L'origine pre-cristiana della

nascita del Redentore

 

Una celebrazione del ritorno del Sole

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Per celebrare il ritorno del Sole, che, al solstizio d'inverno, raggiunto il punto più basso del suo corso apparente, sembra nascere e poi crescere per le nostre latitudini, gli antichi solennizzavano, una festa di particolare letizia che, di millennio in millennio è giunta fino a noi quasi immutata nella sua commovente, ingenuità. Era il Natale dell'astro raggiante, apportatore di luce, di calore e di vita sulla terra: e l'animo di tutti doveva essere inondato dalla speranza e dall'augurio di giorni più lieti.

Che grande fosse l'ammirazione e la riconoscenza di quei popoli verso il Sole, da cui temevano sempre di essere abbandonati, ce lo dicono i monumenti, le città e i templi innalzati in suo onore in tutto il mondo.

Ma il Dio del giorno (Dio dal sanscrito Diaus = aria luminosa) adorato da tutti gli uomini, decantato da tutti i poeti, dipinto e rappresentato con diversi emblemi e sotto una quantità di nomi differenti, fu quasi sempre raffigurato, al solstizio d'inverno, come un bambino nascente da una vergine.
Infatti al 25 dicembre, nei secoli in cui comparve il Cristianesimo, il segno celeste che saliva all'orizzonte a mezzanotte e presiedeva all'apertura della nuova rivoluzione solare, era la Vergine delle costellazioni.
La combinazione abbastanza curiosa che la Vergine dava nascimento (ritorno verso di noi) al Sole Salvatore, e che quando essa si leva, è preceduta in mezzo al cielo, dal Presepio (ammasso del Cancro), preceduto a sua volta, da est a ovest, dalla stella Nunziatrice (Procione) e dai Tre Re Magi, accreditò la leggenda astrologica della nascita del Salvatore (così era chiamato il Sole) dalla Vergine che può così allegoricamente divenir madre.
Collocando nel cielo l'immagine infantile del Sole novello nella Costellazione che, al solstizio d'inverno, presiedeva alla sua nascita ed a quella dell'anno, gli antichi astrologi, o Magi, crearono il mito del Dio-giorno, concepito nei casti fianchi d'una vergine.

É all'ottavo giorno avanti le calende di gennaio (25 dicembre) che i Romani - dice Macrobio - celebravano la nascita del Dio sole sotto la forma di un bimbo nascente: Natalis invicti. Nascita dell'Invincibile.
Ma il culto del Sole, come quello degli astri e degli elementi, è ben più antico; esso ha formato il fondo della religione di tutta l'Asia, cioè delle contrade abitate da quei popoli che, volgendo lo sguardo al cielo alla ricerca del primo perché delle cose, hanno influito sulla religione dei popoli d'occidente e in generale sulle religioni d'Europa. Belus sulle rive dell'Eufrate, Ammone in Libia, Apis a Menfi Saturno nell'Arabia, Giove nell'Assiria, Serapis nell'Egitto, Helios a Babilonia, Apolline a Delfo, Esculapio in Grecia, secondo i poeti Nonnus, Ausonio, e secondo Marziano Capella, non erano che le diverse immagini di uno stesso Dio: il Sole.


Da Oro il Dio solare egizio, incarnazione d'Osiride, nato il 25 dicembre da Neit, la Vergine pura (glorificata come madre di Dio e Regina dei Cieli) a Mitra, il Dio solare dei Persiani, lo Tseur, il Salvatore nato umilmente in una grotta il 25 dicembre; da Chang-Ty, in onore del quale, secondo Confucio, gli antichi cinesi stabilirono solenni sacrifici al solstizio d'inverno, a Bacco il Salvatore. Dio figlio di Dio, nato dalla Vergine Celeste e adorato in Tracia, nell'Asia minore, in Grecia, nell'India e nell'Arabia, sotto la immagine d'un bimbo nascente al solstizio d'inverno; da Geseus Crisna, incarnazione di Visnù, seconda persona della trinità indiana, nato più di cinque mila anni fa a Madura dalla Vergine e adorato dai pastori in un ovile, al Dio Sole adorato dagli Etiopi e dagli Incas del Perù, è tutto un fiorire di fantasiose leggende astrologiche per narrare il Natale del Sole al 25 dicembre.

Era naturale che anche i Cristiani, ultimi eredi di queste sacre tradizioni, festeggiassero al 25 dicembre la nascita del Salvatore, incarnazione di Dio e seconda persona della Trinità, nato dalla Vergine Maria in una grotta, e posto in una mangiatoia ove fu adorato dai pastori ad imitazione del mito del Dio-giorno tramandato dagli astrologi della Media, detti Magi.
Dal nome di «mangiatoia» (in latino praesepium o praesepe) la intera rappresentazione del natalizio del Redentore fu chiamata «presepio» nome che è comunemente ritenuto di origine cristiana, ma che, invece, il Cristianesimo ha prelevato, insieme all'intero complesso della natività di Gesù, dalle antiche tradizioni del Natale del Sole.

A queste antiche tradizioni astrologiche pare che alluda anche Plinio il Vecchio, che nella sua Historia Naturalis, scrive: «si trovano nel segno del cancro due piccole stelle, chiamate gli asini, separate da un piccolo spazio nel quale si scorge una nebulosa detta «mangiatoia» (praesepe) » .

Passano i secoli e i millenni, ma l'umanità, nonostante la sua evoluzione, nonostante le sue conquiste e le grandi scoperte scientifiche, è rimasta bambina, ed ama ancora sentirsi raccontare accanto al tradizionale ceppo di Natale, che gli antichi accendevano per rinvigorire i raggi del sole, la favola del Natale che, se ha perduta la originalità di quella di Ercole o di Osiride, ha acquistato e conserva, attraverso i ricordi della nostra infanzia, una ineffabile dolcezza nella rievocazione della fredda notte d'inverno, quando, in una povera mangiatoia, in mezzo al bue e all'asinello, adorato dalla Vergine Maria, contornato dai pastori, roseo, dolce, soave, fece sentire i primi vagiti il divino Gesù, Redentore del mondo.

Buon Natale  a Tutti

 

 


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