LA TERZA FATICA
La Raccolta dei Pomi Aurei delle Esperidi
(Gemelli, 21 Maggio - 20 Giugno)

Il Mito

Colui Che presiede la Camera del Consiglio del Signore aveva osservato le fatiche del figlio dell'uomo che è un figlio di Dio. Egli e il Maestro videro la terza grande Porta aprirsi innanzi al figlio dell'uomo, a rivelare una nuova opportunità di percorrere il Sentiero. Notarono come questi si alzasse per prepararsi ad affrontare il suo compito.
"Sia pronunciata la parola che protegge l'albero sacro. Che Ercole sviluppi il potere di cercare senza scoraggiamento, senza disinganni o troppa fretta. Che venga sviluppata la perseveranza. Finora ha agito bene". E così la parola echeggiò.


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In un paese lontano cresceva l'albero sacro, l'albero della saggezza, sul quale maturavano i pomi d'oro delle Esperidi. La fama di questi dolci frutti era giunta fino a terre lontane e tuffi i figli dell'uomo, che si riconoscevano del pari figli di Dio, li desideravano. Anche Ercole era a conoscenza di quei frutti e quando la parola risuonò ingiungendogli di cercarli, egli cercò il suo Maestro e Gli chiese in qual modo avrebbe potuto trovare l'albero sacro e coglierne i frutti.
"Insegnami la via, o Maestro della mia anima. Cerco le mele, ne ho immediato bisogno per me. Mostrami la via più veloce e io andrò!"
"No, figlio mio", rispose il Maestro, "la via è lunga. Due sole cose ti voglio confidare e poi dovrai essere tu a provare la verità di ciò che dico. Ricordati che l'albero sacro è ben custodito. Tre leggiadre fanciulle ne hanno cura e proteggono bene i suoi frutti. Un drago con cento teste protegge le fanciulle e l'albero. Guardati dal fare uno sforzo troppo grande e da astuzie troppo sottili per la tua comprensione. Vigila bene. La seconda cosa che desidero dirti è che la tua ricerca ti porterà ad incontrare sul Sentiero cinque grandi prove. Ciascuna di esse ti offrirà materia per aumentare saggezza, comprensione, abilità e opportunità. Sii vigile! Temo, figlio mio, che non riuscirai a riconoscere questi aspetti sul Sentiero. Ma solo il tempo lo dimostrerà. Dio ti aiuti nella tua ricerca."
 

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Con fiducia, tutto preso dall'idea del successo per la sua impresa, Ercole s'incamminò sul Sentiero, sicuro di sé, della sua saggezza e della sua forza. Passò per la terza Porta, dirigendosi a nord. Percorse tutta la regione cercando l'albero sacro, ma non lo trovò. Chiese a tuffi coloro che incontrava, ma nessuno seppe indicargli la via; nessuno conosceva quel luogo. Il tempo passava ed egli continuava a cercare, vagando di luogo in luogo, spesso ritornando sui suoi passi verso la terza Porta. Triste e scoraggiato, continuava però a cercare ovunque.
Il Maestro, che lo osservava da lontano, gli mandò Nereo per vedere se potesse aiutarlo. Molte volte Nereo gli si presentò sotto svariate forme e con parole diverse di verità, ma Ercole non rispose né riconobbe in lui il messaggero che era. Per quanto abile nelle parole e saggio, della saggezza profonda di un figlio di Dio, Nereo fallì perché Ercole era cieco e non riconosceva l'aiuto così sottilmente offerto. Ritornato infine tutto triste dal Maestro, Nereo gli disse della sua impossibilità di aiutarlo.
"La prima delle cinque prove minori è superata", replicò il Maestro, "poiché questa è caratterizzata dal fallimento. Che Ercole proceda." Non trovando alcun albero sacro sulla via del nord, Ercole si volse verso il sud e nel paese delle tenebre continuò la sua ricerca. Dapprima immaginò un rapido successo, ma Anteo, il serpente, gli venne incontro su quella via e lottò con lui, sopraffacendolo ogni volta.
"Esso custodisce l'albero", pensò Ercole, "come mi è stato detto, perciò l'albero deve essere vicino a lui. Debbo eluderne la sorveglianza ed abbatterlo, poi cogliere i frutti". Ma, pur lottando con tutta la sua forza, non vi riuscì.
"Dov'è il mio errore?", si chiese Ercole. "Perché Anteo può vincermi? Persino da bambino uccisi un serpente nella mia culla. Lo strangolai con le mie mani. Perché non ci riesco ora?"
Riprese a lottare con tutte le sue forze, afferrò il serpente con ambo le mani e lo sollevò in aria, lontano da terra. Ed ecco! L'impresa fu compiuta. Anteo, vinto, parlò: "Verrò di nuovo sotto altra forma all'ottava Porta. Preparati a lottare ancora."
Il Maestro, osservandolo da lontano, aveva visto tutto quello che era accaduto e parlò a Colui Che presiedeva la Camera del Consiglio del Signore, riferendo l'impresa: "La seconda prova è superata. Il pericolo è scongiurato. Il successo contraddistingue a questo punto la sua via." E il grande Che presiede disse: "Proceda".
Felice e fiducioso, Ercole, sicuro di sé e con rinnovato coraggio, proseguì la ricerca. Si volse ad occidente ma così facendo andò incontro ad un disastro. Egli entrò nella terza grande prova senza riflettere, e il suo cammino subì un lungo ritardo.
Ciò avvenne perché lì incontrò Busiride, il grande ingannatore, figlio delle acque, della stirpe di Poseidone. Suo è il compito di illudere i figli dell'uomo, con parole di apparente saggezza. Egli proclama di conoscere la verità ed è subito creduto. Dichiara con belle parole: "Io sono il maestro. Posseggo il dono della verità, offritemi sacrifici. Accettate tramite me un modo di vivere, poiché nessuno, all'infuori di me, sa. La mia verità è giusta. Qualsiasi altra verità è errata e falsa. Ascoltate le mie parole, state con me e vi salverete". Ed Ercole obbedì, ma ogni giorno diventava più debole nel suo proposito (la terza prova) e non cercava più l'albero sacro. La sua forza era minata. Egli amava, adorava Busiride ed accettava tutto ciò che diceva. Di giorno in giorno divenne più debole, finché il suo amato istruttore lo mise su un altare e ve lo tenne legato un anno intero. Ma ecco che un giorno, all'improvviso, lottando per liberarsi e cominciando lentamente a vedere Busiride per quello che era, gli vennero alla mente le parole pronunciate molto tempo prima da Nereo: "La verità sta dentro di te. Vi sono in te un potere, una forza e una saggezza superiori. Volgiti all'interno e lì evoca la forza e il potere che sono eredità di tutti i figli degli uomini che sono anche figli di Dio." Il prigioniero giaceva silenzioso sull'altare, legato ai quattro angoli da ben un anno. Poi, con la forza che è quella di tutti i figli di Dio, spezzò i suoi lacci, afferrò il falso maestro (che gli era sembrato tanto saggio) e lo legò al suo posto sull'altare. Non disse parola, ma lo lasciò lì ad imparare.
 

