"Rosas das rosas"

Cantigas spagnolo secolo XII

Dal 1862 al 1904

Nella tenuta del 10 ottobre 1862 il Gran Consiglio del Grande Oriente Italiano, su proposta di Buscalioni, prese in esame il progetto di pubblicare una «effemeride massonica autografata, settimanale o mensile» che diffondesse tra le logge e nel mondo profano gli atti  della più importante Obbedienza massonica. Il periodico ufficiale del GOI assunse il nome di Bollettino ufficiale del Grande Oriente Italiano, e la sua esistenza coincise con la gestione della rinata massoneria italiana da parte della dirigenza moderata torinese d’ispirazione cavouriana e si concluse nel giugno 1864. Ad esso seguì il Bollettino del Grande Oriente della Massoneria in Italia che uscì dall’ottobre 1864 al maggio 1869, periodo caratterizzato dalla svolta in senso democratico-garibaldino promossa principalmente dai Grandi Maestri De Luca e Frapolli.


A partire dal 1870, superato lo scontro tra moderati e democratici e avviandosi verso un periodo di stabilità e di crescita, il Grande Oriente d’Italia diede vita alla Rivista della Massoneria italiana che nel 1905 assunse il titolo di Rivista Massonica. Si può affermare che tra queste tre testate (o quattro se si tiene del cambio di testata nel 1905) sia esistita una omogeneità di forma e contenuto nella diffusione degli ideali massonici; sia in generale in quanto ideali umanitari e progressisti, sia in particolare, in quanto temi caratteristici delle stesse idealità: come ad esempio il tema della pace e dell’autodeterminazione dei popoli oppressi o l’abolizione della pena di morte.
Attraverso uno spoglio accurato dei bollettini del primo decennio massonico post-unitario si evince che questo fu uno dei periodi più tormentati e ricco di esperienze per l’intera massoneria italiana e in questi anni si posero non solo le basi per un successivo sviluppo del Grande Oriente d’Italia ma si sedimentarono i valori fondanti della libera muratoria.

Nelle pagine delle riviste del primo decennio post-unitario emersero con forza tutti gli aspetti e le contraddizioni che caratterizzeranno la massoneria italiana fino al 1925.

L’impegno democratico, la fede nella scienza e nel progresso, l’anticlericalismo - sospeso tra l’ateismo e il razionalismo con istanze metafisiche e religiose - il rifiuto della lotta di classe e l’attenzione per la questione sociale, sono tutti elementi che furono acquisiti e interiorizzati dal Grande Oriente d’Italia, che assumerà, con la Gran Maestranza di Adriano Lemmi, una fisionomia specifica e un assetto organizzativo stabile.

Successivamente attorno alla Rivista della massoneria italiana si raccolsero e potenziarono le energie individuali dei massoni per riaffermare la libertà di pensiero attraverso una posizione di equidistanza non appiattita su posizioni filosabaude né tanto meno incline a connivenze con l’insurrezionalismo mazziniano, in linea con la celebre frase di Crispi «la Monarchia ci unisce e la repubblica ci dividerebbe».

 

In questo percorso l’impegno sociale e politico dispiegato dalla logge massoniche alle volte fu di gran lunga superiore all’impegno iniziatico ed esoterico.

La massoneria italiana, attraverso gli articoli apparsi sulle sue riviste, si distinse per un acceso anticlericalismo, non inteso come spirito antireligioso - anche se non mancarono atei iconoclasti - ma come totale avversione al potere temporale e spirituale della chiesa cattolica, al suo ruolo antinazionale e al suo perdurante influsso operante nella società civile attraverso la capillare struttura di parrocchie e opere sociali. Il rifiuto opposto dai vertici massonici alle richieste di eliminare l'obbligo di credere in un Ente supremo, richiesta avanzata da più parti dopo che il Grande Oriente del Belgio e il Grande  Oriente di Francia, a  metà degli anni settanta avevano optato

per questa soluzione, dimostra quanto fosse radicato nella maggioranza della comunità massonica italiana lo spirito religioso. Se l’impegno in campo politico e l’acceso anticlericalismo prefiguravano la nascita di una massoneria filo-francese, l’impegno pedagogico-filantropico la riavvicinarono all’area anglosassone e alla tradizione della massoneria operativa medievale, di cui la massoneria inglese si riteneva l’unica e fedele esecutrice.

