© Gallucci Vincenzo

Il tuo browser non supporta il tag embed per questo motivo non senti alcuna musica

 


 

 

Il Lavoro e l’Operatività

Una definizione del Lavoro Massonico potrebbe essere: quell’attività che svolge il Libero Muratore per aprirsi alla conoscenza e alla consapevolezza di stampo iniziatico, mediante un impegno costante, personale e di gruppo.[1]

A tal proposito, la metafora del Muratore è estremamente significativa: c’è un piano di lavoro, uno specifico obiettivo (come la ben nota costruzione della Cattedrale), c’è uno sforzo concreto da compiere (connesso al rischio di perdita), c’è un risultato tangibile da conseguire (il manufatto personale, contributo al piano di lavoro del Gruppo). Il tutto in ambiti rigorosamente spirituali

E difatti, in ambito tradizionale[2] il concetto di Lavoro si presenta strettamente legato al mondo del Sacro. I termini “Opera” e “Operativo” sono, da un lato, direttamente connessi all’efficacia del Lavoro, che per l’appunto deve produrre risultati, e, dall’altro, all’”Arte” (il lavoro dell’artista e anche dell’artigiano), come produzione della parte più recondita, inconscia e spirituale di ciascuno.

Pertanto, quesiti chiave potrebbero essere:

  • Quale lo specifico progetto spirituale che si propone il singolo Libero Muratore?

  • Quali i risultati effettivi che vuole “portare a casa”?

  • Quale il legame col Piano di Lavoro della sua R:.L:.? e, successivamente, della Comunione d’appartenenza?

In ogni caso, va da se che il Libero Muratore è, per definizione, costretto a costruire, operando per produrre risultati concreti; in una parola: Operatività, esplicata, all’interno della Logga, principalmente nei momenti Rituali, che racchiudono in sé tutti i connotati specifici del Lavoro e dell’attività muratoria.

 

Il Rito e la sua funzione

Il termine Rituale deriva dal sanscrito -Rta (Ordine Prescritto) e rappresenta “un’azione o serie di azioni, costituite da una sequenza di elementi comportamentali con uno specifico significato simbolico per chi lo pone in atto” [3].

Pertanto, l’opera rituale è, etimologicamente, “ciò che è compiuto in conformità dell’Ordine”.

Secondo il Guenon[4] la conformità a quest’Ordine va innanzitutto rapportata alla natura propria di ciascun individuo, per cui si può affermare che “il lavoro non ha valore reale se non quando è conforme alla natura stessa dell’essere che lo compie, se cioè non risulta in un certo qual modo spontaneo e necessario a tale natura, sì da essere il mezzo da questa impiegato per realizzarsi il più perfettamente possibile”.

Dunque: ogni lavoro rituale, perché possa produrre risultati concreti, implica - come condizione preliminare - l’esplicarsi naturale della propria personalità, senza finzioni e senza compromessi.

Continua il Guenon: “dal momento che l’artigiano umano imita  nel suo dominio particolare l’operazione dell’Artigiano divino, egli partecipa all’opera stessa di questi in una misura corrispondente, e in un modo tanto più effettivo quanto più ha coscienza di questa cooperazione; e più egli realizza attraverso il suo lavoro le virtualità della propria natura, più accresce in pari tempo la sua somiglianza con l’Artigiano divino, e più le sue opere si integrano perfettamente nella armonia del Cosmo”.

Pertanto: quando una volta che il lavoro rituale è realmente conforme alla propria profonda natura, successivamente, il concreto perfezionamento del Massone, viene realizzato accedendo a livelli superiori di consapevolezza, tanto migliori e più produttivi quanto maggiore è lo studio e la pratica che vi sottende.[5]

Più in particolare, possiamo dire che quelle rituali siano azioni:

  • alle quali viene attribuito valore simbolico

  • aderenti a moduli tradizionali

  • realizzate sinceramente e consapevolmente

  • oggetto di studio e pratica costanti

La raccomandazione è per il Massone, che voglia produrre consapevolmente effetti concreti, di avere in considerazione l’essenza profonda del gesto simbolico e mai intenderlo come una semplice somma di formule, espressioni solenni o atti meccanici. Il simbolo per il Massone dovrebbe esprimere un linguaggio universale, non un semplice segno, quanto piuttosto il significato recondito inserito (o trasportato) dal segno stesso. Parliamo di strutture pure, linee strutturali aprioristiche (archetipi), che dal tratto riconducono all’ombra dell’Idea sovrastante.

