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Il documento che offriamo per lo studio e la meditazione dei nostri ospiti è opera d'ingegno di Andrea Vitali.
L'Autore iconologo, presidente dell'Associazione Le Tarot (www.letarot.it) ha curato i progetti scientifici delle più importanti esposizioni dedicate allo universo simbolico dei Tarocchi realizzate in Italia e all'estero.
Ha scritto numerose opere sul simbolismo storico dei tarocchi, fra cui alcuni brevi saggi (tradotti in cinque lingue) sulla iconografia rinascimentale di chiaro stampo neoplatonico.
 

© Andrea Vitali
 


 

 

Premessa Storica L'Armonia Celeste Le Allegorie dei Tarocchi Il Divino Ermete Il gioco dei Tarocchi Il Libro di Thot

Tarocchi e Cartomanzia

PREMESSA STORICA
Durante tutto il Rinascimento le “Immagini degli Dei Antichi” suscitarono nell’osservatore il ricordo dei miti classici ai quali veniva attribuito un grande valore etico e morale. In quell’epoca nacque il gioco dei tarocchi, una delle più straordinarie realizzazioni dell’Umanesimo italiano. Esso riuniva i più augusti rappresentanti del pantheon greco affiancati dalle virtù cristiane, da immagini allegoriche di condizioni umane e dai simboli dei più importanti oggetti celesti.

I tarocchi erano un grande gioco di memoria che racchiudeva le meraviglie del mondo visibile e invisibile e forniva ai giocatori istruzioni di ordine tanto fisico, quanto morale e mistico. Infatti, la serie delle virtù (Forza, Prudenza, Giustizia e Temperanza) ricordava importanti precetti etici; la serie delle condizioni umane (Imperatore, Imperatrice, Papa, Matto e Bagatto) rammentava la gerarchia alla quale era soggetto l’uomo; la serie dei pianeti (Stelle, Luna, Sole) alludeva invece alle forze celesti che assoggettavano gli uomini, sopra le quali era posto l’Universo retto da Dio.

Ma l’utilizzazione ludica dei tarocchi prese presto il sopravvento sull’aspetto didattico - morale del gioco, che già agli inizi del Cinquecento non veniva più compreso. A questa incomprensione corrispose un preciso mutamento dell’iconografia delle figure, che si trasformarono di regione in regione secondo i diversi gusti popolari.

Solo sul finire del Settecento venne riscoperto il contenuto filosofico dei tarocchi ma, partendo da premesse totalmente esoteriche, i nuovi interpreti diedero origine a una nuova utilizzazione del gioco: magica e divinatoria.

In un celebre articolo pubblicato nel 1781 dall’archeologo-massone Antoine Court de Gébelin è contenuta la frase: “Il libro di Toth esiste, e le sue pagine sono le figure dei tarocchi”. Pochi anni dopo, un altro massone, Etteilla, avviò un grande progetto di restaurazione delle figure, sostenendo di conoscere la struttura del gioco in uso presso gli antichi egiziani. Secondo Etteilla, i primi tarocchi contenevano il mistero dell’origine dell’Universo, le formule di certe operazioni magiche e il segreto dell’evoluzione fisica e spirituale degli uomini.

Da quel momento i tarocchi vennero indissolubilmente legati al mondo della magia e, con la promessa di traguardi ben più alti della semplice conoscenza del domani, cominciò la grande epoca dei tarocchi occultistici.

L’ARMONIA CELESTE
I Tarocchi sono un gioco formato da 56 carte numerali dette “a semi italiani”, ma di origine araba (coppe, danari, spade, bastoni) e da 22 immagini chiamate Trionfi ideate agli inizi del Quattrocento in Italia. Questo gioco rimanda ai Triumphi di Francesco Petrarca, in cui il poeta trecentesco descrive le principali forze che governano gli uomini attribuendo loro un valore gerarchico. Per primo viene l’Amore (Istinto), che corrisponde ad una fase giovanile, vinto dalla Pudicizia (Castità, Ragione), fase successiva di matura pacatezza, a cui segue la Morte, che sta a significare la transitorietà delle cose terrene; essa viene vinta tuttavia dalla Fama, vittoriosa sulla morte nella memoria dei posteri, ma su di essa trionfa il Tempo il quale è sovrastato infine dal Trionfo dell’Eternità, che sottrae l’uomo dal flusso del divenire e lo pone nel regno dell’Eterno. Nelle carte dei tarocchi i Trionfi passarono da 6 a 22, numero che nel significato mistico della numerologia cristiana rappresenta l’introduzione alla sapienza e agli insegnamenti divini impressi negli uomini.

