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Se il numero sette rappresenta la completezza del ciclo della natura, l'otto, il primo cubo, ne indica il superamento, toccando la dimensione dell'Infinito [...]

Questo lavoro del carissimo F... Giuseppe A. è stato pubblicato sul Trimestrale di Studi Tradizionali Luz Editrice Har Tzion Latina 1998.  

Lo scritto costituisce un opera della maestria del Fratello. Il suo contenuto non riflette necessariamente la posizione della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto gli è riconosciuto. La libera circolazione del lavoro è subordinata all'indicazione di fonte ed autore.

Sui significati esoterico-cabalistici della solennità di Chanukah  consultare anche, nella sezione Qabalah:

Chanukah

 

 

 

Parlando dei numeri triangolari e quadrati, abbiamo avuto modo di sottolineare l'importanza dei numeri nella Qabalah. Vogliamo ora spostare la nostra attenzione al primo cubo che, com'è noto, è il numero otto il quale, fra l'altro, è strettamente legato al numero delle candele che si accendono a Chanukah, la festa delle luci.

Questa festa, con il semplice rito che in essa si svolge - certamente a torto e nemmeno dagli "addetti ai lavori"- ha ricevuto quella considerazione che la ricchezza dei numerosi ed importanti significati esoterici e simbolici decisamente richiede.

Per penetrare nei suoi "segreti", molti sono gli elementi che dovremmo considerare ma in ogni caso non possiamo certamente prescindere da alcuni di essi quali l'olio, le candele e il numero otto che, in questa sede, ci interessa in modo particolare.

Prima di affrontare questi elementi, però, è forse il caso di anteporre qualche notizia che inquadri la festa stessa nel suo contesto storico e religioso.

Il 25 del mese di Chislev (novembre) inizia la festa di Chanukah che dura otto giorni e che letteralmente significa "inaugurazione"; ricorda inoltre la consacrazione, l'inaugurazione del Tempio per opera dei Maccabei i quali, dopo la vittoria sui Siri, vollero ripristinarvi il culto e liberarlo dalla profanazione delle statue e degli idoli. Un'antica leggenda, riportata dai libri dei Maccabei (che sono scritti in greco, quindi non sono considerati "canonici" e sono annoverati fra gli "apocrifi") narra - come del resto è riportato anche nel Talmud - che, quando i Greci (qui nel senso di siriani ellenizzati) penetrarono nel Tempio, profanarono tutto l'olio che vi si trovava e che serviva per la quotidiana accensione della Menorah, il candelabro a sette braccia posto a sud della corte principale (il sud è la direzione della Sapienza).

Ora, quando la dinastia degli Asmonei sconfisse i Greci, per riaccendere la Menorah e riattivare il culto del Tempio, si cercò dell'olio puro e per un vero "miracolo" si rinvenne, nei sotterranei del Tempio stesso, un vasetto sigillato con il sigillo del Sommo Sacerdote; la quantità, al massimo, poteva servire per un solo giorno ed invece "miracolosamente" durò ben otto giorni, finché si poté effettuare l'opportuna provvista.

In ricordo dell'evento fu istituita questa festività di otto giorni, a partire dal venticinquesimo di Chislev, durante la quale ogni ebreo - uomo donna e bambino - deve accendere delle candele in un modo speciale e cioè la prima sera si accende una candela sola, la seconda sera due, la terza tre e così via finché l'ultima sera tutte le otto candele sono accese.

Tanto per cominciare, dal susseguirsi degli eventi, possiamo trarre un primo insegnamento che ci porta a considerare come anche se non tutto il popolo ebraico era rimasto fedele alla Thorah, anzi, in gran misura esso aveva risentito della tremenda forza di attrazione della cultura greca, tuttavia questa assimilazione era solo superficiale. Infatti "nei sotterranei" del Tempio l'olio era rimasto puro, il che sta a simboleggiare che il senso esoterico e profondo della Tradizione non si era perduto.

L'olio è da sempre, nella Qabalah, il simbolo dell'anima. Come in natura esso è la quintessenza della pianta o del frutto che lo contiene, così anche l'anima è la quintessenza del corpo. Come l'olio può accendersi e dar luce, così anche l'anima è il luogo dove la luce della coscienza è concentrata e nascosta.

In ebraico anima si dice neschamah (hmcn) dalla radice nasham che permutata dà origine alla parola shemen (nmc) che, appunto, siunifica olio. Un'altra permutazione della parola neschamah dà luogo alla parola shmonè che significa otto, cioè il numero dei giorni durante i quali l'olio continuò a bruciare.

