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La fede e la ragione, nella tradizione occidentale che si sviluppa dal pensiero presocratico e dall’aurora della filosofia greca, fino ad incontrare la tradizione biblica e il profetismo monoteista ebraico e poi cristiano, sono l’ascissa e l’ordinata dell’identità occidentale (1).
Diverso è il quadro se leggiamo la storia del pensiero orientale che, pure, attraverso le tradizioni mitiche della Grecia antica e gli influssi della cattività babilonese sulla cultura ebraica, ha trasferito molti dei suoi concetti originari alla Grecia prima e, quasi contemporaneamente, alle tradizioni monoteiste della Mezzaluna Fertile.
Come hanno dimostrato De Santillana (2) e, per altri versi, Renè Guenon, la razionalità dell’Oriente si manifesta nell’uso rituale e esatto dei simboli, che divengono identità qualitative del Mondo e dell’Uomo (3). Lo Zero, che fonda la matematica indiana e, dalla Persia, arriva in Grecia, e si trasforma in modello teorico, in strumento di valutazione della coerenza di un discorso finito, di una gerarchia di simboli che, proprio in quanto non contraddittoria, è appunto razionale, e in quanto razionale è degna di fede, ovvero di divenire modello stabile, definitivo, indiscutibile del discorso umano e, come tale, della stessa identità dell’Uomo in quanto zoon politikon, essere che vive e si definisce all’interno di una comunità strutturata su norme oggettive come quelle della natura (4).Il discorso, la teoria, sono nel pensiero aurorale della Grecia le essenze che sostituiscono il mito, e questo mito fonda l’autonomia dei popoli attici dal sistema orientale che vuole inglobarli, nella polarizzazione politica e filosofica insieme tra il Capo che conosce esotericamente i “territori delle stelle”, per usare un verso di una poesia di Von Hoffmanstahl (5), e le masse di sotto-uomini appena superiori agli animali che sono schiavi senza possibile via di uscita. La Grecia sostituisce la Ragione al Mito perché, proprio sul piano politico, è costituita da gerarchie complesse, che non si giustificano socialmente sulla base della polarizzazione mito assoluto-animalità dell’uomo (6).


Detto tra parentesi, Nietzsche, nella sua polemica antisocratica, che è anche e soprattutto polemica anticristiana, vuole distruggere il logos che si è sostituito al mito e al Superuomo che lo evoca, vuole trasformare la Grecia della razionalità discorsiva facendola ritornare al suo mito orientale di fondazione, l’Indicibile e il Non-Umano, che sono stati sostituiti nel loro ruolo di Origine dall’accordo razionale tra i cittadini (7). Per Nietzsche, come poi per Heidegger, che lo comprenderà appieno, occorre distruggere la ragione che ha reso servile e gregario l’uomo, e liberare l’assoluta dissimmetria naturale dei soggetti e dei loro istinti. Se avete messo la ragione al posto del Mito fondante, che è insondabile, dice sostanzialmente Nietzsche, allora se la ratio non funziona più si tratta di tornare alla Verità iniziale, in cui il mito istintuale non era imitato dalla communis opinio della razionalità discorsiva (8).
É questa la sfida orientale della civiltà europea, che l’Autore di “Così parlò Zarathustra” porta fin dentro alla casamatta cristiana, socratica, kantiana, dell’Occidente.
 

La Tecnica ha ricostruito la polarità degli antichi imperi del Mito, ha creato i “cinesini”, come li chiama Nietzsche nei suoi appunti postumi, e gli “Oltreuomini” che la manovrano come prima utilizzavano le apparizioni soprannaturali e i residui psichici delle masse (9).
Ma, naturalmente, il modello neoasiatico di Nietzsche si scontra con una storia del rapporto Fede-Ragione molto più complessa di quanto potesse apparire ad un filosofo della seconda metà del XIX secolo, fase in cui il positivismo materialista si era cristallizzato dentro la tecnica e quest’ultima era divenuta l’asse di tutte le dinamiche sociali; in un contesto in cui la metafisica, il pensiero dialogante che si interroga aristotelicamente sui suoi fini, era di fatto escluso da qualsiasi dibattito culturale e politico.


L’Illuminismo, nella sua immagine politica, si configura come un ateismo pratico (10).
Vero è, peraltro, che la tradizione dei philosophes non è così omogenea al riguardo: Voltaire non è un ateo nel senso pieno del termine, è davvero un teista, e la sua credenza nella razionalità profonda ed insieme uguale presente in ogni essere umano è fondata sul tema del Deus Absconditus e sulla sua rigorosa unicità in quanto Creatore, e Demiurgo dell’Universo in quanto liberamente accetta di creare il Mondo e l’Uomo secondo le regole che Egli stesso ha definito all’origine dei tempi. In Voltaire, come peraltro in altri philosophes, la questione fondamentale quella del nesso tra tecnica e società (11).
Se la scienza galileiana e le sue applicazioni sono efficaci e razionali, allora la struttura dell’Uomo e il suo rapporto con la natura devono fondarsi su uno stesso tessuto di regole, che nascono dalla comune origine, operata dal Demiurgo, dell’Uomo e del Mondo.
L’Illuminismo è una metafisica dell’adeguamento della cosa al pensiero, dell’adaequatio rei et intellectus (12).
É questa la nuova metafisica, quella che rende omogenei, per usare la terminologia di Popper, il “Mondo 2” delle cose prodotte dall’uomo con il “mondo 3” delle sue idee (13).
Altri Illuminismi generano paradigmi diversi. Per i rivoluzionari già filocomunisti di Gracco Babeuf e di Sylvain Marechal, la Rivoluzione Francese è la realizzazione del mito economico dei fisiocrati. Se tutto il surplus proviene dall’agricoltura, occorre bloccare violentemente lo sviluppo industriale e la correlata divisione scientifica del lavoro, e ritornare ai campi, all’Arcadia precristiana e antirazionalista, rifiutando non solo la Fede in Dio, ma anche la ragione calcolante che sta producendo il capitalismo, il mercato, la delocalizzazione delle masse dalle campagne verso la decadenza inarrestabile delle metropoli. Il “comunismo” di Babeuf è l’Arcadia della politica moderna, fino ad arrivare al paradosso della proposta di legge, firmata da Marechal, che proibiva alle donne la lettura e la scrittura (14).


Per Rousseau, che scandalizzerà i suoi amici illuministi affermando che “Sì, io credo in Dio”, la Fede è il corrispettivo della eguaglianza naturale degli uomini, che solo la civiltà e le scienze, quindi la razionalità, mettono in discussione e negano, creando disparità di ricchezze e, soprattutto, di conoscenze. Anche qui opera il mito arcadico di Babeuf, ma in Rousseau il contratto sociale tra eguali rende possibile una relativa disparità ragionevole tra gli uomini, poiché il Leviatano di Hobbes, il sovrano che fa cessare, con il monopolio della violenza legittima, la guerra di tutti contro tutti, diviene il punto di coincidenza naturale, e razionale, tra la “volontà di tutti” e quella “generale” (15).
La razionalità sottesa, presente nel mondo come nella fisica del tempo è presente ovunque l’”etere”, crea la Fede, ovvero la serie di rituali politici che condensano e stabilizzano in Rousseau il “patto tra gli Eguali”.
Altra specie di Illuminismo è quella che poi si realizzerà tra i “Girondini” e nella koiné empirista e pragmatista che vuole la distruzione del vecchio ordine castale monarchico e religioso ma non è interessata a trasformazioni radicali del sistema politico, nel quale intravede il pericolo di una “rivoluzione permanente” che distruggerebbe l’economia e la possibilità, per la Francia, di essere presente nel quadrante europeo e nordamericano con la sua proiezione di potenza economica e militare (16). Vogliono una Francia “anglizzata” che faccia permanere, magari, la Monarchia ma permetta non la realizzazione di una Ragione universale e immutabile, ma lo sviluppo del mercato-mondo e l’utilizzazione del surplus per lo sviluppo industriale, non per la agricolturizzazione della Francia.