La teologia medievale assegna all’universo un preciso ordine, formato da una scala simbolica che sale dalla terra al cielo: dall’alto di questa scala Dio, la Prima Causa, governa il mondo, senza tuttavia intervenirvi direttamente, ma operando ex gradibus, cioè attraverso una serie ininterrotta di intermediari in modo che la sua potenza divina si trasmette fino alle creature inferiori, fino all’umile mendicante. Letta invece dal basso verso l’alto, la scala insegna che l’uomo può elevarsi gradualmente nell’ordine spirituale inerpicandosi lungo le cime del bonum, del verum e del nobile e che la scienza e la virtù lo avvicinano a Dio.

Dal primo ordine di Trionfi conosciuto, risalente all’inizio del Cinquecento, risulta evidente che si trattava di un gioco a sfondo etico. Il Bagatto raffigura l’uomo comune a cui sono state date guide temporali, l’Imperatrice e l’Imperatore e guide spirituali, il Papa e la Papessa (la Fede). Gli istinti umani devono essere mitigati dalle virtù: l’Amore dalla Temperanza e il desiderio di potere, ossia il Carro, dalla Forza (la cristiana virtù della “Fortitudo”). La Ruota della Fortuna insegna che ogni successo è effimero e che anche i potenti sono destinati a diventare polvere. L’Eremita, che segue la Ruota, rappresenta il tempo al quale ogni essere deve sottostare, mentre l’Appeso rammenta il pericolo di cadere nella tentazione e nel peccato prima che la Morte sopraggiunga. Anche l’Aldilà è rappresentato secondo la tipica concezione medievale: l’Inferno e quindi il Diavolo, è posto sotto la crosta terrestre sopra la quale si estendono le sfere celesti. Come nel cosmo aristotelico, la sfera terrestre è circondata dal cerchio dei “fuochi celesti”, raffigurati da fulmini che colpiscono una Torre. Le sfere planetarie sono sintetizzate dai tre astri principali: Venere, la Stella per eccellenza, la Luna e il Sole. La sfera più alta è l’Empireo, sede degli Angeli che nel giorno del Giudizio saranno chiamati a risvegliare i morti dalle loro tombe.

In quel giorno la Giustizia divina trionferà, pesando le anime e dividendo i buoni dai malvagi. Sopra tutti sta il Mondo, cioè “El Dio Padre”, come scriveva un anonimo monaco che commentò i tarocchi all’inizio del Cinquecento. Lo stesso religioso pone il Folle dopo il Mondo, come ad indicare la sua estraneità a ogni regola ed insegnamento.

Nel corso del Quattrocento il gioco dei tarocchi era chiamato Ludus Triumphorum. Solo agli inizi del Cinquecento apparve il termine Tarocchi. Esso potrebbe derivare dall’arabo e significare “fogli di carta” o ancor meglio dal termine tariqa (si legge “tariccà”), cioè “Via della Conoscenza Mistica”, elaborazione di un percorso mistico di ispirazione indiana (la Tara Verde rappresenta la dea della Conoscenza Suprema nel Buddismo tibetano). Alcuni suppongono che la parola Tarocco derivi dal termine dialettale tarocar, ossia dire o fare cose sciocche o insensate, in riferimento al gioco d’azzardo.

LE ALLEGORIE DEI TAROCCHI
Le allegorie presenti nelle carte dei Trionfi appartengono a un repertorio figurativo consueto nel nostro Occidente medievale, riscontrabile negli affreschi delle cattedrali, in quelli dei palazzi pubblici e nei trattati enciclopedici ed astrologici del tempo. In pratica, le figure presenti nelle carte dei Trionfi si configurano come una vera e propria Biblia Pauperum, cioè una “Bibbia dei Poveri”. Attraverso l’utilizzo ludico delle carte, il popolo traeva direttamente da queste una conoscenza della mistica cristiana e dei suoi contenuti, concetti che venivano continuamente rimandati alla mente, assecondando con ciò un metodo legato all’Ars Memoriae del tempo.

