1. Tutti i filosofi sono d’accordo che l'opera dei saggi, che è la composizione della pietra, può essere paragonata alla creazione dell'universo. In effetti, quest’opera dello spirito e della saggezza umana ben rappresenta il lavoro dello spirito e della saggezza divina che ha creato il mondo. Ma c'è questa differenza: che Dio crea ogni cosa senza aver bisogno di nessun oggetto che serva da materia o di strumenti per la sua operazione, mentre il filosofo ha bisogno di una materia su cui lavorare e del fuoco come strumento e conduttore del suo lavoro.

2. L'arte, imitando la natura come la natura imita il creatore, lavora su un certo caos, o corpo tenebroso, e separa anzitutto la luce delle tenebre. E poiché non può creare questa materia, la riceve dalle mani della natura e del suo autore; e con questa sola materia compone la sua Grande Opera. Fin dal principio il saggio artista non ha altra cura che prepararla con industria, di separare il sottile dallo spesso e il fuoco dalla terra, e di trarre da questo caos una certa umidità mercuriale, brillante e luminosa che contiene tutto ciò che egli cerca.

3. Gli elementi della pietra, che sono l'acqua ed il fuoco, sono contenuti in questo caos. Il fuoco e l’acqua sono lo zolfo ed il mercurio che sono i due agenti della pietra e materiali necessari per comporre la pietra fisica. Queste due materie sono in ogni cosa, sono dovunque ed in ogni tempo; ma non bisogna cercarle indifferentemente dovunque, né in ogni tipo di soggetto, perché la natura le ha avviluppate meravigliosamente. Ciò ha obbligato tutti i filosofi a dire ed insegnare che bisogna lasciare ogni sorta di natura estranea e prendere la natura metallica minerale del maschio e della femmina.

4. Questo maschio e questa femmina sono lo zolfo ed il mercurio, l'agente ed il paziente, il sole e la luna, il fisso ed il volatile, la terra e l'acqua o il cielo e la terra contenuti nel caos dei saggi, che è il loro soggetto primitivo nel quale sono congiunti insieme naturalmente prima che l'artista vi abbia messo le mani. Ma se egli ne vuole fare qualcosa, è necessario che li divida, che li purifichi e che poi li riunisca con un legame più forte di quello che la natura aveva dato loro. E così, di uno fa due, e di due uno e, in questo modo, compone un caos artificiale da dove escono fuori di seguito i miracoli del mondo o dell'arte.

5. Dal primo caos o soggetto primitivo creato dalle mani della natura, l'arte separa e purifica la materia e toglie, in questo modo, tutte le impurità che sono gli ostacoli tenebrosi, contrari alle operazioni luminose della natura. Così genera e fa uscire da questo caos Diana ed Apollo, o la luna ed il sole che nascono in Delo, ovvero nella manifestazione delle cose nascoste. È la prima operazione, dove l'artista compone l'oro vivo o zolfo dei saggi, ed il mercurio e loro argento vivo. Ed avendo unito i due, egli ne fa il mercurio dei saggi di cui il padre e la madre sono il sole e la luna.

6. Il mercurio dei filosofi è il figlio dello zolfo e dell’argento vivo, seguendo la dottrina del Cosmopolita e di tutti i saggi. È questo mercurio, o argento vivo dei filosofi, che basta all'artista con il fuoco; e con solo questo mercurio si può fare un’oro vero e buono a tutta prova. Con quest’oro, tutto di fuoco e pieno di vita, facendolo rientrare nel suo caos con una nuova soluzione e facendolo uscire di nuovo, se ne compone un agente che trionfa di ogni impurità metallica. E si può moltiplicarlo all'infinito, dicono i saggi.

7. I filosofi parlano spesso del loro caos al quale danno diversi nomi, seguendo il loro disegno che è di nascondere i loro grandi misteri a quelli che ne sono indegni. Questo caos, dice Filalete, si chiama il nostro arsenico, la nostra aria, la nostra luna, il nostro magnete, il nostro acciaio, sotto diverse considerazioni. Dice anche che è uno spirito volatile ed un corpo ammirevole formato dal sangue del drago igneo e dal succo della saturnia vegetabile, e questo caos è come la madre dei metalli ed un principio fecondo da cui si può estrarre senza (bisogno dell’) elisir tutto ciò che i saggi ricercano, anche il sole e la luna.

8. Il caos è il composto dei saggi, Filalete lo chiama acqua, aria, fuoco e terra minerale, poiché contiene in sé tutti gli elementi che devono tutti uscirne nel loro ordine, sebbene se ne vedano solamente due, ovvero la terra e l'acqua, dice il Cosmopolita, e che tutti, infine, devono finire in terra, dice Ermete. Questo è l’ammirevole composto di cui parla Arnaldo di Villanova nella sua “Lettera al re di Napoli” e che chiama il fuoco e l'aria dei filosofi, o meglio la pietra che è la materia prossima a questa aria e a questo fuoco, e che contiene un'umidità che corre nel fuoco e che è pietra e non è pietra.

9. Questo composto, secondo Artefio e in verità, è corporale e spirituale, poiché partecipa del corpo e dello spirito, cioè della porzione più sottile e più morbida del corpo e dello spirito o dell'acqua. Questo autore e Flamel chiamano questo composto Corsuffle, Cambar, Duenech. Ma Artefio aggiunge che il suo nome è acqua permanente, a causa del fatto che non fugge quando è nel fuoco e non evapora dai corpi, abbracciandoli e rimanendo inseparabilmente con loro. Questi corpi, dice, sono il sole e la luna che sono cambiati in una quintessenza spirituale.

10. I filosofi parlano diversamente di questo composto: gli uni dicono che è fatto di due cose, come Basilio Valentino ; gli altri vogliono che sia fatto di tre, come Filalete che insegna che è un accostamento di tre nature differenti, ma di una stessa origine; altri scrivono che il caos di cui parliamo è simile all’antico caos composto di quattro elementi che cominciano, dice Flamel, a depositare l'inimicizia del caos, per fare la pace e la riconciliazione; questo è il pensiero di Artefio, e tutti hanno detto la verità su ciò.

11. Il termine di caos è molto equivoco; o almeno si può prendere in diversi sensi. Perché c'è un caos generale creato da Dio e da cui ha tratto tutte le creature, cioè i tre regni della natura: animale, vegetale, minerale. Ed ogni regno ha il suo caos particolare e naturale che è lo sperma di ogni cosa. Così abbiamo un caos minerale, prodotto dalle mani del natura che contiene i due sperma maschile e femminile, zolfo e mercurio, che uniti naturalmente in un stesso soggetto sono la prima materia sulla quale l'artista deve lavorare.

12. I saggi hanno un altro caos che traggono dal principio e che essi compongono dal soggetto che la natura presenta loro, dicono tutti i filosofi dopo Morieno, non potendo nient’altro dal principio del magistero, dice Basilio Valentino. Questa sostanza l’hanno chiamata sensibile, mercuriale, solforosa e salina, fatta dall'unione dei tre principi uniti proporzionatamente, sciogliendo e coagulando secondo le diverse operazioni della natura che l'arte deve imitare e secondo la disposizione della semenza ordinata di Dio.

13. Paracelso è d’accordo con tutti i filosofi su questo soggetto che è la materia dell'arte e loro famoso caos, quando egli dice che la materia della tintura fisica è una certa cosa che si forma da tre sostanze con il ministero di Vulcano; ed egli aggiunge, molto a proposito, che questo insieme può essere trasmutato in aquila bianca con il soccorso della natura e con l'aiuto dell'arte. Raimondo Lullo parla di questo caos quando dice che l'erba bianca collega e cresce in mezzo ai due fumi.

14. L'abate Sinesio, il Cosmopolita e Filalete sono d’accordo con tutti gli altri a proposito di questa materia quando la pongono tra il metallo ed il mercurio. Perché non è difatti né uno né l'altro e partecipa di tutti i due. É un caos o un composto fisso e volatile allo stesso tempo, è ciò che i filosofi hanno chiamato hylé, o la prima acqua e la prima umidità radicale che traggono e compongono dal primo hylé naturale e minerale che la natura aveva formato dagli elementi.

15. Un anonimo, seguendo questo pensiero che è quello di tutti i filosofi, dice a tal proposito che questo ammirevole composto si fa con la distruzione dei corpi, come Artefio aveva detto molto tempo prima; e l'anonimo, molto illuminato sulla dottrina di questo antico filosofo, rimarca che come questo composto si fa con la distruzione dei corpi, parimenti l'acqua che è l'anima, lo spirito e l’essenza del composto non si può fare che con la distruzione del composto, nel quale le anime del corpo sono legate, dice Artefio.

16. Non abbiamo bisogno, dice Artefio, che di questa anima, o media sostanza dei corpi disciolti, che è sottile e delicata e che è il principio, il mezzo e la fine dell’opera, dal quale il nostro oro e la sua donna sono prodotti. É uno spirito sottile e penetrante, un'anima delicata, netta e pura, un sale e balsamo degli astri, dice Basilio Valentino. É, dice anche, una sostanza metallica e minerale, proveniente dal sale e dallo zolfo e due volte nata dal mercurio. É l’alto ed il basso che non sono che una stessa cosa, come insegna Ermete. É il tutto in ogni cosa, dice Basilio Valentino; è infine l'aria dell'aria di Aristeo.

17. Il nostro caos è chiamato anche magnesia dal Cosmopolita ed Artefio; caos che è composto, dicono i filosofi, di corpo, di anima e di spirito. Il suo corpo è una terra fissa e molto sottile, la sua anima è la tintura del sole e della luna e lo spirito è la virtù minerale di questi due corpi; e questo spirito mercuriale è l’origine dell'anima solare ed il corpo solare è ciò che dona la fissità che con la luna trattiene l'anima e lo spirito. E con questi tre ben uniti, cioè col sole, con la luna e col mercurio si fa la nostra pietra. Ma prima questo composto deve essere purificato nella nostra acqua.

18. La purificazione di questo caos è estremamente necessaria, dice Artefio. Si deve fare nel nostro fuoco umido, per mezzo del quale si aprono le porte della giustizia e con il quale si trae il mercurio dei filosofi dalle sue caverne vetrioliche, come dice Artefio; ovvero se ne trae questo vapore mercuriale molto sottile e molto spirituale che si riveste della forma di acqua per penetrare i corpi terrestri ed impedirne la combustione. Questo è il dissolvente della natura che risveglia l’assopito fuoco interno, mestruo acidissimo, molto adatto a dissolvere il corpo da dove è stato estratto lui stesso con la dottrina di tutti i saggi.

19. Tutti i filosofi dicono che il loro mercurio è rinchiuso ed incarcerato nel caos del primo caos minerale che la natura presenta loro e che ne è estratto e messo in libertà con il soccorso dell'arte che viene ad aiutare la natura e che comincia dove essa ha finito. Lei stessa gli dà la mano e l'accompagna ovunque, appena gli spiriti si liberano dalla schiavitù del corpo e si separano dalle parti più grossolane della materia che dimorano in fondo al vaso, come dice Artefio, e che sono incapaci di sciogliersi e completamente inutili, dice questo stesso filosofo.

