Il tuo browser non supporta il tag embed per questo motivo non senti alcuna musica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mose' - la missione d'Israele


L'Egitto, che ebbe al più alto grado il genio dell'iniziazione e della conservazione, ma non ebbe mai quello della espansione e della propaganda, non poteva, nonostante l'intima forza della sua sapienza e del suo sacerdozio, resistere indefinitamente alla formidabile pressione della forza bruta e distruttiva dell'impero di Babilonia, potente impero sorto sulle rive dell'Eufrate e del Tigri, ove il sacerdozio, compresso fin dall'inizio, fu soltanto strumento di tirannia. Ma quando l'Egitto venne sommerso, l'eredità del sommo sapere e delle verità eterne, di cui era stato depositario, non andò estinta.

Due popoli d'un genio opposto - dice testualmente Schuré - accesero le loro fiaccole ai suoi santuari, fiaccole dai raggi diversi, una delle quali illumina le profondità del cielo, mentre l'altra rischiara e trasfigura la terra: Israele e la Grecia.


Mosè ed Orfeo furono gli strumenti e gli artefici di questo avventurato legame.
Mosè, dice il nostro Autore, ebbe l'audacia di fare del più alto principio dell'iniziazione - il monoteismo - il dogma unico di una religione nazionale; ma i suoi fini andavano assai al di là dei limiti del suo popolo: egli si sentiva iniziatore di una religione universale, e veramente lo fu, attraverso il cristianesimo. La nazione ebraica, infatti, è stata dispersa e annientata ma l'idea di Mosè e dei profeti ha vissuto ed è cresciuta: sviluppata, trasfigurata dal Cristianesimo, ripresa dall'Islam sebbene su di un livello inferiore, essa doveva imporsi all'occidente barbaro e reagire sulla stessa Asia.
Lo Schuré, sia detto subito, rifiuta senza esitazione le note leggende bibliche sulla nascita e il salvataggio di Mosè dalle acque, così come rifiuta gran parte della tradizione ebraica premosaica.

Nel suo pensiero Mosè - il cui primo nome egiziano era Hosarsiph non fu che un prete d'Osiride, di sangue faraonico, (fu figlio di una principessa reale, sorella di Ramses II), «iniziato» ai misteri nei templi di Tebe. Omicida più per caso che per colpa, (aveva ucciso, strappandogli l'arma di mano, in un momento di indignazione generosa, un gendarme egiziano, che opprimeva di colpi un ebreo inerme), preferì la via dell'esilio volontario e s'impose da sé l'espiazione. Spinto da una divina ispirazione, egli si recò al di là del deserto nel tempio di Madian, presso Yetro, il gran prete, ossia il Raghel (sorvegliante di Dio).

In quel tempio, Mosè trovò il centro mistico di un culto, monoteista, cui erano legate molte delle nomadi, tribù del deserto. E in questo rifugio pieno di misticismo, Mosè, mentre espia il suo delitto, concepisce il grande disegno e comincia con lo scrivere il Sepher Bereshit, il «Libro dei principi» e, la Genesi, che è rimasto un po' come il suo testamento segreto. Segreto, perché la dottrina centrale dell'esoterismo più elevato, ha dovuto esser velata sotto il simbolismo più stretto, nel quale poi si è ancora stesa la rete e la nebbia delle alterazioni apportate da copisti e rifacitori ignari.

 

A rompere, però, questa scorza o vernice di alterazioni e di simboli, Schuré si adopra con genialità ed acutezza veramente degne di menzione.
Ecco un esempio concreto del criterio, secondo lui, indispensabile per riuscire nel compito:
 

«Su di un gran numero di monumenti egizi si vede una donna coronata, che tiene in una mano una croce ansata, simbolo della vita eterna, e nell'altra uno scettro dai fiori di loto, simbolo dell'iniziazione. É la dea Iside.
Ora Iside ha tre sensi differenti. Nel senso proprio essa è il tipo della Donna, e per conseguenza del genere femminile universale. Nel senso comparativo, essa personifica la natura terrestre con tutti i suoi poteri di concezione. Nel senso superlativo, simboleggia la natura celeste ed invisibile, l'elemento proprio delle anime e degli spiriti, la luce spirituale ed intelligibile per se stessa, che solo conferisce l'iniziazione. Il simbolo che corrisponde ad Iside nel testo della Genesi, è Eva, Heva, la Donna eterna. Questa Eva non è soltanto la donna di Adamo, essa è altresì la sposa di Dio.
Essa costituisce i tre quarti della sua essenza, giacché il nome dell'Eterno, Ièvè, chiamato impropriamente Jehova e Javech, si compone del prefisso Jud e del nome di Eva. Il gran prete di Gerusalemme pronunziava una volta all'anno il nome divino, enunciandolo, lettera per lettera, nel modo seguente: Yud, He, Vaw, He.
La prima lettera esprimeva il pensiero divino e le scienze teogoniche: le tre lettere del nome d'Eva esprimevano tre ordini della natura (1), i tre mondi, nei quali questo, pensiero si realizza, e per conseguenza le scienze cosmogoniche psichiche e fisiche, che a loro corrispondono (2). L'Ineffabile racchiude nel suo seno profondo l'Eterno maschile e l'Eterno femminile.
La loro unione indissolubile forma la sua potenza ed il suo mistero. Ecco ciò che Mosè, nemico giurato d'ogni immagine della divinità, non diceva al popolo ma consegnava figurativamente nella struttura del nome divino, spiegandolo ai suoi adepti. Così la natura, velata nel culto giudaico, si nasconde nel nome stesso di Dio. La sposa di Adamo, la donna curiosa, colpevole e affascinante, ci rivela le sue affinità profonde con l'Iside terrestre e divina, la madre degli dèi, che mostra nel suo seno profondo vortici d'anime e d'astri».