Il Maestro, che l'osservava da lontano, notando il momento di sgancio, si volse verso Nereo dicendogli: "La terza grande prova è stata superata. Tu gli hai insegnato come affrontarla ed al momento opportuno ne ha tratto profitto. Che prosegua sul Sentiero e impari il segreto del successo."
 

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Avvilito, e pieno d'interrogativi, Ercole continuò la sua ricerca peregrinando in terre lontane. L'anno trascorso prono sull'altare gli aveva insegnato molto. Con maggiore saggezza proseguì per la sua via.
Ad un tratto si fermò. Un grido di profonda angoscia colpì il suo orecchio. Alcuni avvoltoi che volteggiavano su di una roccia lontana attirarono la sua attenzione; poi, di nuovo, quel grido riecheggiò. Doveva continuare il suo cammino, oppure cercare chi sembrava aver bisogno d'aiuto e così ritardare i suoi passi? Rifletté sul problema del ritardo; aveva perduto un anno, sentiva che doveva affrettarsi. Di nuovo quel grido lacerante si udì ed Ercole, a rapidi passi, corse in aiuto del fratello. Trovò Prometeo incatenato ad una roccia, in preda ad atroci tormenti a causa degli avvoltoi che gli laceravano il fegato, uccidendolo lentamente. Ercole spezzò la catena e liberò Prometeo, ricacciò gli avvoltoi nei loro covi e lo curò fino alla guarigione delle sue ferite. Poi, avendo perso molto tempo, si rimise in cammino.
Il Maestro, che l'osservava da lontano, disse al suo allievo che cercava queste chiare parole, le prime che gli venivano dette dall'inizio della sua ricerca: "Il quarto stadio del cammino che conduce all'albero sacro è superato. Non c'è stato alcun ritardo. Sul Sentiero scelto, la regola che affretta ogni successo è "Impara a servire".
Colui Che presiedeva la Camera del Consiglio disse: "Si è comportato bene. Che continui le prove".
 

*  *  *


La ricerca continuò in tutte le direzioni; a nord, a sud, ad est e ad ovest, Ercole cercava l'albero sacro senza trovarlo. Venne un giorno in cui, esausto per l'angoscia e il lungo viaggiare, sentì dire da un pellegrino che passava per la via, che l'albero si poteva trovare nei pressi di una montagna molto distante. Fu la prima notizia giusta che gli pervenne. Volse quindi i suoi passi verso gli alti monti dell'est e, in una splendida giornata di sole, scorse l'oggetto della sua ricerca; subito si affrettò. "Ora toccherò l'albero sacro", gridò nella sua gioia, "abbatterò il drago di guardia, vedrò le fanciulle tanto famose e coglierò i pomi aurei".
Ma di nuovo si arrestò con un senso di profonda pena. Di fronte a lui stava Atlante, vacillante sotto il peso del mondo che portava sulle spalle. Sulla sua faccia erano evidenti i segni della sofferenza; le sue membra erano contratte dal dolore, i suoi occhi erano chiusi per il tormento. Egli non chiedeva aiuto, non vedeva Ercole, ma rimaneva dolorosamente chino sotto il peso del mondo. Ercole lo guardò tremante, valutò la portata di quel peso e di quel dolore e dimenticò la sua ricerca. L'albero sacro ed i pomi svanirono dalla sua mente; egli cercava soltanto di aiutare il gigante e di farlo senza indugio. Si precipitò innanzi e si affrettò a togliere il peso dalle spalle del proprio fratello, mettendolo sulle proprie, assumendo così su di sé il peso del mondo. Chiuse gli occhi nel tendersi per lo sforzo ed ecco! il pesante fardello rotolò via ed egli si ritrovò libero e così anche Atlante.
Innanzi a lui stava il gigante e nelle sue mani teneva le mele d'oro che con amore porgeva ad Ercole. La ricerca era finita.
Le tre sorelle reggevano altri pomi d'oro, che ugualmente misero nelle sue mani. Egle, la bella fanciulla, gloria del sole al tramonto, gli disse, mettendogli un pomo in mano: "La Via per giungere a noi è sempre segnata dal servizio. Le azioni amorevoli sono le pietre miliari del Sentiero". Poi Eriteia, che custodiva la porta attraverso la quale tutti devono passare prima di restare soli innanzi a Colui Che Presiede il Consiglio, gli diede un'altra mela, sulla quale, incisa nella luce, era scritta in oro la parola: Servizio. "Ricordalo", disse, "non lo dimenticare".
Infine giunse Esperia, meraviglia della stella della sera, che gli disse con chiarezza ed amore: "Và e servi e, d'ora innanzi e per sempre, calca la via di tutti i servitori del mondo".
"Allora vi rendo questi pomi per coloro che seguiranno", disse Ercole, e tornò là donde era venuto.
 

