Di Maria Teresa Lupo

Il documento che segue, è opera di ingegno della Carissima Maria Teresa Lupo, Moderatore della stanza dedicata al Mito e Simbolo del Forum di Montesion. Teresa, alias Donum Dei, ha magistralmente moderato le stanze a lei assegnate per circa 4 anni, fino al suo passaggio all'Oriente Eterno per una rarissima malattia (intolleranza ai campi magnetici). Con questo suo studio, Montesion desidera ricordare la sua penetrante conoscenza e proprietà della materia, di cui era maestra riconosciuta. 

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ERODOTO, STORIE
Libro II


170.1 - Sempre lì a Sais nel santuario di Atena si trova anche la tomba di colui che ora sarebbe empietà nominare; giace nella parte posteriore del santuario lungo il muro di cinta.
170.2 - Sempre nell'area del tempio si ergono grandi obelischi di pietra; accanto vi è un laghetto, ornato da un parapetto di pietra e perfettamente circolare, vasto, come mi parve, quanto il cosiddetto lago "rotondo" di Delo.
171.1 - In questo laghetto si svolgono di notte le sacre rappresentazioni delle vicende di lui; gli Egiziani le chiamano "misteri": io so come si svolgono in ogni particolare, ma conserverò un religioso silenzio.
171.2 - E mi guarderò anche dal parlare dei misteri di Demetra, che i Greci chiamano Tesmoforie, se non per quanto mi sia lecito dire:

171.3 - furono le figlie di Danao a introdurre in Grecia questa cerimonia originaria dell'Egitto, insegnandola alle donne pelasgiche; poi, quando l'intero Peloponneso fu sconvolto dai Dori, il rito scomparve; solo gli Arcadi, unici superstiti delle popolazioni del Peloponneso, unici non dispersi, lo tennero in vita.

Questo passo di Erodoto vuole che l’origine delle Tesmoforie sia egiziana e che le “figlie di Danao” abbiano fatto conoscere alle donne greche la “teleté” di Demetra, “che i Greci chiamano Tesmoforie”.


G.S.Gasparro (Misteri e culti mistici di Demetra) ritiene ciò perfettamente corrispondente allo scenario fornito dalla documentazione relativa ai Thesmophoria:
- il segreto ad essi attinente
- la pertinenza esclusivamente femminile
- il rapporto originario con il Peloponneso
- la natura delle fondatrici del nuovo culto, le Danaidi, appunto, mitiche figlie di Danao connesse all’elemento acquatico, che molteplici e profondi rapporti intesse con il mondo demetriaco (1)


Un frammento di Apollodoro di Atene ritrovato in un Papiro di Ossirinco (POx XV, datato nel 200 d.C. circa, Fragmenta Historicorum Graecorum 244 F 89) descrive un vero e proprio mito di fondazione delle Tesmoforie.
Il passo di Apollodoro, ambientato nell’isola di Paro, ha per protagoniste un gruppo di fanciulle che diventano sacerdotesse di Demetra, con l’appellativo di “melissai”, api; vi si narra il vagabondaggio della dea in lutto per la perdita di Persefone, ospitata dal re di Paros, Melissos, e del dono di un telaio che ella fece alle figlie di quello; assieme al telaio ad esse mostrò le pene per la perdita della figlia e consegnò loro i misteri, per cui le donne che da allora celebrano le Tesmoforie sono chiamate anche api.

Apollodoro di Atene, Fragmenta Historicorum Graecorum 244 F 89
Api: le sacerdotesse di Demetra. Demetra stessa dice nel primo libro di Apollodoro:”Ella portò il cestino alle fanciulle, con il telai di Persefone e le “azioni”. Arrivata a Paros, ella fu accolta alla corte di re Melissos e consegnò alle sue sessanta figlie il dono del telaio di Persefone. Ella anche impartì loro per prime le sue sofferenze su Persefone e i suoi Misteri. Da quel momento le donne che celebrarono le Tesmoforie furono chiamate “api”.

É interessante collegare ciò ad uno scolio alla IV Ode Pitica di Pindaro, in cui lo scoliaste commenta che l’appellativo “melissa”, usato dal poeta quale titolo sacerdotale femminile anche in altra sua opera, è proprio di donne: "che hanno rapporto con le cose divine e mistiche"(Schol. IV Pyth. 106).

E ancora viene riferita (Mnasea di Patara, fr.5) la tradizione secondo la quale ad un personaggio di nome Melissa si attribuisce la scoperta del miele; costei lo mescolò all’acqua e se ne cibò, insegnando la procedura alle donne; il nome “api” deriva da quindi da lei. Nello stesso testo si evidenzia come le “ninfe” siano state le prime ad indicare agli uomini i frutti degli alberi come nutrimento, per cessare il cannibalismo, e le prime anche ad insegnare ad usare le vesti e a praticare le nozze. Lo scoliaste così scrive: "senza le Ninfe non si venera il rito di Demetra" e "senza le Ninfe non si celebra il matrimonio".

Mi sono soffermata su questo aspetto per mettere in luce che tutto sembra far riferimento ad una sfera di “educazione-istruzione” di ambito “divino”. G.S.Gasparri deduce che il richiamo è alla fanciulla divina Kore e che il complesso rituale tesmoforico, i “misteri”, riguardi gli eventi dolorosi, i patimenti in cui sono coinvolte entrambe le dee.
 