In questo contesto, il Rito non è altro che Simbolo in movimento: rappresentazione di una Verità archetipale che stimola ai partecipanti la possibilità di una forma di consapevolezza posta al di là del filtro mentale e quindi su un ordine superiore al semplice sensibile: sia esso metafisico, iniziatico o religioso. Possiamo così affermare che Rito sia oggettività pura: prescinde da inquinamenti contingenti ed esprime Verità comuni a tutti gli uomini (sempre che si sappia penetrarne il significato recondito…).

Ogni rito nasce dalla comprensione di un aspetto del disegno insito nella manifestazione, e consiste nella sua riproposizione consapevole: l’uomo che accende ritualmente una fiamma ripete l’atto della creazione; non soltanto lo evoca, come una citazione, ma realmente ripete – a livello microcosmico – la stessa opera creatrice del Grande Architetto dell’Universo.

In sintesi le caratteristiche di fondo della ritualità possono così sintetizzarsi:

  • l’isolamento profondo dalla vita quotidiana nello specifico momento rituale, che rappresenta il punto di contatto con l’Archetipo

  • la capacità evocativa del simbolo, che stimola comprensione al di là del mezzo mentale

  • la ripetitività sistematica dei momenti rituali, che si incunea come elemento di progressiva efficacia del simbolo

  • il silenzio sullo svolgimento dei lavori, a garanzia di efficacia, per impedirne la volgarizzazione e mantenere l’operatore aderente agli effettivi significati e agli obiettivi dei Lavori[6]

Principali effetti saranno:

  • la conoscenza profonda delle Verità Archetipali, non basata sul mezzo mentale e che sprigiona la Sostanza e l’universalità del simbolo

  • la spersonalizzazione (scioglimento) dell’Io individuale, probabilmente perché in definitiva si è sempre meno aderenti alle forme rispetto alla Sostanza

  • il senso di unione con tutti i Confratelli, che  - attraverso i rituali - sentono profondamente di essere membri di una comunione ed avvertono consapevolmente il vincolo che li unisce.

Ogni passo, ogni gesto, ogni parola è un richiamo; la mente di ognuno sconfina in uno stato di abbandono della coscienza normale, e da quelle parole, da quelle idee, da quei gesti, anche se ripetuti e non razionalmente compresi, si sprigiona una spinta subconscia particolare che taluno in tempi passati era solito chiamare “energia”[7].

 

Rito e Consapevolezza

Certo nessun rito è senza valore e - anche se compiuto macchinalmente - l'atto ritualistico ha la sua efficacia; il Massone ne è occultamente influenzato al punto da non giungere mai a comportarsi in Loggia come a qualsiasi altra riunione[8]. Tuttavia, dopo il primo impatto, la strada verso la luce (consapevolmente richiesta nel rito di iniziazione) prosegue concretamente solo se associata ad una costante acquisizione di conoscenza e consapevolezza[9].

Il Rito è un progetto: nasce da un’Idea, da una flebile Luce che permette di vedere e di comprendere qualcosa di ciò che nelle tenebre era già presente ma invisibile. Nasce da un’Idea e si distende in avanti verso la sua realizzazione. A chi possiede già l’Idea, serve per realizzarla, e a chi non la possiede serve per arrivare man mano a comprenderla.

Quanto più si penetrano gli aspetti del simbolo e del rituale, tanto più l’Operaio transiterà dal ruolo di semplice Manovale a quello di Progettista, sino all’Architetto. Al primo viene richiesto di lavorare in osservanza al progetto, non di capirlo apriori. Al secondo si chiede di passare alla discussione e alla comprensione del modello di riferimento. Al terzo, di celebrare la Bellezza dell’opera compiuta secondo il suo Piano di Lavoro Universale.

Pertanto, uno studio approfondito e progressivo sui simboli in gioco e sulla ritualità che li riguarda consente man mano di sciogliere la meccanicità del manovale, penetrando le funzionalità recondite e, in ultima istanza, gli obiettivi finali del rito stesso. Tutto ciò, in una parola: Consapevolezza.

