Sullo stesso soggetto consultare anche in questa stessa sezione:

Considerazioni sul Mondo dei suoni

 

Nel 1812 uno studioso, il Dr. Scehe, ebbe a segnalare col nome di «audizione colorata» il singolare fenomeno da lui constatato, consistente in una «simultanea associazione dei senso dell'udito col senso della vista», per cui questa facoltà, senza che alcuna eccitazione diretta la colpisca, entra in azione in dipendenza e contemporaneamente alla eccitazione dell'udito in altri termini, fin dal 1812 é noto che vi sono individui i quali, mentre odono un suono, hanno contemporaneamente una percezione luminosa variamente colorata.

In realtà la conoscenza del fenomeno risale ad epoche molto lontane, poiché é noto che gli antichi persiani svolgevano il loro lavoro di tessitura dei tappeti sotto la guida e la direzione di un suonatore il quale indicava il colore dei vari fili da tessere con una nota corrispondente; sicché, essendo ogni filo niente altro che l'equivalente di un colore, essi tessevano di suoni i loro famosi tappeti.

Il fenomeno, noto da molto tempo anche agli Inglesi, fu da essi indicato con le parole colour hearing. L'illustre Nusbaumer l'osservò e lo studiò anche sopra se stesso.

 

In Italia l'«audizione colorata» fu osservata dal Prof. Lussana che scrisse in proposito una dotta memoria. Della questione si occuparono anche i Dott.ri Grazzi, Petronio, Velardi, Bareggi e molti altri valenti osservatori.

Da parte sua, il Dott. Natalucci, in una interessante memoria intitolata «La musica nei suoi rapporti col sistema nervoso», narra che al pittore Celentano «sembrava che l'aria si imporporasse, quando nell'orchestra squillavano gli strumenti di ottone».

Il francese Dott. Baratoux pubblicò da tempo nel Progrés Medical, un importante lavoro nel quale sono descritti i colori avvertiti dagli individui forniti della prerogativa della audizione colorata, allorquando essi percepiscono un rumore o un suono qualsiasi.

Il rumore suscita in generale un colore indeterminato, che può dirsi somigliante alla natura indeterminata della causa che lo produce. Merita però di essere citato il caso riferito dal Prof. Grazzi che riguarda un'isterica la quale percepiva un colore verde, allorquando passava una vettura, mentre lei era alla finestra.

 

Il suono, invece, degli strumenti musicali produce differenti e determinati colori a seconda della specie degli strumenti o del numero delle vibrazioni. Anche le parole, come vedremo più innanzi, determinano particolari colori, che però non sono sempre gli stessi per i vari individui, potendo aversi talora, per ciascuna parola, colori vari o fusi insieme, in corrispondenza del numero e delle vocali che entrano a far parte della parola. Il Baratoux conclude dicendo che il fenomeno si verifica spesso in persone di una stessa famiglia, il che fa pensare ad una disposizione costituzionale ed ereditaria.

Nel “Journal de medicine et de chirurgie pratiques” (giugno 1886) è riferita in proposito una osservazione del Dott. Laurent de Montepellier. Essa riguarda un uomo di circa 50 anni, M. A., vecchio ufficiale, che presentava spiccatissima questa associazione dell'organo dell'udito con quello della vista. L'ascoltazione di un suono determinava istantaneamente in lui la percezione di un colore e anche, d'ordinario, quella di un'immagine colorata, di forma e di dimensione costante per lo stesso suono, ma variante ad ogni suono diverso. L'impressione più viva era per quell'individuo prodotta dal suono delle vocali, poi dai dittonghi che si pronunziano come le vocali (au, eu, ou). Le consonanti non gli davano sensazioni luminose proprie, eccetto per la m e la n in fine di una parola, che modificavano la «tinta» della vocale precedente. Nella comune conversazione il timbro della voce della persona che parlava determinava inoltre in M. A., una sensazione di tinta uniforme, ma variabile per ciascun timbro di voce, sulla quale si distaccavano i colori propri ad ogni vocale, allorché egli fissava la sua attenzione sui suoni di queste vocali in particolare.

Per i suoni musicali, se si passava dalle note basse alle acute, il colore variava dal marrone carico al giallo pallido e anche al bianco. É facile comprendere, d'altronde, come il timbro dei diversi strumenti, nonché il canto accompagnato al piano e, più ancora, uno spartito eseguito dall'orchestra, apportasse in queste percezioni colorate, variabilissime forme e variabilissime tinte.