Come meglio vedremo in seguito il numero otto simboleggia il superamento della dimensione del tempo e l'entrata nell'infinito, pertanto la luce di Chanukah non dura solo otto giorni, ma è per sempre. Non è certamente un caso costatare che fra i vari servizi del Tempio, l'unico rimasto oggi, dopo duemila anni dalla sua distruzione, è proprio quello dell'accensione delle candele di Chanukah che mantengono viva la luce al di là d'ogni barriera spazio-temporale.

Passiamo ora alla candela il cui simbolismo sembra prevalere nella festa di Chanukah.

Spesso la Qabalah, nell'esegesi del testo biblico o nell'analisi di particolari realtà, usa degli apparenti paradossi.

Uno di questi casi riguarda proprio la candela ed il paradosso consiste nel sottolineare, con particolare enfasi, l'eguaglianza numerica di questa parola, che in ebraico è ner (rn) con l'espressione or gadol (lwdg rwa). Entrambe valgono 250. Or gadol significa "grande luce" ed è un'espressione tratta da Isaia (9,1): il popolo che cammina nell'oscurità ha visto una grande luce.

Paradossalmente, pur nella piccolezza delle sue dimensioni fisiche, la candela rappresenta una realtà preziosissima. Si tratta nientemeno, come già abbiamo visto per l'olio, dell'anima umana, scintilla della luce divina che riempiva la creazione prima dello Tzim-Tzum originario.

La sapienza di Dio si manifesta nell'anima ancor più che nella Luce Infinita. L'aver saputo restringere e spezzettare la sua unità, per concentrarla in gocce così infinitamente più piccole della matrice originale, pur conservando intatta l'immagine e la somiglianza con lo stato perfetto dal quale esse provengono è il risultato di una sapienza più raffinata che non quella che fu necessaria al Creatore per emanare la stessa Luce Infinita.

Il miracolo di Chanukah acquista quindi risonanze metafisiche. Gli otto giorni durante i quali la Menorah restò accesa sono il simbolo dell’eternità della "LUCE" che riempie l'anima e che le fa ricordare la sua origine infinita persino in mezzo all'oscurità più fitta.

Anche le varie parti che compongono la candela e la fiamma luminosa che s'innalza da essa hanno ricevuto un'interpretazione allegorica. Riportiamo qui quella data da un gran cabalista di due secoli fa, il Rabbi Eliahu Gaon di Vilna, come emerge in un brano del suo vasto commento al Sepher Yetzirah e in particolare al versetto 7 del capitolo uno (Dieci Sephiroth beli-ntah, è insita la loro fine nel loro principio, ed il loro principio nella loro fine, come la fiamma è legata al tizzone ardente). Commentando questo verso il Gaon di Vilna estende la similitudine alla fiamma della candela, spiegando com'essa rappresenti l'intero Albero della Vita, con tutte le sue dieci Sephiroth, così come sono ordinate secondo i quattro gradini del Nome di Dio.

Ci sono cinque livelli nella luce della candela: il più basso è la fiamma color blu situata nelle immediate vicinanze dello stoppino. Questa è Malcouth (il Regno) la Sephirâ che anima il mondo fisico.

Poi c'è la luce bianca della fiamma vera e propria che corrisponde alle sei Sephiroth di Thiphereth, la Bellezza, la Sephirâ centrale dell'Albero della Vita, spesso descritta come il luogo dove si radunano tutti i colori. Infatti, come si sa dall'ottica, il bianco è la somma dei colori dell'iride.

Al terzo posto c'è la luminosità che circonda la fiamma, come un'aura sottile percepibile solamente se si osserva la candela con gli occhi socchiusi. Questa è Binâ (l'Intelligenza), una delle potenze dell'anima che già appartiene ai mondi più elevati, dei quali non è possibile una percezione diretta.

È qui il caso di ricordare che la Qabalah afferma che dell'Albero della Vita abbiamo una conoscenza sostanzialmente limitata alle sette Sephiroth inferiori (da H'esed a Malcouth) e che tutto ciò che si può dire delle Sephiroth superiori (Kether H'cmâ e fina) è solo grazie al loro riflettersi indiretto nei piani inferiori.

Al quarto posto ci sono i raggi luminosi che si espandono nello spazio circostante, ben oltre i confini della fiamma fisica. Oggi diremmo elle questa è la luce vera e propria fatta di fotoni, ma si pensi al mistero che il fenomeno luce rappresentava fino a qualche decennio fa. Né oggi possiamo illuderci di averlo completamente svelato. La natura duale della luce (ondulatoria e puntiforme) rimane un bellissimo paradosso, uno dei tanti che mostrano i limiti della ragione umana e il bisogno di espandere l'intelletto mettendo in funzione altre facoltà cerebrali.