Altra fonte assai ricca di notizie è Diodoro Siculo, l'autore della Biblioteca Storica, quando descrive le festività demetriache diffuse in Sicilia.
Dal testo diorodeo risulta sufficientemente chiaro che l’epiteto di Thesmophoros, peculiare di Demetra quale benefattrice dell’umanità, è da connettersi con:


1. l’insegnamento delle tecniche di preparazione del cibo;
2. l’introduzione delle norme della vita civile;
3. la sua ricorrenza calendariale, cioè con il tempo della semina.

La commedia di Aristofane “Thesmophoriazousai” – Le donne che celebrano le Tesmoforie – (anno di rappresentazione: 411 a.C.) riporta, pur debitamente filtrati, diversi elementi utili alla determinazione della struttura rituale della festa e del suo fine.
Assai sinteticamente, i punti di nota sono (secondo il testo della Gasparri):

 

nel giorno di mezzo delle Tesmoforie la vita giuridica e politica della città era sospesa;
la festa si svolgeva l’11, il 12, il 13 del mese di Pyanepsion e tali giorni erano rispettivamente chiamati “anodos” (ascesa al tempio), “nesteia” (non mangio), “kalligeneia” (bella generazione, bella progenie);
il primo giorno era dedicato alla “pompè”, alla processione; il secondo al digiuno rituale e alla rievocazione del dolore e dell’angoscia di Demetra per la perdita della figlia; nel terzo si cocevano al sole le carni di un porcellino sacrificato, si partecipava quindi al banchetto;
la festa si teneva all’interno del santuario, o Thesmophoreion (che sembra fosse situato sulla collina Pnyx, o comunque fuori dalla città), ed erano le donne a tenere assemblea;
vi era l’uso di pani e focacce da offrire alle due dee, utilizzati nell’ambito di una cerimonia a carattere processionale;
vi era un ordine preciso secondo cui gli hierà (oggetti sacri) venivano mostrati;
la dimora di ciascuna donna partecipante era una tenda che divideva con una compagna;
una parte dei riti tesmoforici era compiuta di notte, alla luce delle torce, in un boschetto o “sacro recinto” (alsos);
le partecipanti al rito erano spose o madri e vi era preclusione per le “parthenoi”, fanciulle vergini, e per le schiave; qui occorre evidenziare l’aspetto Nutrice della dea e il risalto per la funzione materna della donna;
si compivano dei sacrifici rituali (thysia): generalmente l’oggetto della thysia rivolta alle due dee era un porcellino femmina di latte, delle cui carni si cibavano le fedeli nel corso del rito; l’uccisione, che sembra avvenisse presso il “megaron” (probabilmente una sorta di costruzione sotterranea in cui era gettato il suino) della vittima era affidata al “mageiros”, il quale si allontanava dopo aver compiuto la sua funzione.

Sul “sacrificio rituale” conviene soffermarsi perché in esso è riposto il senso dei “Misteri” demetriaci. In uno scolio al “Dialogo delle meretrici” di Luciano (2,1) si legge che:

 
alcune donne, dette antletrie (coloro che attingono), dopo aver osservato un periodo di purità di tre giorni, scendono nei megara e raccolgono i resti putrefatti degli animali che vi erano stati buttati. Esse discendono nei sotterranei (adyta) e poi depongono sugli altari quanto hanno portato su con sé. Il commentatore aggiunge che i resti animali vengono mescolati con le sementi perché si ritiene che essi siano utili a procurare abbondanza di frutti”.


La S.Gasparri rileva con estrema pertinenza la connessione tra il sacrificio del maialino, che spariva nel “megaron” e risaliva e la scomparsa-ricomparsa negli/dagli Inferi di Persefone: "E ciò per il rapporto peculiare tra questa azione rituale e la discesa della Kore divina. Se dunque il rito deve collocarsi piuttosto durante i Thesmophoria autunnali, ne risulta che il ciclo stagionale lungo il quale si modula l’alterna situazione di presenza-assenza della dea non è quello della mietitura-deposizione del grano nei granai-semina, bensì, secondo la formula dell’Inno Omerico, piuttosto la primaverile fioritura da una parte e l’autunnale deposizione del seme nella terra arata dall’altra."


Lo stesso scolio già citato a Luciano sembra confermare la duplice finalità del rito, rivolto e alla promozione della fertilità vegetale e alla fecondità umana.
Egli narra infatti riferisce che le “antletrie”, scendendo negli “adyta” recavano con sé dei “plasmata”, cose sacre ed indicibili, plasmate con pasta di grano a forma di serpenti e di organi sessuali maschili, insieme a dei rami di pino, che lo scoliaste sottolinea siano connessi con la fecondità.
Ciò appunto fa pensare che i riti in questione implicassero un principio intorno “alla nascita dei frutti e alla progenie degli uomini”.
Questo ci conduce ad una riflessione finale sul significato ultimo delle Tesmoforie, che va inquadrato in una visione più ampia di garanzia e promozione della vita, intesa sia come continuità della stirpe che fondazione e mantenimento della cultura: "Il thesmos demetriaco, infatti, insieme con il nutrimento indispensabile alla continuità e al benessere della vita, conferisce all’uomo lo status di individuo civilizzato (emeros), ossia pienamente e veramente umano ….Da una parte … Demetra è protagonista di una vicenda che riflette e sacralizza i tipici ritmi ciclici di quella sfera cosmica di cui è garante e supporto. Dall’altra, si pongono delle esperienze rituali di tipo iniziatico che, assimilate e trasformate in un quadro di alta cultura politeista e cittadina, variamente reagiscono e si adattano ad esprimere nuove esigenze religiose e culturali."

 


 

1. Le Oceanine sono le compagne di gioco di Kore nell’Inno omerico.