La Massoneria si inserisce in questo contesto ideale e filosofico, oltre che politico, raccogliendo al proprio interno filoni razionalisti, gnostici, teisti, La “filosofia della massoneria” è proprio questa sintesi omogenea e storicamente valida di tutte queste tradizioni.
Elementi che, in linea di principio, non sono estranei del tutto alla Chiesa Cattolica e alla Riforma ma che, nella specifica sintesi che viene elaborata all’interno della Massoneria, divengono un modello autonomo e spesso distante dalla religiosità cristiana tradizionale, sia romana che riformata (17).
Il problema è qui lo gnosticismo. Si tratta di una linea di pensiero e, più esattamente, di esperienza filosofica, nella quale si rompe il nesso necessario tra Uomo e Cosmo e si cerca una “conoscenza”, una gnosi, appunto, che libera l’Illuminato dalla ananke, dalla necessità che, insieme al caso, secondo le teorie di un biologo francese (18), definisce tutto il ciclo dell’Uomo nel Mondo e, quindi, i modi di uscita dell’Illuminato dal Cosmo necessario, dal karma delle nascite e delle morti che imprigiona, contemporaneamente, la sua libertà e la sua conoscenza.
La Massoneria moderna diviene, quindi, una Via dell’Illuminazione simile a quelle delle tradizioni orientali e delle “filosofie occulte” europee, una Via nella quale il Libero Muratore acquisisce, tramite il rituale e i suoi simboli, la conoscenza del significato mistico e indicibile degli stessi, e usa questa nuova dimensione per passare, come avrebbe detto Robert Musil nel suo “Uomo senza Qualità”, all’Altro Stato, ad una dimensione nuova attraverso lo strumento mistico, che insieme definisce la sua libertà e ne caratterizza il potere sulle leggi del Cosmo (19).

Ma la Massoneria non è, dal punto di vista strettamente teorico, una forma occidentale delle pratiche gnostiche che hanno caratterizzato l’Induismo, l’Islam, la Qabalah ebraica, o al neoplatonismo dei primi secoli dopo Cristo. La differenza, essenziale, riguarda la prassi.
Il Libero Muratore trasforma il mondo profano che trova intorno a sé, e compie questa opera insieme ai suoi Fratelli. Ma questo è anche un elemento di differenziazione essenziale rispetto alla Tradizione Cattolica e, per molti versi, anche nei confronti delle Chiese Riformate.
Per la Chiesa di Roma, Cristo Risorto è presente, sia attraverso i Sacramenti che nelle linee imperscrutabili della Grazia, nella Storia come Vita. “Io sono la Via, la Verità, la Vita”, afferma il Figlio nei Vangeli.
Il meccanismo trinitario, realizzatosi nella Storia degli uomini tramite il Sacrificio libero e completo del Cristo, non consente la libera, assolutamente libera ricerca simbolica del Libero Muratore e la trasformazione del mondo attraverso l’opera del Massone insieme ai suoi Fratelli, ma permette bensì l’adattamento libero dell’Uomo, anche del non-iniziato, alla volontà di Dio, che si manifesta attraverso la Chiesa, che è la Sposa di Cristo, il suo segno unico e indivisibile nella Storia.
La separazione tra la libera ricerca muratoria e la Tradizione ecclesiale è, quindi, legata alla dimensione trinitaria della Rivelazione cristiana. L’Unione e la separazione insieme delle Tre Nature indica che la Via della liberazione dell’Uomo è già segnata, e la libera ricerca è o inutile o dannosa (20).
Quindi, se è vero che, nella Massoneria, sono tuttora presenti elementi di carattere gnostico, è peraltro vero che il fondamento dello gnosticismo, ovvero la disperazione essenziale dell’uomo incatenato alla Necessità della Natura e del Cosmo, l’”essere gettati nel Mondo”, per usare una categoria analizzata da Heidegger nel suo “Essere e Tempo” (21), non è un tratto autentico della iniziazione massonica, e quindi non possiamo nemmeno affermare che la Libera Muratoria sia originata da una filosofia dualistica, come era il caso delle antiche tradizioni gnostiche, albigesi, bogomile e catare.
L’esoterismo orientale degli albigesi, in cui tutto il mondo esterno è irreale e creato dal Maligno, poteva andare bene per l’ideologia fortemente antimassonica e ferocemente anticristiana, oltre che ovviamente antisemita del nazionalsocialismo, ma è radicalmente alieno dallo spirito del Libero Muratore, per il quale il Bene e il Male si definiscono, per usare la terminologia di Sartre, “in situazione” (22).
E anche qui si delinea una differenza ineliminabile dal Cattolicesimo, dove il Maligno opera nel Mondo (è il “re di questo mondo”, ma non il “re del mondo” delle tradizioni studiate da Guenon (23)) ma con il libero sacrificio del Figlio si è realizzata, in ogni tempo e in ogni luogo, e per sempre fino alla fine del mondo, la Salvezza.
Se la metafisica è, come afferma Aristotele, la “scienza dei fini”, il problema del nesso tra Fede e Ragione, in questo contesto, consiste nel chiedersi se la scienza iniziatica, che certamente tratta dei fini dell’uomo e del mondo, debba trarsi anch’essa dall’esperienza, come tutte le altre scienze, oppure se abbia bisogno di un elemento aggiuntivo, di un dato non esperienziale che le dia significato.
La fede è, come dice Dante, “sostanza di cose sperate”, il che non implica previsioni ragionevoli ma certezze su fenomeni futuri che non sono verificabili nello stesso modo in cui sono empiricamente testabili gli stati della materia o i comportamenti profani delle società umane.
Sul piano massonico, occorre infatti vedere se, per iniziare il cammino iniziatico occorra essere semplicemente “libero e di buoni costumi”, e se invece non occorra un dato non empirico in più, un elemento non razionale che giustifica non solo lo stato di partenza, ma quello di arrivo. Per la tradizione massonica, e qui viene in mente tutta l’opera iniziatica di Lessing, il valore della attività sapienziale è nello sforzo teso a raggiungerla, non nel risultato oggettivo che viene conseguito (24).
É qui presente tutta la tematica, da Goethe a Kant, dello Streben, dello sforzo per raggiungere un obiettivo che, romanticamente, diviene esso stesso l’obiettivo principale (25).
 

La verità della iniziazione massonica è insieme quella della verità assoluta, che pure esiste ma è, sulla base della filosofia kantiana, irraggiungibile come un noumeno, e la verità relativa, che è l’unica possibile per l’uomo su questa terra.
L’iniziazione, nella tradizione illuministica del XIX secolo, è, sempre in termini kantiani, una analisi della correttezza delle categorie che utilizziamo per raggiungere la Verità che, come la “cosa in sé” del filosofo di Koenigsberg, è irraggiungibile (26).
Affermava Schopenhauer che la cosa in sé e quindi la Verità non era insondabile perché metafisicamente chiusa all’intelletto dell’uomo, ma solo perché, essendo la mente umana legata alla simultaneità mentale dello spazio-tempo, e alla configurazione delle categorie analitiche e sintetiche dell’appercezione, semplicemente non abbiamo elaborato i sistemi atti ad apprendere il noumeno, la Verità, e che magari, con altre categorie, che però il nostro cervello non potrebbe elaborare, tutto sarebbe più semplice (27). Ma, anche, qui, sul piano massonico, la questione si fa più complicata: se è vero che il soggetto non può arrivare alla conoscenza della Verità, è invece possibile che un insieme di uomini, adeguatamente formati, possano conoscere il destino, la forma, il significato dell’umanità e il suo fine ultimo.
Quindi l’universalità della Massoneria deriva dal fatto che essa può astrarre dopo l’atto iniziatico dall’uomo concreto, storicamente dato, per poter arrivare, in ogni tempo e in ogni luogo, non alla Verità, che è di Dio, ma alla conoscenza, che è non del singolo uomo ma dell’insieme di coloro che si sono avventurati nel cammino dell’Iniziazione.
Ovvero, di tutti coloro che riescono ad applicare la conoscenza, che può essere assoluta, all’interno del loro ambiente, che è storicamente determinato.
Non si tratta quindi di Fede nella Ragione, ma di una sintesi tra verità e conoscenza.
 