Questo quarto livello è la Sapienza (la prima lettera del Nome), il cui dono è proprio la luce che il Gaon di Vilna chiama Zohar (Splendore) lasciando il termine luce ad indicare tutti questi fenomeni nel loro insieme.

Al quinto grado (corrispondente al trattino superiore della lettera yud) c'è l'Oscurità che circonda tutto, là dove la luce della candela non arriva ad illuminare. È questo il livello più alto chiamato Kether.

Sembra un paradosso. Dopo aver magnificato la bontà della luce nei confronti dell'oscurità, ecco che compare un'affermazione che mette in discussione tutto quanto si è detto fino ad ora. Ed infatti si sta affermando che è proprio l'oscurità che contiene la parte più preziosa. La verità è che la fine e l'inizio sono innestati l'uno nell'altro. L'oscurità dell'inizio, rappresentata dallo stoppino della candela, con la debole fiamma blu che lo circonda, è la stessa oscurità che ritorna alla fine. Il mistero divino circonda tutto il creato, dal suo inizio alla sua fine. Kether diventa Malcouth e Malcouth Kether.

Dobbiamo ora occuparci del numero otto e, a quanto si è già detto, possiamo aggiungere che la prima spiegazione che si dà di questo numero è che esso rappresenta il superamento dell'ordine naturale che è simboleggiato dal numero sette.

Sette, infatti, rappresenta il meglio che l'ordine naturale può prospettare, cioè la completezza del ciclo della natura: sette giorni della settimana, sette settimane da Pesah al dono della Thorah, sette anni sabbatici, la shimità, il riposo della terra, il giubileo cioè sette cicli di sette anni e così via, senza dimenticare le sette stelle visibili ad occhio nudo (i pianeti).

· Per approfondimenti sul settenario; in questa sezione

Il fenomeno del Settenario

Il sette, in effetti, trionfa nella natura, ma, una volta chiuso il ciclo, è necessario ripartire dall'inizio e ricominciare tutto da capo. Sembra un circolo, non direi vizioso, ma quasi. Ed è qui che nasce il bisogno di qualche cosa di più, che possiamo rappresentare con il numero otto: il superamento dell'ordine naturale.

Ecco perché la luce di Chanukah dura otto giorni e non dieci o quindici. Infatti si potrebbe chiedere perché, visto che c'era un miracolo, non farlo durare dieci o quindici giorni; invece no, perché arrivati ad otto, all'ottavo giorno simboleggiato dal miracolo della durata dell'olio, si tocca la dimensione dell'infinito, la dimensione della Creazione.

La Creazione dura sette giorni, ma il giorno che esisteva prima, di là dal tempo, era un ottavo livello raggiunto il quale abbiamo superato i limiti del tempo stesso.

Il simbolismo di Chanukah, con le sue otto luci, ci porta dunque oltre certi livelli.

Inoltre c'è qui da richiamare l'attenzione sul fatto che il numero totale delle candele che si accendono durante gli otto giorni è 36 cioè il triangolo di otto. A questo riguardo dobbiamo ricordare che, secondo la Qabalah, la cosiddetta luce nascosta - valere a dire la luce superna che alimentò il cosmo nei primi giorni della creazione e di cui anche Adamo poté godere -durò, per lui, 36 ore, dall'alba del venerdì in cui fu creato fino al tramonto dello Shabath, dopo di che Dio la nascose.

Infine, secondo una tradizione molto diffusa negli ambienti chassidici, 36 è anche il numero dei giusti (Taddîqîm) nascosti che esistono in ogni generazione e elle rappresentano la presenza di questa luce superiore tra gli uomini, pur in modo non del tutto visibile. Del resto il nome di chislev, il mese di Chanukah può essere diviso in due parti Chas - Lev (wl sk) e queste due parole significano letteralmente nascose il 36.

I maestri affermano che Dio nascose la luce all'interno della Thorah e quindi non è un caso che le parole luce, candele e luminosità, nei cinque libri di Mosè compaiono in tutto 36 volte.

A questo punto, non apparirà strano osservare come, in una tradizione che sembra del tutto estranea a quella che ci interessa e cioè nel sistema numerico dell'I Ching, il Libro dei Mutamenti; caposaldo dell’antica saggezza cinese, il numero 36 è chiamato ottenebramento della luce e il commento del testo è: così l'uomo superiore vive con la gran massa, egli vela la sua luce che tuttavia continua a risplendere anche nascosta.

