© Maurizio Benzo di Verdura

 


Col suo evolversi da cacciatore ad agricoltore, le sue iniziali capacità di osservazione iniziarono a mettere in relazione il susseguirsi dei periodi di stasi invernale della vegetazione ed il rigoglio estivo con il ciclo periodico degli astri più luminosi, il sole e la luna; ne accomunò quindi il ritmo preciso e determinato con quello altrettanto preciso ed ineluttabile degli esseri: nascita, crescita e morte così come la vegetazione, dopo il buio e il freddo invernali, rinasce a nuova vita così come il sole e la luna ricompaiono all'inizio dei loro cicli in un eterno alternarsi di nascita, morte e resurrezione.
Anche la vita dell'uomo fu allora accomunata a quella del mondo vegetale e, come questa, presentava i suoi momenti con cicli di nascita e morte, la resurrezione essendo attributo limitato solo ad alcuni esseri: gli Iniziati che venivano identificati negli antichi culti agrarii con le Divinità della vegetazione e, come essa, morivano per poi risorgere gloriosamente in una seconda nascita.

Il passaggio dalla concezione primitiva a questa seconda è tipica delle Società Iniziatiche e rappresenta appunto le tre fasi della vita, della morte e della resurrezione.
Voglio ricordare in particolare, uno per tutti, il rito di iniziazione ai Misteri che si svolgeva nell'Egitto dinastico.
L'aspirante dopo aver superato le sofferenze legate alle prove della terra, dell'acqua, del vento e del fuoco tese a distruggere ogni suo legame col mondo materiale, veniva immerso in trance profonda tramite cui passava nel mondo astrale a lottare contro la morte ed i poteri delle tenebre; per tre giorni restava inerte, spesso deposto nell'incavo di una grande croce di legno simbolo contemporaneamente di morte e di ''porta'' alla vita. Portato al mattino del quarto giorno alla porta del tempio, veniva adagiato col viso rivolto verso oriente così che il primo raggio del sole, simbolo dell'avvenuta illuminazione del suo animo, lo colpisse al viso e lo rianimasse ed egli risorgeva dalla morte.

Per risvegliare il candidato dalla "morte della materia" occorreva l'intervento di tutto il creato; le forze maschie dovevano essere integrate dalla dolcezza femminea: oltre al potere vivificante occorreva la persuasione ed il dolore della madre; l'ardore solare doveva essere mitigato dal fioco chiarore lunare; i due opposti dovevano incontrarsi ed annullarsi perché il nuovo essere che doveva nascere doveva riunirli in sé entrambi per divenire completo e perfetto.

Così si sceglieva, come oggi, come momento esatto della resurrezione il primo plenilunio successivo all'equinozio di primavera e ciò è per l'aumento della energia vitale apportato dai raggi del sole in questo momento e per il loro particolare potere quando riflessi dal pieno dei disco lunare.

Riprendendo il tema della seconda nascita, l'iniziato viene introdotto in uno stato di coscienza in cui deve adattarsi a nuove condizioni e così ogni gradino che sale sulla via iniziatica è per lui una ulteriore nuova nascita in un mondo sempre nuovo e sconosciuto in cui i suoi orizzonti mentali si allargano in proporzione al cammino iniziatico già superato.
Ogni progresso è un avanzare faticoso e lento verso la perfezione morale e questa perfezione deve essere raggiunta per potere aspirare agli ultimi gradi di iniziazione.

Su questa strada il soggetto perde progressivamente "l'egoismo del suo essere", la sua individualità, perché realizza che i suoi interessi non possono mai essere opposti a quelli dei suoi fratelli e che il suo progresso è tanto più avanzato quanto più avanzato si manifesta il progredire degli altri. Nella scala iniziatica egli impara a vivere e a lavorare per i suoi fratelli diffondendo nelle loro menti il seme della conoscenza ed estendendo loro il suo amore e la sua "simpatia" soffrire insieme nei tempi di dura prova e sofferenza.
Raggiunti i massimi traguardi dell'iniziazione egli impara a condividere in sé i peccati ed i dolori degli altri ed in lui si accresce la capacità di aprire loro la porta dei misteri e della retta via e di aiutarli sino al sacrificio di sé stesso.