Per una sorprendente combinazione la moglie del nominato M. A. provava sensazioni luminose analoghe, benché meno spiccate, determinate dall'audizione dei differenti suoni; e un loro bambino, sia forse per ereditarietà, sia per abitudine a sentire le impressioni dei genitori sul colore dei suoni, avvertiva anch'esso, come in un abbozzo impreciso, la impressione di «tinte» vaghe quando ascoltava dei suoni.

É però da rilevare che il colore percepito ad es. per una data vocale non era identico per il marito e per la moglie. Nel marito la sensazione colorata era costantemente estrinsecata: egli raffigurava l'immagine alla distanza di circa due metri, qualunque fosse la posizione nella quale si trovasse rispetto alla sorgente sonora. Nella moglie, invece, la raffigurazione e la colorazione era, in genere, soltanto mentale, senza estrinsecazione di immagine. Ciò fa ben ritenere che, al pari di tutte le percezioni e le sensazioni, anche l'audizione colorata dipende dalla maggiore o minore disposizione del soggetto percepente.

 

Il Dott. Laurent riscontrò ancora tracce di audizione colorata in un giovane avvocato originario dello stesso paese di M.A.; ma nel giovane avvocato soltanto le vocali davano la sensazioni dei colori   netti: l'a era rossa; l'e giallastra; l'i nera; l'o bianca; l'u turchina; tinte che, peraltro, non erano le stesse di quelle che percepiva M.A., il quale vedeva, invece l'a nera; l'é giallo-pallida; l'è turchina come il cielo chiaro; l'i bianca d'argento; l'o rossa; l'u turchina verdastra.

Un soggetto studiato e descritto da Chebalier vedeva, invece, l'a rivestita di color nero carico; l'e di grigio; l'i di rosso; l'o di bianco; l'u di giallo.

Nonostante tali differenze. il Dott. Laurent trovò che, in linea di massima, le voci di basso erano marrone; quelle di tenore gialle, mentre quelle acute passavano quasi interamente al bianco. Colorazioni che nella comune sentimentalità, cioè anche all'infuori dei casi patologici, trovano la loro perfetta attuazione.

É poi interessante notare che, sebbene il fenomeno dell'audizione colorata non si possa ritenere fisiologico, e quindi comune a tutti gli uomini - é, anzi, provato che esso si manifesta solo in individui particolarmente disposti (il Blauer e il Lehemann riscontrarono che su 569 persone, solo 76 presentavano questa sensibilità in grado più o meno spiccato) - é a ritenersi che, ad ogni modo, esso si verifica con una perfetta corrispondenza tra l'altezza del suono e la rapidità delle vibrazioni cromatiche, precisamente come si verifica nel mondo fisico. La condizione patologica, quindi, si presenta animata dalle leggi generali dell'acustica e dell'ottica. In  altri termini, l'acustica e l'ottica non si allontanano dalle loro leggi, ma trovano nei soggetti adatti la possibilità di manifestarsi.

Noi possiamo, pertanto, considerare l'audizione colorata come un fenomeno patologico; ma dobbiamo subito aggiungere che esso non è altro se non l'esagerazione morbosa del fenomeno fisiologico, cioè comune a tutti gli uomini.

Passeremo pertanto ad accennare al    «colore dei suoni» sotto l'aspetto fisiologico, intrattenendoci più particolarmente sulla cromofonia sperimentale, per la quale sunteggeremo in parte un interessante articolo di Mirella Bertarelli pubblicato nella “Rivista Humana” di Milano.

 

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Sotto l'aspetto di fenomeno fisiologico, e forse maggiormente sotto questo aspetto, si deve ugualmente tener conto della teoria fondata sulla irradiazione delle impressioni dei suoni e dei

colori. Dobbiamo quindi ritenere che la maggiore o minore manifestazione del fenomeno dipenderà dalla maggiore o minore disposizione costituzionale del soggetto e dalla sua «condizione passionale». Massima influenza va perciò attribuita ai «momenti sentimentali», agli stati d'animo, alle associazioni d'idee, al risveglio accorato di ricordi, ai traumi psichici, alla educazione, alla cultura, all'ambiente. Egualmente molto notevole é l'influenza dell'abitudine a caratterizzare le impressioni sonore sia associando ad esse similitudini di ordine diverso, per cui diciamo, ad es., che il suono del flauto è dolce, il richiamo materno della chioccia è caldo, il timbro del violoncello é mellifluo, etc. - sia avvivandole con termini più direttamente cromatici, come: suono cupo, vocetta bianca, tono cinereo, squillo argentino, etc.