Questa coesistenza d’indirizzi strategici contrapposti e il tentativo di costruire una «via italiana» creò le basi per una vita istituzionale turbolenta, incline alle aspre polemiche e alle devastanti scissioni e a una difficile collocazione in campo internazionale.

Naturalmente ogni testata, seguendo l’evoluzione di questo percorso, ebbe caratteristiche ben definite. Il Bollettino officiale del Grande Oriente Italiano esordì come organo destinato a far conoscere i documenti ufficiali, e se dedicò uno spazio abbastanza ampio e frequente alla materia amministrativa (rendiconti, solleciti di quote, elenchi di logge, etc.) ben presto tuttavia esso diede spazio anche a una significativa parte redazionale, dove l’opera di Carlo Michele Buscalioni fu intensa, tanto che alle sue dimissioni, verso la fine del ciclo di attività del gruppo moderato torinese, seguirà rapidamente la cessazione del periodico che uscì dal 15 novembre 1862 al 15 giugno 1864, con la pubblicazione di 19 numeri.

Il periodico di Buscalioni - che fu il primo giornale massonico italiano - costituisce, con gli altri due periodici ufficiali che ne prenderanno il posto,  una delle fonti più cospicue e attendibili per la storia massonica italiana dell’800.

Nel primo numero vennero tracciate le linee programmatiche (scritte verosimilmente da Buscalioni, riconoscibile se non altro per gli stilemi già riecheggiati dai verbali delle sedute del Gran Consiglio del Grande Oriente) in cui si dichiarava che «il programma del bollettino massonico è il programma dell’Ordine. Progresso morale e materiale delle masse, e per suo mezzo, l’affrancamento di tutte le famiglie umane sotto il Gran Delta luminoso che potrebbe tradursi in questa formola umanitaria: Amore, Lavoro, Libertà».

Oltre al piemontesismo di certi errori ortografici (forse imputabili al tipografo, ma comunque non corretti), si rileva nell’articolo la tensione per l’affermazione dei principi risorgimentali italiani del suo editore, tuttavia aperta a orizzonti sovranazionali.

Buscalioni tentò attraverso il «Bollettino» e al quotidiano filo-massonico «L’Espero» di emarginare politicamente la sinistra rivoluzionaria restringendone il campo d’azione e fu appunto l’incoercibile prevalenza, a partire dalla fine del 1863 dei democratici e dei garibaldini, che egli considerava pericolosi rivoluzionari, a provocare la sua défaillance massonica nel 1864.
Nel numero del 31 marzo 1864 Buscalioni pubblicava una lettera di dimissioni dichiarando che «L’opera di conciliazione e di concordia da me iniziata, essendo tornata indarno, mi credo in debito di rassegnare le mie dimissioni da primo Gran Maestro aggiunto e da membro del Grande Oriente...».
L’amara conclusione dell’esperienza dirigenziale e giornalistica di questo esponente massonico pose fine al tentativo di dare alla massoneria italiana un indirizzo consono con la mentalità della Destra storica. Frattanto però il Bollettino aveva potuto recare al crescente numero di massoni italiani e alle potenze massoniche straniere una serie di messaggi di notevole qualità ideologica e letteraria, che caratterizzarono, con la produzione didascalica di Buscalioni, questa fase della pubblicistica massonica torinese.

Nel Bollettino del Grande Oriente della Massoneria italiana, grazie all’impegno pedagogico di Lodovico Frapolli e alle capacità giornalistiche di Mauro Macchi, si avviò un graduale passaggio verso la forma di una rivista che facesse della strutturazione ideologica e della risposta al mondo esterno una caratteristica fondamentale.

