Il simbolo più poetico e più filosofico, presso gli antichi, era la luna. I Greci antichi hanno messo infatti in tutta evidenza, questo simbolo e i poeti moderni lo hanno esaltato frequentemente.
La luna, regina della notte, rischiarando con la sua luce pallida i cieli e oscurando perfino Espero, tanto da coprire con un manto argenteo l'intero mondo siderale, è stata sempre il tema favorito da tutti i poeti della Cristianità. Il contenuto obbliga soltanto il Fratello, e non configura, necessariamente, il pensiero della Loggia Montesion o del GOI.

 
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© Federico Pignatelli

 

Il simbolo più poetico e più filosofico, presso gli antichi, era la Luna. I Greci antichi hanno messo infatti in tutta evidenza, questo simbolo e i poeti moderni lo hanno esaltato frequentemente.
La luna, regina della notte, rischiarando con la sua luce pallida i cieli e oscurando perfino Espero, tanto da coprire con un manto argenteo l'intero mondo siderale, è stata sempre il tema favorito da tutti i poeti della Cristianità. Non molto tempo fa la religione e la scienza non si occupavano di questo mito, sebbene la luna sia innegabilmente in stretto rapporto con la vita terrestre.
Gli antichi ritenevano per certo che mentre il Sole dà la vita a tutti i pianeti, il nostro globo riceve tuttavia dalla Luna il suo particolare influsso vitale.


Gli Egiziani rappresentavano la luna sotto forma di un gatto che era consacrato ad Iside ed era assai venerato in Bubasti. Questa città portava un grave lutto per la morte dei gatti sacri, perché Iside, in quanto Luna, vi era adorata in maniera particolare.
Ma, com'è logico, gli Egizi non supponevano che la luna fosse un gatto, né vedevano fra essi alcuna somiglianza; essi avevano semplicemente osservato che il gatto vedeva nell'oscurità e che i suoi occhi diventavano perfettamente rotondi e durante la notte brillavano maggiormente.
La luna era la veggente della notte nel cielo e il gatto era il suo equivalente sulla terra.

Così adottarono il gatto domestico come emblema naturale, come rappresentante, come riproduzione vivente del globo lunare.
E così pure il sole, che la notte vede al disotto del mondo, fu chiamato il gatto, perché anch'esso vedeva nelle tenebre.

Nella lingua egiziana infatti, il nome del gatto è mau, che significa il veggente e deriva da mau, vedere.
Per i Padri della Chiesa, come Origene e Clemente Alessandrino, la Luna era il simbolo vivente di Jehovah; era, quindi, la dispensatrice della vita e della morte nel nostro pianeta.
Come Luna o Lucina, essa presiedeva alla vita: mentre, nell'inferno era la dea della morte e regnava sulla magia e sugli incantesimi.

Come personificazione, essendo i suoi fenomeni triadici, rappresentava il tre in uno, ed era la Dea Triforme: Diana - Ecate - Luna.
Per tale ragione, la Luna é stata dai dotti considerata come il prototipo della nostra Trinità, la quale, in origine, non é stata mai interamente maschile.
Il numero 7, il misterioso numero che regola tutti i fenomeni biologici sulla terra, trova la sua origine nell'esatto quaternario contenuto nei ventotto giorni del mese lunare, di cui ciascun settenario é rappresentato da un quarto della Luna.
Che la filosofia religiosa egiziana, o meglio quella degli Ariani indù, sia la pin antica tra le filosofie religiose del mondo, qui non e il caso di stabilire, poiché é fuori discussione che i «culti» del Sole e della Luna sono i più antichi fra quelli manifestatisi sopra la nostra Terra.
 

