LA QUINTA FATICA
L'Uccisione del Leone di Nemea
((Leone, 22 Luglio - 21 Agosto)

Il Mito

Il grande Essere Che presiede nella Camera del Consiglio del Signore parlava del Piano di Dio per tutti gli uomini, che sono i figli di Dio. Il Maestro era alla sua destra e ascoltava le sue parole. Ercole riposava dalle sue fatiche.
Colui Che presiede nella Camera del Consiglio del Signore osservò il guerriero affaticato che riposava e vide i suoi pensieri. Allora disse al Maestro che stava al suo fianco: "L'ora di una tremenda prova si avvicina. Quest'uomo, figlio dell'uomo e anche figlio di Dio, deve tenersi pronto. Esamini bene le armi che possiede, lucidi il suo scudo e immerga le sue frecce in un veleno letale, perché orrenda e terribile è la prova che l'attende. Che si prepari".
Ercole, riposandosi dalle sue fatiche, nulla conosceva della prova che l'attendeva. Si sentiva pieno di coraggio. Più e più volte, attraversata la quarta Porta, aveva inseguito la cerva sacra fino al tempio del Signore, finché era giunto al tempo in cui la timida cerva aveva conosciuto bene il cacciatore che la inseguiva e docilmente si era sottomessa al suo comando. Così molte e molte volte Ercole aveva stretto al cuore la cerva e l'aveva portata al tempio del Signore. Così egli riposava.


*  *  *
 

Innanzi alla quinta grande Porta stava Ercole, armato fino ai denti con tutti i doni del guerriero e, nell'osservarli, gli dèi notarono il suo passo fermo, il suo occhio ardente e la sua mano pronta. Ma nel profondo del suo cuore egli si chiedeva:
"Cosa faccio qui? Qual è la prova e perché cerco di attraversare questa Porta?" - e così dicendo, aspettava di udire una voce - "Cosa faccio io qui, o Maestro della mia vita, armato come vedi, completamente parato a guerra? Che cosa faccio qui?"
"Un appello è risuonato, o Ercole, un appello di profonda angoscia. Le tue orecchie esterne non hanno risposto al richiamo, ma il tuo orecchio interiore ne conosce bene la necessità, perché ha udito una voce, anzi, molte voci che ti parlano del bisogno e ti spronano ad avventurarti. Il popolo di Nemea cerca il tuo aiuto. Esso è in gran pena. La conoscenza del tuo valore si è propagata e tutti sperano che tu uccida il leone che devasta la loro terra, prendendosi gran tributo di uomini.
"È quello il suono selvaggio che odo?", chiese Ercole. "È il ruggito di un leone che odo nell'aria della sera?" Il Maestro disse: "Và, cerca il leone che devasta la terra che sta oltre la quinta Porta. La gente di questa terra devastata vive silenziosamente dietro porte sbarrate. Non si arrischia ad uscire per lavorare, né per coltivare la terra o seminare. Da nord a sud, da est ad ovest il leone si aggira furtivo e ghermisce tutti coloro che incontra sul suo cammino. Il suo impressionante ruggito si sente per tutta la notte e tutti tremano dietro le porte sbarrate. Cosa vuoi fare, Ercole? Cosa intendi fare?".
Ercole, udito ciò, rispose al richiamo. Presso la grande Porta che si apriva direttamente verso il paese di Nemea, lasciò cadere la pesante armatura, trattenendo per suo uso la clava, tagliata con le sue mani da un giovane albero.
"Che cosa fai ora, o figlio dell'uomo, che sei anche figlio di Dio? Dove sono le tue armi e dove la tua sicura difesa?"
"Tutta questa bella raccolta d'armi mi appesantisce, ritarda la mia sveltezza ed ostacola la mia partenza per la Via. Non mi serve altro che la mia robusta clava e, con questa clava e con cuore intrepido, andrò per la mia via a cercare il leone. Fa sapere al popolo di Nemea che io sono sulla Via e dì loro di liberarsi dalla paura.