Sulla base di questi criteri ermeneutici e con il sussidio di una profonda conoscenza comparativa delle religioni e dei testi sacri più antichi, lo Schuré giunge così a dimostrare la continuità ed il legame fra la dottrina teosofica e religiosa dell'india, dell'Egitto, del popolo ebraico, fino a collegarsi al Cristo e alla sua predicazione, dopo avervi congiunto anche l'esoterismo ellenico dei misteri d'Orfeo e di Demetra.


Ma torniamo a Mosé. Ricevuta nel Sinai la divina investitura al compito di legislatore civile e religioso d'Israele, egli ritorna in Egitto: con un colpo di audacia, si pone alla testa dei Ben-Israel, li conduce fuori del paese ove erano in schiavitù e li guida, di peregrinazione in peregrinazione, di vicenda in vicenda, alla Terra promessa, la Palestina.
Le vicende dell'esodo, le lotte sostenute da Mosé per imporre al suo popolo il monoteismo, in contrasto con l'idolatria, che sempre serpeggia in mezzo ad esso l'energia formidabile di questo profeta del deserto, la forza della sua fede e l'intelligenza concreta della sua guida, ci sono familiari attraverso il racconto biblico. Tutto questo riecheggia nelle pagine entusiastiche e fascinose dello Schuré, e non è opportuno, qui ricordarlo partitamente
E con Mosé e con i suoi, ormai divenuti un popolo ferreo e compatto, cementato dalla fede divina e dalla Legge mosaica, ciecamente convinto di essere il popolo predestinato ed eletto, giungiamo alle frontiere di Canaan.
A questo punto Mosé sente che le sua opera individuale è terminata; il popolo di Dio è fatto, il monoteismo è fondato, ha il suo tempio vivente nelle tribù d'Israele. É il momento per il Grande Iniziato, di ritirarsi in solitudine, sottraendosi, come Rama e come Krishna, al trionfo terreno, per invocare la morte e attingere il trionfo eterno.
 

Così anche Mosé ha posto la sua pietra nella storia della religione perenne: dobbiamo fermarci ancora sull'altro filone di essa, quello greco, prima di ritornare fra gli Ebrei e vedere, con il Cristo concludersi e farsi perfetta la divina vicenda.
 


1) La natura naturans di Spinoza.

2) É interessante riportare la spiegazione che Fabre d'Olivet ci offre del nome Ièvè : «Questo nome offre prima il segno indicatore della vita, raddoppiato e formante la radice essenzialmente vivente (Ee). Questa radice non è mai impiegata come nome ed è la sola che goda di questa prerogativa. Essa è, fin dalla sua formazione, non soltanto un verbo, ma un verbo unico, del quale tutti gli altri non sono che derivati, in una parola il verbo essere essente (èvè). Qui, come si vede, e come ho avuto cura di spiegare nella mia grammatica il segno intelligibile (Vaw) è nel mezzo della radice di vita. Mosè, prendendo questo verbo per eccellenza per formarne il nome proprio dell'Essere degli esseri, vi aggiunge il segno della manifestazione potenziale dell'Eternità, e ottiene Ièvè, nel quale il facoltativo assente si trova collocato fra un passato senza origine ed un futuro senza termine. Questo nome ammirevole significa dunque esattamente «Essere che è, che fu, che sarà».

 


Edoardo Schuré La dottrina esoterica di Edoardo Schuré I Grandi Iniziati Rama (Il Ciclo Ariano) Krishna (L'India e l'Iniziazione Braminica) Ermete (I Misteri d'Egitto) Mosé (La missione d'Israele) Orfeo (I Misteri Dionisiaci) Pitagora (I Misteri di Delfo) Platone (I Misteri Eleusini) Gesù (La missione di Cristo) Conclusione