*  *  *

 

Quando fu al cospetto del Maestro fece il resoconto di quanto era accaduto. Il Maestro gli rivolse parole di incoraggiamento, quindi, indicando la quarta Porta, gli disse: "Oltrepassa quella Porta, cattura la cerva e ritorna al Sacro Luogo".
 

La Natura della Prova


Eccoci ora alla terza fatica nel segno dei Gemelli, concernente soprattutto il lavoro attivo dell'aspirante sul piano fisico, quando comincia a comprendere se stesso. Prima che tale lavoro attivo sia possibile, deve esserci un ciclo di riflessione interiore e d'aspirazione mistica: cercare la visione ed un processo soggettivo devono essere portati avanti, forse per un tempo molto lungo, prima che l'uomo sul piano fisico possa veramente cominciare il lavoro di unificare l'anima e il corpo. Tale è il tema di questa fatica. È in questo conseguimento sul piano fisico e nel lavoro di guadagnarsi i pomi aurei della saggezza, che ha luogo la vera prova della sincerità dell'aspirante. L'anelito di diventare pervaso di bontà, il profondo desiderio di accertare i fatti della via spirituale, gli sforzi spasmodici di autodisciplina, di preghiera e di meditazione, precedono, quasi immancabilmente, questo sforzo vero e costante.
L'uomo che possiede la visione deve diventare un uomo d'azione: il desiderio deve essere trasportato nel mondo dell'applicazione, in ciò sta la prova nei Gemelli. Il piano fisico è il luogo dove si acquista l'esperienza e dove le cause, che hanno avuto inizio nel mondo dell'impegno mentale, devono manifestarsi e divenire oggettive. È anche il luogo dove si sviluppa il meccanismo del contatto, dove, a poco a poco, i cinque sensi dischiudono all'essere umano nuovi campi di consapevolezza, e gli presentano nuove sfere di conquista e di realizzazione. È il luogo, quindi, dove si acquista conoscenza e nel quale questa conoscenza deve essere trasformata in saggezza. La conoscenza, come sappiamo, è la ricerca attraverso i sensi, mentre la saggezza è l'onniscienza della conoscenza sintetica dell'anima. Pertanto, senza comprensione dell'applicazione della conoscenza, l'uomo perisce, perché la comprensione è l'applicazione della conoscenza nella luce della saggezza, ai problemi della vita e al raggiungimento del fine. In questa fatica Ercole si trova di fronte al tremendo compito di riunire i due poli del suo essere e di coordinare o di accordare l'anima ed il corpo, sì che la dualità ceda il posto all'unità e le coppie degli opposti si fondano.

I Simboli

Euristeo, avendo osservato come Ercole avesse raggiunto il controllo mentale e cavalcato il toro del desiderio fino al Tempio dell'Anima, ora gli affida il compito di cercare e cogliere I pomi aurei nel giardino delle Esperidi. La mela ha avuto sempre una parte importante nella mitologia e nella simbologia. Nel giardino dell'Eden, come sappiamo, il serpente diede la mela ad Eva. Con la consegna della mela e con la sua accettazione, ne risultò la conoscenza del bene e del male. Questo è un modo simbolico di raccontare la storia dell'apparizione della mente e del come cominciò a funzionare in quella creatura primitiva, che non era né animale né ancora veramente umana. Col sorgere della mente venne anche la conoscenza della dualità, dell'attrazione delle coppie degli opposti, della natura dell'anima, che è il bene e della natura della forma, che è il male se incatena l'anima e l'ostacola nella sua piena espressione. Non è male in sé.
È da notare che nel giardino dell'Eden una sola mela fu data all'essere umano, simbolo di separatività, d'isolamento. Ercole dovette andare in cerca dei pomi aurei in un altro giardino e nel giardino delle Esperidi i pomi erano simbolo di pluralità, di sintesi e dei molti nutriti dall'unico albero di Vita.
Ad Ercole furono dette solo tre cose: che vi era un giardino con un albero su cui crescevano le mele d'oro; che l'albero era custodito dal serpente dalle cento teste; che, quando l'avesse trovato, vi avrebbe visto tre belle fanciulle. Ma non gli fu detto in quale direzione si trovava il giardino e come trovarlo. Stavolta non fu confinato in una landa selvaggia, devastata in lungo e in largo da giumente antropofaghe, né confinato nella piccola isola di Creta.
 