É interessante notare piuttosto che ambedue questi culti sono sopravvissuti per millenni e tuttora esistono nel mondo intero; presso alcuni apertamente, presso altri - come ad esempio nella simbologia cristiana - segretamente.
Se è vero che gli adoratori del Sole e della Luna, i Parsi, sono abbastanza limitati di numero, non e men vero che non solo la maggior parte della mitologia indù si basa su questi due culti, ma che ciò si riscontra egualmente nella stessa religione cristiana.
I protestanti si scagliano contro i cattolici romani a proposito della loro «Mariolatria», basata sull'antico culto delle Dee lunari; ma essi non tengono conto, forse perché l'ignorano, che il loro Jehovah è, per eccellenza, un Dio lunare e che anche la loro teologia accetta il Cristo che è il Sole e la Trinità che è originariamente lunare.
 

In verità, troppo poco si conosce del culto caldeo della Luna e del Dio babilonese Sin, che i Greci chiamarono poi Dio-Luno. Ma il peggio consiste nel fatto che il poco che si conosce induce facilmente in errore gli studiosi non abituati ad intendere la significazione mistica e intima dei vari simboli.
Nel manoscritto inedito sulla lingua artificiale, viene presentata una ragione logica per spiegare il duplice culto di cui qui parliamo.
«Una delle prime occupazioni degli uomini - dice l'autore - sarà l'imparare i vari periodi del tempo segnati sulla volta dei cieli... Questi periodi saranno determinati dal giorno e dalla notte, dalle fasi della Luna, dalle sue rivoluzioni stellari e sinodiche, e dalla durata dell'anno solare, con il ritorno delle stagioni...».


Su questa base l'autore passa a ricercare talune fra le molte funzioni naturali e fisiche che legano l'uomo e gli animali alle manifestazioni periodiche della Luna. E fra le altre enumera :
 

«a) Il fenomeno fisiologico femminile che si produce ogni mese lunare di 28 giorni, (o ogni 4 settimane di sette giorni ciascuna);

b) il movimento del feto che e segnato da un periodo di 126 giorni (o 18 settimane di sette glomi ciascuna);

c) il periodo speciale che si chiama «di viabilità», é un periodo di 210 giorni (o di 30 settimane di sette giorni ciascuna);

d) il periodo della gestazione e del parto si compie in 40 settimane di 7 giorni ciascuna che equivalgono a dieci mesi lunari di 28 giorni o a nove mesi del calendario ordinario di 31 giorni
 

Così i periodi osservati e che segnano il tempo dell'elaborazione della funzione fisiologica, sarebbero divenuti la base dei calcoli astronomici.
Noi possiamo anzi affermare che questa, appunto, era la maniera di calcolare il tempo presso i popoli antichi, sia di loro iniziativa sia in seguito ad insegnamenti reciproci.
Del resto, ancora oggi è evidente che gli Ebrei usavano, per il calcolo del tempo, le fasi lunari, tanto vero che il loro calendario si basa sull'anno lunare.
Possediamo inoltre dati precisi per stabilire che anche gli Egizi, prima degli Ebrei; si basavano egualmente sulla Luna per il computo del tempo.

Ed eccone la prova.
É noto che mentre Osiride rappresentava il Sole, il Toro, il Nilo e l'anno tropicale di 365 giorni, Iside era invece considerata come la Luna, il letto del fiume Nilo (o la terra, per le cui energie gestatrici l'acqua era una necessità). Iside era, quindi, col suo anno lunare, la regolatrice del periodi della gestazione, ed era simboleggiata nella vacca che é indicata dalla luna crescente. Ora il fatto che gli Egizi hanno riservato alla vacca lo stesso ruolo sostenuto dalla donna presso gli Ebrei, implica l'identità del simbolo destinato a far conoscere che il periodo di gestazione é di 280 giorni, o di 10 mesi lunari di 4 settimane ciascuno. Infatti il periodo di gestazione della vacca era considerato identico a quello della donna.
É precisamente nella durata di questo periodo che risiede il valore essenziale del simbolo animale, di cui l'emblema era la luna crescente. Ed e appunto da ciò che deriva il culto degli Ebrei per la luna.
 