20. Questo mercurio, così liberato dai legami della sua prima coagulazione, contiene in sé una doppia natura, ovvero una ignea e fissa e l'altra umida e volatile. La prima, che gli è interiore, è il cuore fisso di tutte le cose, permanente al fuoco e purissimo figlio del sole, lui stesso fuoco essenziale, fuoco della natura, vero veicolo della luce e vero zolfo dei filosofi. La seconda natura, che gli è anteriore, è il più puro e più sottile di tutti gli spiriti, la quintessenza di tutti gli elementi, la prima materia di ogni cosa metallica e vero mercurio dei saggi.

21. Si possono distinguere quattro mercuri differenti contenuti nel nostro caos. Il primo può essere chiamato il mercurio dei corpi, è il più nobile e più attivo di tutti, è il seme prezioso da cui si fa la tintura dei filosofi e senza questo mercurio che Dio ha creato la nostra scienza ed ogni filosofia, secondo il Cosmopolita, sono vane. Il secondo è il bagno ed il mercurio della natura, il vaso dei filosofi, l'acqua filosofica, lo sperma dei metalli in cui risiede il punto seminale. Il terzo è il mercurio dei filosofi che si fa con i due precedenti; è Diana ed il sale dei metalli. Il quarto è il mercurio comune, non volgare, l'aria di Aristeo, il fuoco segreto, media sostanza dell'acqua comune a tutte le miniere.

22. Nel nostro caos, estratto dalla natura e composto di cose naturali, questo filosofo evidenzia un punto fisso dal quale per dilatazione si fa ogni cosa e poi per concentrazione tutte queste linee ritornano al loro centro (il punto fisso), dove ogni cosa trova riposo ed una fissità permanente. Questo è ciò che è successo nel primo caos del mondo, di cui il Verbo di Dio è stato la base e il punto fisso ed indivisibile da cui sono uscite tutte le creature e dove devono tornare, come al loro centro. Dunque c’è un punto fisso nel caos minerale creato dalla natura ed in ciò che l'arte compone.

23. È questo il punto fisso splendente da dove sono usciti tutti i metalli, ed un'emanazione o flusso visibile di questa luce che rimane nascosta sotto la scorza del loro corpo terrestre che fa ombra alla natura, dice il Cosmopolita. Questo punto fisso resta sempre nel centro del loro seme che è lo stesso in tutti, come insegna Filalete dopo il Cosmopolita; ma è invisibile perché è un puro spirito vincolato nell'oscura prigione dei metalli, e perché in un corpo metallico congelato gli spiriti non compaiono affatto e non operano affatto a meno che il corpo non sia aperto.

24. I semi di ogni cosa erano contenuti nell’antico caos che Dio ha creato, ma erano in confusione, in riposo e senza movimento; e, sebbene i contrari fossero insieme, non si facevano la guerra. I semi metallici che sono nel nostro caos vi sono confusi, in verità, ma sono in pace ed aspettano gli ordini di un abile artista che dica Fiat Lux e che, separando la luce dalle tenebre, faccia comparire la profondità nascosta e, sviluppando il punto fisso seminale, riduca i semi metallici da potenza in atto e renda visibile l'invisibile, dice Basilio Valentino.

25. L’antico caos era ogni cosa e non era niente in particolare. Il caos metallico prodotto dalle mani della natura contiene in sé tutti i metalli e non è metallo. Contiene l'oro, l’argento ed il mercurio; non è tuttavia né oro, né argento né mercurio. La natura aveva cominciato la sua opera al fine di farne un metallo, ma è stata impedita nel suo corso, come talvolta si ferma per strada quando cerca di fare un metallo perfetto, ma essendo lei imperfetta, molto spesso non fa proprio nulla e si accontenta di lasciarci un caos.

26. In questo caos metallico naturale è contenuto il cielo e la terra dei filosofi, ma non sono distinti né divisi. L'alto è come il basso ed il basso come l'alto, affinché l'artista faccia i miracoli di una cosa sola, dice Ermete; gli elementi vi si trovano tutti insieme e confusi, senza distinzione, senza azione e senza ordine, tutto è in un profondo silenzio e in certe tenebre regnanti nel limbo dei saggi e che formano una veritiera immagine della morte, senza nessun segno di vita e di fecondità; ciò che non impedisce che questa terra cattolica sia animata e che abbia una vita nascosta, dice Basilio Valentino.

27. Il caos generale della natura era un corpo umido, oscuro e tenebroso. Il caos minerale che contiene i semi metallici è un corpo opaco, terrestre e tenebroso, pieno di fuoco dal quale il filosofo, con la dovuta separazione e purificazione, trae i materiali di cui compone un caos artificiale dal quale egli trae ogni cosa, anche la luce e i lumi metallici; e da questi, sciolti col loro mestruo, fa un altro composto, separando sempre la luce dalle tenebre con lo spirito disciolto del cielo, dice Basilio Valentino. Così porta a compimento la creazione filosofica del mercurio e della pietra dei saggi, dice Filalete.

28. Una volta aperto il caos minerale il filosofo, avendo diviso gli elementi, avendoli purificati e riuniti poi in forma di una acqua vischiosa che è il caos o composto filosofico, ha la felicità di vedere nascere il sole uscente dal seno di Teti, di toccarlo, di lavarlo, nutrirlo e condurlo a maturazione. Il saggio vede le tenebre prima della luce, dopo vede la luce, scopre ancora che (le tenebre) sono con la luce. Egli in questa operazione, dice Filalete, sposa il cielo e la terra ed unisce le acque superiori alle inferiori.

29. Da questo caos, che è la nostra prima materia, il saggio sa estrarre uno spirito visibile che è tuttavia incomprensibile, dice Basilio Valentino. Questo spirito è la radice di vita dei nostri corpi e il mercurio dei filosofi dal quale si prepara industriosamente il liquore con la nostra arte, che si deve rendere di nuovo materiale, e condurlo con certi mezzi da un grado molto basso al grado di sovrana e perfetta medicina. Poiché, dice questo Autore, da un corpo molto unito e solido al principio, se ne fa uno spirito fuggente, e da questo spirito sfuggente alla fine una medicina fissa.

30. Il corpo di cui parliamo e da cui si estrae questo spirito, che Basilio Valentino chiama un'acqua d’oro senza corrosione, è così informe che somiglia ad un vero caos, un aborto ed un’opera del caso. In lui è innestata ed incisa l’essenza dello spirito in questione, eppure le sue fattezze sono disprezzabili e ciò fa sì che questa materia cattolica sia disprezzata e pagata a vil prezzo da quelli che non ne conoscono il valore. Ma anche se gli ignoranti la guardano con disprezzo, i saggi e gli scienziati la stimano unicamente e la considerano come la culla ed il sepolcro del loro re, dice Filalete.

31. Lo spirito o mercurio dei filosofi, che si estrae dal corpo di cui si tratta, si trova nel mercurio volgare ed in tutti gli altri metalli. Ma nel cercarlo ivi ci si smarrisce, poiché esso è più vicino e più facile nel nostro soggetto, dove il mercurio e lo zolfo si trovano col loro fuoco ed il loro peso ed i due serpenti si abbracciano molto debolmente. Ma si non può fare niente senza un agente capace di sciogliere e vivificare il corpo, manifestare la profondità nascosta, districare il primo caos e far uscire la luce.

32. Questa luce esce dal caos col fuoco di cui è rivestita. Questo fuoco estremamente sottile si attacca all'aria di cui si nutre. Quest’aria abbraccia l'acqua, l'acqua si unisce alla terra e tutto ciò forma un nuovo composto. Essendo questo corrotto di nuovo con la seconda operazione, l'acqua esce dalla terra, l'aria esce dall'acqua ed il fuoco o zolfo dei filosofi esce dall'aria. E questo fuoco che appare in forma di terra, se viene purificato sette volte, diventa un essere che ha più forza di quanta ne abbia la natura stessa. Questo spirito è l'aria dell'aria di Aristeo, è l'acqua, il fuoco e la terra del caos dei veri filosofi.

33. Queste quattro nature elementari sono una stessa cosa unica estratta dal primo composto dove erano nella confusione. Dopo questa estrazione non sono che un essere tratto dai raggi sottili del sole e della luna; ed è il secondo composto la cui fecondità dipende dai due principi attivi, cioè il caldo e l'umido. Questo composto è chiamato aria, perché è tutto volatile ed è il vero mercurio dei saggi; è un fuoco divorante ed il più attivo di tutti gli agenti; è un'aria spessa da cui non solo tutti i metalli, ma tutti i mercuri dei metalli, sono generati.

34. Questo essere unico composto di quattro sostanze, di tre, o di due in cui la terza è nascosta, dice Basilio Valentino, è il vero sigillo di Ermete, del Cosmopolita, o le Colombe di Diana di Filalete. É l'aria che bisogna pescare, secondo Aristeo, che poi bisogna cuocere, dice il Cosmopolita; è una sola essenza che compie lei stessa la grande opera con l’aiuto di un fuoco graduato che ne è il cibo ed un composto che è a metà tra il metallo ed il mercurio, dice Filalete. É il bambino filosofico, nato dell'accoppiamento del maschio vivo e la femmina viva, che deve essere nutrito di un latte appropriato.

35. Questo bambino dei filosofi è al principio pieno di flemme da cui deve essere purificato, come dice Flamel dopo la Turba (dei Filosofi); deve essere riportato sette diverse volte a sua madre che è la luna bianca, dice Ermete; deve essere lavato, nutrito ed allattato col latte delle sue mammelle ed ottenere l’accrescimento e la forza con le imbibizioni, dice Flamel, ed essere perfezionato dalle aquile volanti di Filalete. Queste aquile, come dice lo stesso, si fanno con la sublimazione e l'addizione del vero zolfo che accresce questo bambino, o mercurio, di un grado di virtù ad ogni sublimazione.

36. Questa sublimazione filosofica racchiude tutte le operazioni dei saggi, e questa sublimazione nel sentimento di Geber, di Artefio, di Flamel e di Filalete, non è altro che l'esaltazione o dignificazione di una sostanza, che si fa quando da un stato meschino ed abietto essa è elevata allo stato di più alta perfezione. Ciò non impedisce che non si riconosca nel nostro mercurio un movimento di ascensione e di discensione nel primo lavoro che è la preparazione del mercurio, nel quale tutta la difficoltà, il resto è un gioco da bambini e lavoro da donne.

37. La sublimazione è, secondo Geber, l'elevazione di una cosa secca con aderenza al vaso per mezzo del fuoco. Poche persone hanno compreso questa definizione, perché bisogna conoscere la cosa secca, il vaso ed il fuoco. L'autore del commentario dei versi italiani di Fra Marcantonio Chinese sembra imbarazzato su questo argomento. Ecco qual’è il vero sentimento di tutti i filosofi: la cosa secca è la nostra calamita che attira naturalmente il suo vaso che è l'umido. Perché il secco attira l'umido e l'umido tempera il secco e si unisce a lui per mezzo del fuoco che partecipa della natura di uno e dell'altro.

38. Il vaso e la cosa secca si abbracciano con aderenza perché natura contiene la natura (1), come è detto nella Turba e da Artefio, e perché il vaso fa le veci di femmina e la cosa secca le veci di maschio. L’uno è il sole e l'altro è la luna, uno è l'oro vivo dei saggi e l’altro l’argento vivo dei saggi uniti dal fuoco che gli è proprio, che è della loro natura ed estratto dalla nostra materia. Questo fuoco, il vaso e la cosa secca sono tre e non sono che uno. Essi sono tutti e tre mercurio, zolfo e sale e tutti e tre sono nello stesso soggetto metallico.