 

A questa facoltà analogica si deve per l'appunto la ricca e felice aggettivazione che si riscontra in molti scrittori, e specialmente nel D'Annunzio e nei poeti «ermetici», i quali, con la spontanea fusione di termini e di attributi, desunti da elementi di diversa natura, raggiungono spesso effetti di espressioni e sfumature sentimentali veramente meravigliosi.

E che, del resto, la teoria della irradiazione contemporanea dei suoni e dei colori sia un fatto realmente «naturale» è facile rilevarlo dalle impressioni cromatiche e analogiche che suscitano, presso che in tutti noi, le singole vocali del nostro alfabeto. Impressioni cromatiche e analogiche che rappresentano l'origine naturale e lo sviluppo delle onomatopee.

Se, infatti, si escludono lievi differenze, certo dovute a particolari disposizioni psicologiche o a lontane associazioni d'idee, le vocali suscitano, in massima, impressioni cromatiche tali che ci fanno apparire presso a poco:

 

l'a, aperta e bianca

l'e, cerula e gentile

l'i, viva e mascolina

l'o, fulva e rotonda

l'u, chiusa e cupa.

 

Léon Gozlan, il noto romanziere francese, ebbe anzi l'idea di tradurre in colori tutte le impressioni e le agitazioni da lui provate; e le riepilogò felicemente scrivendo che: la pietà è celeste; la rassegnazione grigio-perla; la gioia verde-vivo; la serietà color caffè-latte, il piacere color rosa; il sonno bruno-tabacco; la noia color cioccolata; il pensiero di un debito grigio-piombo; il pensiero di una riscossione di denaro rosso-porpora: il giorno del pagamento della pigione giallo-cereo; un prima appuntamento color the-chiaro; un ventesimo appuntamento color the-scuro; il colore della felicita.... era da lui ignorato per la semplice ragione che non l'aveva mai conosciuta.

 

Nell'articolo di M. Bertarelli pubblicato nella rivista “Humana” leggiamo che le prove cromofoniche nelle ispirazioni dei grandi musicisti sono numerose. Beethoven, sordo, mentre era in campagna, traduceva in temi musicali le tonalità delle albe e dei tramonti in un apposito libretto di appunti; Haydn con sinfonie di flauti e di violini rendeva l'impressione dei freschi colori mattinali; Berlioz, per rappresentare il crepuscolo scandì la preghiera dei pellegrini con una cupa nota di corno.

«Secondo le relazioni controllate dall'Istituto Generale Psicologico di Parigi, un cieco disse che la sensazione tattile ricevuta dal rosso era simile a quella che gli dava lo squillo di una tromba».

E forse, appunto per questa ipersensibilità di visione colorata interiore, i ciechi sentono la musica con maggiore comprensione e intensità.

 

Ma, a parte queste ed altre impressioni cromatiche, comunque soggettive; la sincromofonia può considerarsi già in cammino verso sviluppi reali e sistematici appartenenti al dominio della scienza sperimentale.

Riconosciuta l'esistenza di un rapporto reale tra suoni e colori, molti tentativi sperimentali sono stati compiuti da studiosi.

Tra gli scrittori che hanno intuito l'esistenza della sincronia delle irradiazioni sonore con quelle dei colori, si rammenta il poeta Novalis, il grande Goethe, l'antroposofo Rudolf Steiner.

Il romanziere russo Karobenko ha dedicato un'opera all'esame psicologico di un musicista cieco.

In Francia il Rimbaud, tra i mezzi diretti a percepire il sovrasensibile, ha posto un simbolismo colorista concretato nel sonetto “Voyelles” (Vocali).

In Italia D'Annunzio ha tentato di esprimere nel “Notturno” i sogni colorati, suscitati in lui dai suoni.

«Già nel 1700 - scrive ancora la Bertarelli - un frate francese, padre Castel, costruì un embrione di sincromofono ottenendo che i tasti del clavicembalo scoprissero lampade colorate secondo voluti effetti musicali.