*  *  *
 

Di luogo in luogo passò Ercole cercando il leone. Trovò il popolo di Nemea nascosto dietro porte chiuse, tranne pochi che si avventuravano fuori spinti dal bisogno o dalla disperazione. Camminavano sulla strada principale nella piena luce del giorno, ma colmi di paura. Salutarono Ercole dapprima con gioia, ma poi espressero perplessità vedendo in qual modo viaggiasse: nessuna arma, scarsa conoscenza delle abitudini del leone e con nient'altro che una fragile clava di legno.
"Dove sono le tue armi, o Ercole? Non hai tu paura? Perché cerchi il leone senza difesa? Và, prendi le tue armi ed il tuo scudo. Il leone è forte e feroce e numerosi sono quelli che ha divorato. Perché correre tale rischio? Và a cercare le armi e l'armatura da battaglia." Ma in silenzio, senza rispondere, il figlio dell'uomo, che era anche figlio di Dio, continuò per la sua Via, cercando le orme del leone e seguendone il ruggito.
"Il leone dov'è?", chiedeva Ercole. "Il leone è qui", gli fu risposto. "No, è lì", aggiunse una voce piena di paura. "Non è così, replicò un terzo, "ho udito questa settimana il suo ruggito nei pressi della foresta montana". "Ed io lo stesso, ma qui, in questa valle dove ci troviamo." E ancora un altro disse: "Ho visto le sue orme sul sentiero che ho percorso, perciò, Ercole, ascolta la mia voce e seguilo fino alla sua tana".
 

*  *  *
 

Così Ercole continuò il suo cammino, senza paura e tuttavia spaventato, solo e tuttavia non solo, perché sulla pista che seguiva trovava altri che lo accompagnavano con speranza, sebbene tremanti di paura. Per giorni e notti cercò la Via, ascoltando il ruggito del leone, mentre la gente di Nemea si rannicchiava dietro alle porte chiuse.
Ad un tratto scorse il leone che si trovava al limitare di un folto boschetto di giovani alberi. Vedendo avvicinarsi un nemico, che pareva assolutamente senza paura, ruggì e al suo ruggito i giovani alberi ondeggiarono, gli abitanti di Nemea fuggirono ed Ercole rimase fermo. Afferrò il suo arco e scoccò una freccia con mano sicura ed occhio fermo, verso la spalla del leone. Ma la freccia cadde a terra senza ferirlo. Tirò ancora e ancora, fino a che non gli rimasero più frecce nella faretra. Allora il leone, illeso, inferocito, per nulla impaurito, avanzò verso di lui. Gettando l'arco a terra, il figlio dell'uomo, che è figlio di Dio, corse gridando verso il leone che stava sulla Via, bloccava il cammino ed era sbalordito da tanta prodezza, mai incontrata fino ad allora. Ercole avanzava. Improvvisamente il leone si voltò e fuggì da Ercole, precipitandosi in una macchia sui pendii rocciosi di un ripido sentiero di montagna.
Così i due continuarono. Ad un tratto, mentre Ercole avanzava sulla Via, il leone scomparve e non fu più visto o sentito.
Ercole si fermò sulla Via e stette in silenzio. Cercò da tutte le parti, stringendo la fedele clava, l'arma che egli stesso aveva costruito, il dono che lui stesso si era fatto in giorni lontani. Cercò per ogni dove, passò per ogni strada, andando da un punto all'altro sulla stretta via che saliva serpeggiando sul fianco della montagna. Improvvisamente si trovò presso un antro da cui proveniva un poderoso ruggito, una voce selvaggia che rintronava e pareva gli ordinasse di fermarsi pena la vita. Ed Ercole, calmo, gridò alla gente del paese: "Il leone è qui. Aspettate che compia la mia impresa". Ed Ercole, figlio dell'uomo ma anche figlio di Dio, entrò nella caverna e l'attraversò in tutta la sua tenebrosa lunghezza, uscendo nuovamente alla luce del giorno da un'altra uscita dell'antro senza trovare il leone. Fermandosi udì il leone dietro di lui, non davanti.
"Che cosa devo fare?" si chiese Ercole. "Questa caverna ha due aperture; quando entro da una parte il leone esce e poi rientra da quella che ho lasciato dietro di me. Cosa devo fare? Le armi non mi servono. Come uccidere questo leone e salvare il popolo dalle sue fauci? Cosa devo fare?"
 