39. Questo sale, questo zolfo e questo mercurio che sono il corpo, l'anima e lo spirito, escono tutti e tre dal caos dove erano in confusione, o piuttosto dal mare dei filosofi. Ivi si trova il tridente di Nettuno che non tirerebbe fuori nulla dai suoi profondi abissi se Eolo con i suoi venti non suscitasse delle tempeste sul mare. É tramite questi venti mercuriali, solforosi e salini che il mare dei filosofi si commuove fino al centro e che infine, quando le parti sono d’accordo, Eolo e la bella Ciane si sposano.

40. Nettuno, non appena è uscito dal centro del mare, acquieta tutti i venti e impone una calma generale col suo tridente, per poi rientrare nei suoi abissi umidi. Questo è ciò che Flamel ha voluto dire nella sua sesta figura, dove afferma che in quest’occasione la nostra pietra è così trionfante in siccità che prima che Mercurio la tocchi, natura che gode della natura si unisce a lei ed attira il suo umido per unirlo a sé con l'apposizione del latte verginale di cui parla nella quarta figura.

41. Questo tridente nettuniano non sarebbe mai uscito dal mare filosofico se un tridente ventoso e vaporoso non avesse penetrato il mare per trarre questo re dalla triplice corona navigante nelle acque. È in questa occasione che il filosofo stimola ed eccita il passivo con l'attivo; che, con i principi viventi, risuscita i morti, come dice Filalete, e che un principio dà la mano all'altro, come dice il Cosmopolita; dopodiché i principi sposati ed elevati sono nutriti della loro carne e del sangue puro, dice Basilio Valentino.

42. Il secco che abbraccia il vaso che lo contiene, essendo salito al cielo con la sublimazione filosofica ed essendo il sale terrestre diventato celeste, scende in terra per andare a succhiare il latte delle mammelle di sua madre che è la terra, che prende cura di nutrire l’infante filosofico il quale, essendosi nutrito ed ingrassato con questo latte succulento, risale al cielo e, con questo metodo di salire e scendere a differenti riprese, prende la virtù delle cose superiori ed inferiori.

43. È qui il cielo terrestre di Lavinius che si perfeziona con le sue ascensioni e discensioni; è questo il matrimonio del cielo e della terra sul letto di amicizia, secondo Filalete. É qui il palazzo reale che si costruisce e che si arricchisce con il flusso ed il riflusso del mare di vetro per ospitare il re, come afferma Basilio Valentino; queste sono le imbibizioni di Flamel, ed il sigillo del bambino nel ventre di sua madre e della madre nel ventre di suo figlio, secondo Demagoras, Senior e Haly. La madre nutre suo figlio ed il figlio nutre sua madre, così si aiutano l’un l'altro, si aumentano e moltiplicano, come dice Parmenides.

44. Questa madre è la luna; il bambino è il mercurio dei saggi, che si chiama sputo della luna ne La Turba. Questa luna occorre farla scendere dal cielo in terra, come dice Paracelso. Questa luna piena somiglia al sole e porta il sole nel suo seno. Il mercurio si cura di portare la tintura di suo padre e di sua madre e, quando ha perso tutte le sue piume, cade nel mare e poi, ritirandosi le acque dice Basilio Valentino, si cambia in terra dove la sua forza è intera, dice Ermete. Ciò include i tre giri di ruota di Ripley e i giri di mano di Basilio Valentino nella prima e nella seconda opera di tutto il magistero.

45. Questo mercurio filosofico non è altro che i denti del serpente che il valoroso Teseo, dice Flamel, seminerà nella stessa terra dove nasceranno i soldati che infine si distruggeranno. Loro stessi facendosi, per apposizione, sciogliere nella stessa terra, lasceranno ottenere le meritate conquiste. Questa apposizione chiude tutte le operazioni che i filosofi rinominano in tanti modi; e si vede in questa occasione la verità di ciò che insegna Flamel: che la nostra pietra si scioglie, si congela, si nutre, s’imbianca, si uccide e si vivifica da sola. È il sangue del leone ed il glutine dell'aquila di Paracelso.

46. Il sangue del leone si trova con il glutine dell'aquila profondamente nascosto nel nostro soggetto che è l'isola di Colcos. Essi vi stanno naturalmente come nel loro sale che serve loro da matrice e da miniera, come dice il Cosmopolita. Sono il vero vello d’oro custodito dai tori che gettano fuoco e fiamme dalle narici, sui quali il bel Medeo deve versare il suo prezioso liquore che li abbevera ed addormenta; e con questo prezioso liquore i tori sono assopiti ed il Vello sottratto da Giasone; o piuttosto, grazie a questo mestruo filosofico, il corpo è disciolto e l'anima è rilasciata dai legami del corpo ed è mutata in quintessenza.

47. Questo Vello è la semenza metallica che Dio ha creato e che l'uomo non deve presumere di fare, ma che deve estrarre dal soggetto ove essa giace. Basilio Valentino la descrive in questi termini: anzitutto, dice, l'influenza celeste, tramite la volontà ed il comandamento di Dio, scende dall’alto e si mescola con le virtù e le proprietà degli astri. Da queste, mischiate insieme, si forma come un terzo corpo, tra il terrestre ed il celeste: così è fatto il principio del nostro seme; da questi tre si fanno l'acqua, l'aria, la terra, le quali, grazie al fuoco ben applicato, generano un'anima di media natura, uno spirito incomprensibile ed un corpo visibile, dice Basilio Valentino.

48. Questo seme metallico è il grano che c'è necessario e che bisogna cercare in un soggetto a noi vicinissimo dove la natura l'ha messo. Questo soggetto, nel sentimento di tutti i filosofi, è il nostro bronzo, il nostro oro, la nostra pietra di cui parlano Sendivogio, Filalete, Pitagora. E noi otterremo questa preziosa semenza, dice Basilio Valentino, se rettifichiamo talmente il mercurio, lo zolfo ed il sale, che l'anima, lo spirito ed il corpo siano uniti inseparabilmente. E questa è la chiave della vera filosofia e l'acqua secca congiunta con una sostanza terrestre, fatta di tre, di due e di uno.

49. Questo seme o grano non si estrae da nessun altro soggetto che quello che abbiamo appena chiamato il nostro oro, senza iperboli. E non si può estrarlo da questo stesso soggetto che per dissoluzione, e questo scioglimento si fa da se stesso o con il soggetto che gli è simile o più prossimo. La natura lo ha anche dotato di un aiuto che è della sua carne e del suo sangue, come insegniamo che lo sperma maschile, messo nella sua matrice, vi trova un solvente della sua natura che, come una calamita, attira il seme dello sperma che è della sua natura ed essenza.

50. La soluzione che ci serve per avere questo buon grano, o seme, è molto difficile da fare. Perché non si può fare che per mezzo di un liquore prezioso che è un'acqua d’oro ed un mestruo filosofico; e questo liquore non è facile da trovare o da estrarre dal soggetto in cui si trova. Occorre una calamita filosofica della natura del grano che si vuole estrarre dal nostro soggetto con questo solvente e della stessa natura del solvente che si chiede e che si vuole acquistare per estrarre questo grano; qui si può vedere come la nostra arte segue ed imita la natura.

51. Si può notare che nel nostro lavoro non si introduce niente di estraneo, perché questo grano o seme metallico è della natura del solvente che un anonimo chiama essenziale, e questo solvente essenziale è della natura di questa calamita metallica che un’anonimo chiama mestruo minerale unito al vegetabile ed estratto da esso come Ganimede da Giove; e questi due uniti a quello che egli chiama essenziale servono per sciogliere radicalmente un corpo che è l'oro senza ambiguità e, una volta disciolto, appare che si estragga uno spirito maturo per mezzo di uno spirito crudo.

52. Questo soggetto ove cerchiamo il seme è un oro filosofico e non l'oro volgare e ciò per due ragioni. La prima è che l'oro volgare non ha nerezze da eliminare per trovare questo grano, o seme metallico, poiché è tutto puro e senza nessuna miscela di impurità. La seconda ragione è che l'oro volgare è completamente seme e, se ci si serve di lui, si dovrebbe solo rincrudirlo, volatilizzarlo e spiritualizzarlo per far sì che possa penetrare i corpi e unirsi ad essi con le sue parti inferiori; se l'oro avesse ciò, sarebbe la pietra.

53. Coloro che hanno detto che bisognava cercare il seme metallico, o il grano fisso, nell'oro volgare non sono pertanto allineati alla verità, a meno che li si intenda cum grano salis, poiché infatti (il seme) è lì e ve lo si può trovare per mezzo di un'acqua filosofica nella quale (l’oro) si fonde come il ghiaccio nell'acqua calda e nella quale perde la sua forma naturale per prenderne una nuova, più nobile e più eccellente. Ed è allora che il tesoro nascosto è scoperto, il centro rivelato.

54. Il seme metallico che cerchiamo nell'oro dei saggi è uno spirito sottile e penetrante; è un'anima pura, netta e delicata ridotta in acqua ed un sale, balsamo degli astri che, essendo uniti, non fanno che un' unica acqua mercuriale. Ora questa acqua deve essere portata al dio Mercurio che è suo padre per essere esaminata, ed allora il padre sposa sua figlia e, con questo matrimonio, non sono più due ma una sola cosa che si chiama olio vitale o incombustibile, ed alla fine Mercurio spiega le ali d’aquila e dichiara guerra al dio Marte.

55. Il mercurio che è padre di questa acqua, che gli si porta per essere sua sposa, l’abbraccia in questa qualità perché questa è ancora un mercurio, e in questo modo sembra che si porti mercurio a mercurio con la differenza che il mercurio che è portato come sposa è il mercurio dei saggi che è la madre di tutto il Telesma. E quello a cui lo si porta è il mercurio dei corpi, padre di tutto il Telesma, padre, figlio, fratello e sposo del mercurio dei saggi. Così i genitori si sposano insieme e le nature proseguono.

56. In questo matrimonio filosofico si congiunge mercurio a mercurio e si porta anche il fuoco al fuoco, così come mercurio a mercurio. Si sposa il fuoco al fuoco, perché il mercurio dei saggi porta nel suo seno questo fuoco o zolfo, ed il mercurio dei corpi è ancora tutto pieno di questo fuoco solforoso che brucia nell'acqua. E in questo incontro, una natura apprende dall'altra a non temere affatto il fuoco e a familiarizzare con lui. Così l'acqua, che temeva il fuoco, impara a restare con lui ed il mercurio, che lo fuggiva, diventa suo amico.

57. L'acqua di cui parliamo qui è l'Azoth che serve a lavare l’ottone e l'ottone che dobbiamo lavare è il nostro soggetto, o nostro bronzo, od oro rosso, che bisogna imbiancare rompendo i libri. Questa acqua celeste è tratta dalle montagne del mercurio e di Venere, tramite l’aderenza del secco all'umido per mezzo del calore; ed il calore unito all'umido fa colare un ruscello di acqua calda secca ed umida. Questa acqua è la grande operaia nella nostra arte; essa discioglie i corpi duri, sottilizza lo spesso e purifica gli impuri come la terra.

