Seguito per l’Istruzione di mercoledì 18 settembre 1776
Definizione dell’intelletto buono o cattivo

© Federico Pignatelli

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É la conoscenza, ciò che l'uomo acquisisce nella comunicazione del pensiero buono o cattivo partorito dallo spirito. Ne trattiene l’impressione se si ferma a contemplarla, proprio come un'azione o discorso qualsiasi, buono o cattivo, di un uomo, visto o sentito da un altro uomo, diviene, per questo ultimo, un intelletto sensibile di azione di cui trattiene impulso se la contempla con compiacenza.

L'uomo non può preservarsi dal ricevere gli intelletti cattivi, che altro non sono altro la comunicazione o conoscenza del pensiero cattivo partorito abitualmente dallo spirito malvagio, ma può evitare di trattenerne l'impressione se, al posto di contemplarla con curiosità, è pronto a respingerla.

La comunicazione o conoscenza del pensiero cattivo partorito dallo spirito malvagio è propriamente detto "tentazione" dalla quale, abbiamo detto, l'uomo non può difendersi a causa dei rapporti intimi che si trovano tra gli esseri della stessa natura, rapporti che stabiliscono reciprocamente questa comunicazione.

Questa comunicazione, che noi chiamiamo tentazione, sarà più o meno frequente a seconda se rapporti reciproci o affinità saranno di più accentuati, da ciò consegue che se qualcuno si trastullerà a contemplare con compiacenza o curiosità questa comunicazione involontaria o la conoscenza che ne risulta, sarà molto esposto a trattenerne anche l’impressione; in punizione di ciò comincerà ad abusare della sua libertà impacciando la sua volontà, mentre, se è abitualmente pronto a rigettare la conoscenza acquisita del pensiero cattivo in base alla comunicazione che gli ne dà lo spirito che l'ha partorito, non giungerà in verità a distruggere i rapporti naturali che esistono tra loro poiché sono eterni ma riuscirà ad indebolire considerevolmente i rapporti di pensiero; dico indebolire, e non annientare, perché da quando l'uomo ha avuto la disgrazia di mangiare quel frutto proibito che gli ha dato la conoscenza del Bene e del Male, ha stabilito questa disgraziata comunicazione tra lui, che è buono per natura, ed il principio che si è reso cattivo, e tale rimarrà per tutta la durata dei tempi.

Ne risulta che è impossibile che l'uomo non sia tentato, poiché la conoscenza del pensiero cattivo è una tentazione, ciò è stato provato anche dallo stesso Cristo, il quale avendo unito la divinità alla nostra umanità, divenne, a causa di questa unione, esposto, come tutti gli altri uomini, alla tentazione del principio malvagio.

 

Ci sono delle considerazioni molto importanti da fare sul modo in cui il Creatore ha proceduto nella punizione all'uomo divenuto colpevole, poiché manifesta contemporaneamente la sua giustizia e la sua misericordia.

Dico prima sua giustizia, perché esso esige una pena proporzionata all'enormità del crimine ed alla specie del crimine. L'uomo aveva abusato del suo potere e meritava, per questo, di essere decaduto, vale a dire meritava che il potere innato in lui e che non poteva essere distrutto, essendo l'opera immutabile del Creatore, fu sospeso fino a quando non meriterà di riacquistarlo per intero o in parte, grazie al suo pentimento ed ai suoi sforzi e dopo avere appagato la giustizia.

Dico sua misericordia perché si manifesta nella specie stessa del castigo. L'uomo, stabilito dal Creatore Uomo-Dio della terra, occupava il centro della Creazione universale da dove esercitava il suo potere. Dal centro celeste fu gettato nel centro terrestre e venne a strisciare poi sulla sua superficie; il suo corpo glorioso fu trasmutato in un corpo materiale che diventò la sua prigione ed occluse, per così dire, tutti i suoi organi spirituali di cui i sensi materiali sono l'immagine.

Questa trasformazione di forma del primo uomo è indicato nella Scrittura come la nudità corporale di cui si accorse e di cui ebbe vergogna. La sua caduta dal centro celeste è indicata dalle altre parole della Scrittura: Cacciamo l'uomo da qui per timore che mangi del frutto dell'albero della vita e che mangiandone non viva eternamente.

Questo passaggio, abbastanza oscuro per gli esegeti, e che fornisce anche un pretesto agli scettici per tacciare di ingiustizia il Creatore, è al contrario una delle più grandi testimonianze della sua misericordia verso l'uomo; e per giudicarne, raffrontiamo il crimine dei primi spiriti prevaricatori con quello del primo uomo e commisuriamo anche la punizione di questi con quella del secondo e noi vedremo che l'uomo, fattosi per l’accaduto più colpevole di essi, era anche, in qualche maniera, più scusabile, e che nella giustizia la misericordia divina si è manifestata di più nei suoi confronti, con la scelta stessa del genere di punizione.