Mentre si guardava intorno per vedere cosa fare e udiva il ruggito del leone, scorse alcune cataste di legno e pali in gran quantità a portata di mano. Spingendoli e trascinandoli con tutta la sua forza, li accatastò nell'apertura vicino a lui, bloccandola così dai due lati e chiudendosi nell'antro assieme al feroce leone. Poi si voltò e lo affrontò.
Ercole afferrò il leone con le due mani tenendolo stretto e soffocandolo. Il fiato della belva investiva il suo viso, ma egli continuò a stringergli la gola, fino a strozzarlo. Sempre più flebile si faceva quel ruggito d'odio e di paura; sempre più debole diveniva il nemico dell'uomo; sempre più giù si accasciava il leone; ma Ercole manteneva la stretta. E così uccise il leone con le sue mani, senza armi, con la sua poderosa forza. Egli uccise il leone, lo scuoiò e ne mostrò la pelle alla gente fuori dalla caverna. "Il leone è morto", tutti gridarono. "Il leone è morto. Possiamo ora vivere, e coltivare le nostre terre, seminare le necessarie semenze e camminare insieme in pace. Il leone è morto e grande è il nostro liberatore, il figlio dell'uomo che è figlio di Dio: Ercole".
Così Ercole ritornò trionfante da Colui che l'aveva mandato a mettere alla prova la sua forza, a servire e ad andare incontro al bisogno di coloro che si trovavano nella disperazione. Egli stese la pelle del leone ai piedi di colui che era il Maestro della sua vita ed ottenne il permesso di indossarla al posto di quella oramai consunta dall'uso.
"L'impresa è compiuta. Il popolo ora è libero. Non vi è più paura. Il leone è morto. L'ho strangolato con le mie mani.
 

"Nuovamente, Ercole, hai ucciso un leone. Di nuovo l'hai strangolato. I leoni ed i serpenti devono essere uccisi più e più volte. Hai agito bene, figlio mio, va e riposa in pace con coloro che hai liberato dalla paura. La quinta fatica è terminata e lo dirò a Colui che Presiede e che siede aspettando nella Camera del Consiglio del Signore. Riposa in pace."
E dalla Camera del Consiglio giunse una voce: Lo so.
 

Il Numero Cinque
 

Nel quinto segno, il Leone, Ercole compie una delle sue fatiche meglio conosciute storicamente. L'uccisione del leone di Nemea, infatti, è stata sempre associata ad Ercole, anche se è interessante notare che questa famosa fatica non ha alcuna relazione con la pelle del leone che Ercole indossava sempre. Quella era la pelle del leone che egli aveva ucciso prima d'intraprendere le sue fatiche e che fu il suo primo atto di servizio. Con quell'atto egli aveva dimostrato d'essere pronto di essere messo alla prova e addestrato.
Questa è una delle fatiche più interessanti dal punto di vista dello studio dei numeri. Per comprenderla bene ed afferrarne il vero significato dobbiamo renderci conto dell'importanza del numero cinque che la distingue. Dal punto di vista esoterico, il cinque è il numero dell'uomo, perché l'uomo è un divino figlio di Dio, più il quaternario che consiste nella sua quadruplice natura inferiore: il corpo mentale, il corpo emotivo, il corpo eterico e l'involucro fisico. Nel linguaggio degli psicologi, l'uomo è un sé, una continuazione degli stati mentale, emotivo, vitale e l'apparato di risposta del corpo fisico. Come abbiamo visto nei precedenti quattro segni, il quaternario viene posto in rapporto con l'anima che s'incarna.
In Ariete, l'anima prese per sé quel tipo di materia che l'avrebbe, poi, resa capace di mettersi in rapporto con il mondo delle idee. Si è rivestita di un involucro mentale e ha aggiunto all'individualità quelle combinazioni di sostanza mentale attraverso le quali potersi esprimere al meglio. Così l'uomo è diventato un'anima pensante. In Toro, è stato contattato il mondo del desiderio ed è stata seguita una procedura analoga. I mezzi per avere un contatto cosciente col mondo dei sentimenti e delle emozioni sono stati così sviluppati e l'uomo è diventato un'anima senziente. In Gemelli si è formato un nuovo corpo d'energia vitale, riunendo le energie dell'anima e della materia, per cui l'uomo è divenuto un'anima vivente, essendo i due poli entrati in rapporto, ed è venuto così in esistenza il corpo vitale o eterico.
 