58. Ho detto ottone o Lattone, perché i filosofi hanno la loro Latona così come il loro Lattone: l’uno dice che bisogna imbiancare il Lattone che è immondo, l'altro dice che bisogna lavare Latona che è oscura, e quelli che hanno confuso queste due cose, contenute nel Rebis, non hanno errato meno di quelli che hanno creduto che fossero due cose di natura differente. Perché, sebbene si trovino nel soggetto che è il caos dell'arte e che siano come maschio e femmina e che dal loro seme debba uscire il figlio del sole e della luna con la loro perfetta unione, essi sono solamente un’essenza.

59. Questo rebis o caos dell'arte o cielo atterrito non può servire a niente senza il soccorso del fuoco e dell'azoth, ma questi due, che compongono il liquore della nostra arte e che fanno l'olio vitale, gli bastano tanto per lavarlo e purificarlo che per renderlo fecondo tramite la separazione dei due sessi e la loro completa riunione. Perché ne esce un bambino bellissimo dopo averne tolto le impurità, e questo bambino deve essere nutrito del sangue di suo padre e del latte di sua madre e, quando questo sangue e questo latte si mischiano insieme, prendono il colore di una quintessenza dorata.

60. Dice un filosofo che in questo Lattone abbiamo due nature sposate insieme di cui l’una ha concepita l’altra e, tramite questa concezione, si è convertita in corpo di maschio e l'altro in quello di femmina; così che non si saprebbe distinguere l’una dall’altra dai loro vestiti esteriori. Perciò si deve separarli per riconoscerli e riunirli per non essere più di uno inseparabile, dopo averli spogliati di tutti i loro vestiti e averli ridotti alla nudità naturale. Prima erano due corpi in uno o l'androgino dei saggi, dopo questo procedimento è Diana tutta nuda.

61. Quando Diana è tutta nuda ed Apollo parimenti, li si distingue facilmente e nulla impedisce la loro legittima congiunzione per la procreazione del sole che è il loro bambino. Ma, per risvegliare la loro fecondità e renderli adatti alla generazione, bisogna animarli, purificandoli con l'olio vitale che è l'acqua della pietra, dice un filosofo. Bisogna dividere il corpo coagulato in due parti per estrarne questo olio vitale, o questo latte destinato a cibare il neonato infante che contiene in sé i due sessi e li raccoglie in unità di natura e di essenza.

62. Il nostro lattone è rosso all’inizio, ma ci è inutile se il rossore non cambia per fare posto al biancore. Una volta imbiancato è di grandissimo valore, insegna Dastin. Ma, come dice questo filosofo con tutti gli altri, il primo colore che appare nel nostro soggetto è il nero dopo il quale viene il bianco e poi si fa vedere il rosso chiaro e brillante. La saggia Maria dice che quando l’oscurità s’è ritirata il lattone si cambia in oro puro e ciò che gli procura questo biancore e splendore è il nostro Azoth.

63. L'Azoth, che è stato formato dal limo restato dopo il ritiro delle acque del diluvio, come il serpente Pitone è vinto dalle frecce di Apollo che sono i raggi del nostro sole, o dalla forza del nostro bronzo che diventa infine il padrone e, facendosi giustizia, rende il secco, dall’iniziale colore arancione, rosso. Toglie anche l’abito bianco all'azoth che ne diventa così cambiato che prende il colore e la natura del nostro bronzo e tutto si fa rosso, dice il dotto Parmenides; e questo è il segno che il Signore ha fatto il suo tempo e che dopo il tempo segue l'eternità fissa ed incorruttibile.

64. Apprendiamo qui da Morieno che bisogna ben lavare questo corpo immondo che è il lattone, che deve essere disseccato ed imbiancato perfettamente e si deve infondergli un'anima e togliergli ogni sua sconcezza, affinché, dopo la purificazione, la tintura bianca entri in lui. Perché l’anima entra anzitutto nel corpo quando è ben purificato e non si unisce mai ad un corpo estraneo, neanche al suo proprio, se non è puro e netto. Perché le superfluità che si trovano nei nostri corpi, anche se non sono in grande quantità, impediscono la loro unione perfetta.

65. Non si lava il Lattone che per renderlo adatto ad abbracciare la sua Latona unendosi a lei di un'unione indissolubile. Ma come l’uno porta il fuoco e l'altro tiene l'acqua, si deve ben purificare uno e l'altro dei loro rifiuti naturali. È vero che si trovano tutti nel nostro androgino, ma poiché questo è un caos dove gli elementi sono più confusi che uniti, non si potrebbe unirli bene senza purificarli, né purificarli senza dividerli, né dividerli senza distruggere l'insieme. Bisogna dividerli in parti, e separare così gli elementi.

66. Siccome la nostra pietra deve nascere da questo caos o massa confusa nella quale tutti gli elementi sono confusi, è necessario separare la terra dal fuoco ed il sottile dallo spesso, come dice nostro padre Ermete, il sottile sale in alto con l'aria, e lo spesso resta sul fondo col sale. Ma la terra contiene il fuoco col sale di gloria e l'aria si trova con l'acqua. Pertanto si vedono solo la terra e l'acqua. Togliete la flemma dall'acqua, dunque, e la pesantezza dalla terra, e gli elementi saranno puri e ben uniti.

67. Questa unione, o congiunzione degli elementi purificati, è la seconda operazione della pietra dopo la purificazione e la pietra risulta perfetta se l'anima è fissata nel corpo. Ma poiché questo è solamente il termine della prima opera, la materia è perfettissima e sarà oro vivo e zolfo incombustibile; ma non è tingente e si deve ripetere tutto per una seconda ed una terza volta con lo stesso zolfo che serve di fermento. Finito il primo lavoro, comincia il secondo dove è necessaria la sublimazione filosofica affinché il fisso sia reso volatile ed il corpo spirito.

68. Nel primo lavoro, che comprende parecchie operazioni, si lavora solamente per volatilizzare il fisso e fissare il volatile, risuscitare il morto ed uccidere il vivo. Ed il termine avviene quando il tutto è ridotto in polvere fissa che è oro puro, migliore di quello delle miniere. Senza quest’oro non si potrebbe avere la pietra; sebbene non sia la pietra, la pietra è tuttavia in lui come nella sua culla. Non è oro volgare, perché è più puro, ed è un puro fuoco nel mercurio. Nondimeno si può fonderlo e venderlo per oro volgare, perché è oro a tutta prova.

69. Nel secondo lavoro, che è la moltiplicazione di questo oro, l'oro è aumentato in quantità per addizione di nuova materia. L’oro serve da lievito alla sua propria moltiplicazione: tramite una semplice digestione di questo lievito con la farina e l'acqua metallica si fa l'oro, ed il lievito serve sempre da miniera. I filosofi procedono anche diversamente: aumentano di grado il loro oro o lievito e l'aumentano così tanto in qualità da superare l'oro rendendolo tingente e fondante; questo viene chiamato pietra che si moltiplica all'infinito.

70. L'acqua metallica che ravviva l'oro fissato alla fine del primo lavoro è l’olio vitale di cui parla un anonimo, che è unito all'essenziale, al minerale ed al vegetabile, per essere qual’è, il solvente radicale dell'oro. È questo l’olio di cui i filosofi fanno buona provvista affinché non gli manchi all'occorrenza, come accadde alle vergini folli. Questo olio è l'acqua della pietra, estratta da lei nella prima operazione, dice il saggio Ortolano. Senza quest’acqua niente si fa nella seconda operazione e la prima non si fa senza di lei. Questa acqua è un fuoco, perché essa lo porta (in seno) e su di lei è posato lo spirito del Signore.

71. In questa acqua consiste il più grande segreto dei saggi. Noi abbiamo detto che era l'acqua della pietra sebbene sia vero in un certo senso che lei non è l'acqua della pietra, è un acqua mercuriale ma non è il mercurio dei filosofi. É piuttosto il mercurio del mercurio della natura, il bagnomaria dei saggi, il fuoco umido e segreto di Artefio, il vaso dei filosofi al quale la cosa secca aderisce nella sublimazione, è lo sperma dei metalli, l'umido radicale, l'acqua filosofica di Ermete che viene da una cosa unica. Questa acqua lava il lattone e discioglie l'oro perfettamente.

72. La cosa unica che basta per la nostra acqua ermetica è la terra vergine che contiene i quattro elementi, è la nostra materia prima ovvero un corpo solido e l’inizio dell’opera, come dice Basilio Valentino. È unicamente da questa cosa così nascosta e così preziosa che si fa tutta la nostra opera che si perfeziona in essa stessa, non avendo bisogno che del dissolvimento senza addizione di nessuna cosa estranea. Questa cosa è la nostra pietra che non ha bisogno che del soccorso dell'artista. É il bronzo che Dio ci ha creato, che può essere aiutato distruggendo il suo corpo crudo ed estraendo il buon nocciolo.

73. Se la dissoluzione del nostro corpo, il bronzo suddetto, è necessaria, il congelamento dell'acqua mercuriale rinchiusa nei lacci della pietra saturniana non lo è di meno e, per tutte le differenti operazioni, la putrefazione è assolutamente necessaria. Questa putrefazione si fa per mezzo di un piccolo calore affinché la pietra sia putrefatta in sé stessa e si sciolga nella sua umidità iniziale; affinché il suo spirito invisibile e tingente o il puro fuoco dell'oro, rinchiuso nel profondo di un sale congelato, sia messo fuori; e affinché il suo corpo grossolano, una volta sottilizzato, sia unito indivisibilmente col suo spirito.

74. Non c'è nessun’altra acqua sotto il cielo che sia capace di sciogliere il nostro bronzo, eccetto un'acqua molto pura e molto chiara che scioglie senza corrosione. Questa acqua s’infiamma lei stessa all'incontro del fuoco che le è omogeneo. È l'acqua dissolutiva e permanente e la fontana della roccia, di cui i filosofi hanno parlato diversamente. Non bisogna stupirsi se quest’acqua scioglie il bronzo, perché è della sua natura. Perché il bronzo è l'oro senza ambiguità e questa acqua è un'acqua d’oro che trasmuta il corpo in sé; in modo che tutto diventa acqua e poi, tramutata in corpo, è corpo.

75. Si estrae un'acqua dal nostro bronzo che Aristeo chiama acqua permanente. É lei che governa il corpo e che è tuttavia governata da lui. Perché essa lo rompe, lo frantuma ed il corpo l'uccide e la fa morire. Lei lo riduce in acqua e lui la riduce in terra. Ma occorre mischiarli insieme con il fuoco dell’amicizia. Occorre continuare questo procedimento finché tutto sia diventato rosso. Questo qui è il bronzo bruciato ed il fiore o lievito dell'oro; tramite un prodigio stupendo, questo bronzo è bruciato dall'acqua ed è lavato dal fuoco e si vede in tutto ciò l'accordo degli elementi e l'accordo di tutti i filosofi.

76. I filosofi hanno chiamato l'acqua di cui parliamo il serpente che morde la sua coda. Ma gli invidiosi, dice Parmenides, hanno parlato di parecchi tipi di acque, di brodi, di pietre e di metalli per deviare gli ignoranti, sebbene sia vero, in un certo senso, che in tutto questo c’è acqua, brodo grasso, pietre e metalli. E chi intende questa dottrina, intende ciò che c’è di più fine nella nostra arte e di più difficile nel nostro lavoro e nelle nostre materie. Ma lasciate tutto ciò, e prendete l'acqua viva, poi congelatela nel suo corpo e nel suo zolfo che non brucia affatto e tutto sarà bianco.