La sua ricerca dovette estendersi a tutto il pianeta da nord a sud e da est ad ovest, fino a che non trovò Nereo, dotato di saggezza e versato in tutte le forme d'eloquenza. In alcuni classici è chiamato "l'antico del mare". Egli non era soltanto saggio, ma anche molto elusivo, assumeva diverse forme e si rifiutò sempre di dare ad Ercole una risposta diretta. Alla fine suggerì la direzione nella quale i pomi dovevano essere cercati; lo inviò solo, un po' scoraggiato, con soltanto una vaga idea di ciò che doveva fare e di dove doveva recarsi. Sapeva solo che doveva dirigersi verso Sud, simbolo del ritorno nel mondo, polo opposto dello spirito. Non appena lo fece, incontrò il serpente2 con cui doveva lottare. Nella sua ricerca dei pomi d'oro sul piano fisico, Ercole doveva dominare, come tutti i discepoli, l'annebbiamento e l'illusione. Infatti, nello sviluppare la propria aspirazione spirituale, il discepolo ha molta tendenza ad essere preso dall'astralismo e dallo psichismo inferiore, in una forma o in un'altra. Mentre lottava con il serpente, Ercole si rese conto che questi era invincibile solo finché rimaneva in contatto con la terra. Non appena Ercole lo sollevò alto nell'aria, il serpente (Anteo) divenne molto debole e incapace di batterlo.
Gemelli è un segno d'aria, che appartiene alla croce mutevole. L'illusione cambia continuamente, prendendo una forma o l'altra. Concerne l'apparenza e non la realtà, e la terra rappresenta le apparenze.
Vinto il serpente che gli sbarrava la strada, Ercole proseguì nella sua ricerca. L'incontro successivo fu con un altro aspetto dell'illusione. Busiride era figlio di Poseidone, il dio delle acque, ma sua madre era soltanto una semplice mortale. Egli si proclamava grande maestro, era eloquente ed affascinante nel suo parlare, diceva grandi cose di se stesso, inducendo Ercole a credere che potesse indicargli la via, che poteva condurlo alla luce e che era il custode della verità. Ercole ne fu completamente soggiogato.
A poco a poco cadde sotto l'incanto e il potere di Busiride; progressivamente si arrese alla sua volontà ed alla sua mente e lo accettò quale maestro e guida. Infine Busiride, quando ebbe Ercole completamente sotto il suo controllo, lo legò all'altare del sacrificio, e lo obbligò a dimenticare Nereo. Il mito ci racconta che egli finì col liberarsi e riprendere la sua ricerca, dopo aver legato Busiride all'altare dove egli stesso era stato posto. Troviamo di nuovo qui che scoraggiamento, ritardo, insuccesso e inganno caratterizzano questa parte della prova.
Continuando a cercare in ogni dove, Ercole trovò Prometeo incatenato ad una roccia, circondato da avvoltoi che gli straziavano il fegato. La vista di tale sofferenza era più di quanto Ercole potesse sopportare, così interruppe la sua ricerca per liberare Prometeo, mettendolo in condizione di disperdere gli avvoltoi.
Siamo ora giunti al punto cruciale della Fatica e a ciò che costituisce la vera prova. Ercole incontra Atlante che porta il peso del mondo sulle spalle, vacillante sotto il peso del compito intrapreso. Ercole è così sopraffatto dalla meravigliosa impresa di Atlante e così partecipe delle sue sofferenze nel portare il peso del mondo, che rinuncia alla ricerca delle mele d'oro. Dimentica ciò che egli stesso si è proposto di fare e, per pietà, prende quel peso dalle spalle di Atlante e lo carica sulle proprie. Si racconta, nella splendida conclusione della storia, che Atlante, libero del suo fardello, va nel giardino delle Esperidi, coglie le mele d'oro senza alcun ostacolo da parte del serpente dalle cento teste, con l'entusiastico aiuto delle tre bellissime fanciulle e porta i pomi ad Ercole, anch'egli ormai libero malgrado tutti gli ostacoli, gli impedimenti e le deviazioni causati dall'annebbiamento e dall'illusione. Malgrado gli insuccessi ed il lungo tempo impiegato per giungere alla saggezza, Ercole ottenne infine i pomi d'oro. È da notare che il segno opposto o complementare dei Gemelli è il Sagittario, l'Arciere che lancia dritta la sua freccia e cavalca dritto verso la meta: nessuna deviazione, nessun insuccesso! C'è solo un continuo avanzare.

Il Teatro dell'Azione

Nella costellazione dei Gemelli vi sono due stelle, chiamate dai Greci, Castore e Polluce, ossia i Gemelli. Essi simboleggiano due gruppi maggiori di stelle, le sette Pleiadi e le sette stelle dell'Orsa Maggiore, che sono le due costellazioni, nel nord, attorno alle quali il nostro universo sembra ruotare. Ognuna delle due stelle rappresenta una delle due costellazioni. Dal punto di vista esoterico, il grande mistero di Dio incarnato nella materia e la crocifissione del Cristo cosmico sulla croce della materia, sono collegati al rapporto (che si presume esista fin dai tempi più antichi) tra le stelle delle Pleiadi e quelle dell'Orsa Maggiore. Questi due gruppi di stelle rappresentano Dio, il macrocosmo, mentre in Gemelli, Castore e Polluce erano considerati simboli dell'uomo, il microcosmo. Erano anche chiamati Apollo ed Ercole: Apollo significa il Reggente, il Dio Sole; ed Ercole "colui che viene a lavorare". Essi rappresentano, quindi, i due aspetti della natura dell'uomo, l'anima e la personalità, l'uomo spirituale e l'essere umano attraverso il quale l'entità spirituale agisce: Cristo incarnato nella materia, Dio operante nella forma.
Castore era considerato mortale, Polluce immortale. È un fatto astronomicamente interessante che lo splendore di Castore stia impallidendo e non abbia più la brillantezza di alcuni secoli fa; mentre Polluce, il fratello immortale, diviene sempre più brillante, eclissando il fratello e facendoci così ricordare le parole che il Battista pronunciò guardando il Cristo: "Bisogna che egli cresca ed io diminuisca" (Giovanni III, 30). Abbiamo così una costellazione delle più significative, perché mantiene costantemente davanti agli occhi dell'uomo il pensiero della potenza crescente della vita spirituale e della diminuzione del potere del sé personale. La storia della crescita dell'uomo verso la maturità e quella del dominio progressivo dell'anima ci sono raccontate dalla costellazione dei Gemelli.
 

Nell'antico zodiaco di Denderah, questo segno è chiamato "il luogo di Colui che viene", così il pensiero di un Essere spirituale che emerge ci viene tenuto presente. È rappresentato da due figure, l'una maschile e l'altra femminile; l'una il positivo, l'aspetto spirito e l'altra il negativo, l'aspetto materia. Il nome copto e quello ebraico del segno dei Gemelli significano "unito", e questo è lo stato di Ercole, l'aspirante: egli è anima e corpo uniti. Questo era il problema da risolvere nel segno dei Gemelli. Unificare il sé inferiore con il sé superiore, l'aspetto mortale con quello immortale: tale è l'obiettivo. Era questo il problema che deviò e prolungò la ricerca intrapresa da Ercole poiché egli era alquanto attento alla voce di Nereo, il sé superiore, ma talvolta cadeva nell'illusione e nel fascino del sé inferiore.
La dualità messa in rilievo in Gemelli caratterizza un gran numero di storie mitologiche. Ad esempio, ritroviamo gli stessi fratelli in Romolo e Remo, in Caino ed Abele: un fratello muore e l'altro vive. Lo stesso simbolo astrologico dei Gemelli lo troviamo nelle due colonne della Massoneria. Molti credono che se avessimo il potere di farlo, la tradizione massonica potrebbe essere fatta risalire al periodo antecedente l'età del Toro, quando il sole era in Gemelli e a quel grande ciclo in cui venne in esistenza la razza Lemure, la prima strettamente umana, quando l'aspetto mente cominciò ad emergere e la dualità del genere umano divenne un fatto di natura.
 