È stato possibile decifrare il contenuto delle singole figure presenti nelle carte dei Trionfi riferendole al contesto culturale delle corti principesche dell’Italia padana, con il loro gusto per le immagini moralistiche tratte sia dalla tradizione religiosa, soprattutto da quella biblica, sia dalla mitologia classica. Infatti per tutto il Medioevo e il Rinascimento, gli “Antichi Dei” continuarono ad essere presenti nella cultura cristiana, anche se con un carattere diverso da quello della divinità. Da un lato erano ritenuti eroi civilizzatori che insegnarono agli uomini molte arti, come Minerva, considerata la prima tessitrice, o Apollo, il dio medico. Un’altra concezione li interpretava come allegorie di vizi e virtù, ed è con questa veste che vengono raffigurati in alcune carte dei Trionfi. Ad esempio, la virtù cristiana della “Fortitudo”, viene rappresentata nella carta della Forza dal mitico Ercole che sconfigge il leone Nemeo, simbolo degli istinti animali; l’Amore, nel suo significato di passionalità istintuale, è raffigurato da Cupido intento a lanciare i suoi strali su incauti amanti; il Sole (nella sua accezione di “Veritas”) è impersonato da Apollo, che illumina la terra col suo disco.
Molte figure dei Tarocchi riprendono chiaramente l’iconografia cristiana come, ad esempio, l’immagine del Mondo, rappresentato nelle carte quattrocentesche dalla Gerusalemme Celeste posta all’interno di un tondo sorretto da angeli e sovrastato a volte dalla Gloria. Rimanda all’immagine della Fede la carta della Papessa, simile a quella dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. E gli esempi potrebbero continuare.

Ulteriori fonti di ispirazione furono i trattati astrologici del tempo. La figura del Bagatto o Giocoliere appare tra i “Figli della Luna”, cioè tra i mestieri sottoposti all’influenza dell’astro. La figura del “Misero”, o Folle, si trova tra i “Figli di Saturno”; quella degli Amanti tra i “Figli di Venere”; il Papa tra i “Figli di Giove” e l’Imperatore tra i “Figli del Sole”. Inoltre, figure di astrologi compaiono in diversi mazzi dei Trionfi a rappresentare la Luna o le Stelle.

Vi sono infine immagini tratte dalla vita quotidiana. Un esempio di notevole interesse si riscontra dalla figura dell’Appeso, che si riferisce alla pena che veniva comminata ai traditori nel periodo medievale.

Nel affresco dell’Inferno del 1410, opera di Giovanni da Modena (Cappella Bolognini, S.Petronio, Bologna), un’identica figura è servita quale rappresentazione della pena di contrappasso per l’idolatria, considerata la più grande forma di tradimento in quanto rivolta a disconoscere il proprio Creatore. L’affresco citato è l’unico esempio conosciuto in cui l’immagine dell’Appeso coincide pienamente con quella presente nell’omonima carta dei Trionfi e poiché la data della sua realizzazione coincide con quella ipotetica della nascita dei Trionfi, si è ipotizzato per questi una possibile origine bolognese.

IL DIVINO ERMETE
Nell’antichità Hermes, associato al dio egizio Thoth, fu considerato l’inventore della scrittura, delle scienze ed autore di numerosi trattati magico-religiosi. Durante l’Impero Romano i testi ermetici vennero reinterpretati presso la scuola di Alessandria d’Egitto alla luce della filosofia greca, in particolare di Pitagora e Platone, mentre i Padri della Chiesa considerarono Hermes con grande rispetto in virtù delle analogie di certi brani dei Vangeli con alcuni scritti a lui attribuiti.

Nel 1460 venne portato a Cosimo de’ Medici, Signore di Firenze, un manoscritto ritrovato in Macedonia e attribuito erroneamente a Hermes Trismegistos. Quest’opera, tradotta nel 1463 dal sacerdote e filosofo Marsilio Ficino, venne seguita dalle traduzioni di testi platonici che rivelavano un affascinante concezione del Cosmo. Secondo questa filosofia l’Universo converge verso l’Unità Divina ordinata secondo gradi di perfezione rappresentati dai cerchi concentrici delle sfere planetarie e celesti. Nell’uomo esiste una parte divina, l’Anima, che già durante l’esistenza terrena può condurlo alla contemplazione del Bene Supremo attraverso l’esercizio delle virtù e tramite la meditazione delle diverse entità angeliche. Un altro importante aspetto filosofico implicava l’idea che l’universo si riflettesse in ogni cosa esistente. L’uomo era concepito come un “piccolo mondo”, un Microcosmo identico per struttura e contenuto al Macrocosmo.