77. Tutto sarà bianco, dice Parmenides, e voi imbiancherete la nostra natura. Sappiate, dice Aristeo, che tutto il segreto è l'arte di imbiancare. Ora questa imbiancatura è un passo molto difficile, dice Flamel, non si può fare senza acqua, dice Artefio, perché è lei che lava il lattone, è questa l’acqua che fu mostrata a Sictus e che questo filosofo assicura essere puro aceto molto agro, che ha il potere di dare il colore bianco e rosso al corpo nero e lo riveste di tutti i colori che si può immaginare, che converte il corpo in spirito; è l'aceto delle montagne che difende il corpo di combustione, perché sul fuoco si brucerebbe senza questo aceto.

78. Questo aceto molto agro è la nostra prima acqua e l'aceto delle montagne, del sole e della luna, o piuttosto di Mercurio e di Venere. È un'acqua permanente, perché rimane costantemente unita al nostro corpo, o ai nostri corpi di sole e luna, allorché li ha dissolti radicalmente. Ed il nostro corpo riceve da questa acqua una tintura dal biancore così speciale e splendente, che manda in ammirazione quelli che la contemplano. Quest’acqua così bianca contiene il mercurio e lo zolfo. Essa é sole e luna all’interno, come il corpo è all'esterno; essa imbianca il nostro bronzo e dissolve il corpo molto amabilmente.

79. L'acqua che scioglie il nostro corpo così amabilmente è un'acqua che si può chiamare la prima, sebbene ce ne siano parecchi tipi che l'hanno preceduta, ma queste sono eterogenee e non sono contate affatto nella nostra opera. Esse non fanno parte dei nostri mestrui omogenei, come lo è la nostra prima acqua bianca, dissolutiva, che è metallica, mercuriale, saturniana, antimoniale, così come ne parla Artefio. Questa acqua imbianca l'oro, cioè il nostro ottone e lo riduce nella sua prima materia che è lo zolfo ed il mercurio che brillano come un specchio.

80. Questo zolfo e questo mercurio, che restano dopo lo scioglimento del corpo crudo e che brillano come un vetro di cristallo ben lucidato, sono estratti da questo corpo crudo per mezzo di un'acqua o fumo bianco, che interiormente è dapprincipio coperta dalle tenebre dell'abisso. E queste tenebre sono scacciate dallo spirito del Signore che si muove sulle acque che sono state create prima della sistemazione delle parti del caos, allorché il cielo e la terra furono fatti. Questa acqua prima, dissolutiva del corpo, è un'acqua chiara e secca; è un mercurio della natura che, dissolvendo, estrae il mercurio dal corpo.

81. Questo mercurio estratto dal corpo crudo è rozzo. Mischiato con il mercurio o acqua dissolvente, compone e fa il doppio mercurio del Trevisano, l'oro composto di Filalete, o rebis dei filosofi, o pollo di Ermogene, o mercurio dei corpi, che si prepara gradatamente a diventare mercurio dei filosofi per mezzo del fuoco o del mercurio comune a tutte le miniere. Ora, questo mercurio doppio e bianco, di un biancore brillante, estratto con la prima acqua, diventa rosso se è mischiato semplicemente con la seconda acqua che è molto bianca all’esterno e rossa all’interno.

82. Questa seconda acqua una volta era nella prima, ma non era impregnata di un fuoco celeste, come succede dopo. Così queste due acque differiscono soltanto in quanto la prima scioglie il corpo crudo, lava il lattone e volatilizza una massa pesante della sua natura e che, mischiata con la prima acqua o fuoco umido diventa alata. E la prima acqua mischiata con un'acqua secca si riduce in fumo, in acqua limpida ed in calce viva, la quale calce viva è piena di un fuoco e di uno zolfo filosofico e quindi questa è la seconda acqua estratta dalla prima per mezzo del fuoco.

83. Il fuoco fa che, nella sublimazione filosofica, il secco salga e si perfezioni con la sua aderenza al vaso. Questa aderenza rende il secco inseparabile dall'umido ed il fuoco inseparabile dall'acqua. Così si forma la nostra acqua seconda con le virtù superiori ed inferiori e quest’acqua è il mercurio dei saggi, il mercurio animato che l'artista può aumentare di grado e spingerlo fino alla più alta perfezione. Per (avere) questo effetto, bisogna solamente nutrirlo del latte delle mammelle della terra che è sua madre, e fare poppare spesso questo figlio di Ermogene, riportandolo a sua madre.

84. Anche la madre è ricondotta al figlio quando il corpo, composto dal sole e dalla luna, dal padre e dalla madre, dal gallo e dalla gallina, dallo zolfo e dal mercurio, tramite la nostra acqua prima è portato al mercurio dei filosofi che è l'uovo di questo gallo e questa gallina, il figlio di questo sole e di questa luna ed il mercurio di questo zolfo e di questo mercurio. Perché nella loro intima comunicazione, il padre e la madre sono elevati e sublimati in gloria tramite la virtù del loro bambino, il lattone è imbiancato, fissato e reso solubile; in modo che il figlio genera suo padre e sua madre ed è più vecchio di loro.

85. Il mercurio dei filosofi ha generato suo padre e sua madre ed è generato ed estratto dalle cose, dove risiede, per mezzo di un altro mercurio elevato di grado e di un'acqua che è puro aceto, che comunica la sua qualità acetosa al suo bambino; e questo bambino, rientrando nel ventre di sua madre, le lacera le viscere come una vipera; infine dopo avere succhiato il suo latte verginale, l'addolcisce. Così come vediamo che l'aceto comune distillato scioglie l'acciaio ed il piombo e, con questa mescolanza, l’aceto diventa così dolce che lo si chiama latte verginale.

86. Tutto il segreto di questo aceto che Artefio chiama antimoniale e che si può chiamare saturniano, a causa della sua origine, o mercuriale a causa del suo spirito congelato più prezioso di tutto l'oro del mondo, dice il Cosmopolita, consiste nel saper estrarre, tramite suo, l’argento vivo, dolce ed incomburente dal corpo della magnesia, cioè tramite l’acqua prima un'acqua seconda, acqua sorgiva ed incombustibile, e saper congelarla poi col corpo perfetto del sole che si scioglie in questa acqua seconda, allo stesso modo di una sostanza bianca e spessa , congelata come la crema di latte.

87. Il mercurio filosofico o seconda acqua, bianca e congelata come la crema di latte, è estratta per mezzo di un’acqua prima, o aceto acro e per mezzo di un'acqua dolce, o aceto dolce, il primo è maschio ed è il fuoco che domina l'acqua; il secondo è femmina e passivo ed è l'acqua oppressa dal fuoco straniero. Il maschio è attivo, la femmina passiva, tutti e due si uniscono ed abbracciano per produrre l'acqua seconda che dissolve l'oro composto che è stato prodotto tramite l'unione dei due, ovvero per mezzo della nostra doppia acqua prima, secondo Artefio.

88. Il corpo, che è stato prodotto o composto dalla nostra acqua prima, deve essere scisso o sciolto nell'acqua seconda composta di quei due così bene che il corpo suddetto non si scioglierebbe affatto, se non fosse della natura del solvente. Ma, se al posto del composto si mette nella nostra acqua dissolutiva seconda il corpo dell'oro semplice, lo riduce in una condizione di migliorare i metalli in qualche modo, come dice Sendivogio assieme all'autore del Duello chimico. Se si unisce il maschio e la femmina, e la nostra acqua è il Dio che aiuta, si trova tutto il segreto dei saggi.

89. Tutto il segreto dei saggi consiste in questo lavoro, che Artefio chiama imbiancare il lattone, o oro dei filosofi, e ridurlo nella sua prima materia, cioè in zolfo bianco e combustibile ed in argento vivo fisso. É così che l'umido si conclude (cioè il nostro corpo che è l'oro si cambia) in questa acqua prima dissolvente, o zolfo ed argento vivo fisso; di modo che questo oro, che è un corpo perfetto, si cambia reiterando questa liquefazione e si riduce in zolfo ed argento vivo fisso, riceve la vita e si moltiplica nella sua specie, come succede in altre cose.

90. L’oro si moltiplica per mezzo della nostra acqua, dunque. Perché il corpo, che è composto di due corpi che sono il sole e la luna o Apollo e Diana, si gonfia in quest’acqua, ingrossa, s’eleva, cresce e riceve da questa prima acqua la sua tintura di un biancore sorprendente. E colui che conosce la nostra acqua ermetica, e la sorgente da dove esce, conosce la fontana del Trevisano e la pietra da cui Mosè estrasse l'acqua che dissetò il popolo. Sa cambiare il corpo in argento bianco medicinale che può perfezionare gli altri metalli imperfetti, perché la nostra acqua porta in sé una grande tintura.

91. La tintura che è nascosta nella nostra acqua è bianca e rossa, sebbene non dia all’inizio che una tintura bianca. Ma siccome è un’acqua che scioglie e rompe il corpo, la prima (cosa) che appare in questa dissoluzione è la nerezza, segno di putrefazione. Difatti occorre che il corpo marcisca nella nostra acqua e che, essendo passato da tutti i colori che marchiano la sua infermità, prenda il colore bianco fisso e poi il rosso porpora, segni essenziali di una veritiera risurrezione nella quale trionfa la virtù ed il germe del nostro lievito.

92. Il nostro lievito contiene uno spirito igneo come la calce viva, grazie al quale penetra il corpo con la sua sottigliezza, lo riscalda con il suo calore e fa sorgere il germe che era in potenza nel corpo e non sarebbe passato mai in atto senza l'addizione del nostro lievito, la cui virtù può moltiplicarsi all'infinito, aggiungendogli nuova materia che prende la virtù del lievito e diventa agro tanto quanto lui, ed ancora oltre. Alla fine se ne fa una potente medicina che si mette sugli imperfetti che sono della sua natura e li libera da tutte le loro impurità.

93. La purezza del nostro lievito gli impedisce di mischiarsi a qualunque cosa che non sia pura e che non sia della sua natura mercuriale; la sua sottigliezza gli dà la chiave per entrare nell'oscura prigione dei metalli e la forza di togliere i suoi fratelli dall'oscurità e dalla schiavitù. A tale scopo si trasforma prima in molti differenti modi come Proteo. Sale al cielo, come se volesse scalarlo come un novello Encelado; discende in terra, come se volesse penetrare gli abissi e sollevare Proserpina sul suo carro di fuoco ed arricchirsi delle ricchezze di Plutone.

94. Si potrebbe dire che questo lievito è simile a Vulcano che, avendo sposato Venere, si era infiammato del fuoco del suo amore e respirava solamente i suoi abbracci. Ma Giove, trovandolo troppo imperfetto, gli diede una pedata e lo gettò dal cielo in terra. Cadendo, si ruppe una gamba ed è rimasto zoppo per questa caduta. È lui che ha composto la rete ammirevole con la quale Marte e Venere furono acchiappati e sorpresi sul letto d’amore. È questo Vulcano che Filalete chiama bruciante, senza il quale il drago igneo e la nostra calamita non possono essere mai ben uniti insieme.