In Cancro, che è il segno della nascita fisica e dell'identificazione dell'unità con la massa, l'opera dell'incarnazione è completata e la quadruplice natura è manifestata. L'uomo è diventato attore vivente sul piano fisico. Ma è in Leone che l'uomo diventa ciò che occultamente è chiamato la stella a cinque punte, perché quella stella è il simbolo dell'individualizzazione, dell'umanità, dell'essere umano che conosce se stesso come individuo e che diviene consapevole di essere il Sé. E in questo segno che cominciamo ad usare le parole "io" e "mio".
La Saggezza senza età dell'oriente ci dice che il numero cinque è il più occulto ed il più profondamente significativo dei numeri. Essa afferma che il gruppo di esseri spirituali celesti, che presero l'incarnazione sulla terra, si manifestarono mediante il quaternario, portando così in esistenza la famiglia umana, era il quinto gruppo delle vite divine, le quali perciò avevano fuso in loro i due attributi dell'universo, lo spirituale ed il fisico. Avevano così riunito in loro ed unificati i due poli. Essi erano exoterici ed esoterici; oggettivi e soggettivi. Abbiamo così il numero dieci, considerato come numero della perfezione umana e del completamento, il numero del perfetto sviluppo e della piena realizzazione dell'essere umano e dell'equilibrio raggiunto fra spirito e materia. Ma è anche il numero in cui lo spirito non domina la materia, è il numero dell'aspirante il cui obiettivo è subordinare la materia al servizio dello spirito e, quindi, di rompere l'equilibrio del numero dieci.
 

Le antiche scritture orientali usano frasi interessanti per esprimere la natura di questi esseri celestiali che sono gli uomini del nostro tempo, noi stessi, i figli di Dio in incarnazione. Sono chiamati Signori di Conoscenza e di Saggezza, Signori di Volontà e di Sacrificio, Signori d'Illimitata Devozione. Tali termini caratterizzano l'entità spirituale che dimora in ogni forma umana, per cui meritano la più accurata considerazione da parte di coloro che cercano di percorrere la ruota dello zodiaco come individui coscienti che hanno una meta spirituale. Noi siamo qui per nostra volontà ed in piena consapevolezza. Al fine di elevare la materia al cielo, siamo venuti in esistenza manifesta. In essenza ed in realtà, l'uomo non è quale appare. Egli è essenzialmente quello che dimostrerà di essere in Acquario, il segno opposto al Leone. Sarà allora un uomo dalla coscienza universale, in contrapposizione alla autoaffermazione dell'individualità del tipo Leone. L'individuo nel Leone diventa l'iniziato nel Capricorno e mostra di essere l'uomo completo nell'Acquario e ciò è reso possibile solo per l'illimitata devozione ad uno scopo prima vagamente sentito, che lo ha portato a girare più e più volte attorno allo zodiaco finché la piena autocoscienza non sia stata raggiunta.
Il rapporto fra quinto Comandamento la quinta fatica ed il quinto segno appare ora evidente. "Onora tuo padre e tua madre e che i tuoi giorni siano lunghi nella terra che il Signore Dio tuo ti ha dato." In effetti nel Leone, Padre-spirito e Madre-materia s'incontrano nello individuo e la loro unione produce quell'entità cosciente che chiamiamo l'anima o il Sé. Così come questo è il segno in cui l'uomo si riconosce come individuo e comincia il ciclo d'esperienza in cui acquista conoscenza, così esso è anche il segno in cui l'uomo cosciente di sé comincia la sua preparazione per l'iniziazione. È in questo segno che abbiamo l'ultima delle prove sul sentiero Probatorio. Quando la fatica di questo segno è terminata, comincia la preparazione che conduce all'iniziazione in Capricorno. Un certo controllo nel pensiero è stato acquisito in Ariete e un certo potere di trasmutazione del desiderio è stato raggiunto in Toro. I pomi della saggezza sono stati colti in Gemelli e la distinzione fra saggezza e conoscenza è stata in parte appresa; mentre la necessità di trasmutare l'istinto e l'intelletto in intuizione e di trasferirli entrambi nel Tempio del Signore, è stata compresa nel Cancro.
 