Inoltre non è fuori tema ricordare che il numero totale degli esagrammi presenti nel sistema degli I Ching è 64, cioè il quadrato di otto, il che sta appunto a significare che anche qui ci troviamo di fronte ad un sistema che attinge a dimensioni particolari.

Tornando all'aspetto matematico del numero otto, è interessante costatare che, come abbiamo detto più volte, esso rappresenta il primo cubo e a differenza del quadrato (cioè il numero moltiplicato per se stesso) che definisce un'area, questo definisce un volume, valere a dire una terza dimensione.

Secondo la Qabalah il primo cubo, appunto perché tale, ha un significato ed un valore particolari, proprio per quel principio cabalistico secondo il quale tutto ciò che occupa il primo posto di una serie è sempre l'elemento più importante; è la testa.

Non a caso l'Ebreo, a Rosh ha Shanah, dice che se può scegliere di avere un posto vuole quello all'inizio e non quello alla fine, per quanto anche questo abbia un suo significato.

Dunque, analizzando il cubo, vediamo che esso ha otto vertici: quattro sopra e quattro sotto. Un vertice è un punto, quindi, come afferma la geometria, una qualche cosa priva di dimensioni, da cui tuttavia partono quei tre segmenti che andranno a costituire i lati del cubo, i dodici lati che delimitano le sue sei facce.

Secondo il Libro della Formazione le sei facce rappresentano le sei direzioni dello spazio (il basso, l'alto, il nord, il sud, l'est e l'ovest), mentre i dodici spigoli o lati sono i dodici segni zodiacali ed i dodici mesi. Com'è noto il Libro della Formazione, fra tutti i libri di Qabalah è quello che più specificamente si occupa di Ma’aseh Berechith, della cosiddetta Opera della Creazione, in altre parole si assume l'onere di spiegare come Dio ha creato il mondo, anzi l'idea che Dio ha creato il mondo tramite le lettere, viene proprio da questo Libro, nel quale ad ogni lettera dell'Alfabeto ebraico è assegnata una particolare funzione creativa, di presenza e di azione nel mondo (lo spazio), nell'anno, (il tempo) e nell'uomo (l'anima); per esempio alla lettera h si collega il primo mese del ciclo annuale, Nissan, il segno dell'Ariete e la gamba destra e così via.

Ad un numero minimo di elementi (le 22 lettere) il Libro della Formazione fa dunque risalire ogni parte della creazione.

Questo richiamo al Libro della Formazione si ricollega direttamente all'argomento in discussione in quanto questo Libro, nel suo contesto, sostanzialmente parla del mondo, o meglio di tutto l'universo come di un cubo che ha sei facce, che sono le sei direzioni dello spazio, dodici lati, che sono i dodici mesi, i dodici segni zodiacali, le dodici parti del corpo ed infine otto vertici di cui non si dà alcuna spiegazione o riferimento perché sono le origini segrete.

La somma dei numeri indicati, cioè sei facce, dodici spigoli e otto vertici è ventisei, il valore numerico del Nome stesso di Dio.

A questo punto sorge spontanea la domanda: ma che cosa c'entra il cubo con l'universo? Chi ha mai visto un cubo in natura? Forse qualche cristallo, ma l'esperienza diretta dell'essere umano prospetta un mondo rotondo, sferico.

La Terra, anche prima della scoperta della sua sfericità, al più era rappresentata come un disco, ma mai come un rettangolo o un quadrato. I movimenti dei pianeti sono sferici, le stelle stesse sono sferiche, le galassie perfino hanno forme rotondeggianti e così, infine, anche l'orizzonte.

In definitiva, dunque, ogni fenomeno in natura è soprattutto rotondo. Allora che cosa c'entra il cubo? Cosa vuol dire il Libro della Formazione con il suo universo cubico? Sembra un'astrazione, una libertà, una licenza ed invece, probabilmente, le cose non stanno così.

Secondo la Qabalah esistono due grandi categorie archetipali che sono le Sephiroth circolari e quelle rettilinee.

Ebbene il Libro della Formazione, quando indica gli elementi utilizzati da Dio per creare il mondo, non parla solo delle ventidue lettere dell'Alfabeto ebraico, ma anche delle dieci Sephiroth che, come sappiamo, sono entità particolari che possono individuare sia potenze divine vere e proprie, sia potenze dell'animo umano. Quindi, in definitiva, Dio ha creato il mondo con trentadue entità, cioè i Trentadue Sentieri della Sapienza che sono, appunto, le dieci Sephiroth e le ventidue lettere.