Nell’universo cristiano, sia cattolico che riformato, la questione è più complessa, e riguarda non solo la domanda classica di Pilato: “che cos’è la Verità?” ma il nesso tra la Chiesa, la tradizione cristiana e il mondo moderno.
Nel dibattere la tematica massonica, la Chiesa di Roma ha di fatto analizzato il suo rapporto con il mondo moderno, che della Massoneria in gran parte è figlio e spesso superficiale imitatore.
Dalla bolla di Clemente XII In Eminenti, che ventuno anni dopo la nascita ufficiale della Massoneria, nel 1738, promulga l’inconciliabilità assoluta tra le Logge e la appartenenza alla Chiesa, molto si è dibattuto e tante cose si sono trasmutate, come si direbbe in gergo alchemico, l’una nell’altra (28).
La Chiesa ha letto, spesso del tutto correttamente, la Massoneria come un elemento di quel mondo razionalista e laicista che viene condannato, tra i tanti errori del “secolo”, nel Syllabus.
Nella Chiesa permaneva la memoria del dichiarato anticristianesimo di tante sette derivate dalla Massoneria o che la imitavano secondo rituali spesso irregolari, e rimaneva la percezione, nella Curia romana, che la Libera Muratoria fosse una sorta di cavallo di Troia del protestantesimo o, peggio, di ideologie apertamente materialistiche e addirittura collegate iniziaticamente al “re di questo mondo”.


Nel Concilio Vaticano II non si parla esplicitamente, se vediamo i documenti, di Massoneria, ma la dichiarazione di Lichtenau del 1970, documento comune elaborato da cattolici e dirigenti massonici, chiede al Papato l’abolizione della condanna per la Libera Muratoria da parte della Chiesa cattolica. Nel Codice di Diritto canonico del 1983 scompare la parola “Massoneria” ma si parla più genericamente di “sette che tramano contro la Chiesa”.
In altri termini, meno giuridici ma più sapienziali, la domanda diviene la seguente: la Massoneria è un esoterismo con tratti cristiani, o almeno neoplatonici, o invece promana da altre tradizioni precedenti, e quindi rappresenta quella traccia di paganesimo che Heinrich Heine, ancora in rapporti con Marx negli anni in cui tratteggia il mito della “resistenza precristiana nelle campagne tedesche” (29), ritiene utile per farla finita con il mondo tradizionale e quindi con la spiritualità repressiva di tutte le tradizioni cristiane?
Siamo ancora all’interno del nesso tra città e campagna, asse della Rivoluzione Francese, che abbiamo visto in nuce nel dibattito tra i vari illuminismi che si originano quasi contemporaneamente alla creazione (o, meglio, alla apertura al mondo profano) e quindi alla apertura al pubblico della Prima Loggia di Londra e alle relative costituzioni di Anderson, nel 1717 e, per le Costituzioni, nel 1723.


E qui la domanda che ci poniamo è radicale: la Massoneria, la Veritas Filia Temporis attraverso la conoscenza razionale, può arrivare a affermare gli stessi valori della Chiesa Cattolica?
Non è facile rispondere, naturalmente, ma proviamo a farlo. Se ricordiamo figure come De Maistre, Massone della “Stretta Osservanza” con il titolo di Eques a floribus e teorico della Reazione radicale contro la Rivoluzione Francese, che egli legge come vero e proprio “miracolo” del maligno, la questione sarebbe risolta facilmente.
Ma la questione non si risolve con le biografie, il problema è squisitamente concettuale, metafisico e iniziatico. La tradizione universalistica della Massoneria, proprio in quanto non nemica a priori dei valori e delle singole scelte della Chiesa, come non può essere opposta in principio a quelle di nessun gruppo umano, risiede in tutta una serie di simbolismi, rituali, comportamenti, concetti che sono precedenti al Cristianesimo e quindi hanno inevitabilmente acquisito tratti o estranei alla Parola di Cristo o addirittura contrari ad essa.
Si pensi al simbolismo dei primi Tre Gradi iniziatici, sostanzialmente uguale ovunque e che sono presenti nelle tradizioni mitraiche, in quelle dei riti di Osiride, o in altri riti presenti a Roma o nel suo Impero prima dell’affermarsi delle comunità cristiane (30).
E, in termini metafisici, il Tempo non conta: se si è stati nemici nel II secolo d.C., non si vede perché si dovrebbe essere amici oggi.


Ma la Libera Muratoria, come tutte le lunghe tradizioni storiche dell’Occidente, e non solo di esso, è infinitamente più complessa di qualsiasi formula che la possa imbrigliare.
Ed infatti vediamo che, nella lunga evoluzione ed aggiunta di gradi massonici, tra Ordine e Rito, si inseriscono rituali e tradizioni apertamente cristiane o addirittura specificamente cattoliche. Si pensi al ritualismo templare, che appare in molti gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato e ne caratterizza gran parte del simbolismo. O ai gradi del Rito elaborati dalla tradizione dei Gesuiti.
Naturalmente, data la nota questione della distruzione dell’Ordine Templare, anche in questo caso vi sono aspetti dei singoli Gradi che implicano significati polemici contro la Chiesa Cattolica così come si è storicamente manifestata in relazione ai Templari, a Filippo il Bello, agli Ordini successivi che si sono originati, anche dentro il solco del Cattolicesimo, dai Cavalieri del Tempio di Gerusalemme. Mi riferisco all’”Ordine di Dio” portoghese, elemento essenziale della colonizzazione globale di quel Paese, al Sebastianismo sempre di tradizione lusitana, con il culto del Re che deve tornare a portare giustizia, forse derivato da influssi sciiti e Sufi che la colonizzazioni del Maghreb generano sulle tradizioni iniziatiche cristianeggianti di molti mercanti europei (31).


E viene qui da ricordare tutta la cultura del sansimonismo, del Nouveau Christianisme che si realizza nella eguaglianza rivoluzionaria successiva al 1789 ma che si definisce, poi, nella nascita della tecnocrazia, della finanza internazionale del Credit Mobilier, delle ferrovie, delle banche di affari. E della ricerca, nel Maghreb e poi in Siria, della Grande madre Mediterranea, la Fatima figlia di Maometto che riapparirà come deità femminile dei Tempi Nuovi (32).


Un nuovo universo, un “nuovo Cristianesimo”, che coniuga la benevolenza, tratto caratteristico della Massoneria settecentesca, con lo sviluppo tecnologico e finanziario.
Dalla uguaglianza perfetta degli Illuminati del “Pére Enfantin”, successore di Saint Simon alla benevolenza di massa dello sviluppo economico universale; e della comunicazione perfetta tra gli uomini di tutte le fedi e di tutte le razze. Sarà segretario di Saint Simon Auguste Comte, il matematico che fonderà il Positivismo come una Chiesa incentrata anch’essa su una figura femminile, Clotilde de Vaux.
E, sempre tra parentesi, sarà in una Loggia genovese di tradizione positivista che nascerà, nel 1892, il Partito Socialista Italiano.
Come si vede, tout se tient. Si potrebbe quindi affermare che, nel processo rivoluzionario che si sviluppa dopo il 1789, il “miracolo” al contrario di De Maistre, la Massoneria ripete i tratti del Cristianesimo popolare, tentando di sostituirsi alla Chiesa e tentando inoltre di tenere la Fede cattolica come “filosofia dei semplici”, come modello comunicativo e rituale universale dentro il quale si sviluppano tradizioni iniziatiche nuove e antiche che, invece, fanno riferimento ai sapienti, alle classi dirigenti, a coloro che, sempre per ripetere il verso di Von Hoffmanstahl, “conoscono i territori delle stelle”, mentre alcuni “debbono laggiù morire”, remando senza vedere il sole e il cielo stellato (ben noto simbolo massonico) per muovere il vascello che fa da simbolo unitario per l’intera poesia dello scrittore austriaco.
E, quindi, può esistere, riformuliamo la domanda, un mondo moderno che possieda due verità, coincidenti all’infinito come le rette di Euclide, sovrapponibili e, appunto, parallele? É forse questa la metafora che ci può portare a vedere la struttura della crisi del Mondo Moderno, più che la lunga serie di geremiadi sulla “morte del sacro” che, fin dallo stesso Marx del “Manifesto” del 1848 a René Guenon, o addirittura a Julius Evola e a Martin Heidegger, caratterizza il dibattito sulla cultura europea (33).
Se il fondamento della Legge è la Tradizione, e in particolare quella biblica e evangelica, laddove il Nuovo Testamento aggiunge la Legge dell’Amore, allora la libertà dell’Uomo e le regole che ci diamo nella società sono una forma di “razionalità limitata”, di bounded rationality, per usare l’espressione di Herbert Simon (34).
Se invece l’uomo è libero ed è “misura di tutte le cose”, per ricordare la formula di Protagora, allora la Verità è una costruzione della Conoscenza, e quindi della Ragione.