Nel secolo scorso Lissejous esegui quest'altro esperimento. Facendo vibrare due diapason che davano la stessa nota, disposti ad angolo retto, uno verticale ed uno orizzontale, muniti ciascuno di un piccolo specchio che rifletteva il raggio di una sorgente fissa luminosa, appariva su di uno schermo scuro una circonferenza perfetta descritta a tratti di luce. A mano a mano che l'oscillazione si smorzava, il cerchio si appiattiva in una ellissi e quindi in una linea retta. L'unisono è stato così definito dalla più semplice curva, un cerchio. Se i due diapason erano all'ottava, comparivano due cerchi a contatto, a guisa di 8; altre combinazioni di quinta, di terza di vari accordi si manifestavano con diverse curve complesse e intersecantisi, ma sempre sviluppatisi secondo un regolare andamento il cui groviglio si scioglieva in forme più semplici col diminuire d'ampiezza delle oscillazioni».

 

In un articolo pubblicato nel giornale «Unione» di Alessandria, e riprodotto nella rassegna «Il Mese», dal quale abbiamo già ricavato qualche altro appunto, Federico Spirindelli tratta dell'esperimento di cromofonia eseguito in Alessandria da Giuseppe Soraci, e in proposito scrive:

 

«Queste manifestazioni d'arte, già interessanti per se stesse, hanno suscitato maggiore interesse negli scienziati. I fisici hanno, infatti, trovato nelle notevoli rassomiglianze tra il fenomeno acustico e quello luminoso, analogie di espressioni meccaniche formali; i fisiologi hanno investigato sulla esistenza di correlazioni e interferenze nervose nelle sensazioni dei suoni e dei colori.

La realizzazione visiva delle musiche attraverso i colori è basata sulla ideazione di strumenti ottenuta con i mezzi dell'arte. Per attenerci alla sola realizzazione visiva (che è quella ideata dal Soraci) diremo che essa non è che la semplice e suggestiva connessione dei sette colori della luce con le sette note della scala diatonica realizzata mediante l'accoppiamento dello spettro luminoso con la gamma musicale su di uno schermo visivo a stella raggiante rinforzato nei toni cromatici del giallo, verde e rosso da due riflettori bilaterali, convergenti sullo schermo stesso».

 

Il Soraci ha semplificata la già nota realizzazione di Umberto Guata che immaginò una scala cromatica a colori composta di 84 semitoni corrispondenti, per la frequenza delle vibrazioni, agli altrettanti semitoni della gamma musicale.

In tal modo, accoppiando al «la» il rosso, che ha la minore intensità di vibrazioni, si giunge fino al «sol diesis» che corrisponde al violetto.

Per avere un'idea dei sorprendenti effetti che possono essere prodotti da questi semplici accoppiamenti, si immagini un collegamento di fili elettrici ad un comune pianoforte costruito in modo che all'abbassarsi di ogni tasto si rifletta sopra uno schermo il colore luminoso, corrispondente.

Alla scintillante gaiezza della ouverture “dell'Italiana in Algeri” di Rossini, che in termini di colori si svela come una serie di schioppettanti lingue di fuoco giallo-rosse, ritmicamente spruzzate di scintille azzurre, si contrappongono gli incisivi lampi giallo-rosso-arancione dell'accompagnamento degli archi inseguiti dal ritmo di danza fantastica di tutti i colori dell'iride. Alle valanghe di rosso rispondono torrenti di violetto.

Dal canto suo, il sommo Newton aveva però già ravvicinato i due colori estremi dell'iride - rosso e violetto - con l'ottava musicale. Nel raggio di luce bianca che incidendo su un prisma di cristallo dà lo spettro solare, egli aveva distinto sette zone ben note: rosso-arancione-giallo-verdeazzurro-indaco-violetto. La luce rossa, la più lenta, ha una frequenza di 380 mila miliardi di vibrazioni al secondo; quella violetta una violenza molto prossima al doppio. In musica una nota di frequenza doppia di un'altra è l'ottava superiore di questa: dunque le lunghezze d'onda dei due estremi di Newton - rosso e violetto - e l'ottava musicale hanno in comune il rapporto identico di uno a due.

Jules Combarrieu trovò tra aranciato, verde e violetto i rapporti 5: 6: 8, come nell'accordo di sesta. Tra rosso e verde, come tra violetto e verde, che sono complementari, trovò il rapporto di 5: 6, come quello di terza minore.

Intanto era già stato trovato che le lunghezze d'onda di rosso, verde e violetto hanno il rapporto di 4: 5: 6 come quello delle note musicali dell'accordo maggiore, do, mi, sol».

 

Esiste quindi un'armonia numerica in tutta la natura: nella forza di gravità, nei movimenti planetari, nelle leggi del calore, della luce, dell'elettricità, delle affinità chimiche, nelle forme degli animali, nello sviluppo delle piante.