I periodi naturali di gestazione hanno, del resto, servito di base al simbolismo presso tutti i popoli.
Ciò si riscontra presso gl'indiani come presso gli antichi Americani che li esprimevano chiaramente sulle tavolette di Richardson e di Gest, sulla croce di Palenco, o altrove, e che sono serviti di base per la istituzione dei calendari di Maya dello Jucatan, degli Indù, degli Assiri e dei Babilonesi, nonché degli stessi Egiziani ed Ebrei.
Il fatto e che i simboli originari presso tutti i popoli erano il fallo e la yoni, cioè l'organo sessuale maschile e l'organo sessuale femminile: in altri termini, il maschio e la femmina. A dir vero, le parole tradotte con i termini generici di maschio e femmina nel 27° versetto del I capitolo della Genesi sono «sacr» e «n' cabrah» che letteralmente significano: «fallo» e «yoni ».
Ora é questa, appunto, la chiave fisiologica e antropologica del simbolo della Luna.
La chiave che apre il mistero della teologia o dell'evoluzione degli Dei Mavantarici è più complicata e non comporta alcuna idea fallica. Ma i Giudei, oltre di aver stabilita una diretta relazione tra Jehovah e la Luna, in qualità di Dio generatore, hanno abbassata l'idea puramente filosofica al livello dell'umanità ... peccatrice.


Il manoscritto spiega molto chiaramente a quale gerarchia di Dei apparteneva Jehovah e ciò che, in realtà, era questo Dio giudaico, dimostrando come il Dio ingenuamente accettato dai cristiani, non era altro che «il simbolo lunare della facoltà generatrice della Natura».
Presso gli antichi dotti, non v'era ne nome, ne idea, ne simbolo di una causa prima. Ma il simbolo della sua prima manifestazione comprensibile era la concezione di una circonferenza col suo diametro per dare un'idea nel tempo stesso geometrica, fallica e astronomica. Questa idea di stabilire un rapporto fra la rappresentazione del circolo e del suo diametro (cioè fra il numero 10 o la significazione degli organi della riproduzione) e il Luogo più Sacro possibile, venne applicata alla costruzione della Camera del Re, o del Santo dei Santi della grande piramide, del Tabernacolo di Mosè e del Santo dei Santi del tempio di Salomone.


Si tratta della rappresentazione di una doppia matrice, perché in ebraico la lettera Hé é, nello stesso tempo, il numero 5 e il simbolo dalla matrice, mentre due volte 5 fanno 10, vale a dire rendono il numero fallico rappresentato da 1 e da 0.
Questa «doppia Matrice» dimostra anche la qualità dell'idea trasportata dal piano superiore o spirituale al piano inferiore o materiale e limitata a quest'ultimo dagli Ebrei. Ecco perché presso questo popolo il numero 7 ha conquistato il posto più importante nella religione esteriore, come ad esempio il Sabato, che é il settimo giorno consacrato alla loro divinità, la Luna, simbolo di Jehovah generatore. Nessun simbolo, non escluso quello solare, era più complesso del simbolo della Luna nelle sue diverse significazioni.
 

Il suo sesso, naturalmente, era doppio.
Per alcuni era maschile, come ad esempio il «Re Soma» indù, il «Dio Sin» caldaico; per altri era femminile come le belle dee Diana-Luna, Hythia, Lucina. La Dea Trimorfos era il simbolo personificato delle tre fasi della Luna, mentre gli orfici spiegarono questo epiteto con i tre regni della natura sui quali essa dominava.
Le forze correlative della «Regina della Notte» - ancora ignote e misteriose per la scienza moderna, ma ben note ai filosofi orientali! - fanno ben comprendere le mille immagini con le quali la Luna veniva rappresentata presso gli antichi.
Il pantheon degli Dei e delle belle dee lunari, prova, per gli stessi appellativi dati alle varie divinità (come quelli di Figlio, di Sposa, di Madre, ecc.) la identità delle varie concezioni lunari con la Trinità cristiana.
In tutti i sistemi religiosi gli Dei hanno fuse le loro funzioni di Padre, di Figlio, di Sposo in una sola, mentre le Dee sono state identificate come Spose, Madri, Sorelle di ciascun Dio Maschio. Gli Dei hanno, in genere, sintetizzati gli attributi umani di «Sole che dà la vita»; le Dee hanno racchiuso nel loro simbolismo le altre sintesi di attribuzioni conosciute sotto il nome generico di Maia, Maya, Maria (1), ecc. Tuttavia, la significazione primitiva della parola Maia (Mâyâ é il nome della madre di Buddha) era Mâyâ-Durgâ, che gli orientalisti traducono per «inaccessibile», ma che in realtà significa «impossibile a raggiungere» nel senso dell'illusione, o della personificazione dell'illusione.