La Storia del Mito


Dopo la fatica relativamente semplice e priva di pericoli svoltasi in Cancro, Euristeo impose ad Ercole il tremendo compito di uccidere il leone di Nemea, che devastava il paese. Per lungo tempo il leone era stato una forza distruttiva e gli uomini non vi potevano far nulla. Ercole si rese conto che l'unico modo con cui poteva raggiungere il suo scopo era di cacciare il leone in cerchi concentrici sempre più stretti fino a che non l'avesse spinto in una caverna. Così egli fece, seguendone le tracce fino alla tana.
Completata questa fase preliminare, fece poi la spiacevole scoperta che la grotta aveva due uscite e che, cacciando il leone da una, esso usciva dall'altra. Non vi era altro da fare, quindi, che sospendere la caccia e bloccare una delle uscite dell'antro e così fece Ercole. Poi costrinse il leone ad entrare dalla parte rimasta aperta e, lasciandosi indietro le armi, perfino la clava che egli stesso si era fatto, entrò nella caverna e con le sue mani lo strozzò. Fu uno scontro che nessuno vide: Ercole ed il leone s'impegnarono, nella tetra oscurità della caverna, in una lotta mortale.

Il Teatro d'azione della Fatica

Il segno del Leone è uno dei quattro bracci della croce fissa dei cieli, la croce sulla quale il Cristo Cosmico ed il Cristo individuale sono sempre crocefissi. Forse la parola "crocefisso" acquisirebbe vero significato se fosse sostituita con quella di "sacrificato", perché nello sviluppo della coscienza cristica nella forma, stadio dopo stadio, vediamo che vari aspetti della natura divina sono considerati da sacrificare.
In Toro, simbolo della forza che si esprime mediante il desiderio, vediamo l'aspetto inferiore della forza creativa divina, il desiderio sessuale, trasmutato, o sacrificato al suo aspetto superiore. Esso deve essere elevato nei cieli.
In Leone, vediamo la mente cosmica che opera nell'individuo come mente inferiore razionale. Anche quest'aspetto inferiore deve essere sacrificato e la piccola mente dell'uomo deve essere subordinata alla mente universale.
 

In Scorpione, il terzo braccio della croce fissa, troviamo l'amore cosmico, o attrazione cosmica. Lì è mostrato nel suo aspetto inferiore e questo è ciò che chiamiamo la grande Illusione e nello Scorpione vediamo l'aspirante sulla croce, che sacrifica l'illusione alla realtà.
 

In Acquario abbiamo la luce della coscienza universale che irradia l'essere umano e provoca il sacrificio della vita individuale e la sua fusione nel tutto universale. Questa è la vera crocifissione: il sacrificio del riflesso alla realtà, dell'aspetto inferiore al superiore, dell'unità individuale al grande tutto. Furono queste le caratteristiche che Cristo dimostrò così meravigliosamente. Si rivelò quale Creatore, dimostrò di agire sotto l'influsso di una mente illuminata. Personificò in sé l'amore di Dio e si annunciò quale Luce del Mondo. Il problema che si presenta ad Ercole, quindi, è il problema di questo segno: la crocifissione del sé inferiore ed il superamento dell'autoaffermazione individuale.
 

Originariamente lo Zodiaco consisteva soltanto di dieci costellazioni e ad una certa data, praticamente sconosciuta, le due costellazioni del Leone e della Vergine erano un solo simbolo. Forse il mistero della sfinge è connesso con questo, perché nella sfinge abbiamo il leone con la testa di donna: Leone e Vergine, il simbolo del leone o anima regale, ed il suo rapporto con la materia o aspetto Madre. Può significare quindi le due polarità, maschile e femminile, positiva e negativa.
In questa costellazione vi è una stella straordinariamente luminosa, una delle quattro stelle regali dei cieli. Il suo nome è Regolo, il Regolatore, il Legislatore, esprimendo con questo termine l'idea che l'uomo può essere ora legge a sé stesso, poiché entro di lui vi è il re, il governatore. Nella costellazione vi è nascosto anche un gruppo di stelle luminose, chiamato la Falce. Agli antichi iniziati, che vedevano in tutte le costellazioni la personificazione di forze e il simbolo di un dramma più vasto di quello che persino loro stessi potevano comprendere, la costellazione del Leone suggeriva loro tre importanti idee: primo, che l'uomo è il governatore, il re, Dio incarnato, un figlio di Dio; secondo, che l'uomo è governato dalla legge, la legge di natura, la legge che egli stesso si dà e la legge spirituale alla quale egli alla fine si subordina; terzo, che compito dell'individuo è quello di utilizzare la falce per tagliare, o eliminare, ciò che impedisce l'applicazione della legge spirituale, ostacolando il pieno fiorire dell'anima.
 