I filosofi del Rinascimento, a partire da Ficino, immaginarono elaborati sistemi di corrispondenze tra gli astri del firmamento e le diverse parti dell’organismo umano. Su questi presupposti avvenne la rivalutazione della magia, dell’astrologia e dell’alchimia, arte ermetica per eccellenza. Tali scienze avrebbero aiutato l’uomo a capire i segreti legami che mantengono unito l’universo e influiscono sul comportamento umano. Così le antiche divinità astrali, Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio, il Sole e la Luna, tornarono a rivestire il ruolo di spiriti potenti e temibili a cui si potevano rivolgere preghiere e interrogazioni per conoscere la sorte degli uomini. Attraverso la costruzione di amuleti, lo svolgimento di particolari riti e la realizzazione di specifiche operazioni, l’uomo avrebbe potuto difendersi dalla potenza degli astri, celata anche nelle pietre e nei metalli, ottenendo la facoltà di catturarla e di servirsene per un’elevazione spirituale.

Alla filosofia ermetica si ispirò il poeta Ludovico Lazzarelli (1450 - 1500), autore di un’opera illustrata con figure tratte dai cosiddetti Tarocchi del Mantegna, il De gentilium imaginibus deorum e alle operazioni alchemiche fece riferimento anche l’anonimo autore dei Tarocchi Sola Busca (ca. 1490). All’inizio del Cinquecento alcune immagini dei Tarocchi, come la Luna e il Sole, vennero modificate sulla base dei trattati iconologici del tempo, e, mentre la figura della Torre si arricchì di contenuti biblici (La distruzione della casa di Giobbe), altre furono rese aderenti all’iconografia ermetica. Nella carte delle Stelle, infatti, è rappresentata l’origine astrale dell’anima secondo la concezione platonica, mentre nella carta del Mondo è raffigurata quell’Anima Mundi che, secondo Ficino, rappresenterebbe l’elemento mediatore tra l’uomo e Dio.

IL GIOCO DEI TAROCCHI
Verso il primo decennio del Quattrocento in una delle seguenti città, e cioè Milano, Bologna o Ferrara, fu ideato questo gioco di carte che ad iniziare dal Cinquecento si diffuse rapidamente in tutta Europa. I tarocchi erano usati originariamente in giochi con regole vicine a quelle degli scacchi e proprio per questo suo carattere “ingegnoso”, il Ludus Triumphorum venne esplicitamente omesso nelle ordinanze contro i giochi d’azzardo emanate nel corso del Quattrocento.

Grazie ai numerosi documenti rinascimentali sappiamo che nei salotti aristocratici il gioco dei Trionfi era al centro di raffinati divertimenti che consistevano, ad esempio, nell’inventare sonetti cortesi o nel rispondere a domande di vario tipo attinenti alle carte estratte dal mazzo. Un’altra usanza molto diffusa, sopravissuta fino all’Ottocento, consisteva nell’appropriare le figure dei tarocchi a persone famose scrivendo su di loro sonetti, o semplicemente motti, a volte elogiativi, altre volte burleschi o decisamente satirici. Nel Settecento si sviluppò una ricca produzione di tarocchi con scene fantastiche, ispirate al mondo animale, alla storia, alla mitologia, ai costumi dei vari popoli.

Ma poiché era gioco e d’azzardo, con tutte le conseguenze che ciò comportava, fin dal Cinquecento la Chiesa intervenne per reprimerlo. Dopo appena cento anni dalla loro creazione, il significato cristiano della Scala Mistica sulla quale era strutturato il loro ordine, era stato oramai dimenticato.

