Lettera di un Filosofo


Sul segreto della Grande Opera scritta a proposito delle Istruzioni che Aristeo ha lasciato a suo Figlio, toccando il Magistero Filosofico.


 

Ho ricevuto (2), Signore, la Lettera che mi avete onorato di scrivermi, dal vostro ritorno in Polonia. Ve ne sono sensibilmente obbligato, come testimonianza indubitabile della vostra amicizia; non mancherò di leggere subito tutto lo scritto di Aristeo tradotto dalla lingua Sciita in prosa Latina rimata; e, poiché me l’avete inviata per avere il mio parere sulla materia di cui tratta, vi dirò, con tutta l’ingenuità che è d’uso tra i Filosofi, che sono rimasto affascinato dallo stile singolare e dai ragionamenti di Aristeo; ma non l’ho trovato meno geloso del segreto della grande opera di quanto siano stati tutti gli altri che ne hanno scritto. Non ho difficoltà a credere le grandi cose che si dicono di lui e, particolarmente in base al suo scritto, ch’egli abbia posseduto il tesoro inestimabile; tuttavia egli si apre ancora meno sui primi agenti e sulla pratica di quanto abbiano fatto Artefio, l’Abate Sinesio, Arnaldo da Villanova, Pontano, Flamel, Paracelso e molti altri Filosofi Antichi e Moderni.

Poiché mi avete fatto sapere, passando di qui, che voi siete persuaso che la rugiada, o lo spirito dell’aria è come questo liquore che secondo il linguaggio dei Filosofi proviene dai raggi del Sole e della Luna, che contiene il principio che fa vegetare tutta la natura e senza il quale nessuno può vivere; si può e parimenti si deve credere che questa materia universale è il vero principio, il primo essere degli esseri, e questa aria sottile che dona loro vita e nutrimento, secondo ciò che dice Aristeo, dato che non vediamo nessuna materia nella natura che corrisponda meglio a tutte le espressioni dei Filosofi. Ea utitur omnis creatura (3), dice il Cosmopolita, e di conseguenza voi giudicate che, avendo questi grandi vantaggi, occorre che questa materia, escludendo tutte le altre, sia questa Acqua Celeste e questo Mercurio dei Filosofi.

Considerando gli scritti dei saggi nudamente, e prendendoli alla lettera, sembra che ci sia un solido fondamento in questa opinione; tuttavia non mi sarà difficile mostrarvene l’equivoco e convincervi del contrario, se questa è realmente la vostra opinione. Su questo 1argomento avrei un gran numero di Autori da citarvi; ma ciò comporterebbe entrare in una lunga discussione, senza necessità, poiché voi li avete già letti tutti. Mi contenterò dunque di farvi riflettere su ciò che qualcuno dei più grandi Filosofi hanno detto di più positivo, relativamente ai principi di questa scienza segreta.

Ricordatevi, Signore, che i Filosofi, a riguardo dei primi principi, convengono che bisogna lasciare da parte tutto ciò che s’invola dal fuoco e che ne è consumato: tutto ciò non è di una natura, o almeno di origine metallica. Considerate che occorre un’acqua permanente che si congela al fuoco, sia da sola che congiunta ai corpi perfetti, dopo averli disciolti radicalmente. Dopo ciò, date alla pura rugiada, o al solo liquore estratto dall’aria da sé, tale preparazione e tale forma che vi piacerà; voi sarete obbligato ad ammettere in fin dei conti che, in tutti questi procedimenti, vi è più curiosità che solidità, e che non è affatto in potere dell’uomo di cambiare la natura di un essere, né di fare di un principio universale, se tuttavia si potesse averlo tale, un essere particolare, non vi è che la Natura che possa farlo lei stessa.

Gli Autori che ho citato, e un’infinità d’altri, possono agevolmente persuadere di questa verità ogni uomo di buon senso; ma non devo passare sotto silenzio Basilio Valentino, confesso di essergli debitore d’una gran parte delle più solide luci che ho acquisito in questa scienza divina. Guardate come parla nelle sue Dodici Chiavi, e soprattutto nella seconda; ma guardate particolarmente ciò che ha scritto nel suo piccolo trattato, De rebus naturalibus et supernaturalibus, nel capitolo degli spiriti dei metalli. Egli mostra in termini chiari quali corpi occorra unire e distruggere, per ottenere quel liquore spirituale tanto cercato da tutti i Filosofi.