Ma, anche in questo caso, la stessa Libera Muratoria non può esimersi da porsi una domanda radicale: qual è il nesso tra la Tradizione Massonica e le scelte che i soggetti razionali e liberi pongono in essere all’interno di un determinato momento storico? E, di converso, come è possibile valutare quei fenomeni storici evidentemente irrazionali, immorali, feroci o incomprensibili?
La questione è essenziale. Esiste però una tradizione del Libero Pensiero, una lunga catena di elementi, simboli, concetti che permette, nei fatti, quel parallelismo tra Tradizione cattolica e Libera Muratoria che è stato molto discusso, negli USA come in Germania ed Austria, proprio prima della fine della guerra fredda (35).
Non è un caso, naturalmente. La Chiesa Cattolica ricostruiva la sua autonomia politica, simbolica e religiosa globale, e la cultura laica e massonica si aprivano ad un nuovo processo universale di diffusione del liberismo, dei valori democratici, delle libertà civili.
Ma viene prima la Libertà o la Verità? É la Verità che rende liberi, come afferma Cristo nel Vangelo di Giovanni, o è la Libertà che fonda la Verità, come teorizzavano gli allievi di Kant? La risposta naturalmente non è affatto facile, e nemmeno scontata.


Se intendiamo la Verità come adaequatio rei et intellectus, come rispecchiamento esatto del Reale nella mente dell’uomo, ciò è indubbiamente possibile, ma non è detto che questo definisca tutta la Verità.
Se invece pensiamo che la Verità sia inevitabilmente collegata ad un valore di carattere etico, o all’accettazione di un depositum precedente, religioso o meno, allora dobbiamo definire questo “residuo”, che sarà inevitabilmente assiologico, avrà in ogni caso tratti di scelta morale precedente e fondante rispetto all’atto razionale, alla Anerkennung, al “riconoscimento” della struttura del reale.
Per Eraclito, ricordiamolo qui che ci viene utile, la “saggezza (gnomé) significa conoscere la ragione che governa tutte le cose attraverso tutte le cose” (Diels Kranz, 22B41) (36).


É questa l’essenza del misticismo, soprattutto nella sua versione occidentale, e il fondamento della divisione tra gli uomini attraverso i gradi della conoscenza.
Ma questa tradizione di pensiero, che poi si ritrova in Giordano Bruno, per esempio, definisce anche una razionalità che si fonda sia sul visibile che sull’invisibile, sia sulla memoria che sulla immediata esposizione al sole della ragione.
Ed in questo modello può collocarsi il ruolo della Tradizione, di ogni Tradizione. Quindi, il nesso tra Fede e Ragione, tra Massoneria e Chiesa, è quello che lega la libertà dei Cristiani a quella di tutti gli uomini, di ogni fede e cultura.
Sul piano storico, la questione è più complicata di quanto non appaia prima facie. Per la Chiesa, davvero la Rivoluzione del 1789 e, prima quella Americana, sono stati dei “miracoli a rovescio”, per usare la formula di De Maistre.
E la Chiesa di Roma ha sempre visto una continuità politica, filosofica, spesso organizzativa tra protestantesimo, rivoluzioni liberali, rivolgimenti politici, laicizzazione più o meno forzata della società europea (37).
E, soprattutto, la creazione della “religione civile” della nazione, il rituale laicissimo che diverrà universale in Europa solo dopo la fine degli Imperi Centrali al termine della Prima Guerra Mondiale.

Un conflitto che distrugge l’antemurale austroungarico contro l’Est asiatico e panrusso, anzi destina, come era scritto in alcune carte geografiche dell’epoca, la Russia agli “esperimenti socialisti”, rompe il nesso tra la Germania (sia cattolica che protestante) e l’Europa mediterranea, permette alla Gran Bretagna una pressoché assoluta libertà di movimento nel continente europeo per controllare ed espandere il suo impero asiatico, richiude la Francia nella logica della Entente cordiale verso il governo di Londra (38).
Un universo geopolitico del tutto avverso alla Chiesa, che si collegava sia a Vienna che a Parigi, e che congiunge, prima e dopo la Rivoluzione Bolscevica, l’Europa delle Patrie indebolite verso il legame necessario con la potenza riluttante degli Stati Uniti d’America. Alla fine del secondo conflitto mondiale, questa geopolitica anomala delle patrie europee indebolite si ripeterà, in tragedia e non in farsa, parafrasando la vecchia e nota formula di Karl Marx.
Altra domanda quindi dobbiamo porci: è possibile una geopolitica e una strategia globale efficace se fondiamo il processo politico sulla libertà assoluta di carattere kantiano (la “pace perpetua” di Kant era infatti l’unica geopolitica possibile secondo i suoi principi) e sulle “religioni nazionali” che hanno caratterizzato la Massoneria, e pensiamo in questo caso al mazzinianesimo italiano, e addirittura ad un certo laicismo fascista che caratterizzò molte scelte del regime mussoliniano? In altri termini, e per l’eterogenesi dei fini, la progressiva marginalizzazione dell’Europa, ad opera di potenze fortemente europeo contro gli “oscurantismi” asiatici e “passatisti”, ma ha prodotto spesso l’effetto contrario.
Un effetto che ha distrutto, nelle due fornaci sataniche delle Guerre Mondiali, che sono in effetti fasi di una unica grande Guerra Civile Europea, sia i valori della libertà laica, massonica e filia temporis che quello che rimaneva dell’Antico Ordine tradizionale (39).
Probabilmente, in entrambi i campi erano presenti due valutazioni opposte, filosofiche e politiche, che non leggevano in profondità la situazione, la “realtà effettuale della cosa”, per usare la terminologia del Machiavelli.

Da un lato, quello della Reazione antimoderna, non si era del tutto percepito l’elemento di continuità che va dall’Ancien Régime all’universo rivoluzionario. Era l’ipotesi centrale di Tocqueville, colui che studia la “libertà dei moderni” americana notando come, nel Nuovo Mondo, alla tradizione laica, liberale, spesso massonica, universalistica si sovrapponesse, quasi come suo fondamento spirituale, la cultura delle tradizioni, del misticismo religioso spesso importato dalle sette marginali del protestantesimo europeo, e dal socialismo umanitario dei Fourier, o delle comunità russoviane (40).
Un liberalismo comunitario, saldamente religioso, certamente pluralista, come è ovvio in una terra di immigrati, ma sostanzialmente estraneo alla logica della Veritas filia Temporis. E che il mondo tradizionale non riuscirà a comprendere in tempo.
Dall’altro, nella cultura della modernizzazione, è stato tralasciato tutto quel universo di tradizioni, di “residui” paretiani, di pregiudizi, di abitudini, di usi che continuerà a caratterizzare le nazioni rivoluzionarie post-1789 sia nelle classi dirigenti che nel mondo, spesso estraneo alla Veritas filia temporis, delle masse popolari.
In tutti e due i casi, Fides e ratio si sono intersecati, scontrati, evoluti in modo del tutto diverso da quello che avevano immaginato i teorici dei due campi contrapposti.