La razza Lemure fu la terza razza; e questa fatica, intrapresa simbolicamente da Ercole, fu la terza. La ricerca in cui era impegnato, era quella dell'anima, che è sempre stata la ricerca inconsapevole dell'essere umano fino a che non giunga il tempo in cui riconosca di essere egli stesso Ercole e cominci ad avviarsi alla ricerca delle mele d'oro dell'istruzione e della saggezza. Così, nella tradizione massonica, la ricerca della famiglia umana è tipicamente rappresentata dalla ricerca della luce, dell'unità e della divinità. E così i due pilastri, Boaz e Jachin, sono l'emblema della dualità.
In Cina, si parla di Castore e Polluce come dei due "dèi della porta", evidenziando con ciò il tremendo potere che il dio della materia può assumere e anche la potenza della divinità.
Gemelli è soprattutto il segno dell'intelletto ed ha un particolare effetto vitale sulla nostra razza ariana. In questa razza la facoltà mentale e l'intelletto sono stati in continuo sviluppo.
Gemelli quindi influenza tre settori concernenti i rapporti umani. In primo luogo governa tutta l'educazione, ha rapporto con il sapere, con le scienze e getta le basi della saggezza. Un educatore ha detto che "lo scopo ultimo dell'educazione è l'acquisizione della conoscenza al fine di ricevere rivelazioni superiori. L'uomo non intelligente può riceverla, ma non interpretarla". In questa fatica Ercole riceve un'eccezionale rivelazione e nei cinque stadi della sua ricerca la sua educazione procede costantemente. Il governatore exoterico di Gemelli e del primo decanato è Mercurio poiché, come dice Alan Leo: "Mercurio nel mondo esterno significa scuole, collegi e tutti i luoghi in cui s'insegna e s'apprende, istituzioni scientifiche e letterarie; nella coscienza significa pensiero, comprensione, ragione, intelligenza, intelletto; il genere astratto piuttosto che il concreto, la conoscenza per sé stessa... La sua più elevata applicazione pare essere quella che è chiamata 'ragion pura'... Nel corpo governa il cervello e il sistema nervoso, la lingua e gli organi della parola, le mani come strumenti dell'intelligenza". Alan Leo, Dizionario completo d'astrologia, pag. 163.
In secondo luogo, Gemelli rappresenta i rapporti. Esso governa perciò il linguaggio, i rapporti interpersonali, le comunicazioni ed il commercio. È interessante notare che gli Stati Uniti e Londra sono governati dal segno dei Gemelli; che l'inglese sta diventando la lingua predominante nel mondo; che le più grandi linee di comunicazione attraverso l'oceano partono da New York o da Londra e che queste città sono divenute mercati e centri di distribuzione mondiali. Mercurio, il pianeta che governa questo segno, è l'interprete e il messaggero degli dèi. È anche da notare a tal riguardo che Ercole subì l'influenza di due istruttori: Nereo, l'istruttore superiore e Busiride, l'istruttore inferiore o psichico; e così ritroviamo nuovamente enfatizzate sia la dualità che la qualità mentale dei Gemelli.


Quando questo segno potente e mutevole è in evidenza, come lo è ora, inaugura molti cambiamenti; nuove idee fluiscono nel mondo; nuovi impulsi si fanno sentire; stanno emergendo nuove, non ancora sviluppate linee d'approccio verso verità spirituali e molti istruttori sorgeranno ovunque per aiutare a condurre la razza in un nuovo stato di consapevolezza spirituale. Essendo un segno d'aria, troviamo che la conquista dell'aria sta procedendo rapidamente e anche che viene compiuto un costante sforzo per unificare e coordinare i molteplici e vari aspetti delle attività umane.
Venere è il reggente esoterico di Gemelli e governa il secondo decanato; poiché Venere unifica e raccorda e sotto il suo influsso agisce la legge d'attrazione e d'unione dei poli opposti. Ma tutti questi cambiamenti e unificazioni inaugurano, naturalmente, un nuovo stato di coscienza, un nuovo modo d'essere e introducono una nuova era e un nuovo mondo. Di conseguenza sorgono nuove difficoltà e nuovi problemi. E qui troviamo Saturno che governa l'ultimo decanato, poiché Saturno è il pianeta del discepolato, il pianeta che apporta le difficoltà, i problemi e le prove che offrono al discepolo opportunità immediate. È Saturno che apre la porta dell'incarnazione ed è Saturno che apre quella del sentiero dell'iniziazione. Mercurio è l'interprete e l'intelletto che illumina; Venere, il principio d'attrazione e d'unificazione e Saturno, il generatore delle opportunità: questi tre pianeti svolgono la loro parte nella vita dell'aspirante mentre lavora per unire il superiore con l'inferiore, passa attraverso i cinque stadi di questa prova e ha visione della meta ultima da raggiungere.