É il susseguirsi delle cerimonie iniziatiche che ha dato origine alle pratiche simboliche commemorate nell'equinozio di primavera: è la storia del progresso dell'animo, del suo trionfo sulla materia, ripetuto in ogni tempo sino a cristallizzarsi in miti concernenti la morte, il seppellimento e la resurrezione al terzo giorno di un giusto, un dio che, pur simboleggiando realtà cosmiche e cicliche, ricevono conferma dalla morte e dalla rinascita nella purezza realizzata nelle cerimonie di iniziazione.
Il tema di un essere divino che muore per risorgere salvifico dell'umanità è alla base di molte religioni.

Nell'Egitto classico Osiride è il dio della vegetazione, legato alla fecondità della Madre Terra, incarnazione dello "spirito del grano”, delle spighe che rinascono ogni anno, simbolo della divinità risorta. Ucciso dal malvagio Tifone, il serpente del male, i morti dormono in lui, è giudice delle anime, risuscita dopo tre giorni per sconfiggere l'eterno nemico.
Il babilonese Tammuz divenne in tutto il medio oriente il dio della morte e della resurrezione; chiamato Adon, Signore, penetrò nel mondo ellenico dove era conosciuto anche con il nome di "O Pammegas" (l'universalmente grande) che si trasformò poi in Pan; col nome di Adone veniva festeggiato il venticinque marzo, ritenuto allora l'equinozio primaverile, giorno in cui si commemorava la sua morte e resurrezione quando nel grande santuario di Astarte si attendeva che il dio risorgesse a nuova vita per ascendere al cielo alla presenza dei suoi adoratori.
Il mito di Adone in realtà esprimeva l'eterno ritorno del sole con la primavera dopo le oscurità invernali ed il simbolo del sacrificio e resurrezione di Adone alludeva allegoricamente alla perenne ricreazione del cosmo.

La morte e resurrezione del frigio Attis, figlio di Cibele veniva celebrata il ventidue marzo: i sacerdoti portavano al santuario un tronco di pino fasciato da bende di lana, cosparso di fiori a rappresentare le macchie di sangue del dio effigiato come un giovane di bell'aspetto.
Il ventiquattro marzo, il "giorno del sangue", veniva commemorato il dio resuscitato sotto forma di pino sempreverde, simbolo di immortalità, e Attis divenne il Creatore per eccellenza. Il venticinque marzo, dopo tre giorni dalla sua morte, il rito si concludeva sul colle del vaticano quando il sacerdote dopo avere aperto la tomba proclamava che si era levato dai morti ed annunciava la buona novella salvifica della resurrezione di Attis, trionfatore sulla morte.

La festa è interpretabile come un rito agrario in cui Cibele, la dea, rappresenta la terra madre ed Attis il mondo vegetale, la spiga, ed è intesa come celebrante la rinascita perenne della luce vincente sulle tenebre del Caos.

Dalle nevi del nord scende il Bello, Balduz, dio giusto e benefico; ucciso dalla freccia del dio delle Tenebre, risorge dopo quaranta giorni per governare la vita oltre la tomba.
Il mito di Balduz si differenzia da quanto prima illustrato per la durata della sua permanenza nel mondo dei morti, ma egli viene riavvicinato agli altri Salvatori da una considerazione: alle latitudini scandinave (68 gradi di latitudine nord) il sole muore per quaranta giorni ucciso dalla lunga notte nordica, uguale restando il momento della resurrezione all'equinozio di primavera, con un simbolismo analogo a quello di morte e rinascita periodica del mondo vegetale e che rappresenta la trasposizione celeste di una realtà terrena.

Osiride, Adone, Tammuz, Attis, Balduz discendono nella tomba, risorgono all'equinozio di primavera in una allegoria solare legata alla morte del sole nella stagione invernale ed alla sua rinascita in Ariete con l'inizio della primavera.