Il caso di specie è, in questo caso, proprio l’Italia, il Paese che ha compiuto il suo Risorgimento contro la Chiesa Cattolica e in pressoché completo isolamento non solo dalle masse popolari, come notava giustamente Antonio Gramsci, ma anche da molti settori delle classi dirigenti, come invece aveva notato Cavour, che infatti aveva proceduto a successive annessioni attraverso spesso discutibili referendum, organizzati da quella Società Nazionale che era solo in parte di ascendenza massonica.
Per il Conte di Cavour, il problema era il cattolicesimo di massa, la democrazia cristiana della quale, negli ultimi anni, della sua non lunga vita, immagina la costituzione (41). Il dualismo della storia d’Italia, quello tra élites e masse popolari, tra Nord e Sud, tra cattolicesimo maggioritario tra il popolo e il radicalismo di origine massonica che serpeggia tra le classi dirigenti che hanno fatto il Risorgimento, si riverbera anche sulla Massoneria.
La scissione tra Ordine e Rito, che matura a lungo tra la presa di Roma a Porta Pia e lo sviluppo del socialismo e del mazzinianesimo all’interno della classe operaia e di frazioni non irrilevanti della piccola borghesia, disegna una frattura anche ideologica nella Libera Muratoria italiana. Il Rito, separatosi dall’Ordine, di fatto prefigura una accettazione della struttura del potere italiana così come si è configurata dopo l’Unificazione della Penisola.(42)
La Monarchia di Savoia, una classe dirigente del Nord fortemente antisocialista e, per molti aspetti, anche anticattolica, e soprattutto in relazione al sindacalismo agrario delle Leghe “bianche” di Miglioli, che saranno spazzate via dalle squadre fasciste del massone e mazziniano Italo Balbo, il Meridione d’Italia gestito dai “mazzieri” di Giolitti per riequilibrare con il voto conservatore lo squilibrio politico e l’instabilità strutturale del Nord, essenziale per la modernizzazione economica e industriale del Paese.
Veritas Filia Temporis, e in questo caso la scissione neoconservatrice del Rito rispetto all’Ordine massonico, fortemente spostato a sinistra, implica una coincidenza finale tra la Ragione illuministica della Libera Muratoria conservatrice e la Fede cattolica che domina ancora le masse meridionali e gran parte delle plebi agricole del Nord Est.
La Massoneria italiana, quindi, si caratterizzerà sempre di più come il “partito della borghesia”, per usare la formula di Antonio Gramsci che, pure, voterà contro la legge fascista che abolisce le “società segrete”.
Un superpartito, quello massonico italiano prima del fascismo, che si caratterizzerà, sul piano filosofico, come elemento di moderazione e di dialogo, sia per quanto riguarda l’Ordine che nelle azioni politiche e culturali del Rito di Piazza del Gesù e che, soprattutto, avrà la funzione di collegamento tra le classi dirigenti italiane e quelle europee, soprattutto francesi e britanniche.
In tutti e due i casi, sia pure con le dovute differenze tradizionali, si tratta di Massonerie che stanno metabolizzando il radicalismo rivoluzionario e illuminista e stanno elaborando un modello culturale ed esoterico nel quale fede e ragione, spiritualismo con forti tratti cattolici in Francia ed esoterismo cavalleresco in Inghilterra, tendono a fondersi inglobando i tratti più vivi e innovativi della Chiesa Cattolica europea. Un universalismo borghese che tenta di integrare le masse, già sedotte dal socialismo e dal marxismo rivoluzionario.
Basti pensare, in questo caso, al Cardinale Newman, anglicano e massone poi convertitosi alla Chiesa di Roma, e a tutti i fermenti cattolici e spiritualisti, tra Massoneria Occulta e innovazione religiosa, che si manifestano in Francia.
Il passaggio di Renè Guenon dalla Massoneria al tradizionalismo cattolico, quello degli ambienti legati al culto nuovo del Sacro Cuore e del Cristo Re, fino al suo approdo all’esoterismo sufi con un nome arabo che rimanda a Gesù (43), o all’esperienza dell’arabista Luis Massignon e del suo amico e sodale Charles de Foucauld, ufficiale del Deuxiéme Bureau che diviene eremita tra i Tuaregh, sono tutti tratti che disegnano una nuova configurazione del nesso, sia massonico che cattolico, tra Ragione e Fede, tra esperienza indicibile e soggettiva del Divino nell’Uomo e nella Natura, tratto comune, con diversi modelli filosofici, delle esperienze libero-muratorie e cristiane, e essoterismo simbolico ed ecclesiale (44).


Il mondo moderno trasforma inevitabilmente sia la Massoneria che la Chiesa Cattolica e i gruppi riformati, la divisione del lavoro che si espande in tutta la società, anche fuori dall’area della produzione industriale, ovvero quella che Marx chiamava “reificazione” e “alienazione” innescano configurazioni nuove nelle spiritualità sia laiciste che ecclesiali tradizionali.
Basti pensare, in questo caso, a due fenomeni paralleli tra Massoneria e Chiesa Cattolica: l’emergere di Riti eterodossi, come la Teosofia della Blavatsky o il “Golden Dawn” in ambito massonico (45), due riti che rimodellano il rapporto, in Massoneria, tra Bene e male, tra principio distruttivo e elemento costruttivo, muratorio, appunto, della Tradizione laica della Libera Muratoria.

Due modelli massonici che riabiliteranno gli aspetti notturni, istintuali, distruttivi del simbolismo massonico, e che, guarda caso, avranno entrambi un ruolo non trascurabile nel simbolismo e nel rituale del nazismo e, per alcuni aspetti, dello stesso fascismo, che pure avrà un suo fondamento muratorio nel Rito Pitagorico di Arturo Reghini e nel gruppo della “Torre”, con Julius Evola, dedito spesso anche ad attività di carattere magico ed evocativo, che sarebbero state o impensabili o marginali nell’universo galileiano, razionalista, democratico della Massoneria che ha compiuto la “rivoluzione borghese” o, in Italia e in Germania, la riunificazione nazionale.
Per la Chiesa Cattolica, l’elemento distruttivo specifico è rappresentato dal Modernismo (46). Una rivoluzione culturale e religiosa nella quale la Verità non è “figlia del Tempo”, ma si realizza completamente nel Tempo, e quindi la Fede e la Ragione, per quanto riguarda il mondo, divengono identiche.

L’Evoluzionismo darwiniano diviene il modello reale attraverso il quale Dio opera nell’Uomo, l’immagine esterna della attività di Dio nell’umanità. Scienza e Fede, Ragione e Fede si armonizzano senza residui nel modernismo cattolico, che accetta senza pregiudizi il mondo moderno e aggiunge ad esso quella Fede che lo ricollega alla tradizione del pensiero europeo.
Ma, in questo caso, il problema è squisitamente politico: se la Scienza e la Ragione disegnano tutto il perimetro della vita dell’Uomo nel Mondo, allora la Fede diviene un elemento soggettivo, un accordo ragionevole tra uomini, e la gerarchia ecclesiastica non può e, spesso, non deve valutare i tanti modi in cui Dio si realizza nella Storia, nella Natura e nell’Uomo. La lotta contro il modernismo della Chiesa di Roma è ancora la guerra contro il protestantesimo, contro la soggettivizzazione di Dio, contro la sovrapposizione immediata tra Ragione e Fede (47). La polemica che vedrà contrapporre il gesuita scienziato Theilard de Chardin, peraltro discendente di Voltaire, alla Chiesa di Roma sarà, in anni più vicini ai nostri, un punto essenziale del rinnovato dibattito, successivo e contemporaneo al Concilio Vaticano II, tra Massoneria e gerarchie cattoliche.
L’asse logico di questa problematica è la tolleranza e il problema del relativismo, che anche ai nostri giorni è stato portato, dal Papa Benedetto XVI, alla piena luce dell’attualità. La Massoneria è intimamente relativista, oltre che tollerante: essa rifiuta ogni dogma, di tutte le religioni e di tutte le ideologie politiche, accetta la pluralità delle ideologie e delle fedi di partenza di tutti i massoni ma sottolinea come l’Uomo Nuovo, quello che si avvia alla Illuminazione iniziatica, è di per sé alieno da tutti i dogmi storicamente affermati, da tutte le fedi e, aggiungeremo noi, da tutti i modi preanalitici di intendere la Ragione.
Per la filosofia postkantiana, la Ragione è una “ragione calcolante”, una serie di assunzioni verificabili che determinano la valutazione di un insieme, ma non la scelta tra diverse visioni del mondo e il loro rapporto con gli obiettivi che l’Uomo si dà.
 