La costellazione del Leone ha novantacinque stelle, due delle quali sono di prima grandezza. Ci viene detto che il suo nome egiziano significava "lo straripamento", poiché in quella stagione il Nilo in piena irrigava la terra. Ciò ha anche un interessante significato esoterico perché, secondo l'insegnamento della Saggezza Eterna, la razza umana venne in esistenza mediante ciò che tecnicamente è chiamato "la terza emanazione" ,termine che indicava un grande flusso o marea di anime in corpi animali e, quindi, la formazione della razza umana composta di unità individuali. Un altro termine tecnico per questa terza emanazione è "individualizzazione", che indica l'individuo che diviene autocosciente e lo collega così ai grandi avvenimenti nel segno del Leone.
51 Le novantacinque stelle di questa costellazione hanno anche un significato numerico, poiché abbiamo 9 x 10 + 5. Nove è il numero dell'iniziazione, dieci è il numero della perfezione umana, cinque è il numero dell'uomo; così in questo raggruppamento di stelle abbiamo la storia dell'uomo, della personalità e dell'iniziato con il suo conseguimento spirituale finale.

Le Tre Costellazioni Simboliche

Vi è una vasta costellazione chiamata Idra, il serpente, associata al segno del Leone. Troviamo anche Cratere, la coppa, e il Corvo. Tutte e tre riassumono nel loro significato il problema dell'uomo alla ricerca dell'iniziazione; esse descrivono distintamente e chiaramente il lavoro che egli deve fare. Quando il Leone, il re, l'anima, inizia il suo lavoro, comprende che deve bere alla coppa della sofferenza e dell'esperienza, che deve vincere il serpente dell'illusione ed eliminare l'uccello predatore. Idra, il serpente, era raffigurata nelle antiche pitture come un serpente femmina. Essa si estende per oltre cento gradi sotto le tre costellazioni di Cancro, Leone e Vergine.
 

In Scorpione, questo serpente della materia o dell'illusione, con cui l'anima si è identificata per così lungo tempo, è finalmente vinto. Vi sono in esso sessanta stelle, e di nuovo ci troviamo con un numero significativo, perché 6 è il numero della mente, dell'opera creativa della Mente universale e dei sei giorni della creazione. Nel sesto segno, Vergine, abbiamo la forma completa. Sappiamo dall'Apocalisse che il segno della Bestia è 666, e Idra, il serpente, si estende al di sotto di tre costellazioni, per cui il suo numero 6 ha un potere triplicato. Dieci è il numero del completamento. Il sei esprime, quindi, le limitazioni della natura fisica che opera mediante la forma e utilizza la personalità; esso simboleggia Dio in natura, sia cosmicamente che individualmente. Idra, il serpente, rappresenta l'aspetto materiale che vela e cela l'anima.
 

Il Cratere, o coppa, ha tredici stelle di media grandezza e circa novanta piccole stelle, anche se alcuni libri d'astronomia parlano di tre stelle brillanti e di novanta piccole. Così abbiamo ancora il numero della materia o dell'assunzione della forma, il numero di ciò che è chiamato "apostasia" e del "volgere le spalle", come fece Giuda Iscariota all'anima o aspetto cristico. Questa coppa forma in realtà parte del corpo dell'Idra, perché le stelle alla base della coppa fanno parte del corpo del Serpente ed entrambe le costellazioni le reclamano. È la coppa che ogni essere umano deve bere, piena di ciò che egli ha distillato dalla sua esperienza nella materia. È la coppa dell'impegno in certi antichi rituali massonici e simboleggia la bevanda che noi stessi ci siamo preparati. In altre parole, è la stessa verità che può essere espressa con le parole della Bibbia cristiana: "Ciò che l'uomo semina, raccoglie".
 

Abbiamo poi la terza costellazione, il Corvo, che si estende al di sopra dell'Idra e la becca. Essa ha nove stelle, di nuovo il numero dell'iniziazione. Il Vecchio Testamento inizia con un corvo, il Nuovo Testamento con una colomba: l'esperienza comincia con l'uccello della materia e finisce con l'uccello dello spirito. È interessante notare che in Acquario, il segno di completamento di Leone, troviamo il Cigno, simbolo dell'uccello dello spirito. Ne La Voce del Silenzio si legge: "Allora potrai riposare fra le ali del grande uccello. Dolce invero è riposare fra le ali di quello che non è nato, né muore, ma è l'AUM attraverso eterne età". In una nota a piè di pagina di un altro testo, H. P. Blavasky, riferendosi all'uccello, o cigno, cita: "Dicono i Rig-Veda... La lettera A è considerata come l'ala destra di Hamsa, l'uccello, la U la sua ala sinistra, e la M la sua coda..." ("I Chakra ", di C.W. Leadbeater pag. 99 ital.).
 