Potrebbe darsi, nondimeno, che dopo ciò voi crediate ancora di poter far coincidere il vostro preteso principio unico e generale con il fermento di alcuni dei più solidi Filosofi, e vedo bene che Aristeo vi piace più di ogni altro, dato che pensate ch’egli stabilisca la vostra materia assolutamente come la sola e vera materia filosofica; ma io voglio ben servirmi solo delle stesse parole di questo Autore per mostrarvi tutto il contrario di ciò che vi immaginate. E spero anche che in seguito voi sarete d’accordo che Aristeo è ben lontano dall’intendere di parlare semplicemente dell’aria, sotto qualsiasi forma che le si possa dare con ogni artificio, se questa non è quella materia ammirevole, di cui il Cosmopolita dice che l’Acqua Filosofica è estratta dai raggi del Sole e della Luna.

Voi sapete che io sarei abbastanza ben fondato nel prendere le parole d’Aristeo in un senso misterioso, quand’anche non avessi altre ragioni per ciò se non che è una verità recepita da tutti coloro che hanno qualche conoscenza degli Autori della Grande Opera, ovvero che i Filosofi stessi rivendicano di non aver mai nominato il loro vero nome, i primi agenti o i principi; se tuttavia qualcuno lo ha fatto, è stato fatto in un modo più adatto a far intendere ai semplici tutt’altra cosa rispetto a ciò che ci hanno detto. É dunque evidente che i Filosofi non devono essere intesi in senso letterale, e devono essere generalmente soggetti ad interpretazione, anche quelli che sembrano parlare più chiaramente; ma per servirmi solo del vostro Aristeo, ecco degli argomenti estratti da lui stesso che saranno più precisi e che vi faranno essere della mia opinione.

16. Alimenta omnia (dice) fontem attestantur; Cúm ex eo vivant res, unde oriantur.
17. Piscis aqua fruitur, infans matrem sugit.
18. Per vitam, principium cognoscitur rerum;
19. Vita rerum aer est, ergo principium rerum.
(4)

Secondo questo Filosofo, ogni essere vive di un nutrimento che è adatto e specifico per la sua essenza e per la sua natura, e questa specie di nutrimento ci mostra quale è la sua origine: siccome dunque il nutrimento dell’animale è completamente differente da quello della pianta, e quello della pianta non lo è di meno da quello dei minerali e dei metalli, è di conseguenza indubitabile che l’origine di tutti questi esseri differenti ha dei principi completamente differenti, e che una stessa e semplice aria non è affatto la vita ed il nutrimento di tutte le diverse specie d’esseri che sono nella Natura; ciò non ammette replica, a meno che voi non vogliate rimontare al Caos primitivo dal quale Dio ha formato tutte le cose. Ma voi non ignorate che non è da questo caos che il Filosofo deve estrarre i suoi principi.

Da dove viene dunque, Signore, che dagli stessi principi d’Aristeo, io tragga una conseguenza completamente contraria a quella che sembra trarre lui stesso? Ciò viene, come vedrete voi stesso, dall’equivoco del termine aria, di cui si è servito per nascondere il mistero ai profani, perché noterete che ogni specie di essere ha una specie d’aria, che è la sua vita, il suo principio ed il suo nutrimento, ed è in questo senso che Aristeo parla con molto fondamento: difatti il nutrimento, così come il principio di ogni essere, di qualsiasi specie sia, non è un’essenza di una natura completamente aerea? Non deve, lo stomaco dell’animale, tramite la digestione, cambiare il cibo grossolano che ha ingerito in un vapore sottile che si condensa in un succo vischioso e nutritivo in tutte le parti che ne sono sostenute, simile allo stesso succo tutto spirituale che è il principio della sua generazione? L’umore della terra non è cambiato allo stesso modo nella pianta dalla virtù del germe che è nel seme? Non è evidente anche che la vita ed il nutrimento dei minerali e dei metalli nelle viscere della terra è un’aria ed un vapore grasso impresso dallo zolfo metallico? É questa aria e questo vapore grasso e mercuriale che è il soggetto della ricerca di tutti i Filosofi; poiché in lei risiede la vita, il principio, l’efficacia del loro Mercurio che la loro Pietra produce, e che produce la loro Pietra.