Le tre costellazioni simboliche

Le tre costellazioni in rapporto con questo segno sono la Lepre, il Cane Maggiore e il Cane Minore. Nella loro reciproca relazione e nel legame con Ercole, l'aspirante, è tracciata in modo assai sorprendente tutta la storia dell'essere umano. Nel Cane Maggiore troviamo Sirio, la Stella del Cane, chiamata in molti antichi testi "la guida dell'intera schiera celeste", poiché è dieci o dodici volte più luminosa di qualsiasi altra stella di prima grandezza. Sirio è stata sempre associata al forte calore, da qui il termine "canicola", in piena estate, quando si suppone che il caldo sia giunto al massimo. Dal punto di vista dell'occultista, Sirio ha un profondo significato. "Il nostro Dio è un fuoco che consuma" e Sirio è il simbolo sia dell'anima universale che dell'anima individuale. È, quindi, considerata esotericamente la stella dell'iniziazione. Nel linguaggio simbolico è detto che giunge un momento in cui una stella risplende davanti all'iniziato, a significare la presa di coscienza della sua identità con l'anima universale ed egli intravede improvvisamente attraverso la propria anima, la propria stella.
Il Cane Maggiore è l'immortale Cane del Cielo che eternamente insegue il Cane minore, il cane inferiore, l'uomo incarnato. Quest'inseguimento è stato immortalato per noi da Francis Thompson ne: "Il Segugio dei Cieli".
 

Lo fuggii, per notti e per giorni;
Lo fuggii, nell'arco degli anni;
Lo fuggii, nei labirinti della mia stessa mente;

E tra le lacrime
Mi nascosi a Lui, sotto un riso continuo.

Mi lanciai verso intraviste speranze;
E colpito precipitai,
Giù nella titanica oscurità di timori abissali,
Da quei forti passi che seguivano, incalzavano.

 

Nello zodiaco di Denderah, questa stella è chiamata Apes, la testa. Ci vien detto che la stella più luminosa nel Cane Maggiore è Sirio, il Principe, chiamato in persiano "Il Comandante". Vi sono altre tre stelle nella medesima costellazione: una è chiamata "la annunciatrice", un'altra "la splendente", e la terza "la gloriosa"; tutte queste espressioni esaltano la magnificenza del Cane Maggiore e, esotericamente, la meraviglia e la gloria del sé superiore.
Nel Cane Minore, il "cane inferiore", viene detto che il nome della sua stella più luminosa significa "il redentore" e che la seconda in luminosità è detta "il portatore di fardelli" o "colui che porta i pesi degli altri". Abbiamo quindi, nel significato di questi due nomi, una raffigurazione di Ercole che lavora per la propria salvezza e che porta il grande peso di Atlante, imparando così il significato del servizio.
La Lepre, associata a queste due costellazioni, contiene una stella di un intenso colore cremisi, quasi come una goccia di sangue. Il rosso è sempre il simbolo del desiderio per le cose materiali. Nello zodiaco di Denderah, il suo nome è Bashtibeki, che significa "che cade confusa". Arato, scrivendo verso il 250 a. C., parlava della Lepre come "eternamente inseguita" ed è interessante notare che i nomi ebraici di alcune stelle in questa costellazione significano "il nemico di Colui che viene", che è il significato del nome della stella più brillante, Arneb; mentre tre altre stelle hanno nomi che significano "il pazzo", "l'incatenato", "l'ingannatore". Tutte queste parole sono caratteristiche del sé inferiore eternamente inseguito dal Sé superiore: l'anima umana inseguita dal Cane del Cielo.


La notte, osservando il cielo stellato e localizzando Sirio, la Stella del Cane, vediamo raffigurata drammaticamente la storia del nostro passato, presente e futuro. Abbiamo la storia del nostro passato nella Lepre, sempre in corsa, ingannata, pazza, legata alla ruota della vita, identificata con l'aspetto materia e sempre nemica de "Il Principe Che Viene".
 

Nel Cane Minore abbiamo la storia dell'aspirante, il nostro presente destino. Entro di noi dimora la guida interiore, la divinità celata, il redentore. Procediamo di conquista in conquista, ma dobbiamo farlo come discepolo che serve, carico dei pesi altrui. In Cane Maggiore è raffigurato il nostro futuro e un destino tanto glorioso, da essere al di là di ogni nostra attuale capacità di comprendere. Anche se tutte le religioni e tutte le sacre scritture del mondo andassero perdute e non ci rimanesse che il cielo stellato, la storia dello zodiaco ed il significato dei nomi delle varie stelle nelle diverse costellazioni ci metterebbero in grado di rintracciare la storia dell'uomo, di recuperare la consapevolezza della nostra meta e di apprendere il modo di conseguirla.
 