Nello Zodiaco di Denderah, il Leone e le tre costellazioni che l'accompagnano sono raffigurate come un gran segno in cui il Leone marcia sul serpente, il Corvo è appollaiato sulla spalla del Leone, mentre in basso si trova una figura piumata femminile (di nuovo il simbolo della materia) che regge due coppe, poiché è sempre la coppa che simboleggia la coppa dell'esperienza, la coppa della penitenza. È la coppa offerta all'iniziato, la coppa o calice cui Cristo si riferì nel Giardino di Gethsemani quando chiese che Gli fosse risparmiata, ma che poi finì per bere.
 

Così Ercole, l'aspirante, esprimendosi in Leone, ha la visione della grande battaglia che l'aspetta, sa che il suo passato deve essere completato nel suo futuro, sa che, prima di poter scalare il monte in Capricorno, deve uccidere l'Idra e sa che non deve essere più il corvo, ma deve manifestarsi come Aquila in Scorpione e come Cigno in Acquario. Deve iniziare questo in Leone, dimostrando di saper osare, affrontando la terribile lotta che l'aspetta nei successivi tre segni ed uccidendo il leone della sua propria natura (il Re delle bestie) da solo e senza aiuto, e così acquistando il potere di vincere l'Idra in Scorpione.
 

La Lezione della Fatica


Due pensieri presi dalla Bibbia cristiana riassumono la lezione di questa fatica. Nelle Epistole di S. Pietro troviamo questa frase: "Il demonio, vostro avversario, si aggira come leone ruggente, in cerca di chi divorare", e nell'Apocalisse 5, 5 troviamo queste parole: "Ecco, il Leone della tribù di Giuda, il rampollo di Davide, che è riuscito ad aprire il libro ed a romperne i sette sigilli".
 

Ercole, l'aspirante, l'anima, simbolizzava il leone, il principe, il re, il governante, ed è per questo che egli simbolicamente indossava la pelle del leone. Il leone di Nemea rappresenta essenzialmente la personalità coordinata, dominante, poiché l'aspirante deve essere sempre un individuo altamente evoluto.
 

Quando i tre aspetti del sé inferiore personale sono uniti e fusi, quindi di potenza non comune, l'aspirante diviene spesso una persona alquanto insopportabile e difficile. Ha una mente e la usa. Le sue emozioni sono controllate o così fuse con le sue reazioni mentali da avere un'insolita potenza; è quindi eccessivamente individualista, spesso molto aggressivo, pieno di fiducia e soddisfatto di sé, perciò la sua personalità è spesso una forza devastatrice nel gruppo della famiglia, della società o dell'organizzazione cui è affiliato. Quindi l'aspirante, il leone di Giuda, deve uccidere il leone della propria personalità. Essendo uscito dalla massa e avendo sviluppato la propria individualità, deve distruggere ciò che ha creato, deve ridurre all'impotenza ciò che è stato fino a quel momento il suo meccanismo di difesa. L'egoismo, l'istinto di autoprotezione, deve cedere il posto all'altruismo che è, letteralmente, la subordinazione del Sé al tutto.
 

Il leone di Nemea simboleggia quindi la personalità potente che corre sfrenata, minacciando la pace della contrada. Quale è la lezione che dobbiamo trarre dal fatto che Ercole seguì il leone fino a una caverna con due aperture? Perché ne chiuse una ed entrò attraverso l'altra? E qual è l'insegnamento spirituale che sottostà al racconto tradizionale secondo il quale egli uccise il leone a mani nude?
 

Molte di queste antiche storie hanno mantenuto il segreto del loro vero significato per migliaia d'anni ed è solo ora, in questa generazione che il vero significato esoterico può emergere. Il fatto interessante del periodo in cui viviamo è che esso segna uno sviluppo unico nell'evoluzione umana. Vi sono sempre state delle manifestazioni di dèi solari, e questa fatica di Ercole è stata da sempre sostenuta da vari individui qua e là. Ogni nazione ha prodotto aspiranti altamente evoluti che hanno costretto il leone della personalità giù nella caverna e lì lo hanno dominato. Ma, in confronto alle miriadi d'unità umane, essi costituiscono una ben piccola minoranza. Oggi il mondo è pieno di aspiranti; la prossima generazione produrrà in tutte le nazioni migliaia di discepoli, e già decine di migliaia d'individui stanno cercando la Via.
 

