto coraggiosi e oltremodo battaglieri, che furono presi da spavento e da terrore per dei movimenti improvvisi ed imprevedibili di cose abitualmente da essi ritenute inanimate, o in presenza di fenomeni inesplicabili, come lo svanire di alcune bolle di sapone: « Da queste esperienze — conclude egli — io non dubito che la condotta del cane deriva dal suo senso del misterioso, poiché egli era molto battagliero e non esitava giammai di battersi con un animale, qualunque ne fosse la corporatura e la ferocia; ma l’apparenza della spontaneità presso un oggetto abbastanza familiare come un osso, che egli riteneva con certezza per inanimato, produceva un sentimento di terrore e di orrore che lo snervava totalmente ». Però l’esempio più interessante per la psicologia dell’atteggiamento dell’uomo primitivo dinanzi ai fenomeni naturali é dato delle parole seguenti: «A mio avviso la paura che molti animali hanno del tuono é dovuta al loro sentimento del misterioso. Io penso così perché avevo una volta un setter che non intese il tuono per la prima volta che all’età di 18 mesi, e che poco mancò non morisse di paura... L’impressione che gli lasciò il terrore fu così forte, che quando in seguito udiva gli esercizi di tiro d’artiglieria, confondendo questo rumore con quello del tuono, prendeva un aspetto compassionevole e cercava nascondersi o raggiungere la casa». L’évolution mentale chez les animaux, trad. franc. Paris, 1884, p. 148-152. [Torna al Testo]

[6] Dice difatti lo Spencer (Principi di sociologia): «Io credo che il Comte abbia espresso l’opinione che gli animali superiori hanno delle concezioni feticiste. Pensando - e io ho dato le ragioni che mi fanno pensare così - che il feticismo non é originario, ma derivato, io non posso naturalmente accettare questa opinione.  Credo tuttavia che la condotta degli animali intelligenti può servire a spiegarne l’origine».      [Torna al Testo]

[7] Studi recenti su la psicologia del selvaggio vedili in L. Levy Bruhl, La mentalité primitive, Paris, 1922; Les fonctions mentales dans les societes inferieures, Paris, 1910; A. Lang, L’état mental des sauvages, in Mythes, Cultes et Religions Paris, 1896, p. 45 -113; e in A. Bros, La religion des peuples non civilisés, Paris, 1907, p. 15-28. Un esame delle ipotesi su lo stato selvaggio fece anche Ch. Rénouvier, nel cap. VII della sua Introduction à la philosophie analytique de l’histoire, Paris, 1896.  Opere importanti su questo campo sono: Th. Weitz, Antrhopologie der Naturvolker, Leipzig, 1875; Caspari, Die Urgeschichte der Menschheit mit Rucksicht auf die natürliche Entwickelung des frühesten Geisteslebens, 2 vol., Leipzig, 1877; G. Gerland, Betrachtungen über die Entwickelungs und Urgeschichte der Menschheit, Halle, 1875; C. et A. De Mortillet, Le préhistorique, origine et antiquité de l’hommes, Paris, 1900; E. Reclus, Les primitifs. Etudes d’ethnologie comparée, Paris, 1903; G. Engerrand, Notions sur les premières âges de l’humanité, Paris, 1903; Six leçons de préhistoire, ivi, 1905; e infine W. Branca, Der stand unserer Kenntnisse vom fossilen Menschen, Leipzig, 1910. [Torna al Testo]

[8] Numerosi caratteri comuni ha riscontrato il Lombroso nel delinquente e nel selvaggio, più ancora che tra il delinquente e il pazzo (cfr. L’uomo delinquente, p. III, c. VI, § 13; C. VII, § 9-10). Occorre dire però che il raccostamento fatto dal Lombroso è molto superficiale. Esso parte innanzi tutto dal presupposto, non dimostrato affatto, che il delinquente riproduca l’uomo preistorico, laddove é da ritenersi più esattamente che esso rappresenti una degenerazione dell’uomo civile, e spesso anzi un prodotto della civiltà, come risulta dalla sua maggior presenza nei grandi centri civili. In particolare poi é del tutto insufficiente il suo studio della religione del criminale. Egli si limita a pochi esempi contemporanei, in attinenza col culto cattolico comune, mentre trascura interamente lo studio della superstizione, delle pratiche magiche e della stregoneria, così diffuse nei bassi fondi anche dei secoli trascorsi, e in cui l’originalità e la peculiarità della psiche criminale ha modo di molto meglio rivelarsi. È degna di rilievo la diffusione da lui riscontrata presso il delinquente del tatuaggio e del feticismo, come nei selvaggi. [Torna al Testo]

Torna a: Priorità della Magia

Indice Magia e Religione 

Vai a: Le Origini Antropologiche