Poiché sarebbe come volersi accecare volontariamente, dire che questa sostanza aerea, che è la vita delle piante, degli animali e dei metalli, è veramente e senza alcuna differenza la stessa aria che circonda la terra o parimenti un’altra sostanza che si può estrarre e preparare con qualche artificio completamente straordinario; dobbiamo essere d’accordo che i veri Filosofi dicono sempre il vero, quando li si sa interpretare con un grano di sale. Il senso che ho appena dato ad Aristeo è così naturale che anche lui da questa interpretazione, sebbene dia allo stesso tempo occasione ai semplici di capire tutt’altro.

17. Piscis aqua fruitur, infans matrem sugit.

Qui ci avvisa (come ho appena detto) che la stessa differenza che vi è tra il nutrimento di ogni specie d’essere si trova anche nella loro vita e nel loro principio, a cui egli dà il nome generale ed univoco d’aria, a causa dell’Analogia che vi è tra l’aria che respiriamo e la sostanza aerea che è l’anima, la vita ed il nutrimento differente di ogni specie d’essere. É questo, Signore, il pensiero d’Aristeo, e per evitare che ne dubitiamo, lo spiega ancora più chiaramente in termini espliciti.

24. Reparari attamen una creatura, cum nequeat, nisi in propria natura.

Non vi è verità, in tutta la Filosofia, meglio definita di questa. Come sarebbe possibile migliorare un metallo diversamente da (l’utilizzare) una sostanza metallica purissima ed esaltata al suo grado più elevato di perfetta tintura e di fissità, con una lunga decozione nel liquore mercuriale che i Filosofi descrivono? Bisogna intendere dunque con Aristeo, e tutti gli altri Autori simili, che questa aria, o questa essenza aerea in cui consiste tutta la potenza di ogni essere, deve essere cercata ai fini della grande Opera in primo luogo nei corpi metallici, e in ciò si vede che tutti i Filosofi sono d’accordo, quando ci si dà la pena di meditare profondamente su ciò che ci hanno voluto dire, o piuttosto se al Cielo piace di diradare le tenebre del nostro intelletto, per mettere allo scoperto i misteri della Natura. Ma sappiate, Signore, che non bisogna mai voler essere troppo saggi: perché siccome la Natura è totalmente semplice, le sue operazioni non consistono nelle sottigliezze che la mente continuamente s’immagina.

Sebbene qualche Filosofo assicuri che sia più difficile trovare la materia che prepararla; io vi dico in verità, Signore, che è molto più difficile ai figli dell’Arte di preparare la materia che trovarla; perché è in questa operazione che consiste il Magistero della scienza. Voi potete apprenderlo dallo stesso Autore, che ha tuttavia detto altrove il contrario della verità che vi anticipo, sebbene confessi in seguito che Soluto sulfure, lapis erit in promptu (5). Ma qual è il processo di questa soluzione? Se vi lasciassi indovinare, meditereste sicuramente molto a lungo senza poterlo scoprire; perché tutti i Filosofi hanno generalmente professato di nasconderlo, ed il vostro Aristeo non lo nasconde meno accuratamente degli altri.

27. Est clavis aurea (dice) scire aperire Fores, et aere aerem haurire,
28. Ignorato siquidem quomodo piscatur Aer, impossibile est quod acquiratur Id, quod morbos singulos, et universales Sanat, etc.


Egli si guarda bene dallo svelare il modo d’aprire queste porte, di fare l’Aria dei Filosofi, e di estrarre l’Aria dall’Aria; senza ciò tuttavia è impossibile riuscire in Alchimia; egli si accontenta solo di raccomandare una seconda volta di ben apprendere questa grande Arte.

31. Disce ergo, fili mi, aerem captare, Disce clavem auream naturae servare.

Io non penso, Signore, che voi crediate che Aristeo abbia ingenuamente rivelato il segreto dei saggi nel procedimento che ha descritto in seguito. Siete troppo illuminato per non vedere che parla allegoricamente quando consiglia di raccogliere l’aria condensata attorno ad un vaso per mezzo della neve, o del ghiaccio; di riempirne un vaso a proprio piacimento; di metterla in un uovo filosofico; di sigillarlo ermeticamente; e di farlo passare per tutti i regimi.

