I Tre Principi

 

Nel complesso sistema cosmico e delle relazioni tra Macrocosmo e Microcosmo il luogo dove risiede il vento è il petto dell’Uomo che racchiude in sé, in intima miscela, tutte le proprietà alchemiche delle cose. L’anello del Vento, del Sole e delle Stelle è il Cielo Etereo dove soggiornano le Stelle fisse illuminate dal Sole e dove l’alito divino, il soffio originatore, è il legame tra il Mondo superiore e quello inferiore. Tale luogo divide lo spazio superiore dallo spazio inferiore, tra Luce e Tenebre, tra grado spirituale e grado materiale riconoscibile nel regno minerale, vegetale ed animale e quello della Terra pura. Su una linea invisibile giace il Sole centro dell’ intelligenza cosmica e della vita, ma anche punto di equilibrio tra materia e forma.
Il Vento degli alchimisti è il vento biblico Rouah (9) che simbolizza la forza elementare, il sinonimo dello Spirito di Dio che porta il fuoco primordiale, il potere come inteso dalle popolazioni Druidiche, capace di variare magicamente i rapporti degli elementi acqua, aria, fuoco e terra nella composizione di tutti gli esseri viventi. Nell’«explicatio locorum signatorum» il petto dell’Uomo microcosmico diventa quindi il luogo ospitante l’anima vitale dove le stelle, con la loro luce, fungono da collegamento tra le forze spirituali o luce infinita e quelle materiali o tenebre profonde cioè tra le «idee del mondo sovraceleste e il mondo subceleste degli elementi». Il conflitto tra queste due entità è mantenuto in equilibrio dal Sole grazie al quale la vita è insufflata nel corpo.
Nell’imaginatio alchemica, il Vento è associato al flusso animatore del primo Uomo, all’Anima del Mondo originata dai quattro venti principali provenienti dai punti cardinali Nord, Sud, Est e Ovest che, secondo la mistica di Böhme, sono le quattro braccia della Croce, le quattro lettere del Tetragramma, le quattro entità elementari Aria, Acqua, Fuoco e Terra, i quattro temperamenti umani: il sanguigno, il collerico, il flemmatico, il melanconico; e, attraverso una moltiplicazione successiva, tutto l’Universo. A questo anello è dunque associata la riproduzione dell’«intero cielo con le proprie immagini magiche delle stelle» e dei corpi siderei che fungono da intermediari tra il mondo superiore e quello inferiore nel trasferimento alla natura del loro influsso segreto. Le circonferenze concentriche che seguono corrispondono alle strutture sefirotiche cabalistiche tanto diffuse nella filosofia dei Rosa Croce della fine del ’500 e dell’inizio del ’600. Le prime tre sono rispettivamente dedicate al Mercurio nelle sue diverse declinazioni, allo Zolfo e al Sale mentre l’ultima, prima del cerchio finale, è quella del Fuoco.
Nell’ideogramma del Mercurio gli alchimisti riposero il segreto della Grande Arte e in esso fu sintetizzato il mistero che non avrebbe dovuto essere portato a conoscenza dei non iniziati. Nella zona anulare è racchiusa l’immagine di memoria collegata a tutto quanto riguarda il Mercurio che viene definito «philosophorum» quello dei filosofi, «vulgaris» quello degli spagiristi e «corporeum» quello rappresentante l’intelletto dell’uomo inteso come spirito vitale.
Il Mercurio fu per l’Alchimia occidentale il Monstrum hermaphroditus, il Rebis (res bis: la doppia cosa) in cui il principio solare o maschile si è fuso con quello lunare o femminile. È il figlio procreato dall’unione del Re con la Regina, è il mediatore tra l’Olimpo e la Terra. Il suo simbolo è il Caduceo raffigurazione della dualità della natura nella quale si confrontano i principi contrari e complementari: luce e tenebre, femminile e maschile.
Il Mercurio è quindi l’elemento circolatorio da cui nasce l’intelligenza, luogo in cui il sensibile si contrappone al razionale. Per l’Alchimista il Mercurio fu il principio e la fine di ogni corpo e per riprodurre tale opinione lo chiamarono "Azoto" un acronimo cabalistico la cui lettura svela l’associazione al principio ermetico. A è l’inizio di tutti gli alfabeti, Z la fine dell’alfabeto latino, W di quello greco e TO di quello ebraico. Fu così considerato l’elemento di partenza per tutte le trasmutazioni affidandogli il ruolo di rigeneratore interiore, di manifestazione transitoria tra l’inferiore e il superiore, tra lo stato impuro e lo stato puro.
Scomponendo l’ideogramma una moltitudine di significati affiorano alla compressione. Così la parte superiore, assimilabile a una coppa, è in realtà una Luna crescente ricettiva quindi passiva e femminile. Se unita al cerchio, diventa il simbolo zodiacale del Toro_che alle volte è sostituito da quello dell’Ariete ^ rappresentante il suo contrario e che per contro è il segno dell’equinozio primaverile, del mese di Marzo, del germoglio scaturente dalla terra in risveglio, della Trinità, del corso della vita dell’uomo che perennemente si trova al bivio della vita con Dio o con il Demonio. Il cerchio con la croce è l’antico simbolo orientale del Sole nascente che lancia in ogni direzione i suoi raggi. Più tardi della croce ansata egizia chiamata anche «specchio di Venere» e da qui il simbolo del pianeta Venere che in biologia assume il significato del femminile detentore in sé, in forma di germe, dell’energia vitale della natura. Il Mercurio è pertanto il punto da cui universalmente parte ogni vitalità, è l’ Anima Mundi che tende a liberare l’Uomo dalla materia spiritualizzandolo ed innalzandolo verso il superiore, è il punto più alto delle sfere dell’intelletto, della Binah dell’albero delle Sefirot. Il Mercurius Philosophorum è la linfa e il collante di tutti gli esseri e tramite esso si compiono le magie e i miracoli della Pietra Filosofale, della Medicina alchemica.
Il cerchio concentrico seguente è quello dello Zolfo «Fixum», «Aetheorum» e «Combustibilem».
 