La Lezione della Prova


Questa storia rappresenta in verità la prima lezione che tuffi gli aspiranti devono superare e che è impossibile apprendere fino a che non siano state superate le prove in Ariete e in Toro. Allora, sul piano fisico, nel cervello e nella coscienza risvegliata, il discepolo deve registrare il contatto con l'anima e riconoscerne le qualità. Non deve essere più un visionario mistico, ma deve aggiungere al conseguimento mistico la conoscenza occulta della realtà. Ciò è spesso dimenticato dagli aspiranti, che si accontentano dell'aspirazione e della visione della meta celeste. Essi hanno elaborato, nel crogiolo della vita, un equipaggiamento caratterizzato dalla sincerità, dal desiderio di bene, da un buon carattere e sono coscienti della purezza dei loro moventi, hanno la buona volontà di adempiere a tutto quanto è loro richiesto e la soddisfazione di aver raggiunto un certo stadio di sviluppo che dà loro il diritto di andare avanti. Ma una cosa ancora manca loro: non hanno ciò che si potrebbe chiamare "la tecnica della presenza"; essi non hanno il privilegio né le prerogative per possederla. Credono nell'anima e nella possibilità della perfezione, nel sentiero che si deve percorrere, ma la fede non è ancora trasmutata in conoscenza del regno spirituale e non sanno come fare per giungere alla meta! Così, come fece Ercole, essi iniziano la quintuplice ricerca.
Il primo stadio di questa ricerca sarebbe pieno d'incoraggiamento per loro, se fossero in grado di capire gli avvenimenti. Al pari di Ercole, essi incontrano Nereo, simbolo del sé superiore e, in uno stadio più avanzato della storia del discepolo, simbolo del Maestro. Se contattato, specialmente nei primi stadi della ricerca, il sé superiore si manifesta con un lampo d'illuminazione così improvvisa, così elusiva, così fugace, che, a tutta prima, il discepolo non può afferrarla; è un cenno che cade nella coscienza nei momenti di attenzione concentrata, quando la mente è mantenuta ferma e le emozioni cessano temporaneamente di controllarla.
Nel caso di un discepolo più avanzato che abbia stabilito il contatto con l'anima e che, perciò, si suppone sia pronto per ricevere istruzioni da una dei grandi Insegnanti dell'Umanità, si vedrà che il Maestro agisce proprio come Nereo. Il Maestro non può essere sempre contattato, ed il discepolo può comunicare con lui solo occasionalmente. Quando ciò avviene, non deve aspettarsi congratulazioni per il suo straordinario progresso, né troverà un'accurata spiegazione del suo problema, oppure una dettagliata esposizione del lavoro che dovrebbe fare. Il Maestro gli darà solo un accenno e sparirà. Darà un suggerimento senza aggiungere altro. Spetta al discepolo agire sulla base del cenno avuto quanto meglio può e seguire il consiglio, se lo riterrà saggio.
Molti occultisti ben intenzionati vorrebbero far credere che i Maestri di Saggezza abbiano per loro un interesse personale, che le Guide dell'Umanità, già sovraccariche di lavoro, non abbiano migliore occupazione che quella di dir loro come vivere, come risolvere i loro problemi e come guidare dettagliatamente le loro imprese. Desidero qui protestare con fermezza contro la piccineria di tale atteggiamento nei confronti dei Grandi Esseri. Le ragioni per cui Nereo, il Maestro, è elusivo e non concede più che un subitaneo pensiero o un'attenzione momentanea all'aspirante, sono due.
Primo, il Maestro non ha alcun interesse personale per il singolo aspirante fino a che egli non abbia raggiunto quel punto della sua evoluzione in cui è in così stretto contatto con la Sua anima da diventare un servitore magnetico nel mondo. Allora, e solo allora, sarà di profitto per il Maestro fargli pervenire un pensiero e dargli un cenno. Poi, via via che quelle indicazioni vengono seguite, potrà dargliene ancora, ma, e questo è il punto che deve essere rilevato, solo in rapporto con il lavoro che deve fare nel campo del servizio mondiale.

 

Gli aspiranti devono ricordare che diventeranno dei maestri soltanto padroneggiando se stessi, e che saranno condotti a divenire maestri e portati a far parte del gruppo dei Servitori Mondiali mediante gli sforzi della loro stessa anima. Quest'anima è un divino figlio di Dio, onnisciente ed onnipotente. A mano a mano che il gemello immortale cresce in potere e splendore, quello mortale declina.
In secondo luogo, il corpo fisico dell'aspirante non è in condizioni tali da sopportare la vibrazione molto elevata di Chi è giunto alla meta. Il corpo ne sarebbe rovinato e il cervello non resisterebbe all'alta tensione, se uno dei Maestri mantenesse un costante contatto con un discepolo prima che questi abbia imparato a conoscere Nereo quale simbolo del suo Sé Superiore. Quando con i nostri propri sforzi cominceremo a vivere come anime e quando, per nostra stessa iniziativa, impareremo a servire e ad essere dei canali di energia spirituale, allora conosceremo Nereo più intimamente; e allora, quasi inevitabilmente, la nostra consapevolezza del lavoro che i Grandi Esseri debbono svolgere sarà così vitale e così reale, da farci trascendere il nostro stesso desiderio di contatto per cercare soltanto di sollevare il peso che Essi portano.
All'inizio della sua ricerca, Ercole incontra Nereo; ma non ne è impressionato per cui se ne va altrove, cercando furiosamente di soddisfare la sua aspirazione. Alla fine della ricerca incontra Atlante, che regge il peso del mondo; Ercole resta così scosso per il peso di quella responsabilità che grava su Atlante, il Grande Maestro, che dimentica la meta prefissa e la ricerca dei pomi d'oro e si adopera per togliergli dalle spalle il pesante fardello. Quando gli aspiranti che operano nel campo religioso e nella Chiesa, nel campo Teosofico e Rosacruciano, e nei molti gruppi verso i quali gravitano, avranno imparato a dimenticare se stessi nel servizio e a perdere di vista il loro egoismo spirituale aiutando l'umanità, vi sarà un afflusso molto più rapido di iniziati attraverso la porta del Sentiero che conduce dalle tenebre alla Luce, dall'irreale al Reale. Uno dei Grandi Esseri ha detto che "vi sono persone che, pur non avendo alcun segno esterno di egoismo, sono intensamente egoistiche nelle loro più profonde aspirazioni spirituali" (Lettere dei Mahatma a A. P. Sinnett, pag. 360). Più avanti egli ci presenta uno stupendo concetto che va alla radice dell'egoismo spirituale:
"Alla nostra vista, le più alte aspirazioni per il benessere dell'umanità si tingono di egoismo se, nella mente del filantropo, si cela l'ombra del desiderio di un beneficio personale...".
 

Ercole, il discepolo, era venuto in contatto con il sé superiore, ma non aveva sufficiente conoscenza per stare con Nereo. Così si volse verso il sud, ossia tornò nel mondo. Aveva avuto il suo momento elevato allorché aveva trasceso la sua coscienza cerebrale, dialogando con la sua anima. Ma ciò non durò a lungo ed egli ricadde nella coscienza cerebrale, entrando poi in una nuova esperienza. Dovette lottare con Anteo, il serpente (o gigante). Ma questa volta era il serpente del fascino astrale e non, come prima, il serpente del desiderio. È col fascino dello psichismo inferiore che egli deve lottare e ciò, nei primi stadi, pare attragga immancabilmente l'interesse degli aspiranti. Ogni istruttore che abbia lavorato con coloro che cercano la Via, conosce il fascino sotto cui facilmente essi cadono. L'illusione corrisponde al temperamento dell'aspirante. Alcuni vengono sviati dai fenomeni spiritici. Nel tentativo di penetrare nel velo, essi sono presi dal lato inferiore dello spiritismo e passano molto tempo in sedute spiritiche, studiando ripetutamente gli stessi vecchi fenomeni di materializzazione, di comunicazione e di manifestazioni spiritiche. Non alludo qui alle vere investigazioni scientifiche di coloro che approfondiscono queste ricerche, essendo equipaggiati a farlo. Mi riferisco alla partecipazione ignorante in certi tipi di sedute spiritiche. Ciò coinvolge l'uomo e la donna di medio sviluppo e li mette alla mercè di medium egualmente ignoranti o di ciarlatani, i quali sono inabili a verificare in alcun modo ciò che vedono e sentono.
Il serpente può assumere l'aspetto dei fenomeni psichici più comuni. L'aspirante prende interesse alla scrittura automatica, o impara ad ascoltare "voci"; diventa chiaroveggente e chiarudiente sul piano astrale e aggiunge alla confusione del piano fisico e del suo particolare ambiente, la confusione ancora più grande del piano psichico, cadendo così nei tranelli e nelle insidie dell'astralismo.
 