Le persone non sono oggi solo degli individui, il mondo è pieno di personalità, ed è giunto il tempo in cui il leone della tribù di Giuda deve prevalere sul leone del sé personale. Non siamo soli nella nostra lotta, come lo fu Ercole, ma facciamo parte di un gran gruppo di figli di Dio, che lottano con le prove preparatorie per l'iniziazione e con i problemi che faranno scaturire i pieni poteri dell'anima.
 

In Capricorno saliremo sulla cima del monte ed entrando, come siamo sul punto di fare, nell'era dell'Acquario, gli aspiranti della razza sono in grado di cominciare ad apprendere la lezione del servizio e della coscienza universale. Quando, fra duemila anni, cominceremo ad entrare in Capricorno, vi sarà una formidabile riunione di iniziati e il monte dell'iniziazione e il monte della trasfigurazione saranno scalati da molte centinaia di discepoli. Nel frattempo si deve affrontare il leone della personalità ed entrare nella caverna.
 

Nel simbolismo delle scritture di tutto il mondo, gli avvenimenti più importanti avvengono in uno di questi due luoghi: nella grotta o sulla montagna. Il Cristo è nato in una grotta, la personalità è vinta nella grotta, la voce del Signore è udita nella grotta, la coscienza cristica è nutrita nella grotta del cuore; ma dopo le esperienze nella caverna, si sale il monte della trasfigurazione, si conquista il monte della crocifissione e, infine, il monte dell'ascensione.
 

Vorrei qui dare un'interpretazione tecnica, forse più scientifica, di questa grotta in cui entrò Ercole. La razza ariana, alla quale apparteniamo, ha sviluppato acutamente il mentale e, ovunque, la coscienza degli uomini si sta costantemente spostando dalla natura emotiva, cioè dal plesso solare, al corpo mentale, ossia nella testa. Vi è nella testa una piccola cavità, una piccola struttura ossea che protegge e custodisce una delle più importanti ghiandole del corpo: la pituitaria. Quando questa ghiandola è in piena e giusta attività, abbiamo una personalità completa ed attiva, autocontrollata, con notevole attività mentale e resistenza.
 

Questo corpo pituitario ha una duplice configurazione: in uno dei suoi lobi, il frontale o pituitario anteriore, si trova la sede della mente razionale, dell'intelletto; nell'altro, il pituitario posteriore si trova la sede della natura emozionale immaginativa. Questa ghiandola, inoltre, coordina le altre, controlla la crescita ed è essenziale per la vita. È interessante come Berman definisce l'intellettualità: "La capacità della mente di controllare il proprio ambiente mediante concetti e idee astratte". Quando vi è deficienza di sviluppo di questa ghiandola, si possono trovare deficienze sia emotive che mentali. Molti endocrinologi e psicologi si sono espressi in modo simile (A.A. Bailey, L 'Anima e il suo meccanismo pag. 45). È in questa grotta che il leone della personalità sviluppata o individualità ha la sua tana ed è qui che il figlio di Dio, Ercole, deve vincere.
Per secoli gli Egiziani e specialmente gli Indù, conobbero i chakra o centri di forza nel corpo eterico. La scoperta del sistema endocrino ha mostrato l'esistenza di ghiandole fisiche corrispondenti agli stessi punti. Una di queste, il corpo pituitario, con i suoi due lobi, simboleggia la caverna dalle due aperture, una delle quali dovette essere chiusa da Ercole prima di poter controllare la personalità per mezzo della mente superiore. Infatti, fu soltanto dopo aver bloccato l'apertura delle emozioni personali (pituitaria posteriore), gettata via la fedele clava, rifiutato simbolicamente di condurre ancora una vita personale egoistica, che egli poté entrare dall'apertura rappresentata dalla parte pituitaria anteriore e sottomettere il leone della personalità nella grotta. Queste correlazioni sono così esatte che rappresentano, sia in piccolo che in grande, una potente testimonianza della perfetta integrità del Piano. "Come in alto così in basso": è una stupefacente correlazione tra la verità biologica e la verità spirituale.