La Ragione di Hegel è il “raisonnieren” illuminista, l’analisi critica delle idee ricevute, ma poco ha a che fare con la “scienza dei fini”, che è definita dalla illuminazione filosofica, dalla Conoscenza che è insieme razionale (ed infatti ingloba il “raisonnieren”) e sovrarazionale.
Il problema è che, in Hegel, che pure risente fortemente dei suoi studi giovanili di teologia protestante, la Fede dei filosofi è del tutto diversa dalle fedi dogmatiche sia riformate che cattoliche, e in questo caso, come è evidente ad una lettura teologica della “Logica” hegeliana e della giovanile “Fenomenologia dello Spirito”, la Fede è la Conoscenza dello Spirito, del Geist, che è insieme razionale, empiricamente evidente, esterno a tutte le tradizioni religiose oggettivate, e comunicabile solo agli iniziati della Filosofia, che non sono coincidenti con gli Iniziati alla Massoneria (48).
La dialettica dei contrari hegeliana è il passo di marcia dello Spirito nel Mondo e nell’Uomo, e la logica degli opposti prevede che non vi siano residui nel gioco tra azione e reazione, tra tesi e antitesi, tra Fede dei Filosofi e Ragione degli Illuminati.
La Massoneria viene superata dalla filosofia del Romanticismo, che avrà in Europa lo stesso ruolo del superamento massonico, in Italia, della contrapposizione tra Fede religiosa e Ragione massonica (49).
Non a caso, come è stato notato da Jacques D’Hondt, esiste uno “Hegel segreto”, un iniziato della dialettica che supera simultaneamente sia la teologia protestante che l’illuminismo massonico (50).
Fede e Ragione si riunificano, nella dialettica hegeliana, ma fuori dalla Fede della Tradizione cristiana, sia pure in versione riformata, e all’esterno della Ragione dell’Illuminismo, che è tipicamente massonica.
 

E, anche in questo caso, quello della dialettica hegeliana e delle sue filiazioni marxiste e stataliste, il modello della dialettica dello spirito non integra né il pluralismo né il relativismo, e neanche la libertas del cristiano fuori dalle maglie della Società e dello Stato che caratterizza la teologia politica della Chiesa di Roma.
E non è nemmeno un caso che tutti quei socialisti di tradizione marxista, quando accetteranno la filosofia del dialogo e quindi il “raisonnieren” illuminista, dovranno buttare a mare quei presupposti dialettici del marxismo che lo caratterizzano come forza rivoluzionaria, come filosofia della classe operaia che mira a farsi Stato nel contesto di una dittatura di classe uguale e contraria (dialettica, appunto) a quella della Borghesia. Basti pensare qui ai nomi di Bertrand Russell e di Lucio Colletti, o al liberalsocialismo radicale di Ernesto Rossi e del gruppo de “il Mondo” (51).


Abbandonare la Fede al suo destino di residuo paretiano, buono per le fasce meno fortunate della società, sembra che ci dicano ancora i Russell e i Colletti, e trasferire la Ragione nell’eterna agorà della democrazia pluralista e liberale. Ma è possibile oggi confondere il relativismo e la razionalità? La libertà soggettiva con il fine ultimo della società?
La continuità del dibattito tra Chiesa e Massoneria, nel secondo dopoguerra, è caratterizzata dall’eguale timore che la democrazia liberale, in cui la Chiesa si è ormai affermata senza perdere il Suo Magistero e, spesso, la sua egemonia politico-culturale, venga distrutta dalla dialettica marxista dei contrari e arrivi nella penisola eurasiatica il dispotismo orientale nelle vesti, antiche e nuove insieme, del bolscevismo sovietico.
I dibattiti sulla libertà e sulla coincidentia oppositorum tra libertà dei cristiani e libertà dei massoni sono figli di quel clima di pericolo incombente, in cui entrambi i contendenti scoprono, nel secondo dopoguerra, che la libertà politica è l’unico terreno di convergenza tra Chiesa e Massoneria e entrambi si preparano a difenderlo dagli attacchi dei Nuovi Cosacchi.

Non a caso, ricordiamolo, gli USA avevano inviato l’evangelico riformato Myron Taylor come attachè personale del Presidente Roosevelt presso il Papa, alla fine del secondo conflitto mondiale, per manifestare la scommessa che il Mondo Libero faceva sulla Chiesa Cattolica, dopo che, nei paesi sconfitti, tutte le varie tradizioni delle classi dirigenti erano state o eliminate o avevano collaborato con i regimi totalitari e antimassonici, oltre che anticristiani, che avevano portato alla Finis Europae (52).
Oggi, la questione è diversa: si tratta di contrastare il nuovo totalitarismo jihadista, e tutti gli altri aspetti di autodistruzione evidente dell’universo culturale e sociale dell’Occidente, che deve oggi guardarsi soprattutto da sé stesso, dalla degenerazione dei suoi simboli, dalla distruzione evidente di ogni nesso sociale, dalla avanzata di popoli fieri e pieni di certezze che non sono né quelle dell’illuminismo
massonico né della Tradizione cristiana (53).
Si ricordi, a questo proposito, come l’Imam Khomeini aveva maturato la sua percezione della fine definitiva della civiltà euroccidentale leggendo Heidegger (54).
Già, ma è poi vero che la Ragione può non avere un fondamento? Per la Massoneria, il fondamento della Iniziazione è l’equivalenza iniziale tra tutti i dogmi, che come tali sono tutti formalmente illegittimi, ma questo progetto razionale è possibile senza assunzioni preanalitiche, ovvero dogmi?


La questione è logica e storica insieme. Se si ritiene che l’Iniziazione Massonica sia la definizione di un percorso simbolico nel quale vengono rappresentati, grado dopo grado, tutti gli elementi che la Chiesa ha marginalizzato o ha apertamente contrastato, allora la lotta contro tutti i dogmi presuppone, per esempio, come nel rituale di un alto grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, l’uccisione simbolica di colui che si è macchiato dell’assassinio di Jacques De Molay, l’ultimo Gran Maestro dei Templari (55).
Se invece l’iniziazione massonica attraversa gradi e simboli che inglobano naturalmente tradizioni e concetti della tradizione cristiana, allora, da un lato, è maggiormente credibile la autonomia iniziale dell’iniziazione da tutti i dogmi, compresi quelli del laicismo e, se pure non si può parlare di una “massoneria cristiana”, come talvolta è accaduto anche di recente, si può invece immaginare un percorso comune, non solo politico e geopolitico ma simbolico e filosofico, tra Massoneria e Chiesa Cattolica (56).
Per la questione del rapporto tra Libera Muratoria e Riforma, la situazione è più semplice: aspetti di integrazione, elementi di dialogo filosofico e addirittura rituale su questioni riguardanti le libertà soggettive e, in qualche caso, addirittura la presenza di molti ministri dei culti protestanti nelle Logge sono ormai un dato acquisito.
Se quindi pensiamo che l’obiettivo primario della civiltà occidentale, oggi, sia quello di espandere al proprio interno il modello liberale relativista e soggettivista, e ampliarlo addirittura a coloro che arrivano tra di noi da paesi lontani, allora la scelta è facile: abbattere il nesso tra Fede e Ragione, sia in ambito massonico che in quello cattolico e protestante.
Se invece pensiamo che l’obiettivo primario dei nostri tempi sia quello di difendere dagli attacchi esterni, ad Oriente come ad Occidente, l’equilibrio tutto occidentale ed europeo tra Fides e Ratio, tra tradizione e pluralismo, allora dobbiamo ripensare sia la Fides tradizionale che la Ragione come l’abbiamo ereditata dall’Illuminismo e come si presenta in ambito massonico.
L’Occidente oggi appare scisso e confuso, privo di riferimenti che vadano oltre la pura riaffermazione di antichi principi che, evidentemente, erano meno universali di quanto ci apparisse durante la guerra fredda, l’Ovest vive oggi in una “guerra civile” ancora solo ideologica, grazie a Dio, ma che relativizza sia la sua Fides che, paradossalmente, il suo relativismo razionalista, che non viene più accettato né all’interno del nostro universo culturale né, tantomeno, all’esterno dell’Occidente.