É noto che i suoni hanno fra loro relazioni fisse. Ogni colore fondamentale è chiamato il «padre» del suono corrispondente. Ecco perché i filosofi mistici hanno collegato ogni colore ad un suono speciale.

Il color verde, il colore mediano dello spettro tra i tre primi: (rosso, arancione, giallo, di tono più basso) e i tre secondi: (azzurro, indaco, violetto, di tono più alto) é connesso con tutti e due i gruppi. Esso dà il colore caratteristico della natura e corrisponde al numero 4 su cui è costruita la natura stessa.

 

Al colore verde corrisponde la nota mediana della scala musicale, FA, che é anch'essa la nota della natura manifestata.

Dice H. P. Blavatsky:

«Il numero è alla base della forma e il numero guida il suono. Il numero sta alla base dell'Universo: i numeri e le proporzioni armoniche guidano la prima differenziazione della sostanza omogenea in elementi eterogenei; il numero stabilisce i limiti alla mano formatrice della Natura».

Questi concetti espresse anche Pitagora.

«Il nostro occhio non può vedere la simmetria che regola tutto l'Universo; ma l'intelletto può intuire questa simmetria. Nella struttura microscopica del cristallo di neve e in quella cosmica delle orbite, sta il linguaggio Numero, la terribile chiave dei cicli e dei ritorni».

Coloro che hanno studiato le intricate combinazioni dei numeri sono stati condotti da questi principi ad una scoperta riguardante un certo numero che, preso come multiplo, produce rapporti meravigliosi.

Questo numero è p 10 elevato a 12 (Il p é il 3,1415... cioè il rapporto tra il diametro e la circonferenza).

Ora: il numero delle vibrazioni nel verde dello spettro è X io" volte maggiore del numero delle vibrazioni del FA (basso) della scala musicale.

Il color verde e la nota FA ambedue al quarto posto della scala dei colori e della scala dei suoni, rappresentano l'anello di congiunzione tra i colori e i suoni. Se si calcolano i colori dello spettro sulla base delle proporzioni che esistono tra le note della scala musicale, si avrà una concordanza sorprendente.

É inutile citare in dettaglio il numero delle vibrazioni che costituiscono le note della scala musicale. La scala musicale é strettamente analoga alla scala degli elementi chimici e alla scala dei colori così come ci viene mostrata dallo spettroscopio, benché in quest'ultima noi non consideriamo che una scala sola, mentre nella musica e nella chimica ci troviamo in presenza di una serie di sette scale rappresentate teoricamente, di cui sei sono sufficientemente complete e di uso comune nelle due scienze. Ma l'armonia é raggiunta con la settima scala; poiché «tutte le cose dipendono dal settimo».

 

Il violetto, preso tre ottave più alto, é un colore omogeneo con vibrazioni sette volte più rapide di quelle del rosso. Leggiamo ancora nell'articolo della Bertarelli:

 

«Se si divide l'arcobaleno in 12 parti uguali si ottengono dodici semitoni dal rosso-puro al rosso-violetto. Analizzati con lo spettroscopio i dodici semitoni risultano in perfetto accordo di vibrazioni luminose con le vibrazioni sonore di ciascuno dei mezzitoni componenti la tastiera. LA: rosso-puro - si be-molle: rosso arancione - si: arancio - Do: giallo oro - Do diesis: giallo puro - RE: giallo verde - MI bemolle: verde - Mi: verde azzurro - FA: azzurro - FA diesis: azzurro violetto - SOL: violetto - SOL diesis: rosso violetto.

Con sette gradazioni diverse sulle sette ottave musicali questi colori si ripetono raggiungendo la massima intensità nell'ottava estrema».

 

Uno stretto rapporto esiste dunque tra suono e colore: l'analogo rapporto che esiste, del resto, in tutti i fenomeni della Natura. Il nostro occhio é infinitamente debole, ma da sprazzi di luce é possibile intravedere, sia pure vagamente, la immensa armonia che ci circonda.

 


 

Lo studio che precede fu rinvenuto, in forma di fotocopia, fra i documenti della Montesion, senza data ne autore. L'ignoto F:. ci introduce allo studio dei rapporti fra il colore e i suoni.

L'elaborato costituisce un opera della maestria dell'anonimo Fratello. Il suo contenuto non riflette necessariamente la posizione della Loggia o del GOI. Ogni diritto è riconosciuto.