95. Il fuoco di cui il nostro Vulcano è arroventato fu rubato una volta da Prometeo e portato sulla terra e perciò, per punire questo furto, Prometeo fu incatenato da Vulcano stesso sul monte Caucaso. E Giove ordinò ad un avvoltoio di rodergli il fegato ed il cuore che rinascevano e proliferavano di nuovo in virtù dell'avvoltoio stesso, che gli lascia la facilità di germinare e rinascere dopo la loro morte per vivere di una nuova vita, in modo che l'avvoltoio, che si nutre del fegato e del cuore di Prometeo, non li divori che per moltiplicarli incessantemente.

96. Questa rinascita o resurrezione ci rappresenta quella della fenice che trova la vita nella morte, si vivifica da sé ed esce più gloriosa dalle sue ceneri. L'agente in questione, che è di una meravigliosa origine nel regno metallico secondo il pensiero di Filalete, porta ed accende il fuoco sul rogo, simile a quello dal quale è appena uscito. Questo rogo e la fenice si infiammano insieme e si riducono in cenere, dalla quale fuoriesce parimenti un uccello della stessa natura, simile al primo ma più nobile, che cresce in virtù di giorno in giorno finché non diviene immortale.

97. La fenice che rinasce dalle sue ceneri è il sale dei saggi e, per questo mezzo, loro mercurio, dice Filalete. É il sale di gloria di Basilio Valentino, il sale Albrot di Artefio, il mercurio doppio di Trevisano, è l’embrione filosofico e l'uccello nato da Ermogene. É l'acqua secca, l'acqua ignea ed il mestruo universale o spirito dell'Universo. La pietra dei saggi è saziata da questa acqua che non bagna; ne è formata alfine di produrre il latte della Vergine che esce dal suo seno; lei stessa è il succo della Lunaria, è lo spirito e l'anima del sole, il bagnomaria dove il re e la regina devono bagnarsi.

98. Questo sale è l'agente della natura che rovescia il composto, lo distrugge, lo mortifica e lo rigenera più volte. Contiene in sé il fuoco contro natura, il fuoco umido, il fuoco segreto, occulto e invisibile; è principio di movimento e causa di putrefazione. È con questo solvente che si riduce l'oro alla sua prima materia. Ora, tutti i filosofi sono d’accordo che il mestruo che dissolve radicalmente il sole e la luna deve conservare la loro specie e restare con loro dopo la dissoluzione, di conseguenza deve essere della loro natura e coagulare sé stesso coi corpi che sono stati sciolti e tramite la loro virtù.

99. Nella dissoluzione del corpo tramite lo spirito, si fa la congelazione dello spirito tramite il corpo; lo spirito ed il corpo si aiutano l’un l'altro, dice Lucas nella Turba. Lo spirito, dice, in primo luogo rompe il corpo per aiutarlo successivamente. Quando il corpo è morto, abbeveratelo col suo latte e vedrete che il corpo congelerà lo spirito e che si farà uno da due, da tre e da quattro. É allora che il morto è vivificato, che il vivo muore in questa soluzione e congelamento. Così i filosofi impongono di uccidere il vivente e vivificare il morto e, prima di ciò, il corpo e lo spirito si marciscono e corrompono insieme.

100. Non c'è lievito perfetto se lo spirito ed il corpo non fermentano, non si inacidiscono e non si scaldano insieme per mezzo del fuoco interno corrompente e di un'acqua calda che aiuta ed anima il calore del lievito. Questo è ciò che succede al soggetto del nostro lievito, della nostra acqua, del nostro corpo e del nostro spirito. L'acqua di cui si parla è la prima o anche la seconda. Artefio dice che il lievito è tratto dall'oro che è il corpo ed il lievito porta lo spirito corrompente. Così l'acqua, lo spirito ed il corpo compongono o forniscono la materia del lievito.

101. Come abbiamo parecchi lieviti, a seconda dei gradi di perfezione ove sono giunti con la nostra arte perché la natura non ne fornisce affatto, così abbiamo anche parecchie acque, parecchi corpi e parecchi mercuri. Vi è tuttavia un solo lievito perfetto, un solo corpo e una sola acqua veritiera che è il mercurio dei saggi filosofi che è un vero fuoco, secondo Artefio. Questo fuoco è uno zolfo ed il mercurio è lo zolfo, l'acqua ed il fuoco. Questo mercurio dunque è l'acqua estratta dai raggi del sole e della luna, dice Sendivogio.

102. Il mercurio non potrebbe essere estratto dai raggi del sole e della luna se non fosse doppio. Non potrebbe essere estratto dalle sue caverne vetrioliche, senza fare le veci di lievito. Non potrebbe tenere del fuoco e dell'acqua, del sole e della luna, del corpo e dello spirito, senza essere l'anima che unisce il corpo e lo spirito, il mediatore del fuoco e dell'acqua ed i filosofi sbaglierebbero a dargli tante lodi, se questo mercurio non fosse l'agente nella nostra arte e il dissolvente universale dei corpi.

103. Abbiamo bisogno di questo lievito o mercurio per le tre dissoluzioni necessarie all'opera dei filosofi. La prima riguarda il corpo crudo per estrarne lo spirito separato dal suo corpo, necessario per dare la vita ai morti e per guarire le malattie. La seconda è la soluzione dell'oro e dell’argento che compongono con la loro unione la terra minerale. La terza dissoluzione è ciò che si chiama uso per la moltiplicazione. La prima, che è spirituale, serve per la fermentazione del corpo impuro; la seconda, radicale, (per la fermentazione) del puro e la terza, moltiplicativa, del purissimo.

104. Si scioglie il corpo impuro per avere lo spirito ivi nascosto ed il mercurio che lo dissolve è la prima chiave che apre la porta alla pietra. È questo il mercurio preparato dalla nostra arte, che è composto di materia vile e di poco prezzo; essa è sulfurea e mercuriale, calda e fredda, secca ed umida, essa contiene la virtù stitica ed astringente dei metalli di cui parla Basilio Valentino, due volte nata dal mercurio. Questo mercurio contiene un grande tesoro, cioè lo spirito di mercurio e dello zolfo, il fiore e lo spirito dell'oro. Lui apre la porta della casa di suo padre e di sua madre ed apre l'entrata del palazzo del re.

105. Dalla materia di questa prima chiave l'arte ne forma una seconda per adattamento. La prima è di tutti i colori, ma la seconda è bianca come la luna e pesa molto più della prima. É questa ad aprire la seconda porta e a sciogliere la terra minerale nella quale è nascosto l'oro dei filosofi, il vero sole. Essa lo fa apparire al giorno sotto parecchie forme differenti, ora in terra, ora in acqua ed apre così bene tutte le serrature di questo palazzo reale che, dopo averlo aperto e chiuso a diverse riprese, incontra la pietra e l'elisir dei filosofi.

106. La terza chiave si forma dalla materia della prima e della seconda. Questa è la chiave d’oro che apre non solamente la sala dove si trova la pietra, ma anche il cofanetto della pietra e la pietra stessa, perché si accresca e si moltiplichi in qualità ed in quantità. Ma ogni volta che la pietra è aperta con questa chiave rossa si fa una nuova dissoluzione; la terra diventa acqua o brodo grasso e poroso, l'acqua diventa terra; si fa corruzione ed ogni volta nuova generazione; la pietra si moltiplica di dieci gradi di qualità ogni volta e ciò fino a sette volte.

107. Questa moltiplicazione è l'ultima fase dei saggi come la dissoluzione è la prima, dice Flamel. La dissoluzione è il primo fondamento o il primo passo della filosofia e la moltiplicazione ne è la fine, se si eccettua la proiezione nella quale si fa ancora una dissoluzione radicale, tramite la separazione ed esclusione dell'impuro ed il congelamento del grano puro. Così la dissoluzione è necessaria al principio dell’opera, nel mezzo ed alla fine. E dopo il compimento dell’opera, per mezzo della prima i corpi duri diventano molli come la crema o come la gomma pesante, dice Morieno.

108. Gli altri dicono che tramite la dissoluzione i corpi secchi sono ridotti in acqua secca che non bagna le mani, ovvero in mercurio, poi in seme, poi in spirito fisso ed infine in terra; la quale è ridotta spesso in acqua per scioglimento e ritorna terra per congelamento. Sale e scende e, da limpidezza a limpidezza, è elevata al culmine di fissità e di fusibilità. E poiché bisogna avere con tutte le operazioni un'acqua secca e dissolvente, come la chiave necessaria presentata e preparata dalle mani della natura all'artista, parecchi hanno creduto che questo solvente o questa chiave fosse il mercurio volgare.

109. Tutti gli autori concordano sul fatto che il mercurio volgare non è la nostra acqua dissolvente, né il nostro vero mercurio. La ragione è dovuta alla sua impurità che non gli permette di mischiarsi intimamente, anche con le più piccole parti, coi corpi puri che devono essere disciolti, né di conseguenza di restarvi unito inseparabilmente. Dopo la loro dissoluzione, questa stessa impurità che gli è naturale non gli dà il potere di purificare gli impuri che dobbiamo purificare nel dissolverli, perché chi deve purificare gli altri deve essere puro, dice Filalete.

110. Oltre alla purezza che manca al mercurio, gli manca un calore naturale che non ha per essere il mercurio dei filosofi che scioglie radicalmente l'oro che si cambia in oro dopo avere cambiato l’oro in sé tramite la dissoluzione. Questo difetto di calore viene dal fatto che è come un frutto crudo caduto dal suo albero prima del tempo, al quale la natura non ha potuto aggiungere il suo proprio agente. Ma poiché è rimasto impuro, freddo ed indigesto, ha bisogno di uno zolfo lavato ed incomburente che l'arte gli aggiunge per maturarlo, riscaldarlo e purgarlo; senza questo zolfo l'arte non può perfezionare il mercurio.

111. Questo zolfo puro e fisso, che perfeziona il mercurio volgare nella proiezione dove è trasmutato di oro, deve essere estratto dalle cose che sono della natura del mercurio; diversamente non avrebbe il potere di penetrare ed unirsi intimamente a lui. Perché la natura si unisce solamente alla sua natura e respinge tutto ciò che è estraneo. Ora, il mercurio dei filosofi contiene questo zolfo lavato ed incomburente grazie al quale è digerito poco a poco e cambiato in oro e poi, con una nuova rigenerazione, cambiato ed elevato in pietra fissa e fondente che in un attimo cambia il mercurio volgare in oro.

112. Si può vedere da ciò che abbiamo appena detto, che Filalete ha detto la verità quando ci assicura, nella sua metamorfosi, che il mercurio volgare e quello dei saggi non sono differenti materialmente e fondamentalmente uno dall'altro; perché l’uno e l'altro sono un'acqua secca e minerale. Che i figli della scienza sappiano dunque, dice questo filosofo, che la materia del mercurio volgare può e deve entrare in parte nella materia del mercurio dei filosofi; così che la loro materia sia omogenea e che insieme non differiscano che per il maggiore o minor grado di purezza e di calore.

113. È certo dunque, per parlare in buona fede e seguendo la dottrina di questo grande filosofo, che se si potesse togliere al mercurio volgare ciò che ha di superfluità solforose in eccesso, di acquosità e di terrestrità corrotte, e se si potesse dargli il calore dello zolfo incomburente ovvero una virtù spirituale ed ignea, le tenebre di Saturno sarebbero dissipate e si vedrebbe uscire il mercurio tutto brillante di luce e questo mercurio non sarebbe più volgare, sarebbe quello dei filosofi, i quali dicono tutti che essendo determinato come è non può essere il nostro mercurio senza perdere la sua forma.