Diventa in questo modo negativo perché cerca sempre di sentire e di vedere quello che non è fisico. Poiché condividiamo con i cani ed i gatti la capacità della chiaroveggenza e della chiarudienza, si finisce davvero col vedere e sentire, se non in realtà, quanto meno in virtù di quella facoltà creativa che tutti possediamo: l'immaginazione. Ma, in una forma o nell'altra, l'aspirante che ha lasciato Nereo incontrerà il serpente e dovrà lottare con lui. Per molto tempo, dichiara il mito, Ercole non poté sopraffarlo, ma quando lo sollevò ben alto in aria, vinse.
Vi è una grande verità sottostante a questo simbolismo. L'aria è stata sempre considerata come il simbolo o l'elemento del piano Cristico, chiamato nella terminologia teosofica ed in oriente il piano buddhico. Il piano astrale è un riflesso distorto del piano buddhico, ed è solo quando porteremo l'illusione nella chiara luce dell'Anima Cristica che vedremo in realtà la verità come essa è, e diverremo invincibili.
Molto seriamente, pregherei tutti gli aspiranti di astenersi da ogni interesse per i fenomeni psichici e di bandire con la massima fermezza il piano astrale finché non abbiano sviluppato il loro potere intuitivo e imparato a interpretare le loro intuizioni per mezzo di una mente ben sviluppata, ben informata e ben addestrata.
Il successivo stadio della ricerca di Ercole è parimenti applicabile all'umanità nel suo insieme. Egli cadde nelle grinfie di Busiride, che si proclamava grande maestro e da questi fu tenuto per molto tempo in schiavitù. Il mondo oggi è pieno di maestri che, come Busiride, basano i loro insegnamenti su asserzioni pretenziose; proclamano di essere degli iniziati, custodi della verità e di possedere un metodo certo e sicuro di sviluppo che inevitabilmente metterà l'aspirante in grado di realizzarsi. Essi sostengono la loro posizione con promesse; costruiscono forti rapporti personali e, utilizzando la sincerità e l'aspirazione di chi cerca la verità, radunano intorno a sé gruppi di uomini e di donne che innocentemente e sinceramente credono alla verità delle loro pretese, e li legano all'altare del sacrificio per un tempo più o meno lungo. Il vero iniziato si riconosce dalla sua vita e dalle sue azioni; è troppo occupato a servire l'umanità per trovare il tempo di suscitare dell'interesse su se stesso; non può fare promesse oltre a dire ad ogni aspirante: "Queste sono le regole antiche, questa è la via che tutti i Santi ed i Maestri di Saggezza hanno calcato, questa è la disciplina a cui dovete assoggettarvi e, se avrete costanza e pazienza, la meta sarà vostra sicuramente".
 

Ma Ercole si liberò, come tutti i sinceri ricercatori; e sfuggito al mondo dello psichismo e dell'illusione pseudo-spirituale, cominciò a servire. Anzitutto liberò se stesso sotto il simbolo della liberazione di Prometeo, che significa il Dio incarnato, liberandolo dalle torture degli avvoltoi del passato. Il plesso solare, lo stomaco ed il fegato sono esteriorizzazioni, se così si può dire, della natura del desiderio ed Ercole si liberò dagli avvoltoi del desiderio che per così lungo tempo l'avevano torturato. Rinunciò ad essere egoista ed a soddisfare se stesso. Aveva avuto due amare lezioni in questo segno e per questo particolare ciclo fu relativamente libero. Prometeo, il Dio interiore, poteva procedere nel servizio al mondo e sollevare il peso di Atlante.
Dopo il sacrificio viene la ricompensa ed Ercole la ricevette in modo sorprendente dopo aver liberato sia Prometeo che Atlante. Avendo egli rinunciato alla sua ricerca per aiutare il mondo, Atlante andò a cercarlo nel giardino e gli porse le mele d'oro, mettendolo in contatto con le tre splendide fanciulle, i tre aspetti dell'anima.
Al principio di questa fatica Ercole prende contatto con la sua anima impersonata da Nereo; alla fine, avendo superato molto del fascino illusorio, raggiunge una visione ben più profonda della sua anima e la vede nei suoi tre aspetti, ognuno dei quali ha in sé il potere dei tre principi della divinità. Egle simbolizza la gloria della vita e lo splendore del sole al tramonto, la magnificenza della manifestazione sul piano fisico. Ella dà il pomo ad Ercole dicendogli: "La via che porta a noi è sempre costellata di azioni amorevoli". Eriteia custodisce la porta, l'anima, che viene aperta sempre dall'Amore-Saggezza, dà ad Ercole un pomo su cui è scritto in oro la parola Servizio. Esperia, la stella della sera, la stella dell'iniziazione, rappresenta la Volontà e dice ad Ercole: "Calca la Via". Corpo, anima e spirito; Intelligenza, Amore e Volontà, visualizzati e contattati dall'aspirante dimentico di sé per mezzo del Servizio.