Gli spiriti primi, emanati nell'immensità divina, conoscevano in verità il potere di creazione futura delle cause terze e quarte innate nel Creatore, ma essi non avevano ricevuto nessun potere, nessuno verbo di Creazione; l'usurpazione che hanno voluto fare di questo potere è dunque una rivolta assoluta e senza pari, essa è l'effetto della loro propria volontà, giacché, allora, non esisteva ancora accenno di male, né di principio di male che potesse sedurli; si fecero volontariamente colpevoli e volontariamente il loro crimine fu commesso nell'immensità divina, nel soggiorno più puro che sia possibile concepire. Non hanno consumato affatto il loro crimine con l'atto, perché:

1 il Creatore ha punito la loro cattiva volontà appena è stata conosciuta,

2 perché, non avendo ricevuto per nulla il potere di creazione, l'atto diventava per loro impossibile.

Furono gettati nello spazio della Creazione universale e temporale, che fu formato all'istante per contenerli e separarli dalla corte divina. Essi conservarono, con la loro punizione, tutto il loro potere spirituale divenuto cattivo, ma furono assoggettati a non poterlo esercitare che nei limiti circoscritti di questa creazione temporale senza nessuna comunicazione diretta col principio del Bene che li aveva appena cacciati della sua presenza; furono dunque morti al bene ma portarono nella loro prigione un ramo dell'albero della vita e conservarono il funesto potere di vivere costantemente nel Male e di comunicare questa vita spirituale cattiva. Avevano voluto dividere l'unità, ma avevano tentato l'impossibile e per punizione divennero un'unità sottomessa, opposta e limitata, che troverà il suo castigo, il suo supplizio, negli atti impotenti di questo unità maledette.

Il Creatore eterno, dopo averli espulsi della sua corte, rimase sempre il Maestro e il Centro immutabile dell'unità divina, il Principio di ogni Bene, di ogni Pensiero, di ogni Volontà ed azione spirituale buona, e dall’alto della sua gloria, da dove la sua unità indivisibile presiede a tutto ciò che esiste ed esisterà sempre, assoggetta il capo della corte demoniaca ad essere legato strettamente nel fondo degli abissi di questa creazione temporale, in modo tale che il luogo stesso della sua prigione indicasse ancora meglio l'opposizione immensa che fu da allora stabilita tra questa unità finta ed abominevole e le unità divine eterne, come dal centro dell'immensità eterna.

Come il pensiero divino regge e governa a suo piacimento tutto ciò che esiste nella natura universale, ugualmente il Creatore volle che il Principe della Corte demoniaca, dal centro degli abissi dove è gettato, potesse reggere e governare con il suo pensiero cattivo e con gli agenti ai quali lo comunica, tutto il suo impero, e che questa triste similitudine, frutto del loro crimine, fosse conservata fin quando il pentimento non la facesse cessare. Noi vediamo, quindi, da una parte e dall’altra i frutti dell'Albero della Vita, ma da un lato questo insegna la scienza del Bene, e dell'altro la scienza del Male, scienza che può cessare soltanto con il pentimento di quelli che la manifestano , ma essi sono incapaci di pentirsi da soli se questo sentimento non è suggerito loro dal solo essere che ne ebbe il potere, che hanno avuto la disgrazia di sedurre e di trascinare con essi.

Ci si spaventa quando si considera quanto nel loro accecamento e a causa della loro malizia hanno aggravato i propri mali, rendendoli quasi incurabili.

 

Note diverse sull’intelletto

 

L'anima o il minore è un essere emanato dalla quadruplice essenza divina, ciò la costituisce attiva, eterna, nelle quattro regioni universali; essa corrisponde ed agisce sulle tre essenze animali del suo corpo che è sono il sale, lo zolfo e il mercurio e sulla forma corporale; queste quattro parti, che costituiscono la perfezione del corpo, formano un tutto che diviene l'immagine dell'anima che esiste in ogni corpo umano.

 

L'anima comunica con la divinità tramite lo Spirito maggiore, ma questa comunicazione è quaternaria come la sua essenza poiché è, per la sua emanazione, costituita ad immagine e somiglianza divina. Lo Spirito maggiore è l'agente immediato della divinità nel quale legge il pensiero divino ed agisce poi secondo gli ordini che riceve: esso si comunica, a suo turno, con l'uomo mediante il suo intelletto che diviene il suo agente particolare per predisporre l'anima alla unione con lo Spirito, secondo il buono uso che fa dell'intelletto che gli l'invia, ciò stabilisce la comunicazione quaternaria di cui si è parlato sopra, ovvero l'anima, l'intelletto, lo Spirito maggiore e la Divinità.