114. Il mercurio volgare è un corpo, quello dei filosofi è uno spirito. Il mercurio volgare è corporale e morto, quello dei saggi è spirituale e vivente. Il volgare è maschio, il nostro è femmina o almeno ermafrodita; essa è un'acqua, il mercurio volgare la contiene, ma è troppo inviluppata nel suo corpo. Il mercurio dei filosofi è il nostro seme benedetto; il volgare ne è solamente lo sperma che la contiene, ma non lo può estrarre che per dissoluzione, che vien fatta col nostro mercurio e nella quale perde la sua prima forma per prendere una forma più nobile e più eccellente.

115. So bene che il mercurio volgare, conservando la sua forma specifica, non è la materia immediata della pietra. Ed anche quando fosse spogliato della sua forma, non può divenire pietra finché non sia fatto mercurio dei saggi, né può divenire mercurio dei saggi senza essere stato mortificato e resuscitato o generato. Non è quindi il solvente dell'oro e degli altri metalli in quanto non è spogliato da tutto ciò che ha di estraneo, non metallico e corporale. Ma si può dire, in verità, che è la più agevole e più prossima materia o soggetto della proiezione filosofica.

116. Si può dire anche, in favore del mercurio volgare, che è la molle montagna di cui parla Sendivogio nella quale si può scavare facilmente con l'agente dei filosofi e trovarvi l'acqua sorgiva ed ignea, o il fuoco umido che cerchiamo e, avendolo trovato, farne delle meraviglie. Si può dire ancora in suo favore che può essere utile all'opera se gli si può levare le impurità e supplire a ciò che gli manca di virtù ignea. Dice di sé in un Dialogo che è Mercurio, ma che ce ne è un altro che apre le porte della giustizia, di cui è precursore, simbolo ammirevole di un grande mistero.

117. È vantaggioso per il mercurio volgare essere la via verso il suo maestro, ed il precursore del mercurio dei saggi che, secondo il grande Filalete, libererà i suoi fratelli i minerali, metalli, vegetali, animali e tutti i corpi naturali da tutte le loro sozzure originarie. Parliamo sempre per parabole e paragoni, perché la natura e la sua scienza sono il pentacolo di tutti i misteri, ed il simbolo delle più alte verità. Con esse si trova la spiegazione, la predizione e manifestazione di tutto ciò che è occulto. Tale è l'effetto della sapiente saggezza, artista di ogni cosa, che insegna perfettamente la radice segreta delle operazioni meravigliose, secondo l'espressione del re Salomone. Lui stesso afferma e descrive la saggezza tre volte, perché lei riceve tre sensi reciprocamente ed ugualmente rappresentativi uno dell'altro. E noi scriviamo come questo saggio ha scritto.

118. I filosofi sono stati probabilmente di questo avviso quando hanno detto che si deve estrarre un’aria con un'altra aria, uno spirito con uno spirito, prendere o acchiappare un uccello con un uccello, come dice Aristeo. Gli altri hanno detto che con uno spirito crudo si doveva estrarre uno che fosse digesto e cotto. Degli altri hanno detto che un mestruo vegetale unito al minerale ed ad un terzo mestruo essenziale erano necessari per avere il solvente universale, o mercurio dei filosofi, ovvero questo famoso mercurio ha bisogno di un precursore, come un Elia.

119. Questo famoso mercurio che i filosofi hanno tanto lodato merita bene di avere simbolicamente un precursore che abbia lo spirito di Elia e che prepari la via del suo Signore. Il precursore è della stessa natura del Signore, ma questi è infinitamente più nobile perché è nato da una terra vergine e concepito da uno spirito celeste, mentre il precursore è stato concepito nell’iniquità come gli altri corpi metallici, sebbene in seguito sia stato purificato e lavato nel ventre di sua madre per essere reso degno di preparare la via del re filosofico.

120. Questo discorso allegorico è tratto dalla dottrina dello scienziato Filalete, il nostro contemporaneo, e del famoso Sendivogio, i quali insegnano che tutti i corpi metallici sono concepiti nell’iniquità e maledizione nel seno di una terra corrotta e che l'oro stesso, con tutta la sua purezza, così come il precursore di cui parliamo, hanno bisogno del mercurio dei filosofi che è concepito da una terra vergine e formato del suo sangue purissimo da uno spirito celeste, sorgente di bellezza, di purezza e di luce; e così, sebbene sia di natura corporale e della natura degli altri, li purifica con la sua virtù.

121. Il mercurio dei saggi è, in verità, composto di corpo, di anima e di spirito; ma il suo corpo dopo essere passato per tutte le operazioni dell'arte, come per torture e sofferenze, il suo corpo materiale, dico, è tutto spiritualizzato. Ed essendo stato elevato in gloria, è di una così grande virtù, sublimità, lucentezza e fissità che può fare tutto: fissa, illumina tutto e trionfa di tutto ciò che è nel regno metallico. Separa la luce dalle tenebre che oscurano i suoi fratelli, schiavi dell'impurità; ed infine è un puro spirito che attira a sé tutto ciò che è puro.

122. Quel po’ di nobiltà che troviamo nel nostro mercurio, il cui seme è fatto e composto dalla nostra arte, non è differente da quella di cui tutti i metalli sono composti; questi corpi metallici non differiscono l’uno dall'altro che per la maggiore o minore decozione e purezza, perché il loro seme è lo stesso, e queste superfluità introdotte o restate nel loro congelamento non sono naturali ai metalli, e non hanno corrotto il loro seme che è una porzione di luce celeste che luccica nelle tenebre, incorruttibile e pura nelle lordure.

123. L'oro ha la luminosità, ha il seme, è lui stesso interamente seme metallico. Ma non è né il mercurio dei saggi, né la pietra. Perché, sebbene sia puro tanto quanto l’uno o l'altra, non ha la finezza di uno né la finezza dell'altra. L'oro è morto, ma può risuscitare solamente con la virtù del mercurio dei saggi che è il suo proprio dissolvente e l'autore della sua morte e della sua vita, che lo fa scendere negli inferi e lo riprende per farlo salire fino ai cieli, e gli procura quella sottile fissità che non ha di sua propria natura.

124. C'è questa differenza tra l'oro ed il mercurio dei saggi: che il primo è un lavoro della natura che lo fa nelle miniere senza il soccorso dell'arte, ed il secondo è il lavoro dell'arte e della natura. Perché non si trova né sulla terra né sotto. É un infante che possiamo produrre per estrazione, cioè estraendolo dalle cose in cui è. Ora, si estrae con l’artificio dello zolfo e del mercurio della natura, congiunti insieme per mediazione di un terzo di ugual natura, ed essendo estratto, è la materia prossima alla nostra pietra.

125. In una settimana, dice Filalete, questo mercurio per semplice digestione diventa oro filosofico che è la materia più vicina alla pietra. È questo mercurio che basta solo con il fuoco, addirittura è il fuoco lui stesso. Se c'è qualcuno, dice nel suo Dialogo, che abbia visto il fuoco nascosto nel mio cuore, ha conosciuto che il fuoco è il mio vero cibo e più lo spirito del mio cuore si nutre molto tempo di fuoco, più diventa grasso. Così, il serpente divora la sua coda e mangia se stesso; lui ed il fuoco sono due ed uno solo.

126. La miniera del nostro mercurio non è altro che lo zolfo ed il mercurio congiunti insieme, dice il Cosmopolita. Perché di due si fa uno che è il latte verginale, dice Arnoldo di Villanova. Questo latte è il nostro mercurio o aquila bianca, composto del composto, aria dell'aria, argento vivo dell’argento vivo, acqua estratta da una roccia dove si vede una miniera d’oro e d’acciaio. Qui si notano dunque i due principi del mercurio dei filosofi; suo padre è il sole, elevato di grado con la nostra arte, e sua madre la luna bianca che s’eclissa col sole al concepimento di questo figlio.

127. L'oro ed il mercurio fluido sono la materia della nostra opera, dice Filalete. Se questo filosofo parlasse diversamente tradirebbe il suo pensiero ed il suo nome. Ma si può aggiungere al suo pensiero che la materia dell’opera è il solo mercurio, e che si fa questo capolavoro della natura e dell’arte e di tutti i miracoli che l'accompagnano da una sola cosa come dice Ermete, ovvero dal mercurio dei filosofi che è l'oro vivo, o oro embrionale e volatile che si muta in oro per mezzo di un calore leggero, ma non in pietra immediatamente. In definitiva tutto ciò che la compone trae la sua origine dal nostro mercurio.

128. L'oro che esce tutto splendente di luce dal nostro mercurio, come il sole dal seno di Teti, è chiamato oro vivo, fino a quando non è passato dal fuoco di fusione che è la morte dei nostri metalli, dice Basilio Valentino. Questo oro vivo è tutto fuoco, o il vero fuoco dell'oro fisso, e purissimo oro balsamico, nemico di corruzione. Contiene in sé il sale, lo zolfo ed il mercurio; o piuttosto egli è tutto sale, tutto zolfo e tutto mercurio. Ma in questi tre principi è talmente in unità ed omogeneità, che è inalterabile ed incorruttibile, e non può essere decomposto che dai raggi del sole che è suo padre.

129. L'oro vivo è chiamato spesso zolfo vivo. È questo zolfo, dice Sendivogio, quello a cui i filosofi hanno dato il rango supremo come al primo dei principi. È questo primo agente che è tenuto ben nascosto. È tuttavia molto comune; è dovunque, dicono, ed in ogni cosa; è vegetale, animale e minerale; è la vita di ogni cosa ed una porzione della luce che fu creata al principio del mondo; è il principio di tutti i colori, di tutti i congelamenti e di ogni maturazione; e senza questo zolfo vivo l'umido radicale nei vegetali, animali e minerali sarebbe completamente inutile.

130. Questo zolfo od oro vivo può essere considerato in tre stati. Nel primo, è un puro spirito che si trova in ogni cosa e che è la loro anima, la loro vita e la loro luce; è come un cielo interrato e nascosto in tutti i corpi. Nel secondo stato, è minerale, specificato di conseguenza nei minerali e rinchiuso nel loro umido radicale; e poiché è un fuoco, agisce senza tregua su questo umido, quando è libero di agire; e appena questo umido è un'aria, questo fuoco se ne nutre. Nel terzo stato è fulminante, vittorioso e trionfante di tutto ciò che gli resiste.

131. Si può ancora dire, in accordo ai filosofi, che l'oro vivo dei saggi può essere considerato come agente e come paziente. Come agente, è uno spirito sempre in azione, che dà il movimento ad ogni cosa e che è il principio e promotore della corruzione e della generazione dei composti. È uno spirito di luce, sempre occupato a scacciare le tenebre ed a separare il puro dall'impuro. In questo stato è nel mercurio dei saggi come nel luogo del suo dominio, dove egli comincia ad agire come un re.