 

In parole povere, si tratterebbe di immaginare non solo un nuovo dialogo tra Fides e Ratio, tra i due tronchi separati ma da sempre intercomunicanti dell’Occidente, che hanno imparato a parlare tra di loro e a scambiarsi idee e valori, ma devono confrontarsi insieme con le sfide della postmodernità, con la globalizzazione delle fedi e non solo dei mercati; con una fase, che si immagina lunga, di decrescita strutturale dei Paesi che hanno universalizzato sia Cristo che Marx, sia Adamo Smith che Keynes.
Cosa accadrà quando il motore della crescita mondiale sarà passato nelle mani di culture e paesi che, sotto la coltre del marxismo terzomondista e contadino dell’Oriente, hanno mantenuto l’ordine castale delle dinastie, la gerarchia del confucianesimo, religione senza Dio e senza nemmeno Grande Architetto dell’Universo, nonché il totalitarismo esoterico dell’Imperatore da Shi Huangti, unificatore della Cina, a Mao Zedong, che dichiarò che occorre essere “cento volte più feroci di Shi Huangti”? (57) E come non ricordare, in questo contesto, sia l’’efficacia delle caste indù nell’innescare l’attuale sviluppo economico e geopolitico dell’India, o il ritorno, in Russia, del Mito Panslavo che nasce con la “Santa Alleanza” al Congresso di Vienna dopo le sconfitte europee di Napoleone I?
Ogni impero oggi in formazione ha ricostruito un suo nesso tra Fede, Ragione, progetto politico, religione civile.
Se la Fede cattolica e comunque in un Dio-Uomo incarnato nella Storia subisce oggi in Occidente evidenti difficoltà, che pure il magistero “razionalista” di Benedetto XVI cerca di risolvere, è pure vero che, sul piano dell’esoterismo massonico, stiamo assistendo alla crisi dell’illuminismo tradizionale che, per usare la vecchia metafora della dialettica hegeliana e marxista, “si rovescia nel suo contrario”.

Ci riferiamo qui al nesso contraddittorio, soprattutto nei Paesi anglosassoni, tra pluralismo illuminista e accettazione dei valori che i nemici della Fede e della Ragione, massonica come cattolica, affermano in un contesto di guerra dichiarata, jihad, di “guerra di lunga durata”, si direbbe nel gergo marxista sovietico, portano all’interno delle nostre società e dei nostri sistemi politici (58).
Può sopravvivere un regime liberale, pluralista, laico e spesso massonico quando si accetta la non sovranità della propria legge, con l’attivazione legale di ben 84 tribunali islamici autonomi in Gran Bretagna?
Oggi, forse, abbiamo tutti una lettura localistica, minimale, di gruppo e di regione alla crisi del mondo moderno, che non permette né alla tradizione iniziatica dell’Illuminismo né alla Chiesa Cattolica di affermare sé stesse come propriamente universali, come valide in ogni tempo e in ogni luogo, e quindi per tutte le razze e le culture.
Abbiamo perso, laici e cattolici insieme, la percezione dell’universalità dei nostri valori, e pensiamo che l’affermazione della loro relatività all’Europa e al continente americano sia l’unica giustificazione per la loro sopravvivenza.
Non è così, è non è nemmeno questo l’orizzonte filosofico del dibattito contemporaneo sul relativismo. Il nostro relativismo è, paradossalmente, un modo di accettare, inglobare, far evolvere tutte le culture e le civiltà del mondo, non è invece un biglietto di scuse da presentare alle pretese vittime del nostro antico colonialismo o della nostra volontà di violentare le culture autoctone del globo.
La tratta degli schiavi è stata iniziata dai mercanti arabi, e giustamente Toynbee riteneva lo scontro tra negri e islamici una costante della storia mondiale (59).
I risultati del colonialismo francese, spesso sostenuto dai socialisti e dai radicali dell’Esagono, furono ben diversi da quelli che sono stati diffusi dal nazionalismo vietnamita e cambogiano, sia nelle fasi iniziali che in quelle comuniste della loro organizzazione (60).
Sarebbe grave che questa tradizionale lotta per la globalizzazione ideologica dell’Occidente, che ha visto confrontarsi Massoneria e Chiesa Cattolica, diventasse la Breccia di Porta Pia attraverso la quale entrano potenti nemici comuni.
Il tema è naturalmente molto complesso, e possiamo riassumerlo, sempre nel filone del rapporto tra Fede e Ragione, in questa domanda: è possibile, per una società ad alto sviluppo tecnologico e scientifico, fare a meno di un suo esoterismo, di una sua metafisica, di un suo mito fondativo?
Nell’Iran sciita attuale, che pure sta sviluppando il nucleare civile e militare, l’esoterismo dell’arrivo del Dodicesimo Imam Nascosto, del Mahdi che porterà pace e benessere in tutto il mondo che lo riconoscerà dopo che avrà sconfitto il Dajjal, l’Anticristo, è l’asse portante dell’identità politica nazionale (61).
Quindi la Fede nella manifestazione finale del Dodicesimo Imam e la Ragione calcolante della tecnologia nucleare e missilistica non sono contraddittorie.
Sarebbe possibile lo sviluppo della Cina comunista, oggi, senza la metafisica senza Dio delle “Tre Armonie” tra Zen e confucianesimo che Hu Jintao ha lanciato come slogan e modello sociale pochi anni fa (62)? Sarebbe stato possibile lo Stato di Israele senza il sionismo, certamente, che è una “religione civile” molto affine al mazzinianesimo, come ben sapeva Ben Gurion, ma senza anche tutta la tradizione esoterica, la Fides, che dal Baal Shem Tov polacco fino ai gruppi cabalisti tedeschi legati a Franz Rosenzweig e a Gershon Scholem fino addirittura al marxista Walter Benjamin (63)? Anche qui ci permettiamo di dubitare.
E non sarebbe stata possibile nemmeno la curvatura risorgimentale della Massoneria italiana, se alla cultura definita come “reazionaria” e “medievale” della Chiesa Cattolica antiunitaria non avesse preso piede, anche a livello di massa, il misticismo positivista, la metafisica del solidarismo operaio, il nesso mazziniano tra Dio e Popolo (64).
Insomma, senza una metafisica, per parafrasare Machiavelli, “non si tengono li Stati” e nemmeno si fondano, anche se certamente, sempre per rimanere in ambito machiavelliano, “cum le parole non si mantengono li Stati” e, in ogni caso, nemmeno “cum li paternostri”.

Se limitiamo la Fides al semplice accordo tra variabili numeriche della pubblica opinione, allora la nostra civiltà, tutta, sia laica che religiosa, è destinata a morire.
Se invece cerchiamo di creare, dentro le tradizioni laiciste e religiose, un punto di equidistanza che, senza apparire artificioso, permetta di ricostruire quel fondamento della civiltà europea che oggi crediamo di prendere a prestito dai cascami d’Oriente o dal semplice riconoscimento dei diversi, dal relativismo ingenuo di chi ritiene che il problema dell’Europa sia solo quello di discolparsi e di assumere “pezzi” di civiltà altrui, allora potremo iniziare la ricostruzione dell’identità europea, che è obiettivo sia della Fede cattolica, della razionalità del Cristianesimo, che dell’Iniziazione illuminista della Massoneria.


Ma che cos’è propriamente l’iniziazione della Libera Muratoria, e cosa ha a che fare con la Fede e la Ragione?
Nella tradizione massonica, il lavoro iniziatico è una attività che riguarda le valutazioni etiche come quelle strettamente scientifiche e razionali (65). La Massoneria tratta la morale nello stesso modo in cui un matematico tratta l’Algebra.
Nelle tradizioni anglosassoni, nelle quali è più forte l’eticismo protestante e biblico, la Fede della Bibbia, la Tradizione rivelata dalla Religione monoteista, ha un ruolo di discrimine rispetto alla ricerca della “scienza dell’uomo”, mentre nelle massonerie continentali, nelle quali le tradizioni ermetiche e i filoni che vanno dall’occultismo rinascimentale all’esoterismo ottocentesco sono maggiormente presenti, la ricerca della scienza dell’Uomo, il fondamento “sociologico” nel senso di Comte sono più svincolati dal rapporto con la Fede e la ragione rivelate dai Due Testamenti.


Il concetto di uomo “libero e di buoni costumi” che le Costituzioni di Anderson pongono alla base delle caratteristiche necessarie per essere iniziato riguardano, quindi, solo la “eticità” profana, quella che Kant avrebbe chiamato la Sittlichkeit, l’adesione piena al mos gentium.
É ciò che permette lo sforzo iniziale di perfezionamento iniziatico, che non è un adattamento ai luoghi comuni, sia pur condivisibili, della comunità profana, ma risulta già un lavoro di scavo e di levigamento della pietra grezza dell’Apprendista.
In altri termini, la Fides massonica porta ad una rivelazione che riguarda simultaneamente il singolo, che diviene sempre di più pietra levigata, e la comunita della Loggia, che lo aiuta e comprende il Fratello in questa trasformazione iniziatica. Che è, peraltro, spesso non particolarmente visibile all’esterno.
La Verità “che rende liberi”, secondo la formula del Vangelo di Giovanni, è una verità nuova e invisibile, che appare pezzo a pezzo, e spesso in modo incompleto, a colui che inizia un Viaggio iniziatico che utilizza simultaneamente la ragione e la fede, unite insieme per raggiungere un obiettivo ancora incognito, che non è scritto in nessuna Rivelazione tradizionale e in nessun testo sacro (66).


