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La Beatrice di Dante fu una donna reale, vissuta con il cognome di Portinari (e poi de' Bardi) o si tratta del simbolo della sapienza, della teologia, della filosofia pitagorica? Se ci sono studiosi che ancora oggi ne discutono è merito di Gabriele Rossetti. Senza il suo appassionato impegno, nemmeno le intuizioni di Ugo Foscolo circa il vero messaggio della Divina Commedia sarebbero bastate a inaugurare la tradizione di lettura esoterica di Dante. In questo filone di lettura, con alterne vicende, troveremo anche Giovanni Pascoli, il suo allievo Luigi Valli e - ovviamente - René Guénon.

Si può parlare di Dante esoterico anche perché Gabriele Rossetti seppe raccogliere e sistematizzare spunti precedenti, come quelli di Gasparo Gozzi e Antonio Maria Biscioni, dialogando con le argomentazioni del Discorso sul testo della Divina Commedia (Foscolo, 1825), quasi contemporaneo al Commentario sull'Inferno di Rossetti. Questi, nel 1832, salutò con entusiasmo il lavoro del napoletano Carlo Vecchione Della intelligenza della Divina Commedia. Forse fu incoraggiato ad insistere nella ricerca delle radici antiche del pensiero esoterico occidentale da questo studio di Vecchione sui misteri egizi ed ellenici. Nel Mistero dell’Amor Platonico Rossetti raccoglie dunque - nei margini delle sue teorie - spunti e piani di lavoro eterogenei, con un metodo che fu criticato quanto il risultato complessivo dell'opera. Alla sua prima uscita, nel 1840, le tesi dell’Amor Platonico furono accolte dall'opposizione della critica storica, che sosteneva la reale esistenza di Beatrice, dei dantisti romantici, schierati a difesa dell'amata figura della donna angelicata, della critica estetica, devota alla lirica musicalità dei versi del Poeta, dei critici legati alla lettura cattolica. Questi ultimi non potevano accettare l'idea di un Dante eretico, templare, settario e anticlericale fino al punto cui Rossetti fu capace di condurlo, mettendoci dentro anche una buona dose di entusiasmo e immedesimazione personale. Nel VI capitolo dell’Amor Platonico afferma Rossetti: «lo non confondo dogma cattolico e gerarchia romana. (...) Io piego riverente la fronte innanzi al dogma, ma non fo così riguardo alla gerarchia; poiché se quello insegna misteri che non è lecito scrutinare, questa introdusse abusi ch'è dovere denunciare

L'Amor platonico argomenta l'esistenza di un linguaggio simbolico, Gaia Scienza, la cui ininterrotta tradizione secolare viene fatta iniziare con l'antichità egizia ed ellenica e che sarebbe servito a veicolare i contenuti misterici della scuola pitagorica e platonica dall'antichità al Medio Evo, fino a Dante e oltre. L'ultimo capitolo dell'amore platonico tratta proprio il misticismo di Dante, che - sotto il velame degli strani versi e grazie all'impiego di simboli convenzionali come la donna angelicata o la Rosa - avrebbe celato il simbolo della filosofia pitagorica (Beatrice), 'travestita' da simbolo della teologia per scampare all'Inquisizione o da donna reale, per molte ragioni.
Questa lettura, inaugurata da Giovanni Boccaccio e Pietro Alighieri, si spiegherebbe con l'affiliazione del certaldese, di Petrarca e dello stesso Dante alla Setta d'Amore. Rispettosa del dogma cristiano, ma non della sua gerarchia terrena, la setta avrebbe avuto un senso politico e un linguaggio segreto per parlare velatamente di concetti che, consegnati a uomini comuni, rischiavano di emanciparli dalla superstizione, sottraendoli al controllo del potere politico e religioso. Si spiega così anche un altro passaggio della prefazione dell’Amor Platonico che altrimenti resterebbe ambiguo. Dice Rossetti, quando spiega la scelta di pubblicare il suo lavoro, che: «Quantunque (...) avessi in parecchie centinaia di pagine favellato di Amor Platonico, pure non ho fatto che appena aprire il vestibolo di quell' inaccesso santuario da cui esce tremenda voce che grida, Procul este, profani!»
Che senso avrebbe avuto un'affermazione simile senza un riferimento politico? Ovviamente Rossetti non poteva voler alludere alla diffusione di contenuti iniziatici, dato che questo non sarebbe possibile attraverso le parole. Poteva però, probabilmente, pensare di dotare i lettori comuni di strumenti utili a una lettura del senso 'politico'. L'amor platonico è dunque una delle chiavi di lettura del testo dantesco, elaborata da un esule politico che fu molto attento alla funzione unificatrice di Dante (linguistica e politica), così come lo erano i suoi compatrioti impegnati nelle lotte risorgimentali. Il senso finale diventa così un invito all'emancipazione delle coscienze attraverso l'esercizio del libero arbitrio, anche scegliendo come si vuol leggere la poesia antica e Dante.

Rossetti era consapevole di quali rischi stesse affrontando, il suo precedente lavoro su Dante non era passato inosservato. Le critiche così articolate, poste su piani così diversi, confermano la validità di questa ricerca: evidentemente seppe evocare molti livelli di lettura del testo dantesco, anche se non tutti ugualmente argomentati. Delle 1500 copie date alle stampe nel 1840 ne furono cautamente distribuite appena una settantina tra Inghilterra, Francia e Germania. Dopo la morte di Rossetti, sua moglie Frances distrusse le copie restanti, anche se fortunatamente decise di conservare l'autografo annotato.
L'opera traccia così una ricostruzione storica del senso dei misteri e delle religioni pagane attraverso il valore della parola, nell'evoluzione della lingua poetica del Medio Evo trobadorico, manicheo, patarino, fino a Federico II. Il suo lavoro più prezioso appare l'assottigliamento del lessico erotico dei trovatori verso un'elaborazione più raffinata e spirituale, che trasforma le parole del Dolce Stil Novo in 'traghetti' dei misteri antichi.
La trattazione si chiude con capitolo sul misticismo della Divina Commedia e con la confutazione delle tesi contrarie a quelle dell'opera, cioè: si può parlare di un Dante esoterico, le idee politiche di Dante furono velate sotto le sue parole, il linguaggio e la forma praticamente perfetti della Commedia furono espressione così diretta del bello e vero platonico da giustificare l'idea di un collegamento ininterrotto con l'antichità. Beatrice sareb-be dunque simbolo della filosofia pitagorica, forse condiviso con la Beatrice della Kalenda Maya di Raimbaut de Vaqueiras. Un dettaglio affascinante, che però perde un po' di rilievo se si pone sullo fondo di un quadro di argomentazioni molto ampio. A oltre centocinquanta anni da quando Giosuè Carducci desiderò leggere una accurata ricostruzione biografica e bibliografica su Rossetti, resta ancora molto da fare. Gli archivi londinesi contengono di sicuro dettagli interessanti sulla vicenda di Rossetti e degli esuli italiani del 1800.


Da Erasmo n. 3-4 2014
 

 

Gabriele Rossetti   La Beatrice di Dante Mistero dell'amor Platonico Vo.1   Mistero dell'Amor Platonico Vol.2

  Mistero dell'amor Platonico Vol.3   Mistero dell'Amor Platonico Vol.4   Mistero dell'Amor Platonico Vol.5