132. Questo fuoco, o zolfo, cessa di agire quando ha consumato il suo proprio umido se non gliene si fornisce di nuovo, ma se glielo si dà, ricomincia il suo movimento, e converte ancora questo umido nella sua sostanza fin quando lo può. La prima volta, nel finire il suo movimento nell’uovo e sull’uovo dei saggi, converte tutto il suo umido radicale in oro puro, che è oro vivo, ma paziente. Così l'agente diventa paziente, la prima materia diventa la seconda, ma la seconda diventa la prima. Questo mercurio che era paziente diventa agente e ridà il suo movimento al nostro oro vivo.

133. Se l'oro vivo ricomincia il suo movimento, lavora con più vigore della prima volta, e al suo termine si ritrova più nobile, perché questa seconda volta il lavoro si conclude con un oro più eccellente di quanto non sia suo nonno e che non è suo padre e sua madre. Perché l'elisir, che è il cielo in terra e lo zolfo incombustibile e tingente ad ogni prova, si ritrova perfetto alla fine di questo movimento. Così l'oro produce l'oro del mercurio; e l'oro ed il mercurio, il sole e la luna producono la pietra, e ne sono fatti. E si vede che le cose finiscono da dove hanno cominciato.

134. I filosofi, di comune accordo, hanno detto a ragione che il loro oro vivo non è altro che il puro fuoco del mercurio, ossia la più perfetta porzione del nobile e puro vapore degli elementi; o anche il fuoco innato ed intrinseco al mercurio, ossia passivamente ed in potenza nel mercurio volgare, attivamente ed in atto nel mercurio dei saggi. Questo oro vivo è come un'esalazione, ed il mercurio è il vapore che contiene questa esalazione. Ora il vapore, essendo consumato dal calore dell'esalazione, si cambia in una polvere che imita il fulmine che cade sui metalli imperfetti.

135. Questo nobile vapore degli elementi è l'umido radicale della natura che è dovunque ed in ogni cosa, che si trova specificato in ciascuna e particolarmente nel mercurio volgare, dove l’umido radicale è specificato e determinato alla natura metallica in modo molto abbondante. E senza dubbio se la natura sola, o aiutata dall'arte, gli avesse aggiunto il fuoco innato o agente intrinseco o questa esalazione che tiene luogo di maschio, il mercurio volgare sarebbe il mercurio dei filosofi e quindi potrebbe diventare oro, e gradatamente medicina aurea.

136. Questo zolfo fisso o fuoco metallico che è in potenza nel mercurio volgare attualmente è nell'oro, ma non è ivi in atto o in azione, poiché è sottomesso a delle forti barriere che lo mettono al riparo dalla violenza del fuoco elementare, e niente può rompere queste barriere se non il nostro fuoco umido. Ma, per trovare questo oro vivo, bisogna trovarlo nella sua casa che è il ventre di Aries. Questo zolfo od oro vivo è il solo agente capace di spogliare il mercurio volgare di tutte le impurità, di digerire ciò che è indigesto ed unire a sé ciò che questo ha di puro.

137. Quando il mercurio, ossia l'umidità e la freddezza dominano il calore e la siccità che sono lo zolfo, questo è ciò che si chiama il mercurio dei saggi che è freddo ed umido all’esterno e che porta il caldo ed il secco, ovvero lo zolfo, nel suo ventre; e quando il caldo ed il secco dominano il freddo e l'umido, è l'oro che tiene il mercurio nei suoi legami sotto il dominio dello zolfo che avendo consumato tutto il suo umido radicale lo cambia in sé, ossia in oro. Quindi l'oro è tutto zolfo e tutto spirito; ed è altrettanto tutto corpo e tutto mercurio.

138. Tutti i filosofi hanno riconosciuto due tipi di zolfo o agenti naturali: uno è esterno e serve di causa efficiente e movente all'esterno e l'altro è causa interna, e come forma informante. Il primo dopo aver fatto la sua operazione si ritira, dicono Bonus e Zachaire, divenendo così la perfezione del metallo; il secondo è una porzione ineffabile di questo spirito luminoso contenuto nel seme che è l'umido radicale metallico, e questo zolfo è inseparabile dal suo soggetto che è questo stesso seme o umido radicale che ha lo sperma per involucro.

139. Questo spirito luminoso contenuto nel seme metallico che è l'umido radicale dei metalli, non è altro che ciò che si chiama l'aria dei filosofi nel Nuovo Lume Chimico. È la stessa aria di cui parla Aristeo scrivendo a suo figlio. Questa aria, dice, è il principio di ogni cosa nel suo regno; e per questa ragione, questa aria è la vita ed il nutrimento delle cose di cui è il principio. Ciò ha fatto dire a tutti i filosofi che l'aria nutre il fuoco innato. Così, l'aria metallica ispira la vita al fuoco metallico e gli fornisce l'alimento, poiché ne è il principio.

140. L'aria dei saggi non è l'aria comune che è il nutrimento del fuoco innato in ogni tipo di essere; ma è un'aria metallica che è il cibo del fuoco, o zolfo minerale, il quale fuoco o zolfo è contenuto nel mercurio dei saggi. Questa aria metallica è un’essenza molto sottile che prende il corpo di un vapore e si condensa con l'umido metallico per servire da cibo al fuoco minerale, contenuto in questo vapore grasso che è un’essenza aerea che si può chiamare spirito o aria, vita di ogni cosa e necessaria per l'opera.

141. Questo vapore così necessario all'opera si deve cercare in questi corpi metallici, ma occorre una chiave d’oro, dice Aristeo, per aprire le porte della giustizia. Questa aria di cui noi abbiamo bisogno è rinchiusa, non si può trarla dalla prigione che per mezzo di un'altra aria omogenea che serve da chiave. Su cui si può dire, con Filalete, che questa chiave dorata che apre la porta del Palazzo Chiuso del Re è il nostro acciaio che è, dice questo filosofo, la vera chiave dell'opera senza la quale il fuoco della lampada non può essere acceso.

142. Il nostro acciaio è la miniera dell'oro, uno spirito molto puro, un fuoco infernale e segreto, il miracolo del mondo, il sistema delle virtù superiori nelle inferiori, dice Filalete; questo acciaio è la luce dell'oro, ed il magnete da dove viene è la luce dell'acciaio. Ma è certo, dice il Cosmopolita, che la nostra aria genera il nostro magnete, o quantomeno contribuisce alla sua generazione, e che la nostra calamita genera, o fa apparire il nostro acciaio. Diciamo con meno invidia che la nostra aria e la nostra calamita sono i due principi del nostro acciaio, della nostra miniera, dell'oro e della loro luce.

143. Questo magnete e questa aria sono i primi due agenti ed i due draghi di cui parla Flamel che fanno la guardia al Vello d’Oro e all'entrata del Giardino delle Vergini Esperidi. Li chiama sole e luna, di sorgente mercuriale e di origine solforosa; i quali con il fuoco continuo si adornano di abbigliamenti reali per vincere ogni cosa metallica, solida, compatta, dura e forte, allorché sono uniti insieme, e poi sono mutati in quintessenza, che è un estratto dell'acqua, della terra e del fuoco; e questo è il nostro acciaio, o il nostro mercurio doppio del buon Trevisano.

144. Questa quintessenza è col fuoco dello zolfo minerale il Succo della Saturnia ed il legame del mercurio. E, per farla, occorre fin dal principio prendere due serpenti, ucciderli, corromperli e generarli, dice Flamel. Essa è l'acqua secca che non bagna affatto le mani; o è il latte verginale di Arnaldo di Villanova che contiene in sé lo sperma maschile e quello femminile, preparati nelle reni dei nostri elementi; è l'umido radicale dei metalli, lo zolfo e l’argento vivo dei filosofi, il doppio mercurio, estratto dalla corruzione del sole e della luna.

145. Questo ammirevole composto rinchiude in sé l'acqua ed il mercurio dei filosofi, ossia i quattro elementi. Non è latte, né mercurio, dice l'abate Sinesio; è una cosa imperfetta, dice Filalete; è il sole e la luna dei saggi, dice il Cosmopolita; il figlio della nostra calamita e del drago igneo che ha divorato il serpente; fuoco segreto, fornello invisibile; prima umidità dei saggi che risulta dalla distruzione dei corpi. Perché in effetti la seconda acqua dorata d’Artefio si fa con la distruzione del composto, come il composto si fa con la distruzione di corpi preziosissimi.

146. La distruzione di questo composto, dice un anonimo, è la seconda chiave dell’opera, il mistero dei misteri, ed il punto essenziale della nostra scienza; è questa chiave che apre le porte della giustizia e le prigioni dell'inferno, dice il Cosmopolita. É allora che si vede colare dalla base del Rosaio fiorito questa acqua così famosa per i filosofi, la quale si fa, dice Basilio Valentino, tramite il combattimento di due campioni che si sfidano. Perché l'aquila non deve fare sola il suo nido in cima alle Alpi, ma le si deve unire un drago freddo, il cui spirito volatile brucia le ali dell'aquila.

147. Il calore igneo dello spirito del drago, facendo sciogliere la neve delle montagne, ci da l'acqua celeste di cui si parla e nella quale il re e la regina si vanno a bagnare, dice Artefio. Ma occorre che la terra riceva la sua umidità perduta di cui lei si nutre. È dunque necessario reiterare queste preparazioni di acqua con parecchie distillazioni, affinché la terra sia spesso imbevuta del suo umore, e questo umore altrettante volte estratto ad imitazione dell’Euripe, con un ammirevole flusso e riflusso. Ma senza fuoco non si fa nessuna acqua.

148. Come senza fuoco non si può estrarre la nostra acqua aerea, o aria acquatica, così non si può digerirlo o perfezionarlo senza fuoco; ciò ha fatto dire ad Ermete che il fuoco è il pilota della grande opera ed ad Artefio che il fuoco è necessario all’inizio, a metà ed alla fine del nostro lavoro. Ovvero il fuoco di putrefazione è necessario per la generazione, come dice Morieno. È questo fuoco putrefacente che il Conte Bernard chiama calore del letame e chi conosce bene questo fuoco, dice, ha la conclusione del nostro Saturno: il biancore.

149. Questa conclusione del nostro Saturno che si fa per gradi è la luce che esce dalle tenebre; e questa luce o biancore esce solamente con questo fuoco che causa putrefazione e che è il fuoco contro natura, come insegna Artefio, così necessario alla composizione del magistero, dice Parmenides, poiché bisogna rompere e corrompere questo corpo per estrarne l'anima e lo spirito. E così la purificazione ed abluzione della materia si fa col fuoco, dice Calid; con questo stesso fuoco, si fa l'espulsione delle immondizie dal composto.

150. Il magistero dei saggi comincia con il fuoco, si continua con il fuoco e si conclude con il fuoco. Questo fuoco è talvolta umido, ed è il fuoco del bagno o del letame caldo; talvolta è un fuoco caldo, umido e freddo, ed è il fuoco della lampada; infine è secco, caldo ed umido, ed è il fuoco delle ceneri bianche o della sabbia rossa. Il nostro fuoco riscalda la fontana dei saggi. Per concludere, questo fuoco è caldo, freddo, umido e secco o, piuttosto, questo è uno spirito o una quintessenza che non è né calda né secca né fredda né umida in sé. Dio lo dà ai saggi. Che sia lodato per sempre.

 

FINE DEL SALTERIO DI ERMOFILO

 

 

 

 

1. Il gioco di parole di questa frase non viene reso in italiano: nel testo originale francese si utilizza lo stesso verbo embrasser per dire abbracciare e contenere. (N.d.T.)