Infatti già sull’inizio del XVI secolo un anonimo monaco predicatore si accaniva contro i Trionfi definendoli “opus diaboli” e giustificava la sua affermazione asserendo che l’inventore di questo gioco, per trascinare gli uomini al vizio, aveva deliberatamente usato figure solenni quali il Papa, l’Imperatore, le virtù cristiane e persino Dio. Il buon religioso scrive inoltre che “se il giocatore pensasse al significato delle carte, se ne starebbe alla larga. Infatti nelle carte c’è una quadruplice differenza. Lì infatti ci sono i denari che corrono via dalle mani dei giocatori. E questo significa l’instabilità del denaro nel giocatore, perché devi pensare che quando entri nel gioco i tuoi denari andranno alla malora perché perderai. Ci sono anche le coppe a mostrare a qual punto di povertà arriverà il giocatore, perché privo di bicchiere si servirà per bere di una coppa. Ci sono anche i bastoni. Il legno è secco per suggerire l’aridità della grazia divina nel giocatore. Ci sono poi da ultimo le spade a significare la brevità della vita del giocatore poiché per lo più uccidono,ecc. Infatti nessun genere di peccatori è così disperato come quello dei giocatori. Quando perde e non può avere il punto desiderato, la carta o il trionfo, percuote la croce nel denaro, bestemmiando Dio o i santi, e getta via con rabbia i dadi dicendo a se stesso ‘Che me sia moza la mano ecc.’ Molto facilmente si arrabbia con il compagno che lo deride e continuamente sorgono delle offese e ci si picchia ecc.”. L’anonimo predicatore termina poi con la frase canonica “O giocatore scuotiti in tempo perché finirai male”.

Nonostante la condanna della Chiesa i tarocchi continuarono a diffondersi, tanto che a partire dal secolo XVIII l’Italia importò tarocchi dalla Francia, in particolare quelli della variante “marsigliese” alla quale si ispirarono i fabbricanti piemontesi e lombardi per rinverdire la loro produzione. Poi, incalzati da giochi più moderni, i tarocchi sparirono lentamente. Oggi sono diffusi in pochi centri della Sicilia, dell’Emilia, della Lombardia, del Piemonte e della Francia sud-orientale. Nel frattempo, tuttavia, le immagini dei tarocchi erano state oggetto di manipolazioni e interpretazioni esoteriche che le portarono ad essere considerate “icone magiche”.

IL LIBRO DI THOT
La nascita dei tarocchi come strumento magico avvenne alla fine del Settecento, in pieno Illuminismo, ad opera di un “archeologo” a quell’epoca molto famoso, Antoine Court de Gébelin, affiliato alla Massoneria francese. “Se ci apprestassimo ad annunciare che, ai giorni nostri, sussiste un’Opera che contiene la più pura dottrina degli Egizi sfuggita alle fiamme delle loro biblioteche chi non sarebbe impaziente di conoscere un Libro tanto prezioso e straordinario. Questo libro esiste e le sue pagine sono le figure dei Tarocchi”. Per giustificare le sue affermazioni Court de Gébelin spiegò che la parola Tarocco sarebbe derivata dall’egizio Ta-Rosch = Scienza di Mercurio (Ermete per i Greci, Thoth per gli Egizi), indicandone le numerose proprietà magiche.

Queste teorie vennero riprese da un altro massone, Etteilla, pseudonimo di Jean Francois Alliette: “Il Tarocco è un antico libro egiziano le cui pagine contengono il segreto di una medicina universale, della creazione del mondo e del divenire della razza umana. Esso venne ideato nel 2170 a.C. durante un convegno di 17 maghi presieduto da Ermete Trismegisto. Poi fu inciso su lamine d’oro che furono poste attorno al fuoco centrale del Tempio di Menfi. Infine, dopo varie peripezie, venne riprodotto da vili incisori medievali in maniera tanto inesatta da snaturare completamente il senso”. Etteilla restituì ai tarocchi quella che lui riteneva la forma primitiva, ne rimodellò l’iconografia e lo battezzò Libro di Thot. L’eredità del neoplatonismo e dell’ermetismo rinascimentale risulta evidente nelle manipolazioni operate da Etteilla. Infatti, nei primi otto Trionfi riprodusse le frasi della Creazione; nei quattro successivi evidenziò le virtù che conducono le anime degli uomini al cospetto di Dio, mentre negli ultimi dieci trionfi rappresentò i condizionamenti negativi a cui sono sottoposti gli esseri umani. Le 56 carte numerali furono interpretate come le sentenze divinatorie per i mortali.