Quindi, per il Massone immerso in una tornata rituale: Consapevolezza è essere presenti a ciò che sta accadendo ma insieme essere anche presenti a se stessi. É renderci conto di qualcosa e anche renderci conto che ‘ce ne stiamo rendendo conto’. In poche parole: l’Io è presente all’esperienza, ciò che qualifica quest’ultima come esperienza cosciente[10].

In questo contesto, riteniamo si possa parlare di una consapevolezza in senso ampio, che abbraccia ogni aspetto rituale, diretto ed indiretto:

  • consapevolezza del valore dei simboli e del modello di riferimento (astrologico? Alchemico? Entrambi? …)

  • consapevolezza del proprio corpo (quale sensazione fisica viene stimolata in quel dato momento? Con quali ritorni? …)

  • consapevolezza dell’ambiente circostante (quali i movimenti dei Fratelli operatori? Quale relazione con i supporti musicali e olfattivi? ...)

 

I fattori abilitanti del Rito

Si legge nei Quaderni di Simbologia Muratoria[11]:

-        gli strumenti dei quali si avvale la Massoneria per l’adempimento del Lavoro Muratorio sono costituiti esclusivamente da utensili, emblemi, allegorie, simboli e riti (intesi come specifici canoni rituali, n.d.r.)

In questo contesto, possiamo asserire che in un Rito ci sono:

  • strumenti necessari e abilitanti, la cui assenza determinerebbe il mancato funzionamento del rito medesimo (vedi il ruolo del MdC, ad esempio)

  • supporti, rafforzativi e coadiuvanti degli strumenti con specifica funzione evocativa, la cui assenza non determinerebbe direttamente il mancato funzionamento del rito (come potrebbero essere ad es. i supporti olfattivi o musicali)

Va evidenziato che spesso, nei manuali di simbologia muratoria, non si incorre in una distinzione così netta, e i cosiddetti supporti sono assimilati agli strumenti, là dove si citano le musiche e gli incensi come genericamente: supporti musicali e olfattivi[12]. Ciò a rimarcare la tradizionale medesima importanza data a ciascun elemento del Rito, a garanzia del suo perfetto funzionamento (inteso come raggiungimento del miglior livello di consapevolezza possibile per ciascun convenuto alla tornata).

Questo per gli elementi che potremmo definire strettamente tangibili. Ma forse il principale fattore abilitante è il Massone medesimo, che porta in Officina la sua sensibilità, la sua voglia di ricerca e conoscenza e le sue recondite aspirazioni…

All’attore del rito è richiesto qualcosa di più del semplice sapere cosa fare e farlo, che riguarda la forma del Rito. Quindi, non solo attenersi alla forma, ma anche una qualità, un atteggiamento, un modo di essere e un modo di fare: questo è il primo e più importante fattore abilitante.

É come il Massone svolge realmente la sua funzione che contribuisce alla realizzazione e all’efficacia del rito.

Quindi, possiamo asserire che la conoscenza del Rito è di tipo realizzativo, e non culturale: si può spiegare l’amore attraverso la chimica, la religione, la psicologia, l’astrologia, … Ma per conoscerlo realmente ci si può solo innamorare…

 

Conclusioni

In conclusione, possiamo sintetizzare che il Rito:

  • è simbolo in movimento, e a questo assimilabile per ogni aspetto di operatività concreta

  • si avvale di strumenti e supporti specifici della Muratoria e conformi alle sue finalità

  • produce effetti al di là dello strumento mentale, che ne prepara solo il terreno, in termini di una maggiore e più profonda ricettività dovuta allo studio e alla pratica costanti

  • richiede all’operatore una costante consapevolezza di sé ed una perfetta aderenza al momento rituale specifico

  • offre al Libero Muratore opportunità concrete di distaccarsi dalla meccanica del manovale, a patto che questi effettivamente lo voglia e ne sia, appunto, consapevole

  • può aprire le porte di Verità Universali/Collettive, spesso definite più semplicemente: il Sacro

 

Secondo Mircea Eliade: Il Sacro è un elemento della struttura della coscienza e non un momento della storia della coscienza. L’esperienza del sacro è indissolubilmente legata allo sforzo compiuto dall’uomo per costruire un mondo che abbia un significato. Le ierofania e i simboli costituiscono un linguaggio preriflessivo. Trattandosi di un linguaggio specifico, sui generis, esso necessita di un’ermeneutica propria[13]