Sulphur Fixum, Sulphur Aetheorum, Sulphur Combustibilem
Lo Zolfo è il principio originario maschile che agisce fecondando il passivo e femminile Mercurio. Gli alchimisti abbinarono allo Zolfo il Fuoco, il calore vitale, lo Spirito, la Luce celeste dalla quale e per la quale ogni forma vivente nasce e si sviluppa.
Nell’illustrazione, sopra la collina, l’immagine del Fuoco nascente da una spaccatura della Terra, è l’affermazione di quanto gli alchimisti affidavano allo Zolfo che stava nel Microcosmo come il Sole dimorava nel Macrocosmo. Al Fuoco veniva contrapposta l’Acqua simbolo della femminilità e infatti in posizione diametralmente opposta, è riprodotta una sorgente d’acqua pura. Lo Zolfo «Fixum» è per gli alchimisti il Fuoco interiore di ogni fissità individuale quindi parte di quella «pioggia di zolfo di Sodoma» similitudine dell’attività dello Spirito creatore e particella di quella Luce creatrice Una e Trina.
Nelle descrizioni alchemiche lo Zolfo fu collocato al secondo posto fra i tre principî per la preparazione della Pietra Filosofale. Esso partecipava, in miscela con Sale e Mercurio, alla costituzione di tutti i corpi e la sua separazione impose un difficile lavoro agli alchimisti. Distillazioni, calcinazioni, sublimazioni, liquefazioni, fusioni e cristallizzazioni furono le operazioni mediante le quali gli addetti alla Grande Opera, per anni e anni, cercarono di separare lo zolfo dagli altri due principi. La ricerca sperimentale fruttò loro diverse scoperte precorritrici della chimica moderna.
Analizzando l’ideogramma si possono scoprire le logiche e le concezioni degli alchimisti che occultavano sotto un banale simbolismo un’ampia messe di informazioni destinate ad essere usufruite da altri iniziati. Il simbolo è il risultato dell’unione di due singoli emblemi quello del triangolo e quello della croce quadrata. Il primo, antico emblema egizio, racchiude in sé una moltitudine di significati di cui, il più alto, è quello cristiano della triplice personalità di Dio, della Luce infinita, della natura celestiale di ogni essere. Il triangolo con l’apice rivolto in alto, peraltro, fu anche il modo per contraddistinguere l’elemento Fuoco e il principio maschile. Ruotando di centottanta gradi l’immagine si ottiene un triangolo con la punta diretta in basso ovvero il suo opposto, il principio femminile, l’acqua.
L’altra parte dell’ideogramma è la croce quadrata illustrazione arcaia nella quale veniva identificata la Terra. Il «locus terrenus» è diviso nei quattro punti cardinali, nei quattro fiumi che l’inondano, nelle quattro aree che la cristianità adottò nel Medioevo come punto di riferimento per il Mondo: Asia, Africa, Europa e Gerusalemme. L’armonica simmetria quaternaria formata da i due segmenti della croce illustra oltretutto i quattro elementi: aria, acqua, fuoco e terra e le loro qualità tradizionali: caldo, secco, umido e freddo.
 

 

Il Sale è il terzo principio accanto a sulphur et mercurius. L’accostamento avvenne per la prima volta per l’opera di Paracelso che lo definì la "qualità del corporeo". Nei trattati e nelle ricette alchemiche fu inteso come il «Sale dei filosofi che nulla aveva a che vedere con il Sale comune», il Sale della Sapienza eterna la cui origine era nell’Allume ¡ essenza indifferenziata e primitiva. Il simbolo del cerchio è il simbolo dell’eternità, di Dio che non ha inizio ne fine, delle acque dell’Oceano cosmico che nel Caos primordiale appaiono sotto forma di una massa confusa in cui gli elementi non sono separati. Quando avvenne la divisione tra il firmamento e il mondo questa "materia prima" acquisì la natura celeste della quintessenza diventando la radice di tutti i corpi, il sale dei metalli.
Il diametro orizzontale simboleggia tale avvenimento che ordinò e stabilizzò tutto il creato, scindendo il Cosmo in Macro e Micro, in acque superiori ed inferiori. Il Sale è nell’immaginazione alchemica ciò che determina l’equilibrio, la stabilizzazione, la combinazione armonica tra anima e spirito, tra zolfo e mercurio. Il parallelo, che gli alchimisti intesero vedere tra Lapis e Cristo, trova nel sale un fondamento. Essi indicarono in Gesù il Sale che compenetra Cielo e Terra, l’elemento che sterilizza ogni cosa, che vince ogni male redendo il corpo e l’anima. Il nesso tra Sale e Cristo fu concepito anche per quel concetto di stabilità a cui il Sale era legato.
Nell’immaginazione attiva dell’Alchimista l’equilibrio divenne sinonimo di solidificazione, di cristallizzazione espressa sotto le forme dei cristalli ottenuti negli esperimenti di laboratorio alla ricerca del «tesoro nascosto» frutto della combinazione dei tre principi originatori. Da qui il parallelo tra il Lapis «trinus et unus» alla Divinità. Il sale fu il principio della conservazione, dell’incorruttibilità, della purificazione come ancora oggi nelle cerimonie shintoiste è creduto.

 

 

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