Voi sapete benissimo che di tutto ciò non se ne può fare niente di buono. Ma non so se voi abbiate anche penetrato il mistero contenuto in questa allegoria; e se voi intendiate ciò che significhi la neve, il ghiaccio, l’aria condensata, l’uccello che prende l’uccello. Nondimeno vi posso assicurare che questi termini significano tutt’altra cosa di quello che sembrano significare. Aristeo stesso vi avverte che questi termini racchiudono un grande mistero; perché dice:

32. Nosce aerem possunt creaturae At captare aerem, clavis est naturae.

Sarebbe una cosa molto semplice, se non si dovesse che condensare l’aria per mezzo della neve o del ghiaccio, anche sotto i raggi del Sole nel pieno mezzogiorno, durante il calore più grande; per questo il Filosofo aggiunge allo stesso tempo con molto senno:

33. Secretum hoc magnum est, et super humanum, Ex aere sumere coeleste arcanum.

É veramente un segreto che oltrepassa la portata ordinaria dello spirito dell’uomo. Tuttavia Aristeo fa fare su ciò una riflessione dalla quale dipende tutto il segreto della Grande Opera, e se non si apre più degli altri Filosofi, egli ne dice tuttavia abbastanza per distogliere i figli dell’Arte da ogni vana immaginazione, e per far conoscere agli adepti che possiede come loro questo grande segreto.

35. Piscis pisce capitur, volucrisque avi, Aer quoque capitur aere suavi.

Notate bene queste parole, esse racchiudono tutto il segreto dell’Aria dei Filosofi, che il Cosmopolita ci espone sotto il nome di Magnete Filosofico allorché dice aer generat magnetem, magnes vero generat, vel facit apparere aerem nostrum (6); questa è l’acqua della nostra rugiada, da cui si estrae il salnitro dei Filosofi che nutre e fa crescere tutte le cose. A riguardo dell’aria bisogna dunque venire al principio che ho appena stabilito: cercare questo ammirevole magnete, questa aria che prende l’aria, e non dimenticare che la materia dei Filosofi anzitutto sale dalla Terra al Cielo, poi ridiscende dal Cielo in Terra, e riceve così la forza delle cose superiori ed inferiori, perché ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso. Questo è l’oracolo infallibile del veritiero Ermete.

Vedete da qui, Signore, quanto si è lontani dai veri principi della Grande Opera quando ci si applica a cercare solo un’essenza semplice, universale e comune generalmente a tutti gli esseri, nella speranza di poter, tramite lei stessa, specificarla ed identificarla alla natura metallica. Una sostanza simile non si può trovare in Natura, e non è anche meno impossibile immaginarsela di quanto lo sia comprendere la materia prima di Aristotele, o una sostanza senza forma, adatta a ricevere tutte le forme; perché appena avrete potuto comprendere questa materia universale, e gli avrete dato di conseguenza una forma, smetterà di essere universale e così diventerà inutile al vostro disegno. Occorre dunque seguire il consiglio dei Filosofi: lasciare la materia lontana e prendere anzitutto la materia prossima, purificarla con la corruzione, estrarne l’anima e l’essenza con il fuoco, ed in seguito l’anima dell’anima, e con questo metodo l’Aria dell’Aria e la Quintessenza nella quale risiede la virtù e l’energia della Pietra. Notate bene ciò.

Pertanto, Signore, non è stupefacente che dopo 10, 20 o 30 anni d’esperienze, si sia spesso così poco avanzati, rispetto al primo giorno, nella conoscenza dei veri principi o quantomeno in quella della loro vera preparazione; cioè nel modo di estrarre questa Aria e questa Acqua benedetta così stimata da tutti i Filosofi. Ma, per non lasciarvi senza conclusioni, o almeno senza darvi qualche luce più precisa su questo grande segreto, eccovi qualche considerazione importante a riguardo dei due principi principali; voi potreste averle già fatte così come me, ma potrebbe anche darsi che non abbiate fatto le stesse riflessioni.