Grazie a queste rivelazioni esplose la moda della cartomanzia, ma molti anni dopo l’aspetto mistico del Libro di Thot venne rivalutato da Eliphas Levi. Egli denunciò gli errori di Etteilla affermando che i 22 Trionfi corrispondevano alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico. Ne spiegò il rapporto con le operazioni magiche, col simbolismo della Massoneria e soprattutto con i 22 sentieri dell’Albero della Qabbalah, che riflettevano l’identica struttura dell’uomo e dell’Universo. Percorrendo i 22 Canali della “Sapienza Suprema” l’anima dell’uomo poteva giungere alla contemplazione della “Luce Divina”.

Le teorie di Levi furono riprese da numerose fratellanze occultistiche. Ognuna di esse realizzò un nuovo mazzo di tarocchi conforme alla propria filosofia. Per alcune l’obiettivo degli iniziati deve tendere alla realizzazione di un grande “Tempio Umanitario” finalizzato alla creazione del “Regno dello Spirito Santo” fondato sull’ esoterismo comune a tutti i culti. Per altre i tarocchi rappresenterebbero le tappe di un percorso individuale di elevazione mistica o anche di esaltazione psichica grazie al conseguimento di grandi poteri magici.
 

TAROCCHI E CARTOMANZIA
Si ammette comunemente che tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento i tempi fossero propizi a profeti e indovini, e non solo in Francia, grazie all’incertezza della situazione politica e all’accentuarsi di una grave crisi economica.

Sebbene Merlin Cocai (pseudonimo di Teofilo Folengo) nella sua opera, il Chaos del Tri per uno del 1527, abbia scritto in forma letteraria una sorta di lettura divinatoria con i tarocchi simile a quella usata attualmente, l’uso profetico con le carte non era abituale nel Rinascimento. Sappiamo che alla Bologna dei primi del Settecento appartiene il primo documento conosciuto riportante l’elenco delle carte con i relativi significati divinatori, ma è soltanto a partire dal secolo XIX che i cartomanti si moltiplicarono a vista d’occhio, soprattutto in Francia, grazie alle stupefacenti rivelazioni di Court de Gebelin, di Etteilla e delle fratellanze occultistiche.

Tra i tanti indovini di quell’epoca viene spesso ricordata Madamoiselle Lenormand, che seppe costruirsi una fortuna curando abilmente la propria immagine pubblica. Nel corso della sua carriera M.lle Lenormand vide sfilare nel suo salotto personalità della statura di Robespierre, Marat, Danton, Napoleone Bonaparte, e infine divenne confidente personale dell’Imperatrice Giuseppina. La “Sybille des Salons”, come veniva chiamata la Lenormand, fu seguita da una folta schiera di indovine che cercarono di trarre profitto dalla loro arte dichiarandosi allieve e discepole o eredi della più illustre sibilla. Altre idearono nuovi mazzi cartomantici basandosi sui Tarocchi Egiziani di Etteilla oppure sulle carte da gioco francesi.

Intorno al 1900 la divinazione con i tarocchi e le carte da gioco in generale era ormai divenuta una tecnica divinatoria estremamente popolare in tutta Europa. In quegli stessi anni, la rinascita delle filosofie esoteriche diede nuovo vigore alle arti magiche in generale e alla cartomanzia in particolare.

Nel corso dell’Ottocento vennero stampati, soprattutto in Francia, Italia e Germania, almeno un centinaio di originalissimi mazzi da divinazione che, nella maggioranza dei casi, non avevano niente a che vedere con i tarocchi, ma piuttosto con i libri di interpretazione dei sogni o con la cosiddetta Cabala del Lotto.

Si può dire che da allora questa moda non abbia conosciuto crisi, fatta eccezione per i periodi bellici. A torto, secondo noi, i sociologi si interrogano sulle cause di quello che viene considerato oggi un ritorno all’irrazionalità, ma che invece è più giusto vedere come una presenza che testimonia il bisogno costante, nella storia occidentale, di certezze “superiori”. Al di là dell’aspetto divinatorio occorre poi considerare l’aspetto artistico. Nella creazione dei mazzi da divinazione si sono spesso cimentati estrosi grafici e pittori le cui opere testimoniano non solo il gusto personale, ma anche la sensibilità artistica e la tendenza estetica dell’epoca alla quale sono appartenuti.