Ma sia maschile sia femminile, la Luna rappresenta il mistero dei misteri, ed é piuttosto un simbolo del male che del bene. Le sue sette fasi, nella divisione originale dei filosofi mistici, sono divise in tre fenomeni astronomici e in quattro fasi puramente psichiche.
Più tardi il culto lunare e solare ha diviso i popoli in due campi diversi. Questa fu le causa degli avvenimenti descritti molti secoli dopo nel Mahâbhârata, che da noi Europei é considerata come una guerra favolosa, mentre gli Indù la ritengono una lotta storica fra i Sûryavanshas e gli Indovanshas.
Presso le razze semitiche però il Sole fu per lungo tempo femminile e la Luna maschile: deduzione questa che quei popoli avrebbero fatta in base a concetti tramandati dai popoli dell'Atlantide scomparsa.
Il Baal degli Israeliti (il Shemesh dei Moabiti, e il Moloch degli Ammoniti) era lo stesso a Jéhovah-Sole a, ed é tuttora il «Re delle legioni del Cielo», precisamente come Astoreth era la «Regina del Cielo» o la Luna.
Ma a parte il lato puramente filosofico, i riti del culto della Luna, erano, in effetto, basati, come abbiamo accennato, sulla conoscenza della fisiologia (scienza che noi crediamo del tutto moderna) della psicologia, della matematica sacra, della geometria. nelle loro esatte applicazioni ai simboli e alle figure, le quali non sono altro che immagini atte a ricordare fatti naturali e scientifici che erano stati. studiati e compresi: in una parola immagini che rappresentavano la conoscenza minuziosa e profonda delle leggi della natura.
Gli antichi avevano ben compreso che il magnetismo lunare genera la vita, la conserva e la distrugge; e a questo misterioso potere dell'astro notturno, esteso non soltanto al regno animale, ma anche al regno vegetale, essi avevano elevato il loro culto.
 

I dotti dell'antichità hanno insegnato, per così dire, l'auto-generazione degli Dei; l'Essenza divina unica «non-manifestata» che genera continuamente un secondo lo manifestato; secondo lo, che. essendo androgine per sua natura, conferisce, la nascita, in una maniera immacolata a tutte le cose macro-cosmiche e microcosmiche del nostro universo.
In uno dei capitoli del Libro dei Morti, si legge che Tot-Hermes si nasconde nella Luna, dovendo rappresentare la saggezza occulta. Egli é il Logos manifestato del suo lato luminoso. É, invece, la divinità nascosta o la «saggezza oscura» quando si ritira nell'emisfero opposto.
 

Tutto questo simbolismo, che rispecchia la mentalità dei pagani, appare arbitrario e confuso alla nostra coscienza; ma le moderne religioni, e fra queste principalmente la cattolica, non hanno ragione di ripudiarlo dal momento che esse stesse lo conservano sostanzialmente inalterato.


Trattando della simbologia religiosa della luna, e prescindendo dall'originario suo appellativo di «regina del cielo - attribuito poi a Maria, dal misticismo cristiano - noi vogliamo soffermarci un momento per illustrare il vero significato della frase cristiana «... et luna sub pedibus eius ».
 