L’Iniziazione è come la costruzione di un cifrario sapienziale che ha molti riferimenti espliciti all’inizio, perché la pietra da levigare entra in Loggia con un inevitabile bagaglio di “idee ricevute”, ma che poi si apre ad una sapienza non scritta e, soprattutto, non tramandabile se non i simboli e segni che indicano un viaggio che deve essere compiuto direttamente e personalmente da ogni Iniziato, e che non può essere ripetuto semplicemente ripetendo i segni o eseguendo delle semplici procedure etiche o comportamentali.
Quindi la Verità e la ragione si costituiscono in progress, volta per volta, non sono direttamente tramandabili se non attraverso il lavoro soggettivo sui simboli e i rituali, e raggiungono una Fides che è visibile ai Fratelli ma non può essere tramandata se non attraverso i segni, e rimane nel cuore del singolo che abbia raggiunto gli Stati superiori dell’Iniziazione.
I tre Gradi dell’Ordine sono un perfezionamento dei canali sensibili e percettivi ancora in gran parte profani, l’arrivo al grado di Maestro, termine dell’Ordine (che è , fra l’altro, il termine iniziatico del rito dell’Arco Reale) rappresenta il raggiungimento di quella percezione extrasensibile che caratterizza tutte le tradizioni, in Occidente come in Oriente, del Risveglio (67).


La Piena Fides è quindi in Massoneria soggettiva; e si definisce secondo pratiche di interazione con i Fratelli e di introspezione, e tanto è più illuminata quanto è lontana dalla verità profana, dal mos gentium. Sembra di rileggere quel vecchio testo di Ernst Juenger, nel quale si definisce l’”anarca” non come un uomo che si allontana dalla società per risentimento o per odio, ma semplicemente perché non ne ha bisogno per la sua realizzazione spirituale (68).
É un criterio che vale certamente per i singoli, più o meno dotati per compiere il Viaggio iniziatico, ma è difficile da applicare ad una razionalità sociale.
I casi sono due: o la società va bene così come è, e allora la Libera Muratoria non può non ripetere pur creativamente le leggi del mondo profano, e quindi la Fede delle masse non può non imitare o ripetere, senza fantasia, la ricerca dell’Iniziato, oppure la “Verità che rende liberi” diviene ininfluente, se non per il ristretto gruppo che la raggiunge, un po’ come accadeva alla Accademia degli Orti Oricellari nella Firenze medicea o ai gruppi esoterici che Giordano Bruno organizzava in giro per l’Europa, e che lo porteranno, da Venezia a Roma, alla condanna da parte dell’Inquisizione, che pure conosceva i suoi rapporti con Walsingham e con le trame di Elisabetta I contro Maria Stuarda e i cattolici britannici (69).

Se è la Verità che rende liberi, allora, per usare una espressione di Hegel, l’essenza deve apparire, altrimenti permane un dubbio sul suo vero ruolo di essenza, di fondamento nel senso aristotelico del termine.
E lo scopo della Libera Muratoria è comunque quello che nella tradizione si ritiene “progressivo”, e non usiamo qui il termine nel suo senso profanamente politico.
La illuminazione del singolo Fratello diviene elemento, nella comunità iniziatica, di una “catena”, che permette l’accumulo, appunto, progressivo, una sorta di depositum fidei laico, della conoscenza, della Ragione come della Fede, senza quei limiti che la condizione profana pone alla ricerca.
I limiti del “si dice”, quelli della sapienza comune, delle necessità pratiche, o quelli, tipicamente epistemologici, di chi crede che la conoscenza si riduca alla descrizione dell’esistente, che è appunto il marchio inevitabile del profano.
La natura non copre o disvela la ragione, la realtà è una foresta di simboli che deve essere decrittata da ogni singolo iniziato, come accade nelle favole, iniziatiche e tradizionali, dei Fratelli Grimm.
 

Se vi fosse un metodo prefissato, non vi sarebbe divisione possibile tra essoterico ed esoterico, tra profano e massonico. Ma, dato che chi inizia il proprio viaggio iniziatico non ha nessun modello prestabilito, nessun fondamento profano, ogni ricerca è insieme universale e soggettiva.
E qui occorre porre una domanda: se esiste un margine di indicibilità nella realizzazione massonica dei singoli iniziati, allora esiste una differenza tra quello che risulta all’interno di una Loggia e quello che può risultare anche nel mondo profano? Chi decide, se non i limiti soggettivi dell’Iniziato, quando finisce la ricerca? E se, come diceva Karl Popper, la razionalità presuppone una “attività razionale infinita”, una neverending search (70), allora, come si può definire il rapporto tra la verità relativa del soggetto e quella verità infinita che si scopre dopo una ricerca infinita?

E, ancora, se la verità e la ragione raggiunte dall’Iniziato sono sempre relative, allora come si può utilizzare nel mondo essoterico il risultato raggiunto? Siamo sempre alla questione di Hegel, l’essenza che deve apparire, altrimenti non è una essenza.
E come può essa manifestarsi, se sappiamo che è solo una parte, e nemmeno sappiamo quanto determinante, della Verità?
In altri termini, la Fede si costruisce sulla base di una definizione, kantiana o meno, dei “limiti della ragione”.
Se riesco a definire il cerchio della ragione, allora posso ricercare un risultato che potrà essere sia esoterico che essoterico, e potrà manifestarsi, mutando il suo linguaggio, nel mondo.
Se invece non definisco prima i Grenzen der Vernunft, i confini della razionalità, non avrò né la completa Ratio, e nemmeno saprò se essa è affidabile o meno; se il risultato che ho raggiunto nel mio viaggio iniziatico è magari una pura fictio mentale, un incantesimo di uno spiritello ingannatore, come quello che Cartesio presuppone per annichilire le percezioni sensibili e le idee ricevute all’inizio del suo iniziatico Discorso sul Metodo (71).
Quindi, potremmo dire che ogni risultato della Ragione deve poter produrre una credenza, una Fede, sia pure temporanea, mentre l’abbandono progressivo di ogni presupposto durante la ricerca razionale ed iniziatica mi porta, dialetticamente, al contrario, cioè alla incapacità,che Cartesio sperimenta all’inizio del suo “Discorso”, di separare il Vero dal Falso, la Ratio dalla Fides nella percezione del mondo profano.
Su un altro piano, quello della ricerca che inizia dalla Tradizione rivelata, vi è da aggiungere che, come tutti sanno, la lettura dei testi sacri può e deve portare ad una esperienza personale e spesso indicibile del Sacro, che è insieme Ratio e Fides. E che questa esperienza è fondativa della comprensione reale della Tradizione. Se, come diceva Benedetto Croce, “ogni storia è storia contemporanea”, così ogni esperienza di comprensione del senso della Vita e dell’Uomo nel mondo non può fare a meno di una ricca messe di variabili, percezioni, comprensioni soggettive della Tradizione, e questo non riguarda il Protestantesimo, ma ogni tipo di ricerca dell’Essere.
Insomma, Fede e Ragione sono il dritto e il rovescio della percezione che ogni uomo ha del mondo e del suo destino, ed è pericoloso sia separarle nettamente, come se la ricerca razionale, che inizia con l’abbandono delle idee ricevute, debba per forza portare a stati dell’essere incomunicabili e esterni alla Tradizione, sia ritenere che il solo riecheggiare la Tradizione possa, magicamente, risvegliare le potenzialità dell’Uomo rispetto al Sacro.
Se è vero che, come afferma Eraclito, solo pochi possono raggiungere lo stato dell’essere in cui “tutte le cose si spiegano mediante tutte le cose”, l’estasi razionale che ha fondato lo Spirito dell’Occidente, è anche vero che lo stesso Eraclito, proprio per dimostrare la verità di questo assunto, è costretto logicamente ad affermare che esiste un nostos, una continuità tra tutte le cose e tra tutti gli uomini72.
E quindi una inevitabile ed oggettiva continuità tra Fede e Ragione.
 

 

 

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