L'intelletto non è un essere distinto attivo ed eterno come gli esseri spirituali emanati dal seno della Divinità. È un'emanazione momentanea dello Spirito maggiore destinato ad un'azione passeggera in favore dell'anima alla quale lo Spirito desidera unirsi; non è altro che l'agente di comunicazione che lo spirito stabilisce tra lui e l'anima o i minori, per insinuargli il pensiero buono che genera in suo favore. È questa immaginazione di pensieri, buoni o cattivi, che agiscono sul minore, che chiamiamo intelletti buoni o cattivi, e che operano su di lui secondo l'uso che fa della sua propria volontà, per accettarli o rifiutarli.

 

Lo Spirito maggiore buono, essendo un essere molto puro non può comunicare direttamente con un essere insudiciato, se non è stato [chiamato] a questa comunicazione dopo una sua purificazione volontaria.

Per questo lo spirito deputa all'anima il suo intelletto, che è la sua propria facoltà, per suggerirgli il pensiero che ha partorito col suo favore, pensiero che è divenuta incapace di partorire da se stessa, se non gli è suggerito, in modo tale che questo pensiero operi il suo effetto nell'anima mediante il soccorso della buona volontà, che deve reazionare, acciocché da questo lavoro ne emergano dei buoni desideri che diventeranno a loro volta il vero intelletto dell'uomo sullo Spirito maggiore.

La continuità e la purezza di questi desideri che tendono a purificare l'anima nella quale nascono, deve produrre necessariamente anche il suo effetto sullo spirito che si avvicinerà moltiplicando i suoi buoni intenti fin quando trova l'anima abbastanza preparata, abbastanza pura, per unirsi con lei. É questa unione intima dello Spirito maggiore all'anima, che può essere soltanto temporanea quaggiù, poiché l'uomo, che si è assoggettato ad una forma materiale, è condannato alla privazione fino a quando sarà unito a questa forma che è la sua punizione, è dico io, questa unione che fortifica potentemente tutte le facoltà dell'uomo, che diminuisce la violenza del combattimento e lo fissa nella pratica del Bene; ciò si chiama abitudine del Bene.

La stessa cosa si osserva tra l'anima ed i principi cattivi. Il Principe dei demoni è il creatore del pensiero cattivo, così come la divinità è il centro comune del pensiero buono; gli spiriti maggiori perversi manifestano il loro pensiero demoniaco conformemente a quella del loro capo.

In tutta la corte demoniaca, ci si sforza senza tregua di insinuarsi nell'uomo per sedurlo, ciò è fatto anche mediante i loro intelletti che emanano e incaricano, di venire a circondare la forma corporale dell'uomo, sedurlo mediante l'attrazione dei sensi, di cui eccitano il pungiglione, e di là assediare il minore che vi è rinchiuso, per imprimergli il pensiero cattivo che gli suggeriscono.

Se l'anima così azionata, non ha ancora ottenuto l’unione con lo spirito buono, né col cattivo, prova una condizione molto penosa di conflitto nella tentazione; giacché l'intelletto dello spirito buono, che veglia senza tregua su lei, viene in suo soccorso per difenderla contro l'impressione dell'intelletto cattivo, e questo conflitto dura finché la volontà non abbia fatto la sua scelta. L'anima facendo la sua scelta allontana da se l'intelletto buono o cattivo, di cui ha rifiutato l'insinuazione, per unirsi in volontà e in azione a quello che ha preferito liberamente. Ora, il rifiuto costante di uno deve di conseguenza fortificare l'azione dell'altro che resta, per così dire, sempre presente, fintanto che l'intelletto agente non riesce ad avvicinare talmente i due esseri, sui quali agisce, unendoli insieme. É questa unione naturale dello spirito all'anima, operata dall'intelletto, che stabilisce l'unione di volontà e costituisce ciò che si chiama abitudine al bene o abitudine al male.

L'uomo decaduto dei suoi diritti e divenuto incapace di creare il pensiero che può avvicinarlo al Creatore, ma per un effetto della sua misericordia infinita verso la sua creatura, gli fa suggerire questo pensiero buono dai suoi agenti, affinché produca in lui dei buoni desideri, ed ecco la grazia universale.

L'uomo ascoltando, epurando questi buoni desideri, effetto naturale del pensiero buono che gli è stato suggerito, merita sempre di più i soccorsi e la protezione dello spirito; i suoi soccorsi gli sono portati tramite l'intelletto la cui presenza diviene abituale, ed opera infine l’unione immediata dell'anima con lo spirito; fatta questa unione, l'anima è interamente fortificata e l'intelletto buono avvolge il minore per difenderlo e respingere gli attacchi degli intelletti cattivi, ed ecco la grazia efficace

 

Indice della Sezione Willermoz