Secondo C.G.Jung: una parola o un'immagine è simbolico-rituale quando implica qualcosa che sta al di là del suo significato ovvio e immediato. Essa possiede un aspetto più ampio, inconscio, che non è mai definito con precisione o compiutamente spiegato. Ma può solo essere progressivamente vissuto più in profondità quanto maggiori sono le connessioni che possono essere stimolate con lo studio a priori. Fino al punto in cui il rito va vissuto, al di là delle nostre capacità razionali [14].


 

 

[1] Spartaco Mennini: "La Massoneria è un metodo di ricerca, di investigazione originale e tradizionale che ha per soggetto attivo l’uomo e come oggetto di ricerca l’uomo, e intende far realizzare all’adepto l’assioma: conosci te stesso, e conoscerai l’Universo e gli Dei. E’, in fondo, un lungo viaggio alla scoperta di sé stesso; scoperta che si realizza nella Loggia con il lavoro di gruppo. Si scoprono le proprie potenzialità e si sale sul piano della conoscenza. Più semplicemente, la Massoneria è un modo di essere e una maniera per divenire"

Paolo Lucarelli: “La Massoneria è un modo per avere a che fare con il proprio Destino lavorando in gruppo”

[2] R. Guénon, Sulla Glorificazione del Lavoro, Initiation et Réalisation spirituelle, Éditions Traditionnelles, Paris, 1952, cap. X; O.Wirth, La massoneria resa comprensibile ai suoi adepti. Vol. 1

[3] Enciclopedia Treccani

[4] Sulla 'Glorificazione del Lavoro' - René Guénon

[5] In questo scenario va inserita la pratica delle tornate informali, che solitamente inframezzano quelle rituali. Questo strumento esprimerebbe il necessario momento di studio e condivisione con l’obiettivo di migliorare progressivamente il grado di conoscenza a supporto del lavoro muratorio

[6] Il silenzio sui lavori svolti avrebbe - mutatis mutandis – un significato analogo al divieto che alcune religioni pongono nel rappresentare figurativamente il Divino.

[7] Per una sommaria classificazione dei Riti: tra gli studi più noti sul rito si può ricordare l'opera di Van Gennep, “I riti di passaggio”, nella quale i riti accompagnano le diverse fasi di vita (nascita, iniziazione, matrimonio e morte) sancendo un mutamento nello status sociale dell'individuo all'interno della collettività di appartenenza. Tali riti si caratterizzano per la presenza di tre fasi distinte: la separazione (nel quale il soggetto del rituale viene allontanato dal gruppo per spogliarsi simbolicamente del ruolo associato al precedente ciclo di vita), transizione (periodo nel quale l'individuo è in un limbo senza identità e ruolo e deve affrontare una prova necessaria alla fase successiva) e reintegrazione (dove l'individuo viene riammesso nel gruppo con la nuova identità sociale).

Un altro studio è quello di Durkheim che analizza nel suo libro “Le forme elementari della vita religiosa” i riti religiosi come momenti di estasi collettiva nei quali, attraverso l'identificazione del vero oggetto di culto, ossia la società, con il feticcio del totem, viene rafforzata la coesione sociale tra i membri.

[8] Gorel Porciatti, Simbologia massonica

[9] Cfr. Il rito. Mircea Eliade, Oggetti, atti, cerimonie (2º volume dell'Enciclopedia delle religioni -17 volumi- diretta da Mircea Eliade), Jaca Book, 1994; Julien Ries, Mito e Rito, Le costanti del Sacro, Jaca Book, 2008, introduzione

[10] Vittorio Mascherpa, Per una nuova massoneria operativa, Atanor ed. 2015

[11] Quaderni di Simbologia Muratoria, Ivan Mosca, pagina 7

[12] Irene Mainguy, Simbolica massonica del terzo millennio, Mediterranee, 2004

[13] Mircea Eliade (congresso di storia delle religioni, Boston, 1968; in J.Ries, Simbolo, Jaca Book ed.,introduzione)

[14] C.G. Jung e M. von Franz, L’Uomo e i suoi simboli Longanesi, 1980; capp.1 e 2