I primi principi della Pietra dei Filosofi sono rappresentati da alcuni in diverse figure d’animali e da altri sono descritti in termini equivoci ed allegorici; tuttavia queste figure, questi equivoci e queste allegorie sono sempre schiarite o dagli stessi Filosofi, o da altri che sono stati meno riservati o meno scrupolosi su questo argomento. I moderni, come il Cosmopolita, il D’Espagnet e Filalete hanno abbastanza chiaramente fatto intendere i primi agenti, ma a riguardo della loro preparazione ci hanno ficcato in labirinti da cui non se ne può uscire fortunosamente. Basilio Valentino è quello, tra tutti i Filosofi, che nomina, come ho detto, più chiaramente e senza equivoci i primi principi dell’Opera; egli li chiama con il loro nome e non nasconde che il modo di corromperli e d’unire la loro anima ed il loro spirito, che insieme producono il Mercurio dei Filosofi; vedrete ciò nei posti che ho sopraccitato senza che ci sia bisogno di ripeterlo.

Flamel dice che i primi agenti, che i Filosofi hanno nascosto, sono i due Serpenti che si uccidono tra loro, si soffocano nel loro proprio veleno che li cambia dopo la loro morte in un'acqua sorgiva e permanente. Arnaldo di Villanova, nella sua lettera al Re di Napoli, chiama la materia prossima dell'aria e del fuoco dei Filosofi il composto o la pietra che contiene un'umidità che scorre nel fuoco. Notate bene ciò, perché i figli della scienza e della saggezza devono trovarlo molto intelligibile, questa è la pietra, che non è pietra che per somiglianza e non per natura; ma né Arnaldo né alcun Filosofo ha voluto descrivere precisamente i semplici (agenti) che fanno questo ammirevole composto. Alcuni dicono che è fatto di due, altri assicurano che è un assieme di tre nature differenti ma di una stessa origine, e altri ancora scrivono che ci sono quattro Agenti che fanno tutto il composto; tuttavia è certo che tutti hanno detto la verità sotto diversi aspetti; ma io trovo che Paracelso è quello, tra tutti, che comprende in meno parole tutto il Magistero dell'Arte.

Physicorum tincturae materia est quaedam res, quae quidem ex tribus essentiam unam arte Vulcani transit (7). Ed immediatamente dopo aggiunge che questa materia o questo composto può essere trasmutato in aquila bianca con l’aiuto della Natura, e con la guida dell’Artista; ecco il gran punto, egli ha detto molto fin qui e, se avesse voluto, avrebbe potuto finire in due parole, ma è su ciò che tutti i Filosofi si sono condannati al silenzio, in modo che Paracelso si contenta di consigliare di prendere solo il sangue del Leone ed il glutine dell’Aquila.

Mi sarebbe semplice scrivere un intero volume sulla concordanza dei Filosofi a riguardo dei primi Agenti, ma credo che voi non troverete sbagliato che, per il momento, non ne dica di più. Aggiungerò solamente le parole dell’Abate Sinesio. La materia dei Filosofi è di tale sorta da stare a metà tra il metallo ed il Mercurio, è in parte fissa ed in parte non fissa, diversamente non starebbe nel mezzo tra i metalli ed il Mercurio. Ecco una descrizione molto bella del composto dei Filosofi, che racchiude nel suo cuore l'Acqua ed il Mercurio Filosofico; ma per dirvi ancora qualche cosa di più particolare, vi farò notare che come il composto, che è la prima acqua o la prima umidità dei Filosofi, si fa con la distruzione dei corpi; così l'acqua, che è l'anima, lo spirito e l’essenza del composto, non si può estrarre che dopo la distruzione dello stesso composto. Notate bene questo, perché questa è la seconda Chiave dell'Opera, il mistero dei misteri, ed il punto essenziale di questa sacra scienza. È questa che apre le porte della Giustizia ed le prigioni dell'inferno, dice il Cosmopolita. Infine è per mezzo di questa operazione che si vede colare dai piedi del rosaio fiorito la preziosa fontana nella quale solo i Filosofi hanno la felicità di attingere il liquore celeste.