Pesah, Pasqua, è all'origine di questo simbolo cosmico; la sua radice vuol dire salto, transito cioè passaggio del sole equinoziale nel segno zodiacale dell'Ariete; dall'emisfero meridionale a quello settentrionale; dal regno dell'oscurità a quello della luce; da quello della morte a quello della nuova vita.
Pur partendo dalla stessa radice, abbandonata ogni interpretazione cosmogonica, gli ebrei interpretarono il temine salto in chiave bucolica o commemorativa.
Ad una festa allusiva di una realtà astronomica si sovrappose, senza più capirne l'origine, un rituale bucolico di sacrificio animale, dell'agnello. Era infatti arcaica usanza che l'inizio dell'anno nuovo, che coincideva col primo plenilunio dopo il solstizio primaverile, si immolassero prima della partenza per i pascoli estivi gli agnelli neonati; durante tale occasione si festeggiava con danze rituali caratterizzate da salti laterali ritmati, da cui il termine Pesah, saltar oltre.
In realtà il sacrificio dell'agnello, del capro, era destinato in origine a ricordare una realtà astronomica, cioè ad indicare come inizio della primavera il momento del passaggio dall'emisfero meridionale a quello settentrionale del punto di intersezione fra eclittica solare ed equatore celeste.

Tale momento nel duemila a.C. passò dal segno zodiacale del Toro a quello dell'Ariete e appunto per ingraziarsi la divinità si cominciò allora a sacrificare i primi agnelli nati, i futuri arieti, in segno di riconoscenza per la rinascita della vita.
Al "saltar oltre" si ricollega la celebrazione commemorativa legata alla notte della strage dei primogeniti egizi quando YHWH "saltò oltre" le case degli ebrei contrassegnate col sangue dell'agnello sacrificato e tale festa fu celebrata anche alla vigilia dell'esodo e da allora presa a sinonimo di liberazione.

Da passaggio del sole oltre il punto invernale, la Pesah mutò quindi il suo significato in quello di liberazione del popolo ebraico con il passaggio attraverso il Mar Rosso, con il passaggio del popolo dalla schiavitù alla Libertà, grazie al diretto intervento divino.
Pasqua volle significare quindi il passaggio del Dio che in quella notte di strage mostrò il suo potere e, così come il sangue dell'agnello salvò gli ebrei dalla persecuzione del faraone, così con l'avvento della nuova religione quello del Cristo, novello agnello, salvò il mondo dal dominio terreno, dal Male.

Ne nacque una nuova interpretazione del "salto", della Pesah: ora il passaggio diviene il passaggio del Signore attraverso la morte per ricondurre alla Vita quanti in esso credono e la data della sua resurrezione, al primo plenilunio dopo l'equinozio, vuole riassumere in sé la creazione del mondo e l'incarnazione del Verbo.

La Pasqua cristiana si dimostra quindi una evoluzione ed una diretta filiazione di quella ebraica della quale, in sostanza mantiene tutte le caratteristiche storiche e semantiche di passaggio dal mondo delle tenebre a quello del sole, dalla morte alla vita.

Gesù - "Dio salva" è il suo significato - è il nuovo Mosé che, come questi, salva il popolo dalla persecuzione: l'uno da quella materiale, mondana del Principe d'Egitto; l'altro da quella simbolica del "Principe di questo mondo" mediante l'unzione col sangue versato dell'agnello divino.
D'altronde il popolo ebraico, pur insediatosi stabilmente in Palestina, non cessò mai di essere allevatore e così come identificò il pastore con la divinità, per la sua opera di guida e di protezione, così chiamò il Cristo ''agnello" rappresentando l'agnello sacrificale.
Assumendo inoltre su sé stesso i mali del mondo, egli rappresentò anche il "capro espiatorio", l'agnello su cui venivano scaricati tutti i peccati del genere umano con un arcaico processo magico di transfert del male su un innocente animale: portato nel deserto a sicura morte, con lui si estinguono tutte le colpe e i peccati del mondo con buona pace delle coscienze; d'altronde all'epoca della nascita di Cristo, il capro, l'agnello, l'ariete si può allontanare e sacrificare: la precessione degli equinozi continua e l'equinozio di primavera sta abbandonando l'Ariete per portarsi nei Pesci.

 

Indice

Equinozio di Primavera e la resurrezione degli Dei Riti Equinoziali di Resurrezione

La Pasqua La Pésach