Largo spazio venne dedicato alle polemiche tra le varie componenti latomistiche italiane (già presenti nel bollettino diretto da Buscalioni, con il dissidio tra il Grande Oriente Italiano di Torino - moderato di ispirazione cavouriana - ed il Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico ed Accettato di Palermo - di matrice democratico-garibaldina o con la polemica nei confronti delle logge massoniche napoletane riunitesi intorno a Domenico Angherà) sviluppatesi dopo la nascita del Grande Oriente d’Italia e attraverso i suoi dissidi con il centro massonico milanese (che raggruppava alcune logge simboliche) guidato da Ausonio Franchi da una parte, con le correnti scozzesiste del centro palermitano e con il Supremo Consiglio nato all’interno della loggia torinese «Pietro Micca» dall’altra.

In questo decennio magmatico - che vide sorgere gruppi con presunzioni iniziatiche che si richiamavano frequentemente ad ascendenze antiche inesistenti - spicca senza dubbio la figura del citato Lodovico Frapolli, personaggio di primo piano nelle vicende risorgimentali e massoniche italiane. Il grande merito del Frapolli fu che attraverso il Bollettino del Grande Oriente della Massoneria italiana affrontò e pose le condizioni per risolvere i problemi che erano alla base della debolezza della massoneria italiana: la divisione in differenti organizzazioni liberomuratorie e la mancanza di un programma definito, che poneva l’Istituzione al rischio di una eccessiva politicizzazione.
Dopo una prima fase (1870-1874) largamente proiettata verso l’esterno, grazie all’ottimo utilizzo della stampa italiana ed estera operata dal Macchi, e quindi con una forte impronta profana e politica, nel 1874 la Rivista della massoneria italiana (con l’affidamento della direzione a Ulisse Bacci che manterrà la carica fino al 1926) assunse una veste più «massonica» con ampie e costanti informazioni sul mondo latomistico italiano ed estero e con una spiccata attenzione dedicata alla formazione ideologica interna. Alla Rivista venne affiancato nel periodo 1874-1879 ( e con un successivo numero riassuntivo pubblicato nel 1892, che raccoglieva gli atti del GOI dal 1869) il Bollettino ufficiale del Grande Oriente d’Italia che conteneva gli atti delle Assemblee generali, i decreti e le circolari del Gran Maestro e gli estratti delle sedute del Consiglio dell’Ordine.


Il problema per la Rivista del GOI restava quello di trovare un giusto equilibro tra le pagine dedicate ai temi socio-culturali e quelle dedicate alle questioni interne, sullo stile dei «bollettini officiali», e alla formazione pedagogica in senso massonico, a volte riempite con testi dal tono esasperatamente didattico e pesante.

La stabilità apportata all’Istituzione dalla Gran Maestranza di Adriano Lemmi e il potenziamento attuatosi con le Gran Maestranze successive di Ernesto Nathan, Ettore Ferrari e Domizio Torrigiani, contribuirono a raggiungere l’equilibrio auspicato e dare alla rivista stabilità e prestigio.
Un’ulteriore modifica editoriale, dovuta ai cambiamenti subiti dalla società italiana nel periodo giolittiano, avvenne nel 1905 durante la Gran Maestranza di Ettore Ferrari, anche se il dibattito su una nuova stagione della pubblicistica massonica ebbe inizio a cavallo dei due secoli in piena Gran Maestranza Nathan. All’inizio del Novecento la polemica antimassonica non era solo più esclusivamente di stampo cattolico ma altre forze politiche, come i socialisti, dirigevano i loro strali contro il Grande Oriente con le solite accuse di «potenza occulta» e «centro affaristico».

Indice

Introduzione Periodo dal 1862 al 1904 Periodo dal 1905 al 1972

Periodo dal 1973 al 2003