Poiché dunque questo punto, che riguarda la seconda preparazione della materia e che racchiude il segreto del Mercurio Filosofico, è il più importante di tutti, è anche quello di cui i Filosofi sono stati più gelosi. Paracelso non dice altro su questo argomento, se non che l’Artista compone certi semplici e, dopo averli corrotti secondo la loro esigenza, ne prepara un’altra cosa, la quale diviene in seguito un essere che ha più potere di quanta ne abbia la Natura stessa. Qui ci sono le sue prime operazioni ben definite, sono i primi due giri di ruota, che ne contengono tre ciascuno; non resta più che un solo giro che, a dire dei Filosofi, non è che un gioco di donne; per questo non ve ne voglio dire nulla, i Libri ne trattano sufficientemente, è meglio che mi arresti ancora a questo secondo giro di ruota, e a questa estrazione dell’aria dall’aria, secondo Aristeo. Questa Aria dell’Aria è il fuoco, l’acqua e la terra dei Filosofi, e tutto ciò non è che una cosa sola estratta dal composto così come i raggi (sono estratti) dal Sole e dalla Luna; questo è ciò che gli dà le quattro nature elementari, tra le quali eccellono solo le due qualità attive, ovvero il caldo e l’umido, che fanno tutta la sua fecondità.

Devo ancora dirvi un grande segreto, che è che questa aria, e questo Mercurio dei Filosofi, non è un vero Mercurio in ogni cosa, cioè né nelle sue qualità esteriori, visto che è un’essenza mercuriale, né nelle sue qualità interiori, visto che è un fuoco divorante, ed il più attivo di tutti gli Agenti. É un’aria ispessita da cui sono generati non solo tutti i metalli (notate bene ciò) ma anche tutti i Mercuri dei metalli. Ecco un grande mistero, Signore, che voi non troverete affatto così sviluppato da nessun Filosofo: così rischierei di espormi al loro anatema se ne dicessi di più. Vedete dunque che il più grande di tutti i misteri Filosofici è il saper estrarre questa aria, o questa sostanza aerea, le cui virtù sono inenarrabili, e ciò fa anche dire ad Aristeo:

28. Ignorato siquidem quomode piscatur Aer, impossibile est, quod acquiratur, etc.

Il Cosmopolita dice la stessa cosa in altri termini: che occorre saper cuocere l’aria, finché non sia divenuta acqua, ed in seguito non-acqua; ciò si trova manifestamente nell'operazione di questo mistero, che la varietà delle espressioni Filosofiche ha reso impenetrabile; hauritur miris modis (8), dice il Cosmopolita, e vi dico in verità che è un procedimento puramente naturale durante il quale l'artista può rischiare meno che in ogni altra operazione. Voglio ancora spiegarvi bene un altro mistero, Signore, con la sincerità Filosofica che si usa da fratello a fratello. Troverete probabilmente che questo è molto più di quanto ne abbiano detto tutti i Filosofi. Vi dirò dunque su questo punto che oltre le ragioni che sapete che i saggi hanno avuto, per non rivelare i segreti della saggezza agli stupidi ed ai malvagi, ne hanno avuto una tutta particolare e molto segreta, cioè che il più grande dei loro misteri non è in effetti un mistero, se non per il fatto che l’hanno voluto rendere misterioso, perché i figli dell'Arte che rifletteranno sulla possibilità della natura, e che non si lasceranno andare a vane sottigliezze, vedranno questo mistero allo scoperto ovunque in luoghi diversi dai Libri dei Filosofi. Troveranno in mille luoghi questo modo naturale di vivificare i principi in una sola essenza, che fa poi da lei stessa, e che compie la Grande Opera con l'aiuto di un fuoco graduato che ne è il cibo.

Sono sicuro, Signore, che sarete soddisfatto delle importanti verità che vi ho detto e sono anche sicuro che confesserete che sono molto solide, se dopo aver riconosciuto i principi di questa scienza sacra, e dopo aver fatto l’ammirevole composto che sta a metà tra il metallo ed il Mercurio, vorrete ben fermarvi nella semplicità della Natura e considerare la sua possibilità, come ho detto, senza voler essere troppo saggio. Spero che con questo mezzo abbiate il compimento del Magistero, o almeno vi arriverete così vicino che un giro di mano potrà perfezionare l’opera.