Di qui la Qabalah successiva, in particolare dell'Arizal (siamo quindi almeno 500 anni dopo il Libro della Formazione), spiega che la famosa prima creazione, il cosiddetto Olam ha Tohu, il Mondo del Caos, quello che era ciclicamente distrutto, era fatto soprattutto di Sephiroth circolari i gulim; la seconda creazione invece contiene la grande innovazione delle Sephiroth rettilinee, iosher, dritte.

Ciò premesso, va però precisato che la seconda creazione non è fatta soltanto di Sephiroth rettilinee, ma anche di circolari, le quali mentre nella prima creazione che era il dominio del circolare avevano un ruolo primario, nella seconda invece passano in secondo piano perché il ruolo principale è assunto da quell'aspetto di novità costituito dalle Sephiroth rettilinee.

Ma se le cose stanno così, perché il mondo sembra soprattutto circolare? Perché purtroppo, rispondono i cabalisti, dalla caduta di Adamo in poi, la realtà si è rivestita dall'aspetto che aveva nella prima creazione, anche se ormai viviamo nel mondo della rettificazione che è appunto la seconda creazione.

Berechithh parla soprattutto della seconda creazione, ma, dal peccato di Adamo in poi, la prima creazione si è come impressa sopra alla seconda e apparentemente sembra dominante. Ecco perché la vita umana è ancora dominata dall'entropia: invecchiamo, arriva il momento che dobbiamo lasciare questo mondo, non sappiamo che cosa c'è dall'altra parte, non abbiamo certezza di nulla e, se ci guardiamo intorno, il mondo sembra chiuso ed isolato.

Si ha l'impressione di stare piuttosto nella prima che non nella seconda creazione, di assistere alla prevalenza del circolare più che del rettilineo. Ma il Libro della Formazione ci ricorda che il mondo è un cubo e non una sfera, il che, come hanno spiegano i cabalisti, significa che già vede l'universo in una forma spirituale e quindi nella sua vera forma, quella rettificata.

Pertanto questa visione non è, come l'abbiamo innanzi definita un'astrazione, ma probabilmente il Libro della Formazione, secoli fa, aveva già intuito la soluzione dell'antico problema filosofico della quadratura del cerchio.

Far quadrare le cose significa metterle al loro posto, metterle in ordine: la seconda creazione, infatti, è la quadratura di quel cerchio, di quel caos, che era la prima e quindi il Libro della Formazione ha ben motivo di vedere l'universo cubico.

E qui possiamo trovare anche la spiegazione del perché Chanukah (come profezia del Messia) è collegata al numero otto e cioè al cubo di due, a quel due che rappresenta la famosa lettera con la quale Dio ha creato il mondo rettificato ed il Messia (il cui numero è sempre l'otto) è la rettificazione dell'universo, cioè viene a mostrare che l'universo è cubico, il che significa che è ordinato, che tutto ha un punto di riferimento e che anche l'entropia può essere superata.

Per concludere con il cerchio e con il cubo è appena il caso di chiarire il valore, sempre relativo, che la Qabalah fa assumere ai concetti. Infatti il cerchio, notoriamente simbolo di perfezione, all'interno del mondo indica chiusura, ripetizione, limite, soffocamento. Analogamente il cubo, o se volete il quadrato, pur se da un certo punto di vista è una restrizione, o limite (si dice che una persona ha una testa quadrata proprio per indicare, con l’idea della squadratura, un limite), da un altro angolo visuale significa mettere a posto gli elementi, trovare ad ognuno un posto ben definito, cosa questa che non appare nel cerchio, dove un punto vale un altro.

La Qabalah aveva scoperto la teoria della relatività molto prima di Einstein.

Tornando a quell'apparente superiorità del quadrato rispetto al cerchio, dobbiamo precisare che questo accade soltanto all'interno della creazione perché, se immaginiamo la Luce Infinita entro cui la creazione stessa galleggia, i ruoli della retta e del cerchio si scambiano e dal punto di vista della Luce infinita quest'ultimo diventa di gran lunga superiore.

Lo stesso discorso che c'è tra maschile e femminile. Il maschile è definito come il datore, il femminile come il ricettore, però se, ad esempio, guardiamo il Mondo della Formazione - che è ad un livello intermedio - esso è femminile rispetto al mondo che gli sta sopra ed è maschile di fronte al Mondo dell'Azione che gli sta sotto.

 

 

 

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