Noi sappiamo che la figurazione di Maria Immacolata col capo circondato da 12 stalle e con la luna ai suoi piedi, é interpretata dalla ingenuità cristiana come la rappresentazione della regalità celeste di Maria alla quale le stelle fanno aurea corona e la luna argenteo sgabello, mentre il suo piede divino schiaccia vittorioso il capo del serpente, simbolo del peccato.
Noi però volevamo brevemente dimostrare che tale interpretazione, se é perfettamente logica per la teologia cattolica, non risponde alla simbologia originaria, da cui deriva, essendo soltanto un adattamento, ispirato dalla mentalità cristiana.
Insegna, infatti, la filosofia arcaica che «fin dai primordi della vita» vi é stata un'aspra lotta tra lo «spirito del male spirito» di distruzione, e il «misterioso potere» della luna il cui magnetismo genera, regola e conserva la vita animale e vegetale. Fu, anzi, precisamente per questo «misterioso potere» che venne istituito il culto verso l'astro notturno.
 

Ora, la lotta degli «spiriti del male» contro la Luna, regina del cielo, distributrice di vita, eternandosi attraverso la simbologia religiosa degli antichi, ha fatto sì che in tutte le teogonie pagane la luna si riscontri sempre intimamente connessa col serpente. Pertanto, nel raffigurare la nuova regina del cielo, Maria, la quale secondo il misticismo cristiano, schiaccia la testa del dragone, non è stata dimenticata la luna che fin dai «primordi della vita» é stata connessa alla lotta dello spirito del male.
Pertanto la luna ai piedi della Regina del Cielo non rappresenta l'ideale sgabello della Vergine, in armonia alle dodici stelle che rappresentano la sua corona, ma é soltanto la continuazione della simbologia pagana nel mondo cristiano.
 

La «stoltezza» del paganesimo era dunque basata su una filosofia cosmogonica che, essendo espressa per simboli ed allegorie, non é stata certamente ben compresa dai posteri. Bisogna però osservare che la nostra «saggezza» e il misticismo di cui ci riteniamo creatori, non é che una copia ingenua, e naturalmente alterata, della «stoltezza» antica.
Chi, osservando l'immagine di Maria, potrebbe rendersi conto - altrimenti - del nesso che esiste tra la luna e il serpente, riprodotti ai suoi piedi?
Anche presso i Greci, la testa e la coda del dragone (che del resto fino ai nostri giorni rappresenta, nell'astronomia orientale i nodi ascendenti e discendenti della Luna) erano rappresentati da due serpenti. Ercole, infatti, uccide questi due serpenti il giorno della sua nascita; come, presso il Cristianesimo, farà in senso allegorico il Divino Infante nelle braccia della sua Santa Madre.
 

Ecco, in breve riassunto, la simbologia della Luna, nelle antiche istituzioni religiose.
Simbologia che reca il suo contributo per persuaderci, sempre più, come le numerose religioni susseguitesi da millenni sulla nostra terra, hanno un'origine unica e un unico fondamento filosofico, sebbene il loro sviluppo risenta fortemente della psicologia, delle tendenze e delle sorti sociali dei vari popoli, e sia, soprattutto, soffocato e storpiato dalla superstizione, triste retaggio dell'uomo, tuttora incrostata sulla nostra coscienza.
L'iconografia (e anche il dogma) - dice G. Massey - sopravvivevano a Roma da epoche molto anteriori all'Era cristiana. Non v'era però in essa né falsificazione né interpolazione di tipi. La continuità delle immagini era strettamente mantenuta: solo il loro significato veniva alterandosi e impoverendosi con la superstizione.
 


 

1. Maia nella sua forzata derivazione, à arrivata a significare anche madre dedotta dalla radice ma (nutrice) arrivata inoltre a dare perfino il suo nome al mese di Maggio, che della più lontana antichità risulta dedicato a tittle le Dee.