Ma per evitare che mi crediate, Signore, invidioso quanto il più riservato dei Filosofi, vi voglio ben fare su questo argomento un'altra osservazione, che da sola può contribuire tanto quanto tutto ciò che ho detto, a dissipare le nuvole che avvolgono questo procedimento misterioso: cioè che gli Autori volgari, che fanno parecchie operazioni sulla stessa materia dei Filosofi, non sono in alcun modo misteriosi su questo punto, perché non conoscono ciò che possiedono nelle loro mani, per quel che è in effetti, per cui mostrano abbastanza ai Filosofi che penetrano da sé nelle profondità del segreto della Natura, e se manca qualche grado di perfezione a ciò che quelli insegnano, il saggio vi sa supplire da solo. Gli Autori volgari non fanno questa importante riflessione, cioè che i Filosofi dicono che il loro Mercurio è un grandissimo veleno, che tuttavia con la decozione diviene una medicina eccellente.

Dopo questo, Signore, dovete essere contento di me perché non se ne può parlare né più sinceramente, né più intelligibilmente; voglio tuttavia sforzarmi per farmi intendere ancora meglio usando le parole dell’Abate Sinesio, che dice che il Mercurio dei Filosofi non è affatto il Mercurio del Volgare, né del Mercurio del Volgare totalmente; ed io, per parlare più chiaramente di lui, vi dico che non è neanche il Mercurio di alcun metallo; ma il Mercurio dei Mercuri dei metalli, l’acqua Pontica, l’aceto molto agro, il fuoco e l’umore vischioso dei Filosofi.

Concludo, Signore, con una riflessione che non è meno importante delle precedenti, ossia che il Mercurio del Volgare, quanto animato possa essere dallo zolfo metallico, non può mai essere il Mercurio dei Filosofi, fintanto che è veramente Mercurio. Osservate bene ciò che dico, non è affatto in questa qualità la prima materia dei metalli, essa è a dire il vero una di sette, e tutto ciò che il più grande Artista ne potrà produrre non sarà altro che un metallo o un precipitato inutile, e non una tintura fondente, penetrante e fissa. Il Mercurio, finché è Mercurio, è sempre freddo e umido, ben lontano dall’essere quel fuoco divorante che distrugge tutto ciò che gli resiste. Meditate, per favore, su tutte queste considerazioni e ricordatevi che, secondo i Filosofi, il loro Mercurio ha le sue miniere, do dove essi lo estraggono, e tuttavia esso è originariamente in una sola cosa, cioè in quel composto e in quella pietra di Arnaldo di Villanova, che contiene l’umidità che annerisce, che imbianca e che rubifica, e che perfeziona l’Opera, allorquando ha ricevuto la forza delle potenze celesti.

É tempo che finisca, voi troverete che è abbastanza sufficiente, dal momento che è molto più di quanto abbia detto un qualunque Filosofo in particolare, o molti Filosofi tutti insieme; voi sarete d’accordo che, oltre ad aver io parlato intelligibilmente, ho parlato molto più dell’ordine naturale delle operazioni di quanto si trovi nei libri; di modo che filiis artis haec sufficiunt (9). Auguro di tutto cuore che ne possiate fare buon uso, e che abbiate modo d’essere interamente persuaso che non ci possa essere più sincerità né più stima veramente filosofica di quanta ne abbia io, Signore, vostro umilissimo e ubbidientissimo servitore.

A……. 9 Maggio 1686

 

 

 

 

2. L’autore anonimo si firma con “Dives sicut ardens, S.” che è l’anagramma di Sanctus Desiderius, ovvero Saint Didier.

3. Ogni creatura ne fa uso

4. Per la traduzione dei versi si veda il capitolo seguente.

5. Disciolto (liberato) lo Zolfo, la pietra sarà presto pronta.

6. L’aria genera il magnete, tuttavia il magnete genera o fa apparire la nostra aria.

7. (dice Paracelso) La materia della tintura dei Fisici [i Filosofi] è una certa cosa, che veramente da tre passa in una sola essenza con l’arte di Vulcano.

8. É estratta mirabilmente

9. Tanto basti ai figli dell’Arte.